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4. Il lavoro sul campo: Cazucá

4.4 Come abbiamo scelto i film e come abbiamo fissato le regole del Cineforito

Vorrei iniziare questo riepilogo del mio lavoro di campo confessando che io stessa, quando sono arrivata a Cazucá, avevo inizialmente l’intenzione di proporre nel Cineforito dei film che io consideravo fossero belli, o interessanti, per questo contesto. Si trattava, evidentemente, di una vera imposizione del mio background come studiosa del cinema. Volevo, da quel punto di vista, imporre la mia conoscenza come una conoscenza più valida. Un’operazione di violenza epistemologica che, fortunamente, sono riuscita a rilevare giusto in tempo, nei primi giorni della ricerca. E che ho cercato di evitare da quel momento in poi.

Appena tornata in Colombia dopo aver passato sei anni in Europa, pensavo che avrei potuto trasmettere conoscenza acquisita in un contesto centrale, e non avevo considerato che i loro interessi nel periferico sarebbero stati così lontani dai miei.

Per questo, all’inizio, i bambini non hanno dimostrato grande interesse verso gli stimoli da me proposti.

Nella prima sessione del Cineforito proposi dei film come: “Dov’è la casa

del mio amico?” dell’iraniano Abbas Kiarostami; “A ciascuno il suo cinema”, che è una raccolta di trenta cortometraggi realizzati da trenta

registi diversi, per il Festival di Cannes, in cui gli stessi realizzatori spiegavano come fosse, per loro, essere spettatori; “Word Photographer” e

“Los niños del barrio rojo” (I bambini del quartiere rosso), film che ritrae

situazioni con le quali i ragazzi potevano identificarsi; “Persepolis” e “Valzer

con Bashir”, esempi di un uso alternativo dei film, visto che usano come

tecnica quella del fumetto animato; “In Bruges”, esempio di cinema commerciale che considero di una qualità più alta rispetto alla media del genere; infine, “Los viajes del viento” (I viaggi del vento), un film colombiano che, secondo me, è il primo vero esempio di cinema made in

Colombia. Addirittura arrivai a proporre, davanti al disinteresse

manifestato dai ragazzi nei confronti di questi film, di vedere film non per titolo, ma per autore, come per esempio cinema di successo fatto da direttori “colti”, come per esempio Martin Scorsese o Woody Allen. Niente di tutto ciò, ovviamente, incontrava gli interessi del mio gruppo di ragazzi. All’inizio, pensai di fare due proiezioni, una per il pubblico dei più piccoli, l’altra per i più grandicelli. Un gruppo di ragazzi, la maggior parte di quelli che facevano parte del gruppo del primo giorno, avevano provato già a riunirsi in precedenza, sporadicamente di venerdì, per preparare pop-

corn e vedere dei film insieme. Qualcuno di loro comprava un film pirata

per strada, vicino ai ponti pedonali, e la proponeva a tutti gli altri. Si votava e si sceglieva quale film vedere.

Il primo giorno del Cineforito, i piccoli avevano portato un film, e i grandi (che erano gli aiutanti della casa, facevano parte della comunità ed erano beneficiari di Tiempo de Juego) ne avevano un altro. Si trattava dei due film

che erano in proiezione nelle sale in quel momento, come se i ragazzi volessero riprodurre un cinema reale nella casa della Fondazione. Il primo era un film per bambini, il secondo d’azione.

Quando domandai loro cosa volessero vedere, allora, nel Cineforito, tutti risposero in coro e all’unisono: “Film horror!” Allora feci loro notare che nessuno dei due film che quel giorno avevano con sè era un horror.

Durante l’indagine, capii che si vergognavano a proporle, come se, in qualche modo, sapessero che il consumo di contenuti di quel tipo poteva stimolare un’immaginario più violento, che è una della cose contro le quali la Fondazione lotta sin dal principio: la riproduzione dell’immaginario della violenza.

Indagai varie volte, da allora, sul perchè i ragazzi pensavano di amare i film horror, e capii infine due cose:

1. Che, la maggior parte delle volte, si trattava di morbosità verso la

sofferenza altrui, da una parte, e della possibilità di sperimentare la paura che deriva da tale sofferenza e di esorcizzarla allo stesso tempo attraverso la proiezione sullo schermo2.

2. Che i film horror ai quali loro si riferivano non erano tutti i tipi di

film dell’orrore, ma che preferivano specialmente il genere dello splatter e, a seguire, l’horror vero e proprio. Nella loro classificazione di film horror non c’era il genere suspence, come se non avessero mai visto nulla di questo tipo.

Così decisi di proporre ai ragazzi di portare loro una lista dei migliori film horror della storia del cinema, secondo internet; dissi loro che avrei pubblicato questa lista all’indomani all’entrata della Fondazione, e che avrebbero avuto l’intera settimana per scegliere i film che gli interessavano

2 Lo schermo non era altro che uno schermo televisivo, neppure tanto grande (circa 30’’), e con

di più. Promisi loro, inoltre, che entro la settimana successiva avrei portato diversi esempi dei film in lista, ognugno di uno stile diverso, anche se tutti classificabili nel genere horror. E che, da allora in avanti, avremmo votato sempre.

La lista pubblicata è la seguente3:

3 La tabella è stata fatta indagando tra verie pubblicazioni su internet, cercando in particolare

i film che, popolarmente, sono stati considerati come i migliori. Si riporta la versione in inglese della tabella, che invece all’entrata fondazione fu pubblicata in spagnolo.

TOP 15 DEGLI SCARY MOVIES, PUBBLICATA NELLA BACHECA