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Secondo Attacco al Dialeteismo La Strategia Generale, e la Sua Superiorità

5. In Difesa del Principio di Non Contraddizione 164.

5.4 Secondo Attacco al Dialeteismo La Strategia Generale, e la Sua Superiorità

Per sviluppare al meglio il mio secondo attacco al dialeteismo, prima di articolarne il contenuto nei dettagli delineo, da una prospettiva d’insieme, la strategia generale che lo informa, enucleando anzitutto la differenza strutturale fra questo attacco al dialeteismo e altri attacchi al dialeteismo tentati finora.

Il tipico attacco al dialeteismo si dispiega cercando di mostrare che una teoria secondo cui ci sono enunciati della forma ¬che sono entrambi veri presenta proprietà teoretiche che la rendono inferiore a teorie rivali, o ha conseguenze che devono essere rigettate, per poi concludere che non ci possono essere enunciati della forma ¬che siano entrambi veri – in accordo con la concezione della critica, descritta nel capitolo 4, per la quale una teoria che presenta proprietà teoretiche che la rendono inferiore a teorie rivali, o ha conseguenze che devono essere rigettate, deve essere rigettata. Il tipico attacco al dialeteismo, dunque, è un attacco alla tesi che ci sono enunciati della forma ¬che sono entrambi veri.262

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Un attacco di questo tipo è stato tentato da C. Chihara (1984); J. Smith (1986); N. Denyer (1989); D. Batens (1990); T. Parsons (1990); A. Everett (1993); id. (1994); id. (1996); T. Smiley (1993); L. Goodship (1996); A. Bobenrieth (1998); J. Bromand (2002); M. Eklund (2002); L. Goldstein (2004); P. Grim (2004); F. Kroon (2004); G. Littmann, K. Simmons (2004); R. Sainsbury (2004); S. Shapiro (2004); N. Tennant (2004); A. Weir (2004); B. Whittle (2004); E. Zalta (2004); H. Field (2005); id. (2008a); F. Berto (2006b); id. (2008); id. (2014); T. Tahko (2009); M. Rossberg (2013); B. Martin (2015); J. Murzi, M. Carrara (2015); G. Young (2015).

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Il mio attacco al dialeteismo batte una strada opposta. Io concedo che ci siano enunciati della forma ¬che sono entrambi veri, e mostro che se due enunciati della forma ¬sono entrambi veri allora non possono essere contraddittori, per poi concludere che non ci possono essere contraddizioni che siano vere. L’essenza del mio attacco al dialeteismo consiste nell’armare il dialeteismo contro se stesso: lascio che la tesi dialeteista che ci sono contraddizioni vere sia soppressa dalla tesi dialeteista che ci sono enunciati della forma ¬che sono entrambi veri. Il dialeteismo vede la seconda tesi come funzionale alla prima: la tesi che ci sono enunciati della forma ¬che sono entrambi veri porta alla tesi che ci sono contraddizioni vere. Io argomento che, al contrario, la seconda tesi è inibitrice della prima: proprio nella misura in cui il dialeteismo afferma che due enunciati della forma ¬sono entrambi veri, non può affermare che una contraddizione è vera, perché non può affermare che e¬sono contraddittori. Il mio attacco al dialetesimo, dunque, non è un attacco alla tesi che ci sono enunciati della forma ¬che sono entrambi veri, ma un attacco alla tesi che ci sono contraddizioni vere mediante l’avallo della tesi che ci sono enunciati della forma

¬che sono entrambi veri.263

Voglio evidenziare che il mio attacco al dialeteismo, almeno quanto a efficacia potenziale, è indubbiamente superiore al tipico attacco al dialeteismo. In generale, un attacco al dialeteismo basato sul tentativo di mostrare che esso presenta proprietà teoretiche che lo rendono inferiore a teorie rivali, o ha conseguenze che devono essere rigettate, è destinato a rimanere non conclusivo.

Da una parte, la valutazione dell’inferiorità o della superiorità di una teoria rispetto a teorie rivali è soggetta a troppe variabili per poter produrre un verdetto definitivo. In primo luogo, risente inevitabilmente del fattore della soggettività: è sempre possibile che due arbitri ugualmente competenti, messi di fronte agli stessi dati in funzione dei quali ordinare il valore di teorie rivali, emettano responsi discordanti. In secondo luogo, può cambiare nel corso del tempo: un nuovo risultato, o una nuova

Priest, con la collaborazione di Routley e Beall, ha replicato in G. Priest (1984); id. (1989c); id. (1993); id. (1995); id. (1996); id. (1998); id. (2006a); id. (20062b); id. (2010); G. Priest, R. Routley (1989b); id. (1989d); J. Beall, G. Priest (2007).

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L’idea di fondo del mio attacco al dialeteismo è profondamente debitrice a E. Severino (19952), pp. 44-50; ivi, pp. 122-126, per quanto il suo sviluppo analitico se ne discosti.

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concezione dell’importanza di risultati già acquisiti, può rimescolare gerarchie consolidate, così che è sempre possibile che uno stesso arbitro sovverta il proprio primo giudizio se messo di fronte a dati originali, o a dati di cui si è imposta un’interpretazione originale. Infine, Priest si è speso su più fronti ad argomentare che il dialeteismo esce brillantemente dal computo di benefici e costi in rapporto a teorie alternative.264 Incardinare l’attacco al dialeteismo sul tentativo di mostrare che esso presenta proprietà teoretiche che lo rendono inferiore a teorie rivali significa impegnarsi a contendere a Priest ogni singolo punto, in una guerra di trincea il cui sviluppo più prevedibile è la dispersione della contesa in una selva di schermaglie su dettagli minuti.

Dall’altra parte, il tentativo di mostrare che il dialeteismo ha conseguenze che devono essere rigettate sconta una duplice sorta di problemi. Il problema iniziale è mostrare che il dialeteismo ha effettivamente certe conseguenze, le quali devono essere rigettate: per riuscirci, è necessario impiegare un’argomentazione che sia dialeteicamente valida, e ciò è reso difficile dal fatto che diverse regole di inferenza pervasive, quali (SD), (RA) e (MT), sono dialeteicamente invalide. Posto che si riesca a mostrare che il dialeteismo ha effettivamente certe conseguenze, si staglia il problema, più profondo, di mostrare che queste conseguenze devono effettivamente essere rigettate: per riuscirci, è necessario mostrare che queste conseguenze devono essere rigettate dal punto di vista dialeteista, e ciò è reso difficile dal fatto che la questione se una conseguenza del dialeteismo sia tale da risultare inaccettabile dal punto di vista dialeteista è, almeno in una certa misura, anch’essa una materia soggettiva. Di fatto, le conseguenze del dialeteismo che sono state tracciate e bollate come inaccettabili da altri attacchi tentati finora, sono tutte conseguenze che Priest ha potuto accettare, per la ragione precipua che sono tutte forme più o meno scoperte di contraddizioni.265

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Cfr. G. Priest (1984); id. (1993); id. (1995); id. (1998); id. (2000a); id. (2006a); id. (20062

b);

id. (2010).

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Gli esempi principali sono dati da D. Batens (1990); T. Parsons (1990); T. Smiley (1993); J. Bromand (2002); F. Kroon (2004); G. Littmann, K. Simmons (2004); S. Shapiro (2004); A. Weir (2004); H. Field (2005).

Priest ha disinnescato questi attacchi accettando le conseguenze del dialeteismo di volta in volta rilevate e bollate come inaccettabile in G. Priest (1993); id. (1995); id. (1998); id. (2006a); id. (20062b).

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La superiorità del mio attacco al dialeteismo, almeno quanto a efficacia potenziale, risiede nel fatto che esso mira a mostrare che la conseguenza della tesi dialeteista che ci sono enunciati della forma ¬che sono entrambi veri è niente meno che il dissolvimento della tesi dialeteista che ci sono contraddizioni vere. Se riuscirò a mostrare che il dialeteismo ha come conseguenza la sua stessa rimozione, il dialeteismo non ha scampo, perché questa è una conseguenza sulla cui accettabilità il dialeteismo non può cavillare, è una conseguenza che il dialeteismo non ha la capacità di sopportare, a nessun costo: mostrare che il dialeteismo è la causa della propria interdizione, mostrare che il dialeteismo si rigetta da sé, certamente porta al rigetto del dialeteismo.