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Il Sistema di Da Costa e il Problema della Negazione

2. Quando una Contraddizione Non È una Contraddizione: Applicazioni della

2.5 Il Sistema di Da Costa e il Problema della Negazione

Il terzo lavoro in cui tenterò di rilevare il fallimento della costruzione di una contraddizione causato dalla violazione della condizione dell’identità dei rispetti è di Richard Routley e Robert Meyer. Differisco però la disamina di questo lavoro alla sezione 2.7, perché essa trarrà vantaggio dal presentare e assestare prima un problema generale per le logiche paraconsistenti, che etichetto come problema della negazione. In

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Cfr. G. Priest, R. Routley (1989c), p. 162. Un commento analogo potrebbe essere fatto per il progetto di Jaskowski, dato che in esso le tesi contraddittorie sono il corrispettivo degli stati di cose contraddittori, gli interlocutori diversi sono il corrispettivo dei mondi diversi, e l’unico dialogo in cui sono riunite le tesi sostenute da interlocutori diversi è il corrispettivo dell’unico mondo in cui sono riuniti gli stati di cose tratti da mondi diversi.

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questa sezione approccio il problema della negazione a partire dall’analisi della logica paraconsistente sviluppata da Newton Da Costa. Nella sezione 2.6 discuterò il problema della negazione in forma generale e ne fisserò con esattezza la rilevanza, difendendola contro alcune argomentazioni che puntano a liquidarla e quindi a bollare il problema della negazione come falso problema.

La logica paraconsistente sviluppata da Da Costa si incardina non sulla modifica delle proprietà della congiunzione – che invece contrassegnava le logiche paraconsistenti elaborate da Jaskowski e Rescher – ma sulla modifica delle proprietà della negazione.

La semantica dei connettivi è data da una valutazione v che associa gli enunciati a due valori di verità, il vero e il falso, rappresentati rispettivamente da 1 e 0.

La semantica della congiunzione è data dalla seguente condizione:

(˄1): v( ˄ ↔ v(e v(

La semantica della disgiunzione è data dalla seguente condizione:

(1): v(↔ v() = 1 o v() = 1.

La semantica della negazione è data dalle seguenti condizioni:

(¬1): v(→ v(¬ (¬2): v(¬¬→ v(

La semantica della congiunzione e della disgiunzione è perfettamente classica. Per quanto riguarda la negazione, la condizione (¬1) stabilisce che se  è falso allora ¬è vero, assicurando che almeno uno fra  e ¬sia vero e quindi sancendo la verità logica del principio del terzo escluso:

(PTE): ¬

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Ma non c’è una condizione che stabilisca che se è vero allora ¬è falso. La negazione di Da Costa – in breve, negazioneD – non è vero-funzionale perché il valore

di verità di ¬non è determinato dalla verità di anche se è determinato dalla falsità di  Da Costa argomenta che, siccome una logica paraconsistente ammette la possibilità di contraddizioni vere, il valore di verità di ¬ deve dipendere sia dal valore di verità di  sia dal valore di verità di ˄ ¬. Accertare che  è vero non è sufficiente per decidere se ¬è vero o falso, perché questo varia a seconda che  ˄ ¬ sia vero o falso: se  ˄ ¬è falso allora  è falso, ma se  ˄ ¬è vero allora anche ¬è vero, quindi controllare se  ˄ ¬è vero o falso è necessario per decidere se ¬è vero o falso.55 Perciò la semantica della negazioneD non assicura che almeno uno fra  e

¬sia falso, consentendo che siano entrambi veri. 56 In questo modo apre la strada a un controesempio a (ECQ1A), dato da una situazione in cui  è vero, ¬è vero, e è falso.

55

Cfr. N. Da Costa, D. Marconi (1989), p. 18.

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Priest e Routley muovono una prima critica alla semantica della negazioneD prendendo di

mira la condizione (¬2). Priest e Routley argomentano che, se v(¬¬esprimesse il fatto che non si dà il caso che ¬allora v(¬¬dovrebbe effettivamente implicare v( perché, per (¬1), almeno uno fra e ¬deve essere vero. Ma v(¬¬non può esprimere il fatto che non si dà il caso che ¬in primo luogo perché, se lo facesse, allora (¬2) sarebbe ridondante essendo una conseguenza logica di (¬1), e in secondo luogo perché è v(¬a esprimere il fatto che non si dà il caso che ¬, e v(¬non è equivalente a v(¬¬E dato che v(¬¬non esprime il fatto che non si dà il caso che ¬non c’è motivo per cui la verità di ¬¬debba implicarela verità di piuttosto che la verità di ¬, lasciando che sia falso. Non ce n’è motivo, perché la semantica della negazioneD è congegnata apposta per

consentire che  e ¬siano entrambi veri, quindi una condizione che prevedesse che ¬¬e

¬possano entrambi veri sarebbe legittima. Inoltre, se la verità di ¬¬implicasse la verità di

¬ anziché la verità di lasciando che sia falso sarebbe comunque rispettata la condizione dettata da (¬1) per cui almeno uno fra e ¬deve essere vero. Priest e Routley congetturano che Da Costa inserisca (¬2) nella semantica della negazioneD per il solo motivo che, senza (¬2),

la negazione perderebbe un’altra proprietà fra quelle che classicamente le sono attribuite – un’altra, oltre a quella, più importante, che discuterò a breve. Cfr. G. Priest, R. Routley (1989c), p. 163.

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Diderik Batens, sulla scia di Da Costa, perora l’abbandono della vero- funzionalità della negazione e in particolare della condizione v(¬→ v(proponendo che la negazione resti governata dalla sola condizione (¬1). Egli sostiene che la congiunzione di (¬1) e v(¬→ v(il cui risultato è l’equivalenza v(¬↔ v(non fa che incamerare e insieme legittimare il presupposto che il mondo sia non contraddittorio, e la rimozione di v(¬→ v(è sufficiente per sospenderlo, in quanto profila la possibilità che sia vero quando ¬è vero.

La non vero-funzionalità della negazioneD ha come conseguenza più cospicua

che (PNC1) non è una verità logica. L’argomentazione con cui Da Costa giustifica

l’esclusione della verità logica di (PNC1) da una logica paraconsistente fa appello, come

l’argomentazione con cui Da Costa giustifica la non vero-funzionalità della negazionein una logica paraconsistente, sulla natura stessa di una logica paraconsistente, e sembra della massima semplicità: siccome una logica paraconsistente ammette la possibilità di contraddizioni vere, (PNC1) non può essere incondizionatamente vero.58 Francisco

Quesada approva questa argomentazione, commentando che se si è disposti ad accettare la verità di una sola contraddizione, per ciò stesso non si può accettare anche la verità logica di (PNC).59

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Cfr. D. Batens (1980), p. 204. Nelle sezioni 2.7 e 3.2 documenterò che la tesi secondo cui l’equivalenza v(¬ ↔ v(e l’assunzione della non contraddittorietà del mondo fungono da puntello l’una per l’altra è sostenuta anche da Richard Routley e Robert Meyer, e, presumibilmente, da Aristotele – perlomeno io leggerò Aristotele come se egli condividesse la posizione di Batens, Routley e Meyer.

Nella sezione 3.2 attesterò anche, però, che Łukasiewicz e Priest attaccano questa tesi. Io ritengo che la disputa fra i due partiti debba essere aggiudicata a Łukasiewicz e Priest soprattutto alla luce della costruzione della logica del paradosso LP a opera di Priest, che presenterò nella sezione 3.1. L’importanza di LP per la soluzione della contesa risiede nel fatto che LP da un lato consente che  e ¬siano entrambi veri, e dall’altro conserva l’equivalenza

v(¬ ↔ v(, provando così in concreto che quest’ultima può essere svincolata

dall’assunzione della non contraddittorietà del mondo.

58

Cfr. N. Da Costa (1974), pp. 308-309.

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Ma per quanto l’argomentazione di Da Costa possa apparire stringente, essa è attesa da un problema: proprio il fatto che nel sistema di Da Costa (PNC1) non sia una

verità logica è il punto su cui Priest e Routley fanno leva per argomentare che la negazioneD non è una negazione. Questa è un’istanza del problema della negazione che

annunciavo all’inizio della sezione.

L’argomentazione di Priest e Routley parte dalla distinzione fra enunciati contraddittori, enunciati contrari ed enunciati subcontrari, e si impernia su un preciso requisito ascritto alla negazione.

Due enunciati sono contraddittori se e solo se è impossibile che siano entrambi veri ed è impossibile che siano entrambi falsi, e dunque è necessario che siano uno vero e l’altro falso: ciò equivale a dire che due enunciati sono contraddittori se e solo se la loro congiunzione è una falsità logica e la loro disgiunzione è una verità logica. Due enunciati sono contrari se e solo se è impossibile che siano entrambi veri: ciò equivale a dire che due enunciati sono contrari se e solo se la loro congiunzione è una falsità logica. Due enunciati sono subcontrari se e solo se è impossibile che siano entrambi falsi: ciò equivale a dire che due enunciati sono subcontrari se e solo se la loro disgiunzione è una verità logica.

La negazione è l’operatore che forma enunciati contraddittori. Nel sistema di Da Costa,  ¬è una verità logica, ma  ˄ ¬non è una falsità logica – perché (PNC1)

non è una verità logica. Perciò gli enunciati formati dalla negazioneD sono subcontrari.

Quindi la negazioneD non è una negazione – dato che la negazione è l’operatore che

forma enunciati contraddittori.60

Che la negazioneD formi enunciati subcontrari spiega anche perché essa non è

vero-funzionale Infatti, ha un solo contraddittorio, ma ha più subcontrari: c’è più di un enunciato tale che, se è falso, è necessariamente vero, e, se  è vero, può essere falso e può essere anch’esso vero. Diego Marconi sottolinea che nel sistema di Da Costa l’enunciato ¬non inquadra un unico elemento, quale è il contraddittorio di  formato dalla negazione classica, ma un insieme di elementi che, in più modi, si oppongono a

E non è possibile determinare a priori quale subcontrario di venga formato

60

Cfr. G. Priest, R. Routley (1989c), pp. 164-165

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dall’applicazione della negazioneD a . Ma se non è possibile determinare a priori quale

subcontrario di sia ¬ allora non è possibile determinare a priori se, quando  è vero, ¬sia vero o falso, perché quando  è vero un generico subcontrario di può essere falso e può essere anch’esso vero, sì che per determinare se un subcontrario di  è falso o vero quando  è vero è necessario identificare quel subcontrario. 62 E precisamente l’impossibilità di determinare a priori se, quando  è vero, ¬sia vero o falso, comporta che la negazioneD non sia vero-funzionale.

Solo quando è falso è possibile determinare a priori il valore di verità di ¬, perché qualunque subcontrario di  è vero quando  è falso in quanto due enunciati subcontrari sono tali che è impossibile che siano entrambi falsi.

2.6 La Rilevanza del Problema della Negazione per la Paraconsistenza,