Se dall’estimo del 150120il trend demografico positivo manife-
statosi nella seconda metà del secolo precedente risulta ormai conso- lidato, nel 154221, quando venne compilato un nuovo registro delle
proprietà, la comunità era ormai demograficamente cresciuta, tanto da essere ritornata agli stessi livelli raggiunti nei decenni precedenti la Peste Nera. Bra contava nuovamente circa 3000 abitanti, non più concentrati soltanto all’interno della cinta muraria comunale, come era avvenuto per tutto il Medioevo: ora si stava popolando un nuovo quartiere sorto nella parte occidentale fuori le mura, cioè verso il pa-
scuum. Da alcuni decenni, forse dagli ultimi del Quattrocento, si era
anche avviata una migrazione di lavoratori della terra verso le grandi aziende agricole che si erano andate costituendo nella pianura di Riva, Boschetto, Casa del Bosco e Valmontano, dando così vita a pic- coli nuclei di insediamento stabile e decentrato rispetto a Bra, che nei secoli successivi sarebbero diventati le frazioni ancora esistenti. Era stata l’evoluzione della proprietà fondiaria, che con la formazione di estesi patrimoni fondiari accorpati e con la loro successiva trasfor- mazione in poderi gestiti con l’organizzazione agraria che ruotava at- torno alle cascine, a determinare la più incisiva trasformazione della comunità. Il centro abitato ormai si era connotato per la presenza di grandi proprietari terrieri, che conducevano il proprio patrimonio fondiario affidandolo a mezzadri, di liberi professionisti, di artigiani e di commercianti, mentre i contadini avevano trasferito la dimora nel nuovo quartiere degli airales o in prossimità delle grandi cascine delle campagne della pianura occidentale o, se mezzadri, nelle ca- scine stesse. La prima metà del Cinquecento manifestava pertanto il nuovo volto che Bra intendeva assumere, anche attraverso una sele- zione della popolazione, cioè una connotazione tipica dei centri ur- bani, senza più alcuna caratteristica rurale, che era invece stata la fi- sionomia dell’abitato dei secoli precedenti: in definitiva la borghesia tra le mura e i contadini in campagna22.
NOTE
1A partire dal Concilio di Trento divenne obbligatorio per le parrocchie stilare regi-
stri di battesimo e di matrimonio. Pertanto, pur trattandosi di fonti ecclesiastiche, i dati da esse forniti costituiscono indicazioni molto realistiche per la conoscenza della situazione demografica dei centri analizzati.
2G. GULLINO, Popolazione ed economia agraria in un centro rurale del Piemonte
sud-occidentale nella prima metà del Trecento. Il registrum bonorum di Bra del 1337
(parte I), in “Bollettino della Società per gli Studi Storici, Archeologici ed Artistici della provincia di Cuneo”, 143 (2010), pp. 125-148 e ID., Popolazione ed economia
agraria in un centro rurale del Piemonte sud-occidentale nella prima metà del Tre- cento. Il registrum bonorum di Bra del 1337 (parte II), in “Bollettino della Società
per gli Studi Storici, Archeologici ed Artistici della provincia di Cuneo”, 145 (2011), pp. 181-213.
3Gli statuti di Bra, a cura di E. MOSCA, Torino 1958 (Biblioteca storica subalpina
182), cap. 204, pp. 123-125.
4R. COMBA, La popolazione di Torino nella seconda metà del Trecento. Crisi e ri-
cambio demografico, in Torino e i suoi statuti nella seconda metà del Trecento, To-
rino 1981, pp. 31-37.
5Cfr. i dati relativi alla dimensione della dotazione fondiaria dei Braidesi a estimo nel
1337 in GULLINO, Popolazione ed economia agraria (parte II), cit., tabella 10, p. 181.
6Partendo da alcuni dati attestati nell’estimo e relativi alle scorte immagazzinate, si
è ipotizzato che i piccoli proprietari di terra, cioè quasi la metà della popolazione, teoricamente potesse disporre di una razione giornaliera di 133 g. di cereali coltivati sui propri terreni. GULLINO, Popolazione ed economia agraria (parte I), cit., tabella 6 e tabella 7, pp. 137-138.
7L’ipotesi da noi avanzata (cfr. nota precedente) porta a supporre, nel rapporto tra
produzione cerealicola complessiva e popolazione, una disponibilità media giorna- liera di circa 750 g. di cereali, in linea con i dati di altre regioni europee. Pare inoltre opportuno sottolineare come dalle norme statutarie emerga la volontà di favorire l’importazione a Bra di granaglie e, seppure non esplicitato, di fatto impedirne l’esportazione fuori dei confini comunali, forse segnali di un equilibrio precario che si sarebbe mantenuto fin tanto che fatti casuali – guerre o avversità atmosferiche – non avessero creato uno scompenso.
8Generalmente per l’immigrato si ricorreva all’ indicazione habitator accanto al
nome, segnalazione non attestata nell’estimo del 1337.
9G. GULLINO, Popolazione, paesaggio e colture a Bra alla metà del XIV secolo. Il
catasto del 1349, in “Bollettino della Società per gli Studi Storici, Archeologici ed
Artistici della provincia di Cuneo”, 110 (1994), pp. 41-87.
10La norma statutaria prevedeva che la compilazione di un nuovo registro dei beni
braio e, approvata la deliberazione, era necessario avviare immediatamente le ope- razioni di registrazione, che si sarebbero dovute concludere, pena una sanzione di 100 soldi per ognuno degli incaricati, entro i sei mesi successivi. Si ha quindi motivo di credere che nel 1349 la redazione dell’estimo si fosse conclusa entro l’estate.
11G. GULLINO, Una “quasi-città” dell’Italia nord-occidentale. Popolazione, insedia-
mento e agricoltura a Bra fra XIV e XVI secolo, Torino 1996, p. 59, nota 4.
12Come già detto, non si sa in quale preciso momento la Peste Nera abbia fatto la
comparsa a Bra: non si esclude, tenendo presente quanto ipotizzato poco sopra (cfr. nota 10), che con l’arrivo dell’autunno-inverno di quello stesso anno si possano es- sere manifestati anche diffusi episodi di mortalità, che ovviamente proseguirono negli anni immediatamente successivi. In generale sul Piemonte sui veda R. COMBA,
La popolazione in Piemonte sul finire del Medioevo. Ricerche di demografia storica,
Torino 1977 (Biblioteca storica subalpina, 199); A. M. NADA- I. NASO, Le epidemie
del tardo medioevo nell’area pedemontana, Torino 1978.
13G. GULLINO, Le campagne braidesi alla fine del Trecento. Dall’estimo del 1393,
in “Bollettino della Società per gli Studi Storici, Archeologici ed Artistici della pro- vincia di Cuneo”, 112 (1995), pp. 23-51.
14A. BIANCHI, Le famiglie predominanti in Bra negli anni 1356-1374, in Studi di sto-
ria medioevale braidese, Bra 1976, pp. 81-115; ID., Lotte per il potere a Bra nella
seconda metà del secolo XIV, in Studi di storia braidese. Omaggio Edoardo Mosca,
Cuneo 1993, pp. 59-82.
15Pur non verificabile questo aspetto, non si può escludere che potesse essere anche
adottata da qualche Braidese la scelta della dichiarazione infedele al rialzo, soprat- tutto relativamente alla dimensione del capitale, la cui consistenza non era verifica- bile come al contrario i beni immobili, per conseguire vantaggi politici. La ricchezza dichiarata permetteva l’inserimento in una delle tre ripartizioni sociali braidesi dei
maiores, mediocres e minores, in base alle quali si poteva accedere a specifiche ca-
riche pubbliche o esserne esclusi.
16G. GULLINO, Viti e viticoltori sui colli braidesi del primo Quattrocento, in Vigne e
vini nel Piemonte rinascimentale, a cura di R. COMBA, Cuneo 1991, pp. 131-148.
17GULLINO, Una “quasi-città” cit., p. 38 sgg.
18G. GULLINO, Strutture agrarie a Bra alla fine del Quattrocento, in Studi di storia
braidese. Omaggio a Edoardo Mosca, Cuneo 1993, pp. 83-100.
19Sulle aree geografiche di provenienza degli immigrati a Bra si veda GULLINO, Una
“quasi-città” cit., pp. 53-58.
20GULLINO, Una “quasi-città” cit., tabella II, p. 50. 21GULLINO, Una “quasi-città” cit., p. 38 sgg.
22G. GULLINO, La ripresa demografica, in Storia di Bra. Dalle origini alla rivolu-
zione francese, a cura di F. PANERO, II, Le trasformazioni della città. L’ancien ré- gime, Savigliano 2007, p. 49 sgg.