Bruno Vasari, Vive l’opera di Linuccia, in «Lettera ai compagni», anno XII, nn. 8-9-10, agosto- ottobre 1980.117
Ora che Linuccia Saba non è più amo ricordarla nel grande studio di via del Vantaggio a Roma, che fu già di Carlo Levi. Alle pareti dell’immenso salone decine e decine di quadri disposti con amorevole e sapiente regia da Sergio Miniussi che di Carlo fu devoto amico e ammiratore, come già di Umberto Saba, e legatissimo a Linuccia.
Oppure amo ricordarla nella casa sui tetti di via Due Macelli tra i tanti ritratti di lei appesi alla parete che Carlo Levi dipingeva ogni notte di capo d’anno, a tavola con pochi scelti amici per i quali preparava personalmente, ambitissimo privilegio, piatti tipici della multiforme cucina triestina, in cui confluisce il meglio dell’oriente e dell’occidente, per un viaggio a ritroso nel tempo, una regressione all’infanzia.
In via del Vantaggio, sede della fondazione Carlo Levi, da lei costituita con il munifico dono di oltre mille opere di cui Carlo Levi l’aveva lasciata erede, lavorava assiduamente al compimento di tante impegnative iniziative senza mai sembrare indaffarata ed era questa una qualitaà che aveva in comune con Carlo Levi, che sembrava non avere mai fretta, preferire la conversazione distesa, disporre del tempo con prodiga indifferenza mentre era un lavoratore instancabile e fecondissimo.
117 L’articolo, pubblicato a p. 3 della rivista, eà corredato da un ritratto di Linuccia Saba, opera di
E cosìà la fondazione poteé aprire sedi distaccate a Bari, Urbino, Ferrara, curare l’allestimento a Firenze di mostre di ritratti e a Venezia di disegni e antologiche in diverse cittaà. E furono gettate le basi di numerose altre iniziative di cui purtroppo Linuccia non vedraà l’attuazione. Fra tutte, l’apertura in autunno della sede della Fondazione a Matera in un antico palazzo restaurato che domina il panorama dei Sassi e che ospiteraà il noto capolavoro di Carlo Levi Lucania ’61 recentemente esposto anche a Torino a palazzo Madama in occasione della mostra Arte e mondo contadino.
E in via del Vantaggio con il regista Rosi fu elaborata l’idea del film tratto da Cristo s’eà fermato ad Eboli e furono girate alcune scene. In via del Vantaggio Sergio Miniussi giroà l’episodio di Marisa Magini dei «Confinati in Lucania» che suscitoà un’onda di affetti e di ricordi. E tra lo studio di via del Vantaggio e la casa di via Due Macelli nell’anno dell’esordio della Fondazione fu messa a punto la pubblicazione di tre libri che lasciano e lasceranno una traccia profonda: in ordine di tempo «Ernesto» (Einaudi) e Amicizia (Mondadori) di Umberto Saba e «Quaderno a cancelli» (Einaudi) di Carlo Levi. Appassionati curatori dei due primi Sergio Miniussi e del quaderno Aldo Marcovecchio. Ma Linuccia eà al centro di queste attivitaà come insostituibile e instancabile promotrice, impareggiabile consigliera e critica, efficientissima organizzatrice.
Linuccia Saba non vive di luce riflessa dei grandi che modellarono la sua vita, ma irradia una luce propria, discreta e modesta come un fiore del sottobosco, inconfondibile per il colore e il profumo. In lei erano preponderanti il gusto, la misura e lo spirito critico. A lei scriveva il padre: «Credo che tu sola possa capire queste finezze».
Di lei si disse giustamente che la scomparsa ha provocato al mondo culturale italiano, cui a buon diritto apparteneva, una perdita. Linuccia scriveva e aveva uno stile personale di una sorvegliata semplicitaà e umiltaà, ma soffuso d’incantevole grazia. Ricordo le sue collaborazioni lontane su argomenti di varietaà sul settimanale politico di terza forza «Il punto» dell’indimenticabile Vittorio Calef. Dove la sua scrittura raggiunge un’efficacia particolare eà nella testimonianza-premessa al «Quaderno a cancelli» cosìà ricca di amore sgorgato da una profonda consonanza di sentimenti, di affetti e di veritaà che proviene dalla oggettiva osservazione. Firmava Anneta Pane con uno pseudonimo in perfetta consonanza con lo stile e il contenuto degli scritti. Linuccia dipingeva fiori e animali con uno stile che ricorda per semplicitaà e pudore gli scritti, dove ogni segno, ogni colore esprime qualcosa con umile, ma chiara voce, quasi timorosa di farsi sentire in un campo in cui dominava l’estroversa personalitaà di Carlo Levi.
Linuccia, usa a muoversi con perfetto agio in un mondo popolato di personalitaà di livello in ogni campo della cultura, aveva peroà un fondo di timidezza, che si manifestava nella difficoltaà, nell’impossibilitaà talvolta di fare un’osservazione a un collaboratore, ancorcheé necessaria generando involontari malintesi e insoddisfazione di rapporti. La virtuà della delicatezza e del rispetto dovuto alle persone spinta all’estremo assumeva talvolta la parvenza di un vizio.
Tra i mille quadri di via del Vantaggio Linuccia si muoveva elegante e leggera. La malattia contro cui lottava coraggiosamente, esorcizzandola non parlandone e soffrendo in silenzio percheé non voleva soccombere prima di aver esaurito i compiti che si era prefissa (purtroppo, l’epistolario di Saba sebbene a buon punto non eà ancora finito), aveva reso il suo corpo ancor piuà fragile ed evanescente. Riceveva gli amici, personalitaà dell’arte, della politica, autoritaà, scrittori, registi, artisti, studiosi, delineava, approfondiva, conchiudeva molte iniziative.
Ora si tratta di continuare l’opera di Linuccia, mettendo mano a quello che resta da fare percheé la Fondazione che ha avuto cosìà fecondi inizi si consolidi anche finanziariamente, percorra la strada che Linuccia ha tracciato con tanto amore e con tanta lucida volontaà. EÈ questo un impegno che il consiglio della Fondazione dovraà tradurre in atti.
Non chiusura nel passato pur degno della massima considerazione, ma centro vivo di cultura in cui gli innumerevoli fermenti lasciati da Carlo Levi fruttifichino nel presente contesto della vita italiana, della cultura italiana intesa nell’accezione piuà ampia della parola in cui convergono la politica come l’estetica.
Al marito professor Nello Giorni, sceneggiatore e pittore, rimasto solo in un mare travolgente di ricordi, in una casa che eà un luogo dello spirito, la nostra solidarietaà nel dolore condiviso.
B. V.
Bruno Vasari, Carlo Levi oggi, in «Lettera ai compagni», anno XXIX, n. 2, maggio-giugno 1999.118
A Matera, questo luogo dello spirito, c’eà un’attivitaà sociale culturale denominata Centro Carlo Levi, presieduta dal professor Nicola Strammiello.
Lungo il corso dell’anno, con l’esclusione delle vacanze estive, ogni settimana i soci ricevono i nutriti programmi di conferenze, dibattiti.
Le universitaà di Matera e di Bari alimentano queste attivitaà, ma numerosi sono gli oratori della cittaà di Matera e quelli provenienti dalle altre regioni e dalle altre universitaà.
L’ultimo invito che mi eà pervenuto, a conferma della vitalitaà e dell’eclettismo del Centro, prevede per il 9 aprile: «Idee per un progetto di educazione alla lettura» affidato a due professori: Anna Oliverio Ferraris e Alberto Oliverio dell’Universitaà La Sapienza di Roma. Nel ventennale della morte di Carlo Levi a Matera si eà tenuto un convegno con un ciclo di
118 Lo scritto eà pubblicato nella rubrica «Recensioni», a p. 35. Tra le carte del suo archivio
(Istoreto, C BV 63/233), Vasari conservava una copia della pagina su cui fu pubblicato l’articolo; su questa corresse alcuni refusi e sottolineoà i titoli delle opere che avrebbero dovuto essere scritti in corsivo; altri pochi suoi interventi riguardano evidenti sviste (in luogo di «universitaà di Matera» si sarebbe dovuto avere «universitaà di Potenza») o omissioni (invece di «l’operoso e impulsivo Carlo Levi» si sarebbe dovuto leggere «l’operoso e impulsivo Centro Carlo Levi»); in tre occorrenze invece avrebbe voluto modificare il dettato della frase: nel primo periodo infatti soprascrisse «un’attiva societaà culturale» su «un’attivitaà sociale culturale»; in luogo di «Mi limiteroà a pochissime impressioni» del testo a stampa avrebbe voluto «Mi limiteroà a brevissime impressioni»; al posto di «Il grande impegno del Centro di Matera si evince dalle sue introduzioni» avrebbe preferito «Il grande impegno del Centro di Matera si evince dalle due introduzioni».
conferenze per illustrare, approfondire, rendere attuale la critica delle opere scritte. In un saggio introduttivo il professor Strammiello traccia le coordinate culturali di Carlo Levi indicando le opere rilevanti della cultura europea che precedono e caratterizzano i tempi nei quali emerge lo scrittore-pittore.
Escono oggi con il titolo Il germoglio sotto la scorza. Carlo Levi vent’anni dopo a cura di Franco Vitelli – Avagliano Editore – gli atti del Convegno. Il titolo, mi spiega Strammiello, eà una citazione di Carlo legata al mondo del Cristo si eà fermato a Eboli.
Dice Michele Dell’Acqua, storico della letteratura: «Bene dunque ha fatto l’operoso e impulsivo Carlo Levi di Matera a tenere vivo non solo il ricordo dell’artista / intellettuale / scrittore, ma a mostrarne le opere disponibili alla gioiosa e fiera contemplazione di quel mondo contadino in mezzo al quale esse nacquero e furono ispirate, e per aver promosso questa iniziativa nella logica non di una rivisitazione neé di un inventario, ma di una presa di coscienza, nell’attenzione di nuovi lettori, di Lui, delle sue opere, ma soprattutto di noi stessi rispetto ad esse, nella mutazione del tempo». Il grande impegno del Centro di Matera si evince dalle sue introduzioni, dai quindici saggi e dalle undici tavole rotonde, superando per mole analoghe iniziative precedenti con protagonisti tutti i nuovi per consentire una valutazione aggiornata con i mutamenti dei tempi. Per sentirmi preparato ad affrontare questo oceano di critica letteraria, storico sociale ho riletto, nelle vecchie prime edizioni Einaudi: il Cristo si eà fermato a Eboli (1945), L’orologio (1950) e Paura della libertaà (1946) rivivendo le emozioni di allora. Mi limiteroà a pochissime impressioni. Dal Cristo si eà fermato a Eboli estraggo la frase: «La tristezza senza fondo della campagna desolata» e l’immagine: «scendere nella fossa e sdraiarsi nel fondo» – rivedo il disegno nella cartella illustrativa – in quel cimitero di Agliano dove eà stato sepolto Carlo Levi e dove sono andato in pellegrinaggio a deporre un mazzo di fiori.
Credete ci sia qualcosa dell’Amleto di Shakespeare? Ritrovo Shakespeare ne L’orologio: «La notte di Roma par di sentire ruggire i leoni». Nel Giulio Cesare del grande drammaturgo inglese i leoni la notte che precede l’uccisione del dittatore vagano liberamente per la cittaà. EÈ per Levi e per noi che abbiamo vissuto la tragedia, nucleo centrale de L’orologio, della caduta del governo Parri l’evidente somiglianza.
In Paura della libertaà libro di etnologia, di storia antica e moderna, del sacro e della religione, di politica e di filosofia, con citazioni della Bibbia, del Vangelo, di San Tommaso, dell’Apocalisse e delle religioni orientali, libro scritto mentre Hitler scatenava la seconda guerra mondiale, estraggo alcuni brani: «Una volta dice San Paolo e per sempre: il sacrificio di Dio dovrebbe essere l'unico dei sacrifici umani. Ma gli idoli vivono sempre nella contemporaneitaà dei tempi, in mille forme sempre rinnovate, e gli uomini muoiono adorando sui loro altari, o nei campi sperduti sotto un cielo chiuso». E ancora «Alla divinitaà statale la guerra saraà sacrificio perfetto percheé per essa saranno vittime i nemici, gli estranei al dio; e il dio stesso, i suoi rappresentanti, i componenti lo stato, i guerrieri. Coloro dei nemici che non saranno morti in battaglia diventeranno giustamente schiavi e gli schiavi saranno sacrificati sugli altari o conservati ai lavori servili…». E continuando negli estratti: «Solo lo stato di libertaà eà stato di pace: dove vera pace laà eà vera libertaà, percheé gli idoli non vivono senza guerra; ma gli uomini vivono soltanto nella pace…».
Mentre Carlo Levi scriveva queste parole incominciava l’Apocalisse dell’Europa che terminoà con la sconfitta di Babilonia la grande.
Altri volumi della bibliografia di Carlo Levi, non ho preso in mano in questa circostanza, con l’eccezione di Quaderno a cancelli, affascinante quanto intrigante, scritto durante una degenza in clinica, operato agli occhi, senza poter vedere, con la mano guidata per evitare sovrapposizioni di righe e di parole, che pur ci furono, da una gabbia costituita dal Quaderno a cancelli.
Lo scritto eà stato decifrato e dato alle stampe da Linuccia Saba, la figlia del poeta triestino coadiuvata da Aldo Marcovecchio nel 1979, quando Carlo ci aveva giaà lasciati. In copertina uno straordinario autoritratto di Carlo in matita colorata. Il libro reca una dedica di cui mi perdonerete, sono orgoglioso: «Bruno Vasari – nostro amico – quest’ultimo colloquio con Carlo. Linuccia Saba».
Le mie riletture commosse nostalgiche dei tempi in cui la libertaà era allo stato nascente hanno sottratto spazio a Germoglio sotto la scorza, «lontano dall’enfasi celebrativa per saggiare il terreno concreto dell’analisi libera e spregiudicata…».
Confesso di non averlo letto tutto per la mole e mi dolgo, ma lo raccomando a voi certo della validitaà dei saggi e delle analisi del realismo appassionato di Carlo nella scrittura e nella pittura.