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Dalla Scuola superiore navale alla facoltà di Ingegneria (1924-1935)

Il dibattito per la trasformazione della Scuola superiore navale in R. Scuola di ingegneria navale (1923-1924)

L’approvazione della riforma scolastica voluta da Giovanni Gentile nel 1923 comporta esiti di notevole rilievo anche per la Scuola superiore navale di Genova. L’entrata in vigore del decreto del 30 novembre 1923 n. 2102, riguardante specificamente il riordinamento dell’istruzione universitaria, classifica infatti gli atenei e gli istituti superiori italiani in tre categorie 1:

1) gli istituti il cui mantenimento è totalmente a carico dello Stato, salvo l’eventuale concorso di altri enti;

2) gli istituti al cui mantenimento si provvede mediante convenzioni tra lo Stato ed altri enti, pubblici o privati, con un contributo an- nuale dello Stato preliminarmente fissato;

3) gli istituti superiori liberi che, pur inquadrati nell’ordinamento del- l’insegnamento superiore, non godono di alcun finanziamento da parte dello Stato.

Per quanto riguarda la città di Genova, la riforma Gentile contempla l’esistenza dell’università, classificata tra gli istituti della prima categoria, e di una Regia Scuola di Ingegneria Navale, appartenente invece alla seconda classe. La predetta Scuola – cui è concesso un contributo annuale di L. 150.000 a carico del ministero della Pubblica Istruzione – è intesa come ———————

1 Il dibattito che accompagna la trasformazione, imposta dalla riforma Gentile, della

Scuola superiore in Regia scuola di ingegneria navale è dettagliatamente illustrato in RSSN, Rcd, a.a 1923/1924, pp. 44-69; inoltre APG, cat. V, cas. 2, f. 42, Convenzione con lo Stato,

1924, che contiene la Relazione del Comitato per la formazione di uno schema di convenzione fra lo Stato e gli Enti locali per la istituzione in Genova di una Regia scuola di ingegneria navale in continuazione della odierna R. Scuola Superiore Navale. Da tale relazione, redatta da Angelo

Scribanti, sono tratte tutte le citazioni riportate nel paragrafo. In generale sulla riforma Gen- tile v. G. CIVES, La scuola italiana dall’unità ai nostri giorni, Firenze 1990, pp. 153-199.

la continuazione della Scuola superiore navale; la legge specifica infatti che entro il 1 ottobre 1924 sarebbero cessati gli impegni precedentemente con- tratti dallo Stato nei confronti della Scuola e che gli Enti locali impegnati a sostenerla avrebbero dovuto presentare, entro il febbraio dello stesso anno, lo schema di una nuova convenzione che desse vita al previsto istituto. L’eventuale inadempienza in questo senso avrebbe comportato la soppres- sione definitiva di questo e l’annullamento del finanziamento. La legge inca- rica inoltre il Direttore della Scuola di costituire un’apposita commissione che provveda ad elaborare uno schema di convenzione da sottoporre all’ap- provazione del ministero competente.

Angelo Scribanti, in veste appunto di Direttore della Scuola navale, si mette senza indugi all’opera per assolvere a questo compito. I primi ad esse- re interpellati sono naturalmente il Comune, la Provincia e la Camera di commercio di Genova, gli enti cioè che fin dal 1870 hanno ininterrotta- mente contribuito, con risorse economiche ed umane, ad assicurare la vita- lità della Scuola. La risposta dei suddetti organismi è rapida e positiva; essi si dichiarano infatti immediatamente disponibili a proseguire il proprio impe- gno affinché l’istituto possa continuare ad esistere; il Municipio manifesta addirittura la volontà di farsi carico di oneri anche superiori rispetto a quelli fino ad allora sostenuti. Le tre forze interpellate sono inoltre concordi nella richiesta che la trasformazione della Scuola superiore divenga l’occasione per dotare Genova di un centro di formazione ingegneristica articolato in tutti i rami tecnici, cioè di quel “politecnico” la cui istituzione – come ab- biamo visto – è stata caldeggiata fino dagli anni precedenti alla Grande Guerra. Del tutto deludente è invece la sollecitazione rivolta ad altri sog- getti sia istituzionali che privati. Scribanti infatti – attenendosi con coerenza allo spirito informatore della legge che prevede espressamente che l’esi- stenza e lo sviluppo dell’istituto facciano assegnamento sulle forze pubbli- che e private che maggiormente ne possono trarre benefici – rivolge insi- stenti appelli in molte e mirate direzioni. Egli tenta infatti di coinvolgere la da poco formata provincia di La Spezia, il cui tessuto economico è caratte- rizzato da una sensibile presenza di industrie legate alle attività marittime; il ministero della Marina, che è già sostenitore della Scuola in quanto, e ormai da molti decenni, la utilizza per la specializzazione degli ingegneri del Genio navale; il Registro navale italiano ed il Consorzio autonomo del porto di Genova, entrambi organismi che, l’uno con un raggio d’azione nazionale l’altro a livello locale, sono istituzionalmente interessati al progresso delle

competenze tecniche in campo navale. Il Direttore non esita poi a chiamare in causa anche gli istituti bancari della città, e segnatamente la Cassa di ri- sparmio in quanto «benemerita di altre istituzioni locali di pubblico interes- se» e a scrivere lettere personali ai dirigenti di tutto il complesso delle indu- strie navali, meccaniche ed armatoriali genovesi che, in anni appena prece- denti, si erano schierate a favore delle istanze per la costituzione del “politecnico” genovese.

Il generoso attivismo di Scribanti per allargare la base delle forze dispo- ste ad accordare un appoggio concreto, in termini sia di capitali finanziari che umani, al nuovo istituto è destinato – come accennavamo – ad un com- pleto fallimento. Tutti i soggetti interpellati infatti o lasciano cadere nel si- lenzio o danno una risposta negativa alle richieste del Direttore della Scuola che stempera la propria amarezza giustificando l’atteggiamento di indiffe- renza dell’imprenditoria locale con la situazione di grave crisi che, notoria- mente, interessa in questi anni l’economia genovese. L’unico riscontro po- sitivo proviene dal ministero della Marina che si dichiara orientato a mante- nere – negando però espressamente ogni possibilità di futuri aumenti e chiedendo come contropartita l’esclusione degli ufficiali inviati a studiare presso la nuova scuola dal pagamento delle tasse scolastiche – il contributo, di L. 30.000 annue, già corrisposto alla vecchia Scuola navale.

Constatata l’impossibilità di dar vita ad una commissione che com- prenda una compagine allargata di enti pubblici ed imprese private, il Co- mune, rappresentato da Angelo Scribanti e da G. B. Cereseto, la Provincia e la Camera di commercio di Genova, che incaricano, la prima, l’ing. Bernero e l’avv. U. Bontà e la seconda il cav. Bruna e il cav. Preti, si mettono, alla fi- ne del 1923, all’opera per redigere la bozza di convenzione con lo Stato ne- cessaria per costituire il nuovo istituto di ingegneria navale. Le prime preoc- cupazioni della commissione si appuntano sull’esiguità del finanziamento accordato dallo Stato che, come già detto, concede una cifra di appena L. 150.000. Angelo Scribanti non esita a definire «infima» tale somma, sia in termini assoluti sia in relazione al trattamento riservato dalla riforma Gentile alle altre scuole di ingegneria esistenti nel paese. Le scuole di Bolo- gna, Napoli, Padova, Palermo e Pisa sono infatti totalmente a carico dello Stato mentre quelle di Torino e Milano – entrambe inserite, come Genova, nella seconda categoria – godono di un finanziamento rispettivamente di L. 1.350.000 e di L. 400.000. I tentativi di Scribanti – che si rivolge diretta- mente al presidente del Consiglio dei ministri, Benito Mussolini, e al mini-

stro della Pubblica Istruzione, Giovanni Gentile – per ottenere una maggio- razione della quota statale ottengono però un cortese ma inappellabile rifiuto.

Appurata la povertà delle risorse finanziarie a disposizione, la commis- sione si concentra sull’individuazione degli obiettivi didattici cui finalizzare il nuovo istituto. Le opzioni possibili sono di due tipi: una sorta di “pro- gramma minimo”, vale a dire la semplice ricostituzione di un istituto spe- cializzato nell’ambito dell’ingegneria navale, oppure la trasformazione della vecchia scuola in una struttura di formazione polispecialistica. Questo avrebbe comportato l’eliminazione del corso preparatorio biennale interno, la cui giustificazione è del resto venuta meno dal momento che la riforma Gentile proibisce ai diplomati degli istituti industriali e nautici di accedere agli studi superiori di ingegneria. I commissari secondo gli orientamenti espressi fin da subito, come abbiamo visto, dagli enti rappresentati, e in pie- no accordo con l’università, alla cui facoltà di Scienze fisico-matematiche sarebbe stato affidato il compito di provvedere ai servizi didattici del bien- nio propedeutico, si pronunciano a favore della seconda opzione. Viene pertanto redatto uno schema di convenzione che prefigura l’istituzione di una scuola di ingegneria comprendente corsi triennali di laurea in ingegneria navale, meccanica, civile, marittima, idrografica e nautica.

L’ideazione di un politecnico articolato nei diversi settori tecnico- ingegneristici connessi all’economia marittima, «insieme armonico e per- fettamente intonato alla natura della nostra città e regione, aventi tanti inte- ressi connessi col mare», si deve ad un molteplice ordine di considerazioni. In primo luogo si ritiene che l’impianto di un istituto che comprendesse le varie specializzazioni dell’ingegneria industriale avrebbe comportato spese insostenibili. Un centro di formazione di questo tipo implicava infatti la ne- cessità di costituire ex novo un sofisticato complesso di laboratori e di stru- mentazioni tecnologiche, per la realizzazione del quale era inoltre del tutto irrealistico prevedere, stante la difficile congiuntura economica di quegli anni, un apporto finanziario da parte delle imprese locali. A conferire so- stanza all’ipotesi avanzata da Scribanti e dai colleghi della commissione vi è quindi l’apprezzamento dell’aiuto, in termini di sinergie didattiche e di ri- sparmi economici, che vari corsi di laurea, aventi l’orientamento marittimo come denominatore comune, avrebbero potuto reciprocamente prestarsi. Non secondario è poi il desiderio di ripristinare nella sua interezza, pur con i cambiamenti di indirizzo formativo imposti da oltre cinquant’anni di esperienza, il “politecnico del mare” sorto nel 1870. Il progetto – il cui fi- nanziamento è assicurato dal gettito delle tasse scolastiche e dagli apporti

degli Enti locali e della Camera di Commercio senza alcun onere aggiuntivo per lo Stato, salvo il contributo di L. 150.000 stabilito dalla legge di rifor- ma – viene sottoposto, all’inizio del febbraio del 1924, dal Direttore della Scuola all’attenzione del ministro della Pubblica Istruzione. La risposta del ministero viene così descritta e commentata dallo stesso Scribanti:

«fu non poca la sorpresa quando dovetti accorgermi che le mie comunicazioni, nonché non riscuotere approvazione e incoraggiamento da parte del Ministro dell’istruzione, determinavano da parte di lui obbiezioni sulla possibilità di accettare una scuola che non fosse nel nome e nella sostanza e nei fini esattamente e soltanto quella che la riforma contemplava sotto il nome di scuola di ingegneria navale».

Il ministro specifica inoltre che, se la commissione si fosse ostinata a man- tenere tale programma, lo Stato avrebbe negato anche il modesto finanzia- mento già accordato.

Il rifiuto ministeriale di consentire alle forze locali di esprimere, e rea- lizzare pressoché interamente a proprie spese, intendimenti diversi da quanto non espressamente indicato dalla riforma costringe i commissari a rimandare ad un futuro indeterminato le attività per la costituzione del po- litecnico e a concentrarsi sulla trasformazione dell’istituto esistente in Regia Scuola di Ingegneria Navale. L’adozione forzata del “programma minimo” determina l’abbandono delle previste sinergie con l’università per le ragioni che vengono così efficacemente descritte da Scribanti:

«nella ipotesi della costituzione di una scuola di ingegneria in genere si doveva ragione- volmente proporre che la scuola stessa fosse sede di soli studi applicativi, e lasciasse all’università la cura degli studi propedeutici; la limitazione dei fini della scuola alla sola ingegneria navale vuole altrettanto ragionevolmente che gli studi propedeutici ri- mangano presso la scuola stessa, come vi sono da un cinquantennio. Ciò è richiesto dal fatto che, circoscritti i fini della scuola entro un ristretto campo, resta didattica- mente ragionevole il preordinare armonicamente gli studi in tutti e singoli anni di corso della scuola, di maniera che sin dal principio essi risultino indirizzati al più ef- ficace e più completo raggiungimento degli scopi della scuola nell’ambito della tecni- ca che le viene riservato [...]. Le considerazioni or ora esposte dimostrano che, adottando il criterio che la Scuola Superiore Navale debba prolungarsi in nulla più che una Scuola di ingegneria navale, questa dovrà essere costituita sulla base di un corso quinquennale, come è la scuola attuale».

Il mantenimento della separatezza tra l’istituto di ingegneria navale e l’università, oltre ad impedire la realizzazione di economie di spesa, darà luogo, come vedremo, ad una situazione di forte conflittualità tra i due or- ganismi.

La Regia scuola d’ingegneria navale: Convenzione e Statuto (1924)

Il decreto del 30 novembre 1924 n. 2055 approva la Convenzione 2 redat-

ta, sulla base degli orientamenti precedentemente illustrati, dalla commis- sione formata dai rappresentanti del Municipio, della Provincia e della Ca- mera di commercio. Secondo tale Convenzione – che ha durata decennale e decorre dal 1 dicembre 1924 – lo Stato, tramite i ministeri della Pubblica Istruzione e della Marina, e i predetti enti si impegnano a trasformare la Scuola superiore navale in Regia scuola di ingegneria navale. Questa ha per scopo di fornire la cultura scientifica e tecnica relativa alla professione di in- gegnere navale e meccanico. La dotazione finanziaria del nuovo istituto am- monta a L. 617.500, di cui il 29% a carico dello Stato e il restante 71% gra- vante sui bilanci dei soggetti locali, ai quali lo Stato aveva inizialmente ri- chiesto, incontrando però un netto rifiuto, di rendere ancora più consisten- te l’entità del contributo 3. È inoltre contemplata la possibilità, peraltro mai

verificatasi, che altri organismi privati diano contributi economici per permet- tere all’istituto un «più agevole funzionamento e un più efficace sviluppo» 4.

In valori assoluti le quote sono ripartite come segue:

Contributi finanziari per il mantenimento della Regia scuola di ingegneria navale (1924)

Ministero Pubblica Istruzione L. 150.000

Ministero della Marina L. 30.000

Comune di Genova L. 250.000

Provincia di Genova L. 125.000

Camera di Commercio L. 62.500

TOTALE L. 617.500

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2 RSIN, Convenzione approvata con decreto del 30 novembre 1924 n. 2055. Statuto ap-

provato con ordinanza ministeriale del 29 novembre 1924, Roma 1924. La Convenzione del

1924, rimasta invariata fino all’aggregazione della Scuola all’università, è pubblicata anche in An., aa.aa. dal 1924 al 1935.

3 Sulla richiesta dello Stato agli Enti locali di accrescere il contributo finanziario alla

Scuola v. RSSN, Rcd, a.a. 1923/1924, p. 49. In generale sulla questione della dotazione finan- ziaria dell’istituto si rimanda al capitolo III parte III.

Tutto il personale docente e non docente così come tutte le dotazioni scientifiche e le attrezzature didattiche della cessante Scuola superiore ven- gono trasferiti al nuovo istituto.

La Convenzione prevede inoltre la costituzione di un Consiglio di am- ministrazione, che resta in carica tre anni, formato da 12 membri: si tratta del Direttore della Scuola, che è anche Presidente del Consiglio, di due membri del corpo docente, di tre rappresentanti dello Stato; a Comune, Provincia e Camera di commercio vengono attribuiti due rappresentanti cia- scuno. Al Consiglio di amministrazione è affidato il compito di approvare il bilancio preventivo e il rendiconto consuntivo, di provvedere agli stanzia- menti per le spese relative a tutti gli ambiti del funzionamento dell’istituto nonché di deliberare sui provvedimenti concernenti lo stato giuridico e il trattamento economico del personale 5.

L’ordinanza ministeriale del 29 novembre 1924, seguita dal decreto del 14 ottobre 1925 n. 2067, approva lo Statuto della Regia scuola d’ingegneria navale 6. Gli studi si svolgono in cinque anni, suddivisi in un biennio prope-

deutico e in un corso di applicazione di durata triennale; al termine del cor- so viene conferita la laurea in ingegneria navale e meccanica.

Merita aprire una breve parentesi al fine di ricordare che, per ottenere la facoltà di rilasciare questo tipo di qualifica, i responsabili della Scuola so- no costretti a sostenere un altro confronto con il ministero della Pubblica Istruzione il quale, in un primo tempo, aveva comunicato che il titolo di in- gegnere navale e meccanico doveva essere trasformato in quello di semplice ingegnere navale. La direzione, affiancata dal Collegio degli ingegneri navali e meccanici, solleva immediate e vibrate rimostranze, facendo presente che tale novità, oltre a rendere evidentemente più difficoltoso il collocamento professionale dei laureati, non rispecchiava la natura e l’estensione della cultura tecnico-scientifica di questi. La formazione specialistica impartita da oltre un cinquantennio dalla Scuola è infatti relativa tanto alla costruzione ed allestimento degli scafi quanto a quella degli apparati motori e degli altri macchinari di bordo. Le istanze della direzione e del Collegio, dopo attento esame da parte del ministero, vengono accolte ed è pertanto ammessa la ———————

5 Per la composizione e i compiti del Consiglio di amministrazione, Convenzione cit.,

art. 5. Si veda inoltre il capitolo II parte III.

6 Lo Statuto della R. Scuola d’ingegneria navale di Genova, approvato nel 1924 è pubbli-

conservazione del titolo di ingegnere navale e meccanico 7. In conseguenza

della legge del 30 settembre 1925 n. 2102, il ministero della Pubblica Istru- zione decreta che, a partire dal 1926, il titolo di laurea conferito dalla Scuola non sia più quello di ingegnere navale e meccanico ma di dottore in inge- gneria navale e meccanica 8.

Se, per le ragioni che già abbiamo individuato, la nuova Scuola continua a mantenere una posizione di autonomia amministrativa, finanziaria e di- dattica rispetto all’ateneo, le modificazioni apportate dalla riforma Gentile all’ordinamento dell’istruzione superiore determinano invece un radicale cam- biamento dei criteri di ammissione degli studenti. Viene infatti abolito uno degli elementi che maggiormente avevano caratterizzato, nei decenni prece- denti, la fisionomia della Scuola superiore navale. Ci riferiamo alla possibili- tà di accesso all’iscrizione anche dei diplomati degli istituti tecnici e nautici; secondo il nuovo ordinamento la frequenza ai corsi universitari di ingegneria è invece riservata a coloro che abbiano ottenuto la maturità classica o scienti- fica, ramo di studi, quest’ultimo, istituito dalla riforma stessa, o agli stu- denti provenienti dal biennio universitario di scienze fisico-matematiche 9.

Il coordinamento di tutte le attività didattiche – contenuti dei pro- grammi, durata e distribuzione delle lezioni, attribuzione degli incarichi di insegnamento ecc. – viene affidato dallo Statuto ad un organismo collegiale denominato Consiglio della Scuola, formato da tutti i professori di ruolo e presieduto dal Direttore al quale sono riservate le mansioni esecutive 10. Lo

Statuto contiene inoltre una serie dettagliata di norme relative alle modalità di svolgimento degli esami di profitto e di laurea, agli obblighi ed alla disci- plina degli studenti. Questi sono tenuti a frequentare regolarmente le lezio- ni e le esercitazioni; in caso di inadempienza o di cattiva condotta sono pre- viste pene severe, che vanno dalla semplice ammonizione all’esclusione dalla Scuola. Le predette sanzioni sono applicabili anche nel caso che gli studenti commettano «azioni lesive della loro dignità o del loro onore» al di fuori del perimetro della Scuola 11.

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7 RSSN, Rcd, a.a. 1923/1924, p. 51.

8 RSIN, An., aa.aa. 1926/1927-1927/1928, p. 72. 9 G. CIVES, La scuola italiana cit., p. 170.

10 Statuto cit., artt. 5-6. 11 Ibidem, art. 21.

Per quanto attiene invece alle procedure d’esame, le prescrizioni statu- tarie sono le seguenti. Gli esami di profitto si svolgono – alla presenza di una commissione, nominata dal Direttore e formata da almeno tre membri – sotto forma di una prova orale,

«in occasione della quale lo studente è tenuto a presentare alla Commissione il com- plesso di relazioni, calcoli, grafici ed altri elaborati che sulla materia di esame gli è stato richiesto di eseguire nel corso dell’anno. Inoltre il Consiglio della scuola ha facoltà di stabilire per determinate materie che l’esame debba comprendere una prova scritta, o grafica o pratica».

La votazione, nell’esprimere la quale la commissione tiene conto anche della diligenza e del profitto dimostrati dall’allievo durante l’anno, è espres- sa in centesimi; il voto minimo sufficiente è di 60 centesimi 12. L’esame di

laurea, cui si viene ammessi dopo aver superato gli esami di profitto in tutte le materie previste dal piano di studi, consiste:

«a) nella presentazione e discussione di un progetto completo di nave con relativo ap- parato motore, progetto già elaborato sopra un programma assegnato dal Consiglio della Scuola all’inizio del terzo anno di corso applicativo, illustrandolo mediante la reda- zione di un conveniente complesso di relazioni e calcoli a giustificazione dell’intero