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«Gli amici hanno sempre il radar». Carteggio (1959-1980)

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Academic year: 2021

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I libri di «Levia Gravia»

collana diretta da Mariarosa Masoero e Giuseppe Zaccaria, n. 12

In copertina: ????

I volumi pubblicati nella Collana sono sottoposti a un processo di peer review che ne attesta la validitaà scientifica

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Linuccia Saba – Bruno Vasari

«Gli amici hanno sempre il radar»

Lettere (1959-1980)

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Questo volume fa parte del progetto “Bruno Vasari” condotto dall’Istoreto con il sostegno della Compagnia di San Paolo.

© 2013

Copyright by Edizioni dell’Orso s.r.l. via Rattazzi, 47 15121 Alessandria tel. 0131.252349 fax 0131.257567 e-mail: [email protected]

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Realizzazione editoriale a cura di ???

È vietata la riproduzione, anche parziale, non autorizzata, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno e didattico. L’illecito sarà penalmente perseguibile a norma dell’art. 171 della Legge n. 633 del 22.04.41

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Indice

Introduzione Nota ai testi

CARTEGGIO 1958-1980

APPENDICE (testi e immagini)

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INTRODUZIONE

Il carteggio tra Linuccia Saba e Bruno Vasari qui presentato è composto da 47 missive – 28 scritte da Linuccia e 19 da Bruno – la maggior parte delle quali erano state conservate da Vasari nel suo archivio, in vista di una loro possibile pubblicazione. Le lettere si distribuiscono su un arco cronologico di 21 anni, dal 2 gennaio 1959 al 21 agosto 1980; la corrispondenza però non è costante né regolare e conosce anzi alcune interruzioni: molto lunga quella tra il 1959 e il 1966; più brevi quelle tra il 1968 e il 1971 e poi tra il 1971 e il 1973. A quest’ultima pone termine, il 18 gennaio 1973, un biglietto di Vasari, che riallaccia i rapporti scrivendo a Carlo Levi:

Caro Carlo, cerco di interrompere il lungo silenzio con questo biglietto. Ho cercato più volte di telefonare e mi sono anche rivolto alla Stipel, ma c’è qualcosa che non va. Come vederti, come avere notizie tue e di Linuccia? Il diretto del mio ufficio se tu volessi telefonarmi è il 382962. Tante cose cordiali e affettuose tuo Bruno Vasari. 1

Altre cesure possono essere in parte giustificate dal fatto che in parecchi casi i contatti telefonici, cui i due corrispondenti accennano in più occasioni, si affiancavano alla scrittura epistolare; è inoltre probabile che alcune lacune possano essere colmate dal materiale conservato da Raffaella Acetoso, erede di Linuccia.

Pur tenendo conto della limitazione rappresentata da una documentazione parziale, è possibile individuare nel carteggio due diverse fasi, il cui spartiacque è costituito dalla morte di Carlo Levi (4 gennaio 1975): la prima sezione delle lettere, collocabile tra il 1959 e il 1975, registra infatti l’inizio del legame di amicizia tra Linuccia e Bruno e il suo progressivo approfondimento; nella seconda, che si apre dopo la morte di Carlo – cui Linuccia era legata dal 1945 – Bruno Vasari è non solo amico fidatissimo, ma anche consigliere privilegiato nel momento in cui si tratta di costituire la Fondazione, intitolata a Carlo Levi e destinata a conservarne il patrimonio artistico, e anche occorre seguirne lo sviluppo e l’attività.

Il rapporto tra Vasari e Carlo Levi era iniziato nel gennaio 1957, quando Levi aveva eseguito il ritratto di Nanni Vasari (ritratto che Antonicelli aveva definito «dell’attenzione») e di cui Vasari stesso diceva che «non era possibile cogliere meglio la personalità di sua moglie», aggiungendo che «in quelle brevi pose si era stabilito un intenso rapporto di comprensione». 2 Linuccia è ricordata

per la sua «cordialità e amabilità squisita» in un biglietto inviato da Vasari a Carlo Levi il 7 gennaio 1959, per ringraziarlo ed esprimergli il suo apprezzamento per il quadro esposto a Torino, 3 ma il 1 Biglietto con intestazione «Via dei Mille, 4», mm. 107x167, vergato a inchiostro nero su recto e verso, Archivio di

Carlo Levi depositato presso l’Archivio Centrale dello Stato, Biglietti di Bruno Vasari, fasc. 1424, busta 41, n. 4573. Sappiamo d’altra parte da Linuccia che Levi, amantissimo della conversazione, dopo il periodo trascorso in carcere, in cui la corrispondenza epistolare rappresentava l’unica possibilità di comunicare con il mondo esterno, con il passare degli anni si avvalse sempre meno delle lettere per mantenere i suoi contatti con amici e corrispondenti; le sue lettere anzi «si fecero sempre più rare, diradarono, quasi scomparvero»: L. Saba, Guardare per far vedere, in Carlo Levi.

Disegni 1920-1935 (Venezia, Palazzo Querini Stampalia, maggio-giugno 1980), Testi di Linuccia Saba e Ugo Ruggieri,

con una lettera di Carlo Levi dal carcere di Torino alla madre, Venezia, Corbo e Fiore 1980, p. 9 (cfr. Appendice, pp. 73-74).

2 Biglietto con intestazione «Dott. Bruno Vasari», mm. 107x167, vergato a inchiostro nero su recto e verso, Archivio di

Carlo Levi depositato presso l’Archivio Centrale dello Stato, Biglietti di Bruno Vasari, fasc. 1424, busta 41, n. 17785. La data è del 1° dicembre 1959.

3 Biglietto con intestazione «Dott. Bruno Vasari», mm. 107x167, vergato a inchiostro nero su recto e verso, Archivio di

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primo dei testi reperiti, del 2 gennaio dello stesso anno, lascia intravvedere un legame di amicizia già consolidato, che a partire da questo momento si approfondisce sempre più, anche se non mancano, come già detto, momenti di silenzio: oltre a quelli cui già si è accennato, ci saranno ancora altre interruzioni nella corrispondenza, non solo epistolare. L’8 ottobre 1977 per esempio Linuccia scrive:

Caro Vasari,

mi scusi se mi ripeto, se le ridico quello che già le avevo detto al telefono. Ma la colpa è sua. Mi aveva così bene viziata, mi ero tanto bene abituata a vederla arrivare alla Fondazione, così spontaneamente, senza preavviso, come un vero e grande amico, che mi è difficile abituarmi alla sua assenza (assenza, nel mio cuore, non giustificata). 4

Analogamente, in un altro biglietto, senza data, si legge « Caro Vasari, /mi ha fatto molto, molto piacere riprendere il [filo] interrotto della nostra amicizia» 5 e, in effetti, l’amicizia è il fil rouge che,

nel corso degli anni, si dipana in tutti i testi del carteggio.

Il termine ricorre infatti insistentemente e le lettere, sia di Bruno sia di Linuccia, si concludono non poche volte con la formula «con amicizia», che riflette un vero sentimento, spesso enfatizzato anche nel corpo del testo: Bruno, per esempio, ringrazia per la serata, «così piena di significati sotto tanti aspetti e in primo luogo sotto quello dell’amicizia», 6 trascorsa nella «bella

casa» di Via Due Macelli, dove è stato ospite della figlia di Umberto Saba; a sua volta Linuccia ribadisce più volte quanto conforto ricavi dall’amicizia di Vasari:

una fortuna (per fortuna) c’è sempre: la mia si chiama Vasari, Vasari e gli altri pochi e cari amici. Quei teneri lillà, così remoti; per la loro profumata e indifesa bellezza primaverile, da ogni mare in tempesta, da ogni pensiero negativo, mi hanno obbligata alla riconoscenza e all’affetto per chi me li mandava, e a uscire da me stessa, e a ricordare che il mio mondo non è tutto il mondo. È difficile che un mazzo di fiori arrivi nel suo momento giusto, nel momento fatale come il suo (e quello di Livio). Non posso dirle grazie, la parola non corrisponde abbastanza, vorrei però dirle quanto la sua amicizia mi ha aiutata, profondamente aiutata, e quanto sia dolce a portarsi la riconoscenza per un amico. 7

Il tema dell’amicizia si intreccia qui e in molte altre occasioni – frequenti soprattutto nella prima sezione del carteggio – con quello dei doni, ricevuti e ricambiati; fiori innanzitutto, come si evince dal biglietto di ringraziamento datato al 2 gennaio 1959:

Caro Vasari,

Come ha fatto a indovinare che quei suoi fiori, quel suo gentile augurio, mi avrebbe fatto tanto piacere? Stavo rannicchiata in una vecchia poltrona, facendo un silenzioso, amaro bilancio dell’anno, quando sono arrivati. Così belli e rossi sembravano giungere per scacciare le ombre, ed essere messaggeri di un nuovo anno positivo. Aver pensato di mandarmeli era una cosa già assai gentile, averli fatti arrivare nel momento più giusto (non mi dica che questo era involontario, non ci credo. C’è chi è sempre opportuno e chi sempre, per destino, anche al telefono, inopportuno) ha reso la sua gentilezza ancora più preziosa. 8

o ancora da un breve messaggio del 20 marzo 1975: Caro Vasari,

grazie del mazzo di fiori. Posso contraccambiare (che brutta parola, mi scusi) con un mazzo di violette? Lasciando gli scherzi creda che le sono profondamente riconoscente per il bene che la sua amicizia mi fa.

La data è del 7 gennaio 1959.

4 Cfr. p. 42. 5 Cfr. p. 59.

6 Lettera scritta l’8 luglio 1966 (cfr. p. 9). 7 Lettera del 21 febbraio 1975 (cfr. p. 18). 8 Cfr. p. 3.

(8)

Una vecchia amicizia, è vero, ma che oggi usa un linguaggio del quale ho un estremo bisogno; e l’amicizia, si sa, ha la grazia dell’intuizione. 9

Altre volte invece si tratta di un «delizioso portafoglio verde, di un bel verde allegro e pacato» (2 gennaio 1966) che giunge in sintonia con l’«umore del momento» e di cui Linuccia, pittrice e sensibile alle sfumature di colore, sottolinea le tinte; oppure il regalo è costituito da un «delizioso tagliacarte» (11 gennaio 1968), particolarmente gradito in quanto segno che Bruno si è ricordato della gioia che a Linuccia danno i doni natalizi. In un’altra circostanza è la figlia di Saba che ha preparato un dono, difficile peraltro da recapitare, così che, mortificata, scrive: «ieri ho girato più di un’ora con il mio-suo cestino, alla ricerca di un taxi: desideravo esaudire il suo desiderio e farglielo avere ieri. Non ho avuto fortuna, e sono ritornata a casa molto desolata. Mi scusi il ritardo». 10

A cementare il legame tra i due corrispondenti è anche l’amore per Trieste, città natale di entrambi: infatti, dopo aver letto il carteggio tra Umberto Saba e Pierantonio Quarantotti Gambini curato dalla figlia del poeta, Vasari le scrive che ha

letto con amore Il vecchio e il giovane. Ma anche con emozione, l’emozione che suscita in me ogni profondo discorso sulla nostra città; degli aspetti ambivalenti. Ogni discorso che arrivi cioè alle radici della nostra natura, della nostra cultura, della nostra anima. 11

Triestini sono quasi tutti gli amici più cari: Sergio Miniussi, autore di molti scritti su Umberto Saba e Carlo Levi; Livio Zeno Zencovich, il cui mazzo di fiori arriva, come quello di Bruno, «nel suo momento giusto, nel momento fatale» (21 febbraio 1975) 12 e Manlio Magini, presentato da Vasari e

divenuto ben presto uno dei «consiglieri-amici» senza i quali la vita della Fondazione Carlo Levi sembra più difficile. Per venire incontro alle esigenze di quest’ultimo infatti Linuccia differisce la convocazione del Consiglio di Amministrazione (lettera del 18 aprile 1978) e di una sua prolungata assenza si preoccupa, domandandone notizie:

Cosa è successo di Magini? Lo ho cercato senza fortuna. Volevo invitarlo a venirci a vedere qualche volta (mi piace quando un consigliere simpatico viene a trovarci, e possiamo parlare con lui dei tanti, continui piccoli problemi che ci circondano) […]. 13

Originaria di Trieste è anche Maria Lupieri, la pittrice amica e ospite di Linuccia, di cui a Vasari «spiace vivamente di non aver potuto vedere le opere esposte» 14 pur avendone ricevuto il catalogo.

Un altro elemento che accomuna Bruno e Linuccia e ricorre soprattutto nella prima parte del carteggio, ma non solo in questa, è infatti la profonda condivisione di interessi ed esperienze culturali. Non per nulla, appena avuta la notizia che Pablo Neruda è morto, Vasari scrive:

Cara Linuccia,

a chi manifestare i sentimenti che la morte di Pablo Neruda suscita in me, con chi cercare di condividere il peso della tristezza per cercare di alleviarlo?

Ho pensato di scrivere a Lei […] 15

9 Cfr. p. 20.

10 Il biglietto è datato al giorno di Pasquetta del 1974 (cfr. p. 17).

11 Il carteggio, intitolato Il vecchio e il giovane, fu pubblicato da Mondadori nel 1965; Bruno Vasari lo lesse e ne lodò

la prefazione nella lettera, da cui è tratto il passo presente, il 25 gennaio 1966 (cfr. p. 6). La prefazione di Linuccia è riportata in Appendice, pp. 71-72.

12 Cfr. p. 18. Era stato Livio Zeno Zencovich a presentare Carlo Levi a Vasari, come quest’ultimo ricordò in più

circostanze.

13 Cfr. pp. 46-47.

14 Lettera dell’8 luglio 1966, qui alle pp. 9-10.

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Punto centrale di riferimento per la riflessione culturale di entrambi è la figura di Umberto Saba cui si affianca prepotentemente, dopo il 1975, quella di Carlo Levi: Linuccia per esempio segnala la pubblicazione del Vecchio e il giovane di cui ha curato l’introduzione 16 e dà notizia dei suoi lavori

all’Epistolario del padre (lettera del 2 gennaio 1966); da parte sua Vasari, che ha letto il volumetto, ne loda «l’edizione, la breve prefazione, le note», trovando che «tutto è perfetto» (25 gennaio 1966); ancora Linuccia manda al suo corrispondente la fotografia-manifesto del poeta triestino, che Vasari dice di aver guardato «con commozione» e che giudica «espressiva e rivelatrice del suo mondo intellettuale e poetico […] ricca di vibrazioni» (12 febbraio 1971). Per il libro intitolato

Amicizia, che ricostruisce la genesi delle ultime poesie di Saba, Vasari trova poi non solo generiche

parole di apprezzamento, ma si cimenta in una analisi attenta, quasi in una vera e propria recensione dell’opera e, organizzandoli attorno al ruolo che Linuccia ha avuto nel mondo poetico del padre, ne coglie i tratti più interessanti:

ho letto Amicizia con profondo interesse ed un grande godimento. Naturalmente il mare della poesia ha profondità che non tutti gli sguardi possono raggiungere. A quale livello sono arrivato? Non lo so, ma le lettere e le varianti mi hanno molto aiutato. Penso che la lettura di Amicizia sarà anche di straordinaria utilità per sviluppare nei giovani la sensibilità alla poesia.

Come negli arazzi antichi il prato di Amicizia è pieno di fiori. Sono riuscito a riconoscere tutte le variopinte corolle?

Non lo so ma un fiore fra tutti ho scelto per descriverlo, è un fiore dai colori attenuati, più modesto in mezzo a tanti fiori splendenti, è il fiore di Linuccia […].17

Sia l’uno che l’altra inoltre si adoperano perché una serie di racconti di Umberto Saba, intitolati Gli

Ebrei, vengano sceneggiati e trasmessi per televisione. In quest’occasione Linuccia – la cui tenacia

può essere straordinaria quando si tratta di perorare le cause che le stanno a cuore – supera «il pudore di seccare ancora una volta» Vasari (d’altra parte le è «impossibile chiedere una cosa che le è cara a persone estranee o remote») e si scusa della sua insistenza:

Spero di non darle troppa noia e che mi vorrà perdonare se abuso di lei. Spero anche che, sia pure per dirmi di non essere tanto indiscreta, lei mi scriverà o telefonerà dandomi sue notizie e dicendomi qualcosa di lei.

Ancora la prego mi scusi e mi creda, con amicizia […] 18

Ciò rivela un tratto caratteristico della scrittura di Linuccia e del suo legame con Vasari, quello, appunto, del «pudore», della discrezione nel manifestare i propri sentimenti, che nasce dall’indole riservata della donna e dalla sua certezza che, comunque, «gli amici hanno sempre il radar». 19

Questa fiducia si rivelerà in modo particolarmente evidente nel momento in cui, dopo la morte di Carlo Levi, la Fondazione assorbirà tutte le sue energie e rappresenterà l’unica ragione della sua vita. A Vasari scriverà infatti, cedendo alla solitudine e allo scoramento:

[…] Lei è una delle poche, pochissime persone, con le quali io mi sia aperta, e che quindi conosce lo stato di profonda solitudine nella quale vivo. La Fondazione è – si può dire – tutto. È il mio lavoro, la mia meta, il mio scopo, ed è anche mia sorella, mio fratello, la mia famiglia, l’amica e l’amico. E anche lei, in un certo momento della sua vita, aveva trovato, in quel luogo, almeno un rifugio, una sosta, un attimo di pace. Se di tutto questo lei non ha più bisogno ne sono felice, perché vuol dire che la sua vita si è riequilibrata, e che lei ha nuovamente troppi impegni. Ma… se può restarle un buchino anche per me, per noi, io sarei proprio felice. Davvero mi manca, e molto. - E ancora le chiedo scusa dell’insistenza e dell’invadenza, e la prego di credere al mio affetto. […] 20

16 Cfr. Appendice, pp. 71-72

17 La lettera è datata al 20 aprile 1976 (cfr. pp. 28-29). 18 Lettera del 30 giugno 1966 (cfr. p. 7).

19 L’espressione è di Linuccia, che così esordisce il 2 gennaio 1966 (cfr. p. 5). 20 Cfr. p. 42.

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È questo un messaggio accorato, che rivela uno dei momenti di debolezza di Linuccia, la cui salute e il cui equilibrio appaiono talora (e in particolare dopo la morte di Carlo) molto precari. Dice infatti il 26 agosto 1979:

[…] Spero lei sappia con quanta riconoscenza e quanto profondo affetto io la ricambi: oggi per me lei è una delle mie rare ricchezze. E mi scusi se non so scriverle di più. Ho passato, e passo, un mese di terribile astenia intellettuale: non riesco a fare niente, anche dire poche parole a un amico è difficilissimo. Non avevo mai provato un vuoto così costante, e ne sono terrorizzata. Cosa succede se non mi passa? Questa sera la vorrei a Roma. Questa notte ho fatto un sogno straordinario, e sento il desiderio, quasi il bisogno, di fermarlo raccontandolo a qualcuno, a lei. Mi pare che sia proprio lei la sola persona adatta ad ascoltarlo. […]». 21

Il 15 ottobre 1979 ringrazierà di aver ascoltato il sogno, aggiungendo: « Torni presto e scusi le deficienze: sono spaventosamente stanca». 22

Spesso però, nel periodo in cui la Fondazione Carlo Levi muove i primi passi, il ruolo di Vasari è quello di consigliere-amico, che sa affrontare i problemi amministrativi e organizzativi del nuovo Ente. Le lettere scambiate dopo il 1975 infatti vertono frequentemente su questioni legali, sulle mostre che devono essere organizzate, sulle date in cui convocare i Consigli di Amministrazione.

Bruno esorta e dà consigli, suggerisce quanto è necessario fare, ma sempre con la delicatezza e l’attenzione che gli sono propri, come in questa circostanza:

Abbiamo assunto delle responsabilità accettando il Suo regale generoso dono dei quadri di Carlo e ora dobbiamo amministrare. Dalla fase “costituente” dobbiamo passare a quella “legislativa”. In particolare mi sembra e sarebbe utile sentire in proposito l’avv. Pugliese, pensare a un regolamento per il Consiglio e a un regolamento finanziario con libri, bolli e tutte le altre parafernalia. E naturalmente esaminare ciò che Lei propone come attività immediata (credo: Sede – Comitato d’onore) e a medio e a lungo raggio. Non è che si debba fare tutto in un’unica riunione, si può fare in un tempo ragionevolmente disteso. Vorrei che non si stancasse troppo con tante incombenze delicate e pressanti. 23

In occasione della mostra che si deve tenere a Bettona Vasari è consultato prima di ogni altro ed esprime con forza la propria opinione, nell’interesse della Fondazione e dell’arte di Carlo Levi, pur rimarcando che la prassi seguita da Linuccia, che si è immediatamente rivolta a lui per un parere è, forse poco ortodossa:

Gentile Signora Linuccia,

mi affretto a rispondere alla Sua del 14 corr., recapitatami ora.

Sarei stato più sicuro e tranquillo se avessi potuto esprimerLe il parere che mi chiede, in sede di Consiglio (anziché uti singulus), in modo che la mia opinione si formasse anche per consenso o dissenso da quelle degli altri Consiglieri. Ma, vista l’urgenza, faccio di necessità virtù.

In linea di massima, sono convinto che ogni esposizione di opere di Carlo, promossa o autorizzata o agevolata dalla Fondazione, debba sempre, ovunque e comunque avere la più alta possibile dignità ed essere il più possibile rappresentativa dell’arte del Maestro. […] 24

In questo caso come in altri, grazie al carteggio è possibile seguire la vita della Fondazione, dalla preparazione delle mostre – quali la grande esposizione organizzata da Ragghianti a Firenze (il 14 giugno 1976 Linuccia descrive minutamente il suo incontro con il sindaco, l’assessore alla

21 Cfr. p. 51. 22 Cfr. p. 55.

23 Lettera del 29 gennaio 1976 (cfr. p. 23).

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cultura e il critico d’arte) 25 o manifestazioni più modeste, come per esempio quella di cui la

cittadina umbra di Bettona si fa promotrice (lettere del 14 e del 18 febbraio 1978), 26 – all’invio di

quadri di Levi all’esposizione di Venezia (29 luglio 1976) 27 o alla scelta delle sedi decentrate della

Fondazione e delle opere da consegnare alle medesime (21 e 31 luglio 1976). 28 Le questioni

importanti, come le trattative con il Sindaco e la Città di Torino per trovare un luogo degno di ospitare la Fondazione (lettere del 17, del 25 e del 27 settembre 1979 e del 15 ottobre 1979) 29 si

affiancano ai problemi spiccioli, legati ai rapporti interpersonali, non sempre facili, con le segretarie (10 aprile 1976 e 25 febbraio 1978) 30 o con alcuni consiglieri (le dimissioni di Glauco Pellegrini

sono una delle voci all’ordine del giorno della riunione convocata per il 3 giugno 1976); 31 a volte

Linuccia si limita ad apporre la sua firma, preceduta da un breve saluto, sulle convocazioni del Consiglio di Amministrazione, in altri casi si affretta a comunicare una buona notizia «certa che […] farà piacere», 32 come quando avverte che la pratica relativa alla costituzione della Fondazione

come Ente Morale è stata inoltrata, oppure segnala un articolo corredato di servizio fotografico (su cui evidentemente nutre qualche perplessità) relativo ad Aliano e all’inizio delle riprese del film tratto dal romanzo di Levi Cristo si è fermato ad Eboli.

Ma anche quando la comunicazione pare secca ed oggettiva, quasi burocratica, il legame dell’amicizia non viene meno: ne fa fede l’ultimo messaggio di Vasari, del 21 agosto 1980, in cui la nota dominante è costituita dalla preoccupazione per la salute di Linuccia e dall’affetto:

Cara Linuccia,

riparto senza averLa potuta vedere e resto con il desiderio e la raccomandazione di badare a se stessa dopo essersi tanto prodigata verso il mondo esterno. Ho letto la Sua introduzione alla Mostra di Venezia: elegante semplicità e profondità di affetti. Mi ha promesso una copia, ma la desidererei con la Sua dedica: ci tengo moltissimo. Nello fa buona guardia perché nulla venga a turbare il Suo riposo. Torni, torni tra noi.

Suo aff.mo

Bruno Vasari 33

Vasari ricorderà poi l’amicizia che lo aveva legato a Linuccia (e a Carlo Levi) nei brevi versi «Casa / amica / Carlo Levi / Linuccia / ed io» 34 e nell’intervista rilasciata a Veronica Ujcich,

accennando al suo ruolo nella Fondazione, 35 darà anche un ultimo, affettuoso ritratto della

compagna di Carlo: «Incontrai Carlo anche in casa di Linuccia Saba, la figlia del poeta, in via Due Macelli a Roma. Con Linuccia e Carlo sono andato in molte trattorie romane. Linuccia dipingeva e scriveva, nelle sue opere scorre lieve una vena di poesia». 36 La vena poetica però non era solo 25 Cfr. pp. 34-35. 26 Cfr. pp. 43-44, 45. 27 Cfr. p. 38. 28 Cfr. pp. 36-37, 39. 29 Cfr. pp. 52-55. 30 Cfr. pp. 26, 46-47. 31 Cfr. p. 32.

32 Lettera del 12 luglio 1978 (cfr. p. 50). 33 Cfr. p. 58.

34 Bruno Vasari, Curriculum vitae, in La libertà allo stato nascente. Percorsi nell’archivio di Bruno Vasari, a cura di B.

Berruti. Introduzione di A. Cavaglion, Alessandria, Edizioni dell’Orso 2004, pp. 167-171: 170.

35 «Faccio parte della Fondazione Carlo Levi in seguito al fatto che lo avevo conosciuto e frequentato. Mi aveva

incantato con i suoi libri Cristo si è fermato a Eboli e L’orologio per la novità, la freschezza dello stile e i contenuti esaltanti per gli italiani che avevano vissuto la Resistenza. Ammirai, e continuo ad ammirare, la sua pittura di un realismo molto umano, direi affettuoso. Lo ricordo nel suo studio di Villa Strolhfern, in mezzo ai dipinti, e risuona in me l’eco della sua ricca, varia, originale conversazione che non conosceva pause. […] Non posso non ricordare che Carlo Levi mi fece scoprire la poesia Contovello di Umberto Saba che mi fece tanta impressione […]» (V. Ujcich, Il

riposo non è affar nostro. Intervista a Bruno Vasari, Pasian di Prato, Campanotto Editore 2001, p. 91). 36 Ivi, p. 92.

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appannaggio di Linuccia e prenderà la mano anche a Vasari: questi infatti negli ultimi anni della sua vita realizzò molte raccolte poetiche, 37 frutto della stessa sensibilità che aveva manifestato nel

cogliere la bellezza dei versi di Umberto Saba, parlando del volume Amicizia, e per cui era grato a Carlo Levi che gli fatto conoscere la poesia Contovello (legata alla sua Trieste).

37 Bruno Vasari pubblicò sette raccolte di poesie presso Omega Edizioni di Torino: Il balcone fiorito, con prefazione di

Manlio Magini (dicembre 1996); Solitaria vita, con prefazione di Manlio Magini e un intervento di Carol Rama (marzo 1998); Cadente Luna, con prefazione di Anna Bravo e inserto di Carol Rama (dicembre 1998); Pagine di Diario, con prefazione di Elvio Guagnini e inserto di Carol Rama (ottobre 2000); La Clessidra, con prefazione di Elvio Guagnini e inserto di Carol Rama (novembre 2001); di natura il riso, con prefazione di Elvio Guagnini, lettera di Laura Marchiaro e inserto di Carol Rama (marzo 2003); di pensier in pensier, con prefazione di Elvio Guagnini, lettera di Aldo Visalberghi e ritratti di Carol Rama. L’ultima silloge, intitolata Di giorno in giorno, con prefazione di Elvio Guagnini, è uscita nel novembre 2004 a Reggio Emilia presso l’editrice Diabasis.

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NOTA AI TESTI

La descrizione dei documenti che compongono il presente carteggio tra Linuccia Saba e Bruno Vasari eà stata fornita in calce ai testi, cosìà come la loro attuale collocazione.

Le lettere sono tutte inedite; la maggior parte di esse eà conservata presso l’Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Societaà Contemporanea «Giorgio Agosti» (Istoreto), nel fondo archivistico Bruno Vasari; alcune invece si trovano presso la Biblioteca Civica di Alassio, nel Fondo archivistico Carlo Levi.

Nella trascrizione si sono rispettate le norme grafiche ed interpuntive degli autori, uniformando unicamente l’uso del punto, non sempre presente, nelle abbreviazioni «aff.mo» e «dev.mo» con cui si concludono molte lettere di Vasari; eà inoltre stato utilizzato sempre il corsivo in luogo della sottolineatura o delle virgolette alte, sia nel caso dei titoli di libri o quadri, sia per i termini ai quali l’autore attribuisce particolare importanza. Le virgolette alte usate per le citazioni sono state trasformate in virgolette caporali.

Dopo l’apostrofe al destinatario si eà sempre andati a capo, anche se talora questo uso non eà seguito da Vasari nei testi autografi (diverso il caso di Linuccia Saba). Nelle formule di congedo ci si eà attenuti alle norme di spaziatura e agli “a capo” degli autori.

Poicheé, come giaà detto nell’Introduzione, questo carteggio riflette sia il legame privato e di amicizia tra i due corrispondenti, sia, a partire dal 1975, la vita della Fondazione Carlo Levi, di cui Linuccia era presidente a vita e Bruno consigliere, per l’annotazione si eà resa necessaria la consultazione di testi di varia natura: lettere di convocazione del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Carlo Levi, verbali dei consigli medesimi, comunicazioni delle diverse segretarie che si erano succedute al fianco di Linuccia Saba dopo la costituzione della Fondazione, lettere di differenti personalitaà attinenti la vita della Fondazione e riviste – quali «Lettera ai Compagni» – anch’esse conservate nel Fondo Vasari. Alcuni di questi documenti, utili a integrare il dettato delle lettere, sono stati trascritti in Appendice.

Nel congedarci dal presente lavoro, desideriamo esprimere la nostra gratitudine a Raffaella Acetoso e a Elsa Airoldi per aver concesso le liberatorie alla pubblicazione dei documenti; ai “custodi” dei Centri in cui sono conservate le lettere, Barbara Berruti (Istoreto) e Luca Beltrami (Biblioteca Civica di Alassio), noncheé alla Fondazione Carlo Levi di Roma per l’aiuto offerto.

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LETTERE

A Bruno Vasari, Torino

Roma, 2 gennaio 1959 Caro Vasari,

Come ha fatto a indovinare che quei suoi fiori, quel suo gentile augurio, mi avrebbe fatto tanto piacere? Stavo rannicchiata in una vecchia poltrona, facendo un silenzioso, amaro bilancio dell’anno, quando sono arrivati. Cosìà belli e rossi sembravano giungere per scacciare le ombre, ed essere messaggeri di un nuovo anno positivo. Aver pensato di mandarmeli era una cosa giaà assai gentile, averli fatti arrivare nel momento piuà giusto (non mi dica che questo era involontario, non ci credo. C’eà chi eà sempre opportuno e chi sempre, per destino, anche al telefono, inopportuno) ha reso la sua gentilezza ancora piuà preziosa.

EÈ piaciuto il quadro di Levi? E lei quando ritorna a Roma? Quando viene si ricordi della sua promessa: io ci conto e ci tengo.

Ancora grazie e molti affettuosi saluti

Sua

Linuccia Saba Cartoncino bianco, mm. 150x105, dattiloscritto in nero su recto e verso, firma autografa a inchiostro blu. Senza busta. Torino, Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Societaà Contemporanea «Giorgio Agosti» (poi sempre indicato come Istoreto), C BV 63/233

(15)

A Linuccia Saba, Roma

[New York], 2. 7. 59 Bruno Vasari38

Cartolina illustrata, mm. 88x139, firma e indirizzo vergati a inchiostro blu. Sul verso fotografia del Rockfeller Center. Alassio, FCL, CORR 5, 151

38 La cartolina fu inviata nel corso del primo viaggio negli Stati Uniti, dove Vasari si era recato

per studiare i nuovi sistemi informatici di gestione, che avrebbe introdotto alla RAI. In quella occasione, in cui aveva anche «letto un discorsino al MOMA di N. Y.», Vasari ricorda di essersi «scatenato a visitare i musei»; nei viaggi successivi, in cui si sarebbe recato a Detroit, Chicago, Los Angeles, San Francisco, Hollywood e Dallas, sarebbe stato invece «assorbito quasi totalmente» dal lavoro. Cfr. B. Berruti, L’archivio, in La libertaà allo stato nascente. Percorsi nell’archivio di Bruno Vasari, a cura di B. Berruti. Introduzione di A. Cavaglion, Alessandria, Edizioni dell’Orso 2004, pp. 11-25: 16-17.

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A Bruno Vasari, Torino

Roma, 2 gennaio 1966 Caro Vasari,

gli amici hanno sempre il radar. Quest’anno, per la prima volta nella mia vita, ho desiderato avere qualche piccolo oggetto di colore. Abbonata come sono al nero e ai suoi cugini, il bruno e il grigio, la cosa mi ha fatto meraviglia e mi sono regalata la busta degli occhiali (ahimeà!) rossa. Ed ecco che a fargli compagnia mi arriva il suo delizioso portafoglio verde, di un bel verde allegro e pacato. Grazie, caro Vasari, a lei e a sua moglie,39 non solo di

esservi ricordati di me, e ricordati con una cosa cosìà bella, ma anche e soprattutto di aver intuito il mio umore del momento.

Ma a Roma non viene piuà? Mi farebbe tanto piacere rivederla e anche, se fosse possibile, conoscere finalmente sua moglie. Io ho passato un tempo di cattiva salute. A momenti mi pare di star meglio, ma poi… Ma, malgrado questo, ho continuato a lavorare, e poco prima di Natale eà uscito un libretto che mi eà molto caro. Un carteggio fra mio Padre e P. A. Quarantotti Gambini. Lo ha visto? Si chiama Il vecchio e il giovane; e anche un altro disco con la voce di mio Padre presso la Cetra. Ora sto finendo l’Epistolario.40 Mi sta incoraggiando il

successo di questa staffetta. Ancora tanti auguri a tutti e due dalla vostra riconoscente

Linuccia Saba Cartoncino bianco, mm. 138x106, vergato a inchiostro nero su recto e verso. Senza busta. Torino, Istoreto, C BV 63/233

39 Dopo la morte della prima moglie, Felicina (Nanni) de Giorgio (1910-1958), Bruno Vasari si

risposoà nel 1963 con Maria Valentina Appiotti, dirigente Ilte del gruppo Iri, che si spense nel 1996.

40 Il carteggio tra Umberto Saba e Pier Antonio Quarantotti Gambini uscìà presso Mondadori

alla fine del 1965; all’Epistolario sabiano Linuccia Saba, unica erede delle carte paterne, lavoroà costantemente fino al termine della vita, senza riuscire a terminare l’opera, di cui aveva peraltro annunciato piuà volte l’imminente pubblicazione. Il disco uscito presso la Cetra eà probabilmente quello che reca il titolo Saba legge Saba – Il bianco Immacolato Signore (Ricordo di Gabriele D’Annunzio). In precedenza erano stati editi dalla Fonit-Cetra tre altri dischi, corredati da introduzioni di Carlo Levi, in cui venivano lette le poesie di Umberto Saba; il primo (del 1955) comprendeva sette poesie recitate da Vittorio Gassman; il secondo (del 1959) aveva come titolo La voce di Umberto Saba e infatti le liriche scelte erano lette dal poeta; il terzo disco, del febbraio 1960, recava lo stesso titolo del precedente e riproponeva una registrazione effettuata da Saba a Radio Trieste nel 1951.

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A Linuccia Saba, Roma

Torino, 25. 1. 66 Cara Linuccia,

ho letto con amore Il vecchio e il giovane.41 Ma anche con emozione, l’emozione che

suscita in me ogni profondo discorso sulla nostra cittaà; degli aspetti ambivalenti. Ogni discorso che arrivi cioeà alle radici della nostra natura, della nostra cultura, della nostra anima. Il carteggio eà bellissimo ed il lettore eà subito al centro di questa amicizia, di questa corrispondenza di affetti, di sentimenti e di pensieri, di immagini. Anche l’edizione, la breve prefazione,42 le note, tutto eà perfetto. Suo aff.mo

Bruno Vasari Lettera manoscritta su carta intestata «Torino, / Via dei Mille, 4 / telef. 541995», mm. 270x212, vergata a inchiostro nero (la prima cifra del numero telefonico eà corretta a mano). Busta con indirizzo dattiloscritto. Alassio, FCL, CORR 2, 4

41 Si tratta del carteggio di cui si parla nella lettera precedente (cfr. p. 00). 42 La prefazione di Linuccia eà riportata in Appendice, p. 00.

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A Bruno Vasari, Torino

Roma, 30 giugno 1966

Caro Vasari,

come sta? EÈ molto tempo che non ho piuà il piacere neé di vederla, neé di sentirla almeno al telefono, e mi dispiace. Io sono costretta a dettare questa mia percheé, da due mesi, vivo dentro un gesso a causa di una sciocca caduta in seguito alla quale mi sono rotta il femore. La posizione, totalmente supina, mi rende penoso anche scrivere, e approfitto di una gentile amica per dettare queste righe e, ahimeà, chiederle un favore, anzi chiederglielo una seconda volta. Ricorda che tempo fa, piuà di un anno, le avevo parlato pregandola di appoggiare un progetto per la TV? La riduzione televisiva degli Ebrei di Papaà.43 Malgrado i suoi buoni uffici, la

cosa non andoà in porto, percheé non fu presentata una scaletta o una pre-sceneggiatura, ma soltanto una proposta. E i funzionari dei Programmi sceneggiati ritennero fosse difficile ricavare una “storia”, una trama adatta per uno spettacolo televisivo, da racconti come quelli, troppo poetici. Io non volli insistere. Ora, invece, Aldo Marcovecchio (il critico e filologo che ha scritto la nota critica per le Prose di Saba, e che eà anche esperto di sceneggiature cinematografiche e televisive)44 ha scritto una pre-sceneggiatura degli Ebrei veramente

eccellente. Ha reso quei racconti “visibili”, rispettando sia la poesia del testo che le esigenze della TV, in un modo che a me sembra perfetto. Ha consegnato il lavoro all’ufficio competente. Ora eà nelle mani di Merlin che sembra un po’ esitante (tutto questo, naturalmente, lo dico a un amico, in via confidenziale). Io sarei estremamente contenta che il progetto si realizzasse; per molte, moltissime ragioni che spero di poterle dire presto a voce. Questo mio desiderio eà cosìà vivo da farmi superare il pudore di seccarla ancora una volta. Conosco qualcuno, nell’ambiente, ma non li sento amici e mi eà impossibile chiedere una cosa che mi eà cara a persone estranee o remote. Spero di non darle troppa noia e che mi vorraà perdonare se abuso di lei. Spero anche che, sia pure per dirmi di non essere tanto indiscreta, lei mi scriveraà o telefoneraà dandomi sue notizie e dicendomi qualcosa di lei.

Ancora la prego mi scusi e mi creda, con amicizia, sua

Linuccia Saba

43 La raccolta di brevi racconti intitolata Gli Ebrei era uscita nel 1953 nel n. XI di «Botteghe

Oscure», con prefazione di Carlo Levi.

44Aldo Marcovecchio, critico e sceneggiatore. Aveva pubblicato la nota che accompagnava la

pubblicazione delle Prose di Umberto Saba (Milano, Mondadori 1964) e anche avrebbe curato l’edizione del Quaderno a cancelli di Carlo Levi (Torino, Einaudi 1979) e dell’epistolario di Saba (La spada d’amore: lettere scelte 1902-1957, Milano, Mondadori 1983). Tra i film da lui sceneggiati si ricordano Erika e La notte dei dannati di Filippo Maria Ratti (entrambi del 1971) e La mano nera – Prima della mafia… piuà della mafia di Antonio Racioppi (1973).

(19)

Lettera dattiloscritta su due pagine, mm. 278x210, con firma autografa. Alla lettera sono stati uniti il biglietto del 14 luglio 1966 (qui a p. 00); un foglietto quadrato (mm. 68x68) con l’annotazione «In attesa risposta Gennarini» vergata da Bruno Vasari con inchiostro rosso; e un foglio di appunti (mm. 298x206) scritto da Vasari con inchiostro nero. Senza busta. Torino, Istoreto, C BV 63/233

A Linuccia Saba, Roma

Torino, 8 luglio 1966 Cara Linuccia,

grazie di cuore per la serata trascorsa in casa Sua, cosìà piena di significati sotto tanti aspetti e in primo luogo sotto quello dell’amicizia.

Ho ammirato molto la Sua bella casa.45

Ho ricevuto il catalogo della Mostra della Lupieri46 e mi spiace vivamente di non aver

potuto vedere le opere esposte.

Ho parlato ieri della sceneggiatura degli Ebrei di Umberto Saba47 con il dr. Gennarini

della Televisione:48 mi ha promesso che se ne sarebbe occupato.

45 A Roma Linuccia Saba risiedeva in Via dei Due Macelli 97 e laà eà indirizzata la corrispondenza

di Bruno Vasari.

46 La pittrice triestina Maria Lupieri (1901-1961), legata da rapporti di amicizia con Linuccia e

Umberto Saba, con Gillo Dorfles, Carlo Levi e Adriano Olivetti, partecipoà alla Biennale di Venezia nel 1948; espose a Milano dal 1941 al 1961, a Trieste (1954-1960), a Firenze, a Torino e a Parigi. Nel 1966 (21 giugno – 4 luglio) le fu dedicata una mostra commemorativa nelle sale di Palazzo Costanzi a Trieste dove furono esposte 56 sue opere tra cui figurava anche un ritratto di Linuccia Saba, nello studio della quale si era trasferita alla fine del 1959. L’introduzione era stata curata da Gillo Dorfles (Mostra commemorativa di Maria Lupieri, Trieste, Tipografia Moderna 1966).

47 Si tratta della raccolta di cui si parla nella lettera precedente, alla quale Bruno Vasari aveva

allegato un foglio di appunti manoscritti. Questi riguardano La gita in carrozza (il titolo dello scritto di Saba eà, in realtaà, Un letterato ebreo), sulla quale si fanno le seguenti osservazioni, piuttosto frammentarie e in parte contraddittorie, che sembrano riprodurre il corso di una conversazione: «La gita in carrozza nostalgia amorosa (non moralitaà di fondo) / moralitaà di Saba non travasata / oggettivamente nei racconti / fatto ancora piuà grave / situazioni e dialoghi che andrebbero a / scadere nel piuà vieto bonetismo // Si puoà trasferire in un racconto / sceneggiato, ma realizzazione / Consiglio assolutamente: no // declinerebbe per rispetto a SABA / si potrebbe vedere: / aggiungere enorme quantitaà / di scene / unico gita in carrozza».

(20)

Tante cose e arrivederci presto dal suo affezionatissimo e devotissimo Tanti saluti a Nello,49 a Carlo

Suo Bruno Vasari Lettera intestata «Torino / Via dei Mille, 4 / telef. 41995», mm. 270x212; dattiloscritta con aggiunte autografe. Busta con indirizzo dattiloscritto. Alassio, FCL, CORR, 2, 6

A Bruno Vasari, Torino

Roma 14 luglio ’66 Caro Vasari,

grazie del suo interessamento per i miei cari Ebrei: ora aspetto con ansia lo svolgersi degli eventi. E grazie della Sua cara visita, Lei eà una delle poche persone che lasciano un buon ricordo ogni volta che si rivedono, come certi cibi dei quali la bocca trattiene a lungo un buon sapore.

Spero non passeranno di nuovo tanti mesi e ancora ringraziandola, mi creda, con (vecchia) amicizia

Sua

Linuccia Saba

Biglietto bianco, mm. 105x164, vergato a inchiostro nero su recto e verso. Senza busta. Torino, Istoreto, C BV 63/233

48 Pier Emilio Gennarini lavoroà per la televisione e, dal 1963, divenne condirettore del Secondo

Canale noncheé direttore dei servizi per la programmazione; dal dicembre del 1965 invece gli venne affidata l’organizzazione del settore degli spettacoli televisivi (a lui subentroà nel 1969 Angelo Romanoà). A Gennarini si devono anche le sceneggiature dei film Gesuà di Nazareth (1976) e I Promessi Sposi (1989).

49 Lionello (Nello) Zorn-Giorni, insegnante di disegno e pittore triestino, sposoà Linuccia nel

1940 e a lei rimase vicino dopo la scomparsa di Carlo Levi. Nello lascioà le opere di Umberto Saba, di Carlo Levi e di Linuccia (da cui non aveva avuto figli) in ereditaà a Raffaella Acetoso.

(21)

A Linuccia Saba, Roma

6.4.67 Cara Linuccia,

rientrando a Torino desideravo ancora ringraziarLa per la splendida serata di lunedìà. Non ho ancora notizie da comunicarLe, ma puoà essere sicura che la sceneggiatura de gli Ebrei di Saba mi interessa moltissimo

Suo aff.mo e dev.mo Bruno Vasari

Biglietto intestato «Via dei Mille, 4», mm. 110x173, vergato a inchiostro nero su recto e verso. Busta con indirizzo manoscritto. Alassio, FCL. CORR, 2, 5

(22)

A Bruno Vasari, Torino

Roma, 11 gennaio ’68 Caro Vasari,

mi perdoni se la ringrazio con cosìà vergognoso ritardo del suo delizioso tagliacarte, dell’oggetto, e anche dell’essersi ricordato del mio particolare piacere, della gioia particolare che mi danno i doni natalizi. La mia unica scusa eà che speravo di vederla e sentirla, speravo almeno in una sua telefonata, e dirle grazie a voce. Ma i giorni passano e non voglio tardare oltre a dirle quanto le sono stata, e le sono, grata.

Spero sentirla ben presto, nell’attesa, con tutti i miei auguri (chissaà quali sono gli auguri che lei desidera di piuà?), mi creda, con amicizia

Sua

Linuccia Saba Biglietto bianco, mm. 105x160, dattiloscritto, con firma autografa a inchiostro blu. Senza busta. Torino, Istoreto, C BV 63/233

(23)

A Linuccia Saba, Roma

Roma, 12 febbraio 1971 Cara Linuccia,

ho guardato con commozione la fotografia-manifesto50 di Umberto Saba cosìà espressiva

e rivelatrice del suo mondo intellettuale e poetico. Le diroà mi eà piaciuta moltissimo l’immagine tanto ricca di vibrazioni. La ringrazio di avermela inviata con un pensiero tanto gentile.

Spero di avere presto il piacere di rivederLa ed intanto Le invio le piuà vive cordialitaà Suo dev.mo e aff.mo

(Bruno Vasari) Bruno Vasari

50 Difficile identificare la fotografia-manifesto menzionata nella lettera di Vasari; Saba era stato

ritratto da Nora Baldi accanto alla gabbia dei canarini nel 1951 e aveva inviato l’immagine a Linuccia con una poesia che era confluita nel volume Quasi un racconto. Nella versione definitiva la lirica, intitolata Fotografia, recita: «Questo volto che indurano gli affanni / ed il tempo, e tu a volo, / Nora, gentile fotografa, hai colto; / eà il mio, tu dici. – Io, se mi vedo, eà solo / morto. O ragazzo di quindici anni». Cfr. U. Saba, Amicizia. Storia di un vecchio poeta e di un giovane canarino (Quasi un racconto) 1951, a cura di C. Levi, Milano, A. Mondadori Editore 1976, pp. 68-70, 241.

(24)

Lettera intestata «Torino / Via dei Mille, 4 / telef. 541995», mm. 271x213; dattiloscritta con aggiunte manoscritte. Senza busta. Alassio, FCL, CORR, 3, 31

A Linuccia Saba, Roma

Roma, 8. 3. 71 Cara Linuccia,

potraà telefonare al prof Romanoà51 un giorno della prossima settimana per prendere un

appuntamento. In quell’occasione spero di vederLa. Intanto i migliori saluti dall’aff.mo e dev.mo

Bruno Vasari

51 Angelo Romanoà (1920-1989) fu critico letterario, scrittore e poeta; pubblicoà saggi (Silvio

Pellico, 1949; L’elaborazione della lirica manzoniana, 1972) e curoà, tra le altre, le edizioni dei Poeti minori del secondo Ottocento italiano (Bologna, Guanda 1955) e di Tavolozze e penombre di Emilio Praga (Bologna, Cappelli 1963); collaboroà anche alle riviste «La Fiera Letteraria» e «Officina». Nel 1951 inizioà a lavorare per la RAI; tra il 1955 e il 1959 diresse i programmi radiofonici di Milano, divenne poi vicedirettore del Centro di produzione della televisione di Roma, direttore del Secondo Canale e infine del Centro di produzione televisiva di Milano. Nel 1976 fu eletto come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano e venne rieletto nel 1979.

(25)

Biglietto intestato «Via dei Mille, 4», mm. 107x167, vergato a inchiostro nero. Senza busta. Alassio, FCL. CORR, 3, 32

A Linuccia Saba, Roma

Roma, 27. 9. 73 Cara Linuccia,

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a chi manifestare i sentimenti che la morte di Pablo Neruda52 suscita in me, con chi

cercare di condividere il peso della tristezza per cercare di alleviarlo?

Ho pensato di scrivere a Lei che ha il merito di avermi fatto conoscere Pablo Neruda consentendomi di incidere nella memoria un incontro cosìà significativo. Fu una sera che avrei dovuto venire a casa sua – tre, quattro anni fa? –, ma era arrivato Pablo Neruda e l’ospite, un diplomatico centroamericano con un passato avventuroso di lotte per la libertaà, di clandestinitaà e di esilio, aveva invitato Lei e Carlo a una serata in onore del Poeta. E Lei portoà anche me un po’ riluttante per l’apprensione dell’incontro con un personaggio tanto famoso.

Della conversazione di Pablo Neruda, pallido emaciato un po’ gonfio, – forse giaà un presentimento di malattia, mi colpirono particolarmente due osservazioni che penso non Le saranno sfuggite.

Il dolore di non poter essere letto da decine di milioni di sudamericani analfabeti (ed egli dedusse testualmente: «come non essere comunista?») e la insofferenza del dogmatismo burocratico che contamina le ideologie.

Ora egli eà morto: di Lui si conosce un’ultima veemente invettiva espressione di un cuore straziato dai luttuosi avvenimenti del suo Paese, ma non vinto.

Con pensiero grato e memore Suo

Bruno Vasari

Lettera manoscritta su due fogli di carta intestata «Torino, / Via dei Mille, 4 / telef. 41995», mm. 290x210, vergata a inchiostro nero. Senza busta. Torino, Istoreto, C BV 63/233

52 Pablo Neruda (1904-1973), era morto a Santiago del Cile il 23 settembre 1973, dodici giorni

dopo il colpo di stato del generale Pinochet che aveva rovesciato il governo di Salvador Allende. Nel 1951 Carlo Levi l’aveva ritratto nel suo studio romano, come poi il Poeta ebbe modo di ricordare in uno scritto dal titolo Nel suo studio il sole non tramonta, pubblicato in «Galleria» (1967, 3-6, pp. 267-268, nella traduzione di Aldo Marcovecchio); in un altro ritratto, del 1973, Levi lo aveva raffigurato insieme a Allende. L’episodio dell’incontro con Neruda rimase molto vivo nella memoria di Vasari, che lo rievoca in due strofe della lirica intitolata Curriculum vitae, in cui ripercorre i momenti piuà rilevanti della sua esistenza: «Casa / amica / Carlo Levi / Linuccia / ed io / ospite / Pablo / Neruda / a Roma. // Il poeta disse / “come / non essere / comunisti / se trenta / milioni / non possono / leggere / i tuoi versi”» (cfr. La libertaà allo stato nascente..., cit., pp. 167-171: 170). La stessa citazione ritorna nell’intervista rilasciata a Veronica Ujcich (V. Ujcich, Il riposo non eà affar nostro. Intervista a Bruno Vasari, Pasian di Prato, Campanotto Editore 2001, p. 91).

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A Bruno Vasari, Roma

Pasquetta 1974 [15 aprile] Caro Vasari,

ieri ho girato piuà di un’ora con il mio-suo cestino, alla ricerca di un taxi: desideravo esaudire il suo desiderio e farglielo avere ieri. Non ho avuto fortuna, e sono ritornata a casa molto desolata.

Mi scusi il ritardo. Grazie per l’altra sera, e ancora complimenti per la casa favolosa, fantasiosa e, spero, felice.53 Sono certamente le piuà belle «due camere e cucina» del mondo.

A lei e a sua moglie tutti i miei auguri

Sua

Linuccia Cartoncino bianco, mm. 184x115, vergato a inchiostro blu su recto e verso (nel margine superiore del recto, un numero telefonico a inchiostro nero). Senza busta. Torino, Istoreto, C BV 63/233

53 Si tratta dell’abitazione romana di Bruno Vasari, in via Giulia 147. La strada, voluta dal papa

Giulio II che ne affidoà il progetto a Donato Bramante, corre parallela al Tevere, tra il ponte Sisto e la chiesa di San Giovanni dei Fiorentini. L’alloggio di Vasari si trovava in uno degli edifici piuà prestigiosi di via Giulia, palazzo Ricci, costruito nel XVI secolo da Nanni di Baccio e ornato di dipinti del Caravaggio, di Maturino da Firenze e di Cecchino Salviati. Cfr. Appendice, p. 00.

(28)

A Bruno Vasari, Roma

Roma, 21. 2. 75 Caro Vasari,

ritornare a casa eà stato anche piuà amaro di quanto la mia fantasia poteva immaginare. Uscita dal limbo della clinica54 mi sono sentita una pagliuzza in preda ai piuà neri marosi, neé

riesco in nessun modo a ritrovare un equilibrio. Ma una fortuna (per fortuna) c’eà sempre: la mia si chiama Vasari, Vasari e gli altri pochi e cari amici. Quei teneri lillaà, cosìà remoti; per la loro profumata e indifesa bellezza primaverile, da ogni mare in tempesta, da ogni pensiero negativo, mi hanno obbligata alla riconoscenza e all’affetto per chi me li mandava, e a uscire da me stessa, e a ricordare che il mio mondo non eà tutto il mondo. EÈ difficile che un mazzo di fiori arrivi nel suo momento giusto, nel momento fatale come il suo (e quello di Livio).55 Non posso

dirle grazie, la parola non corrisponde abbastanza, vorrei peroà dirle quanto la sua amicizia mi ha aiutata, profondamente aiutata, e quanto sia dolce a portarsi la riconoscenza per un amico.

I miei piuà cari e affettuosi saluti

Sua

Linuccia Saba Cartoncino azzurro, mm. 148x105, vergato a inchiostro blu su recto e verso. Senza busta. Torino, Istoreto, C BV 63/233

54 Linuccia Saba soffriva, come il padre, di disturbi nervosi; a partire dagli anni Quaranta inizioà

a far uso della morfina e spesso condivise con il padre i periodi di ricovero nelle cliniche romane.

55 Si tratta di Livio Zeno Zencovich (1913-1993). Triestino e compagno di liceo di Bruno

Vasari, si laureoà in Filosofia con Giovanni Gentile; alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale si trasferìà in Inghilterra dove, tra il 1941 e il 1945, fu tra i redattori di Radio Londra. Rientroà in Italia dopo la fine del conflitto e tra il 1947 e il 1951 fu segretario particolare di Carlo Sforza, di cui pubblicoà la corrispondenza e i diari e sul quale scrisse i saggi La cerchia culturale di Carlo Sforza nei primi anni della Repubblica (Firenze, Le Monnier 1982) e Il conte Sforza. Ritratto di un grande diplomatico (Firenze, Le Monnier 1999). Fu direttore di «La Voce Repubblicana» negli anni Cinquanta, nel decennio successivo fu funzionario dell’ONU in Medio Oriente. In qualitaà di esperto di questioni politiche e diplomatiche pubblicoà studi su diverse questioni (Il primo Tito e i nostri confini orientali, s.l., s. n., 1977; Stuparich antifascista, Firenze, Le Monnier 1990), editoriali su quotidiani e riviste (Osimo e i triestini, Chi sono gli Sciiti), noncheé una Storia tascabile dell’Europa in cammino (Milano, Pan 1982). Fu Livio Zeno Zencovich a presentare Carlo Levi a Bruno Vasari.

(29)

A Linuccia Saba, Roma

Roma, 18 marzo 1975 Prot. N. 1414

Cara Linuccia,

a parte Le ho inviato i nastri della tavola rotonda di Mantova a chiusura della Mostra di Carlo Levi56 e relativa trascrizione.

C’eà stato del ritardo ma nonostante la massima premura da tutti posta per lo spontaneo e dovuto riguardo alla memoria di Carlo Levi non eà stato possibile superare in minor tempo l’indisponibilitaà delle attrezzature impegnate in lavori inerenti le trasmissioni giorno per giorno.

Gli uffici che mi hanno consegnato i nastri (alle trascrizione ho provveduto con mezzi esterni) mi hanno fatto presente che l’utilizzazione eà limitata a scopi di studio,57 tra i quali

rientrano la pubblicazione della trascrizione sulla rivista della Biennale. Saraà peroà necessario ottenere l’adesione degli altri partecipanti alla tavola rotonda, mentre ovviamente per Carlo Levi la Sua richiesta assorbe l’autorizzazione. Le saroà grato se di quanto precede vorraà darne cortese notizia all’Avv. Zarbo58 che mi aveva telefonato per sollecitare a nome della Biennale la

trascrizione della tavola rotonda.

All. 7° Giorno59

(Bruno Vasari)

56 La Tavola Rotonda era stata realizzata in occasione della mostra di opere di Carlo Levi che si

era tenuta a Mantova tra il 21 settembre e il 20 ottobre 1974; vi avevano partecipato, oltre allo stesso Carlo Levi, Ugo Attardi, Pier Paolo Pasolini e Mario Soldati.

57 L’ufficio (la Segreteria Centrale del Servizio Coordinamento di Roma) aveva inviato a questo

proposito alla segreteria di Bruno Vasari, in data 11 marzo 1975, la seguente nota: «Con riferimento al Vostro appunto del 14 febbraio scorso, Vi inviamo n. 2 bobine contenenti la registrazione della Tavola Rotonda realizzata in occasione della Mostra di Carlo Levi a Mantova da 21 settembre al 20 ottobre 1974. Vi precisiamo che il materiale dovraà essere utilizzato soltanto per fini di documentazione privata, esclusa ogni diversa destinazione».

58 L’avvocato Gino Zarbo, amico di Carlo Levi, era stato ritratto da quest’ultimo insieme alla

moglie. Era stato uno dei primi con cui Levi aveva parlato della sua idea di costituire una Fondazione cui destinare le sue opere; Zarbo allora aveva preso contatto con il Presidente e il Consiglio direttivo della Biennale di Venezia che si erano mostrati vivamente interessati e disponibili a esaminare concretamente la possibilitaà di creare un collegamento tra la Fondazione che sarebbe stata costituita e la Biennale.

59 Si tratta del settimanale milanese intitolato «Settimo Giorno», che era stato fondato nel

(30)

Velina dattiloscritta con aggiunte manoscritte, mm. 300x210. Senza busta. Torino, Istoreto, C BV 63/233

A Bruno Vasari, Roma (?)

20.3.75 Caro Vasari,

grazie del mazzo di fiori. Posso contraccambiare (che brutta parola, mi scusi) con un mazzo di violette? Lasciando gli scherzi creda che le sono profondamente riconoscente per il bene che la sua amicizia mi fa. Una vecchia amicizia, eà vero, ma che oggi usa un linguaggio del quale ho un estremo bisogno; e l’amicizia, si sa, ha la grazia dell’intuizione.

Spero vederla presto. Tanti cari saluti

sua Linuccia Saba

(Gufo)60

Cartoncino azzurro, mm. 148x105, vergato a inchiostro nero sul recto. Senza busta. Torino, Istoreto, C BV Istoreto, C BV 63/233

60 L’annotazione fa riferimento a un episodio commemorato da Sergio Miniussi in una sua lirica e in una pagina poi

citata da Vasari stesso in un suo dattiloscritto: «Alle otto di sera (24 marzo 1975) entrò Bruno Vasari nello studio di Linuccia e porgeva in una scatola ben sigillata “Il gufo di Carlo”. Nel cuore di noi tutti (Linuccia, Elisa, Nello e Sergio) era una realtà amorosa – e ogni briciola di quel cartone diventò una foglia attorno al frutto amico di Carlo Levi. Da qui alcuni versi che, nel ritratto maschile, rendono grazie anche a Marucci Vasari, coraggiosa nella separazione da un animale straordinario che, pur essendo di tutti, resta suo». I versi, dal titolo Onesto, e in cuor suo mai stufo, sono: « E drento el xe vignudo / come ’na bora bela / su le vanese, e quela / bora mi go cressudo / in t-el cuor. Iera un gufo / ’sai de sesto, mai stufo // da volerne più ben». Vasari ricorda inoltre: «Nel pacco al quale accenna Miniussi era racchiuso un gufo modellato in creta da Carlo Levi e poi moltiplicato più volte da amici. Questo gufo si trova ora a Matera in dotazione al Circolo Museo Carlo Levi presieduto dal prof. Nicola Stramiello che in modo stupendo coltiva la memoria di Carlo Levi e della cultura lucana». Vasari formalizzò il dono del gufo alla sede materana della Fondazione Carlo Levi nel 1997, con una lettera indirizzata al prof. Strammiello, datata all’11 settembre e conservata nel suo archivio (Torino, Istoreto, C BV 63/233): «Gentile e caro prof. Nicola Strammiello, / il Gufo di terracotta rossa, come ho sempre saputo, è stato plasmato da Carlo Levi e riprodotto in più esemplari ai tempi de L’orologio, di cui uno fortunatamente è capitato in casa mia per merito di mia moglie Maria Valentina Appiotti. / Lo prestai a Linuccia che lo fece riprodurre in più esemplari metallizzati. // Il valore è simbolico e affettivo ed io l'ho molto amato e lo amo. Sono tuttavia lieto di affidarlo a Lei che tanto ha fatto e continua a fare per la memoria di Carlo presiedendo il prestigioso Centro di Matera. / Il Gufo rosso da questo momento diviene proprietà del sopraddetto Centro. // Con i sensi della più profonda considerazione e amicizia / suo / aff.mo / Bruno Vasari».

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A Bruno Vasari, Roma (?)

2. 8. 75 Caro Vasari,

ho aggiunto la carota. Le manca ancora l’ananasso e la pera, per il momento introvabili. Non conosco la carota percheé non posso mangiarla, mi daà allergia.

Tanti cari saluti

Linuccia Saba Cartoncino avorio, mm. 161x106, vergato a inchiostro nero solo sul recto. Senza busta. Torino, Istoreto, C BV 63/233

(32)

A Bruno Vasari, Roma

Roma, 16 dic. 1975, ore 17.10 Caro Vasari la prego telefoni Vesci61 6544324 onde mettersi d’accordo orario essendo

necessario andare tutti insieme nella giornata di giovedìà dal notaio mi scusi grazie

Linuccia Saba

Telegramma pervenuto a Bruno Vasari, Roma, Via Giulia 147, lo stesso giorno, alle 18.22 come si desume dal timbro postale. Torino, Istoreto, C BV 63/233

61 L’avvocato Gerardo Vesci, il cui studio legale era sito a Roma in piazza Monte Savello 30, curoà

(33)

A Linuccia Saba, Roma

Roma, 29. 1. 76 Cara Linuccia,

ogni tanto per Suo incarico mi telefona Elisabetta62 per preannunciarmi un Consiglio

della Fondazione. Riterrei che ormai il tempo sia maturo e se fosse possibile fissare una data la iscriverei nella mia agenda. Abbiamo assunto delle responsabilitaà accettando il Suo regale generoso dono dei quadri di Carlo e ora dobbiamo amministrare. Dalla fase “costituente” dobbiamo passare a quella “legislativa”. In particolare mi sembra e sarebbe utile sentire in proposito l’avv. Pugliese,63 pensare a un regolamento per il Consiglio e a un regolamento

finanziario con libri, bolli e tutte le altre parafernalia. E naturalmente esaminare cioà che Lei propone come attivitaà immediata (credo: Sede – Comitato d’onore) e a medio e a lungo raggio. Non eà che si debba fare tutto in un’unica riunione, si puoà fare in un tempo ragionevolmente disteso. Vorrei che non si stancasse troppo con tante incombenze delicate e pressanti.

Suo aff.mo

Bruno Vasari

Lettera manoscritta su due fogli, mm. 275x210, vergati a inchiostro nero; il primo foglio eà di carta intestata «Dott. Bruno Vasari». Senza busta. Torino, Istoreto, C BV 63/233

62 Si tratta di Elisabetta Messina, menzionata nell’atto notarile di costituzione della

Fondazione Carlo Levi, che in seguito sposoà Sergio Miniussi.

63 L’avvocato romano Edoardo Pugliese, amico di Bruno Vasari, saraà consigliere e legale della

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A Linuccia Saba, Roma

Roma, 4. 2. 1976 Cara Linuccia,

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note serene (l’articolo di Sergio)64 e note tristi (la lettera di Adele Sacerdoti)65 nello

stesso giorno. Ma chi sa di essere nel giusto non deve demoralizzarsi e continuare le giuste battaglie. Dire nel giusto eà dire poco percheé l’atto di dare vita alla Fondazione con il generoso dono delle opere di Carlo merita un ben piuà alto riconoscimento e merito. La lettera di Lele eà minutata dall’avvocato. Ma deve essere un avvocato ben modesto. Tuttavia bisogna guardarsi dagli intrighi che verranno tentati per ritardare il riconoscimento della Fondazione e disciplinare l’esercizio della Fondazione nei minimi particolari. Ci sono nella lettera molte sciocche incongruenze. La Fondazione era nei voleri di Carlo scritta nel testamento: come poteva quindi intitolarsi se non Carlo Levi? L’inventario: eà stato fatto, ma ha rappresentato, in quella forma, un’inutile vessazione. Duemila quadri? La citazione del numero eà fatta in modo

64 Sergio Miniussi (1932-1991), scrittore nato a Monfalcone da padre triestino, amico di

Umberto Saba, si laureoà alla Sorbona in letteratura comparata, poi si dedicoà alla carriera giornalistica, pur continuando a scrivere saggi critici, traduzioni e testi teatrali. Lavoroà per «Il Piccolo», per «Terza Pagina», «Il Giorno» e «Ritratto d’Autori»; fu autore radiofonico per «Radio Trieste» e regista della RAI a Milano e a Roma. Fu legato a Bruno Vasari da profonda amicizia.

65 Si tratta di Adele (Lele / Lelle) Levi, sorella di Carlo, che nel 1942 aveva sposato Salvatore

Sacerdote. Adele, rispondendo a un articolo pubblicato sull’«Espresso» il 30 novembre 1975, scriveva al Direttore: «In relazione all’articolo di Maria Livia Serini Il manoscritto nella chitarra (“L’Espresso” n. 48) vorrei, anche a nome dei miei fratelli Luisa e Riccardo, precisare quanto segue. 1) Non esiste nessuna Fondazione Carlo Levi, poicheé non esiste nessun decreto del presidente della Repubblica che la riconosca. Esiste solo un atto di fondazione (privato e inoperante fino a quando non interviene il riconoscimento del capo dello Stato), con programmi ambiziosi ma senza mezzi adeguati: con poco piuà di due milioni si dovrebbe provvedere a un museo permanente, ad una mostra itinerante per l’Italia e per l’estero, a borse di studio eccetera. 2) Percheé si possa usare il nome Carlo Levi eà necessario che si abbia il consenso dei suoi piuà prossimi parenti. Nessuno di noi eà mai stato nemmeno interpellato. 3) EÈ esatto che i familiari di Carlo Levi guardino a certe iniziative con diffidenza, che spesso si presenta come ostilitaà. Cioà eà dovuto alla netta sensazione che troppe persone in qualche modo legate al mercato delle cose d’arte siano interessate a speculare sui duemila quadri lasciati da Carlo Levi. Per questo motivo noi familiari dell’artista abbiamo chiesto un inventario delle sue opere: in questo modo per ora siamo riusciti ad impedirne la commercializzazione. 4) EÈ anche esatto che non si vuole che le duemila tele vengano disperse in tanti piccoli rivoli. Abbiamo questo timore percheé c’eà chi vuole avere l’esclusiva della loro vendita. Adele Sacerdoti Levi, Napoli» («L’Espresso», anno XXII, n. 6, 8 febbraio 1976, pp. 110-111). Di questa lettera si tratta al punto uno del verbale del Consiglio di Amministrazione della Fondazione del 10 marzo 1976 (p. 4): «Si discute della lettera di risposta alla Signora Lelle Sacerdoti Levi sull’ “Espresso”. Si decide di farla molto secca, mantenendo i riferimenti legali. EÈ da fare pubblicare subito»; in effetti la risposta di Linuccia apparve sul numero 13 della rivista, il 28 marzo 1976, con il titolo redazionale Il manoscritto nella chitarra: «Con riferimento alla lettera al direttore, pubblicata sul n. 6 dell’ “Espresso” con il titolo Il manoscritto nella chitarra e firmata Adele Sacerdoti Levi, vorrei osservare quanto segue: 1) In questa lettera la signora Sacerdoti Levi sostiene che non esiste una Fondazione Carlo Levi solo basandosi sul fatto che ancora non esiste il decreto del presidente della Repubblica (giaà richiesto con regolare domanda assegnata alla prima divisione della Prefettura, funzionario dottor De Nola) che la riconosca; e questo eà negare l’evidenza di fatti giaà avvenuti. 2) Nel suo testamento il maestro Carlo Levi ha chiaramente espresso la volontaà che venga realizzata una Fondazione per la tutela della sua opera artistica. Il testamento, datato 25. 4. 1973, eà stato pubblicato con verbale redatto dal dott. Elio Borromeo, notaio in Roma, in data 10. 1. 1975, repertorio n. 19361, registrato il 10. 1. 1975 n. 397 vol. 238. 3) Rispettando il desiderio del maestro, il giorno 26 giugno 1975,

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da deprimere quel mercato che loro vogliono difendere. Quos Deus perdere vult.66 Forse una

risposta eà necessaria, ma bisognerebbe consultarsi con Pugliese tanto illuminato quanto gentile. Ma il trionfo – vide in Triumph through Persepolis67 – saraà la Mostra di Firenze di cui

ho appreso con tanto piacere l’avanzamento dalla sua cara lettera.

Dimenticavo la calunnia: «persone interessate al mercato dell’arte». Affermazione falsa e avventata da querela. Altra affermazione da querela: «chi vuole avere l’esclusiva della loro vendita». Come ogni manifestazione di disordine morale e mentale la lettera di Lele provoca piuà sentimenti di tristezza che di rivolta. Bisogna reagire lavorando armoniosamente per il grande compito che Lei si prefigge. Suo aff.mo

Bruno Vasari

Due biglietti manoscritti su recto e verso, mm. 110x170, con intestazione «Via dei Mille, 4» corretta a penna, in alto, in «Via Giulia 147». Senza busta. Torino, Istoreto, C BV 63/233

repertorio numero 551729, raccolta n. 20242, eà stata creata la Fondazione Carlo Levi. 4) La Fondazione ha ricevuto in dono dalla signora Linuccia Saba 1145 quadri del maestro Carlo Levi, ben precisati in un elenco che fa parte dell’atto Notar. Bruno 19. 12. 1975. 5) Nessuno meglio dello stesso Carlo Levi poteva dare il consenso ad usare il suo nome per la Fondazione. Naturalmente la Fondazione Carlo Levi, nella persona del suo presidente, rimane a disposizione dell’ “Espresso” per ogni ulteriore chiarimento. Linuccia Saba, Roma».

66 Parziale citazione del proverbio latino che recita: «Quos Deus perdere vult, dementat prius». 67 Citazione da Tamburlaine the Great di Christopher Marlowe: «It is not brave to be a king,

Techelles? / Usumcasane and Theridamas, / Is it not passing brave to be a king, / and ride in triumph through Persepolis?»

(37)

A Bruno Vasari, Roma (?)

10. 4. 1976 Caro Bruno,

posso chiederle quali sono i suoi possibili spiragli per una riunione del Comitato d’amministrazione? Faroà a tutti la stessa domanda: spero di trovare qualche ora libera comune. Dobbiamo rivedere lo Statuto, accettare i nuovi consiglieri, ecc. (Il suo amico eà adorabile, e saroà tanto contenta se entreraà a far parte del nostro gruppo).68

Si ricorda che le avevo parlato del palazzetto del Vignola, che ero andata a vedere per la sede della fondazione? Esternamente molto bello e anche con un certo prestigio, ma dentro un disastro. Una lunga scala che finisce con tre stanzette dal soffitto altissimo, e niente altro. Non saprei come appendere un quadro. Ebbene, il comune me lo ha concesso. Ho rinunciato percheé non mi serve, e non posso caricarmi di pesi inutili: ma che rabbia. Questo peroà mi dice che c’eà una buona disposizione verso di noi.69

68 Linuccia non chiarisce chi sia l’amico «adorabile» che Bruno Vasari le ha presentato; tuttavia

eà possibile che si tratti di Edoardo Pugliese o di Manlio Magini in quanto Vasari stesso, a nome di Linuccia, ne proporraà la cooptazione tra i consiglieri in occasione del Consiglio di Amministrazione del 24 giugno 1976.

69 La «buona disposizione» del Sindaco di Roma, Giulio Carlo Argan, e dell’Amministrazione

comunale, eà testimoniata eloquentemente dalla lunga lettera (purtroppo non datata) di Argan a Linuccia in merito al problema della sede della Fondazione. Il Sindaco infatti scrive: «Gentile e cara Signora, / tutti desideriamo che la memoria di Carlo rimanga legata a Roma nel modo piuà stabile, piuà decoroso, piuà conforme a quello che fu il reciproco rapporto d’affetto tra Carlo e la Cittaà. Ho studiato e fatto studiare dai miei collaboratori – assessori del P.C.I. che hanno per la memoria di Carlo un culto pari al mio – gli aspetti giuridici e pratici della questione. La cosa piuà urgente eà, ovviamente, trovare un luogo dove provvisoriamente i mille e piuà quadri possano essere depositati, custoditi, controllati nel loro stato di conservazione da personale specializzato. Il Comune non ha un luogo adatto, neé i relativi servizi: percioà chiesi a Faldi, che accettoà volentieri, di ospitare temporaneamente le opere nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Per una sistemazione stabile della Fondazione Carlo Levi in locali del Comune, eà ovvio che occorre una pratica, che si presenta lunga e complessa […]. Neppure volendo e avendo la possibilitaà materiale converrebbe con mille opere, formare un “Museo Carlo Levi”, che infatti risulterebbe pletorico e, in definitiva, controproducente. Il museo ‘della persona’ eà un istituto sbagliato, anche in linea teorica: io sarei contrario anche a un “Museo Tiziano”

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