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Secondo Stasimo (vv 1058-1097)

IL SOGNO IN SOFOCLE

I.8 Secondo Stasimo (vv 1058-1097)

Il contrasto tra le due sorelle offre il motivo di questa ode, formata da due strofe e due antistrofe. La prima serie di versi, sempre apparsa problematica per la sua interpretazione, si apre con l'esempio di pietà filiale offerto dagli uccelli443, esempio che dovrebbe essere seguito e rispettato dai figli (vv. 1058-1062): τί τοὺς ἄνοθεν φρονιμωτάτους οἰω- νούς ἐσορώμενοι τροφᾶς κηδομένους ἀφ΄ὧν τε βλά- 1060 στωσιν ἀφ΄ ὧν τ΄ὄνασιν εὕ- ρωσι, τάδ΄οὐκ ἐπ΄ἴσας τελοῦμεν;

(Perché, vedendo i più saggi uccelli nel cielo che si preoccupano del nutrimento di coloro da cui nacquero e da cui ricevettero vantaggio, non dovremmo anche noi giungere alle stesse cose?)

Il complesso passaggio si caratterizza per l'impiego del verbo εἰσοράω seguito dall'accusativo φρονιμωτάτους οἰωνούς τοὺς ἄνοθεν. Lo scoliasta precisa che l'esempio citato dal coro è quello delle cicogne che, note nel mondo antico come esempio di devozione filiale444, sono velatamente paragonate ad Elettra per il suo

attaccamento al padre445. Tuttavia, se si considera che nel Primo Stasimo il coro

assume il ruolo di μάντις μὴ παράφρων (vv. 474 ss.) ispirata dal sogno, del quale ne afferma il compimento, è possibile conferire anche al secondo canto corale una sfumatura profetica che richiama l'evento onirico. Il sostantivo οἰωνός, in effetti, non si riferisce solo agli uccelli ma anche agli auspici che si traevano dal loro volo e ben si combina con il verbo di percezione εἰσοράω, già impiegato nella visione onirica. Rafforza questa ipotesi la presenza dell'aggettivo φρόνιμος, che si lega alla sfera del

443 L’immagine continua la presentazione di un rovesciamento dell'ordine naturale delle cose: l'amore verso i figli, che nasce di riflesso da quello verso i genitori, è presente nel mondo animale ma è capovolto nel mondo che circonda Elettra. Cfr. anche Segal 1966, p. 498.

444 λέγονται δὲ οἱ πελαργοὶ γεγηρακότας τοῦς γονεῖς βαστάζειν τοῖς πτεροῖς ἐξ ὅτου πτεροφυήσωσιν (si dice che le cicogne tenessero tra le ali i genitori invecchiati e da questo crescessero le piume): Sch. in Soph., El., 1058. Ar., Av., 1353-1357; Plat., Alc., I, 135.

presagio ed allude in particolare alla padronanza di sé446 e alla capacità ermeneutica

propria dell'indovino, della quale anche il coro già in precedenza appare dotato. La definizione viene citata in effetti in LSJ come esempio di prodigio fornito dalla lettura del volo degli uccelli, per quanto Kamerbeek ne rifiuti completamente il senso447.

A fornire un'allusione ulteriore al presagio è l'avverbio ἄνοθεν, sinonimo di ἄνω che ricorre nel designare la sommità dello scettro da cui affiora il nuovo germoglio degli Atridi448 (ἐκ δὲ τοῦδ΄ἀνω| βλαστεῖν βρύοντα θαλλὸν). A questo allude inoltre il

verbo βλαστάνω, che, simbolo onirico della rigenerazione procedente dal mondo dei morti a quello dei vivi449 , ricorre per ben tre volte anche in questo canto lirico,

lasciando emergere nei primi versi della strofe la necessità di rispettare i propri genitori ed un velato suggerimento della corifea alla vendetta450, simboleggiata dal

concetto di τροφή (v. 1059), con cui la figlia deve nutrire il padre defunto451.

Il motivo del τροφεῖν compare come tema rilevante nel tratteggiare la relazione distorta tra il personaggio di Clitemnestra e quello di Oreste già nel sogno descritto nelle Coefore (Cho., 531: αὐτὴ προσέσχε μαστὸν ἐν τὠνείρατι: lei stessa gli offriva il petto nel sogno), nel momento in cui il giovane eroe ne scioglie l’interpretazione (Cho., 548: δεῖ τοί νυν, ὡς τοὔνειρον ἐννέπει τόδε| θανεῖν βιαίως: bisogna che lei che lo nutrì muoia di morte violenta) e in occasione del suo compimento (Aesch., Cho., 908: ΚΛ. ἐγὼ σ΄ἔθρεψα, io ti nutrii; Cho., 928: οἰ΄γὼ, τεκοῦσα τόνδ΄ὄφιν ἐθρεψάμην, ahimé, io ho partorito questa serpe). Nell’Elettra il tema sembra implicare la morte di colei che ha alimentato i figli452 o di colei che, moralmente non-madre, intrattiene tuttavia una

relazione biologica con loro. L’uso del verbo τελοῦμεν, che determina una preparazione degli eventi in vista del loro compimento, ne afferma il significato:

446 In contrapposizione alla follia che caratterizza l'ispirazione profetica della Pizia espressa attraverso il verbo μαίνομαι. 447 LSJ e GI, s.v. φρόνιμος; Cfr. anche Kamerbeek 1967, p. 142. 448 LSJ, s.v. ἄνοθεν; cfr. Finglass 2007, p. 428. L'avverbio ricorre inoltre in altri due contesti che riguardano la descrizione del corpo di Oreste prima ricoperto dalla polvere dello stadio di Delfi (v. 714) e poi nel riferimento, che a questo si contrappone, che lo descrive ancora in vita, sulla terra (v. 1167).

449 The verb is especially prominent. The triple recurrence of this word at such a point underlines the tragic reversal of life and death in the play: Segal 1966, p. 488.

450 Predetta anche dalle due profezie, oracolare e onirica.

451 Sulla necessità di onorare i morti vedi vv. 236-238: (El.) ἐν τινι τοῦτ΄ἔβλαστ΄ἀνθρώπων; (e quale misura c'è nel male? come può essere giusto, dimmi, non darsi cura dei morti?) in quale essere umano è germogliata questa legge?

nell’accezione specifica di maturazione biologica di piante, uomini o animali453, il

termine emerge anche a conclusione del dramma a rappresentare la sconfitta e la morte di Egisto (v. 1510), con il conseguente florido sviluppo dell'albero degli Atridi.

L'avverbio ἄνοθεν, pertanto, funge da elemento di contrastante connessione tra mondo celeste e vitale e quello sotterraneo e ctonio descritto nell'antistrofe (ὦ χθονία βροτοῖσι φά|-μα, κατά μοι βοάσον οἰ|-κτρὰν ὄπα: o ctonia fama per i mortali, fai risuonare nel mondo sotterraneo una voce di lamento, vv. 1066-1068), richiamando in un ordine invertito il ciclo di rinascita espresso dalla narrazione onirica e possibile per mezzo della vendetta. Il riferimento a Zeus e Themis come divinità che presiedono entrambe all'ordine, in connessione con la pietà filiale, si rivela allora, secondo Errandonea, una spinta del coro affinché gli Atridi vivi, quindi Elettra – giacché Crisotemi ha rifiutato la cooperazione – portino avanti la vendetta concretizzandola e non lasciandola a mere parole454 e ad un puro logos. L'invocazione si rivolge in effetti alla χθονία φάμα

perché rechi ad Agamennone il messaggio del valore della figlia che: σαλεύει| Ἠλέκτρα, τὸν ἀεὶ πατρὸς| δειλαία στεναχους΄, ὅπως| ἁ πάνδυρτος ἀηδών, |…| μὴ βλέπειν ἑτοί-|μα, διδύμαν ἑλοῦσ΄ἐρι-|νύν˙τίς ἂν εὔπατρις ὧδε βλάστοι; (ondeggia Elettra, gemendo sempre l'infelice, come il flebile usignolo […] decisa a non vedere più la luce del sole, quando alla duplice erinni abbia inflitto la morte. Qual germoglio potrebbe nascere da nobile stirpe? vv. 1074-1081).

Il ricorso ad una metafora marina per riprodurre lo stato emotivo dell’eroina, permette di accostare Elettra al fratello, le cui imprese vengono narrate dal Pedagogo nello stesso stile. All’eroe riconduce inoltre l’uso dell'aggettivo εὔπατρις, con il quale il giovane viene definito nella Parodo (v. 162) e che induce ad un’identificazione tra le due figure per la quale la protagonista assume i panni della vendicatrice. A questa finalità sembra rinviare, inoltre, l’associazione dell'aggettivo διδύμαν con il sostantivo ἐρινύν. Designando la “duplice Erinni” con riferimento ai due tiranni, la presenza del qualificativo δίδυμος è anche epiteto dell’Apollo venerato a Didima (nota città fondata su un culto oracolare). Il sintagma, perciò, suggerisce un nesso con le Erinni e una velata ispirazione delfica alla base degli atti di Elettra, della quale il coro celebra la

453 Segal 1966, p. 530.

fama di figlia saggia455 e insieme valorosa (δύο φέρειν ἐνὶ λόγῳ, |σοφά τ΄ἀρίστα τε

παῖς κεκλῆσθαι, vv. 1088-1089).

L’augurio del coro perché l’eroina possa vivere con forza e ricchezza al di sopra dei nemici (καθύπερθεν χερί πλούτῳ τε τῶν ἐχθρῶν456, v. 1091), nell’ultima antistrofe,

infine, risulta non solo antitetico alla richiesta di Clitemnestra nella sua preghiera a Febo Prostaterio (vv. 646-647), ma si collega all'appello che Oreste rivolge nel Prologo agli dei patri per garantire il suo proposito di vendetta contro gli assassini457

(v. 72). L’intero canto corale fa dunque pensare ad un'incitazione da parte delle donne di Micene alla prosecuzione del progetto punitivo che, in mancanza di Oreste, affidano ora nelle mani di Elettra, nella quale ripongono la loro più assoluta fiducia. Lo stasimo si chiude infatti con l’uso di ἔβλαστε (ἃ δὲ μέγιστ΄ἔβλα-|στε νόμιμα, τῶνδε φερομέναν| ἄριστα τᾷ Ζηνὸς εὐσεβείᾳ: nelle leggi che grandissime germogliarono, lei porta le migliori tra queste per la devozione a Zeus, vv. 1096-1097) che ribadisce il fiorire delle leggi e rinvia alla dicotomia implicata da questo verbo nella prima strofe (v. 1060). Tuttavia, il lessema definisce anche l'essenza tragica della situazione di Elettra, tutta proiettata a sacrificare la sua esistenza per privilegiare il codice di leggi non scritto (καὶ τί μέτρον κακότατος ἔφυ; φέρε, | πῶς ἐπὶ τοῖς φθιμένοις ἀμελεῖν καλόν;| ἐν τίνι τοῦτ΄ἔβλαστ΄ἀνθρώπων; quale misura c'è nel male? Come non può essere giusto non darsi cura dei morti? In quale essere umano è mai germogliata questa legge? vv. 236-238) e che si conclude con la sentenza che ἐν οὖν τοιούτοις οὔτε σωφρονεῖν, φίλαι, | οὔτ΄εὐσεβεῖν πάρεστιν˙ in una simile condizione non è possibile conservare né saggezza né pietà (vv. 307-308)458. L’uso di ἔβλαστε mette dunque in relazione i due passi sia dal punto di vista tematico sia da quello lessicale, benché ora Elettra sia entrata nel piano dell'azione, senza fermarsi a mere parole. 455 L’uso dell'aggettivo σοφός, con cui viene definita la protagonista, sembra sottintendere il concetto eracliteo ripreso da Sofocle, secondo il quale questa virtù è necessaria nel comprendere gli enigmi del dio. Elettra viene dunque definita saggia dal coro quando entra nella dimensione apollinea. Cfr. § I.2.

456 Per il passo corrotto, il testo si attiene all'edizione oxoniense Lloyd-Jones 1996. 457 Nel passo Oreste parla di ἀρχέπλουτον, delle ricchezze avite, emblema del potere. 458 Segal 1966, pp. 490 ss.

I.9 Quarto Episodio (vv. 1098-1383)

Se nel Secondo Stasimo Elettra è ostinata a morire nella prospettiva di far trionfare la giustizia (v. 1079), il Quarto Episodio porta sulla scena la prova della falsa morte di Oreste. In veste di messaggero, il giovane giunge a palazzo insieme a Pilade459 ad

annunciare la duplice presenza, definita significativamente con l'aggettivo κοινόπουν, “dal comune piede” (v. 1104). Il termine, tuttavia, allude anche alla funzione presenziale dell’urna cineraria metallica (τύπωμα χαλκόπλευρον, v. 54) che alcuni attendenti recano in mano e che svolgerà le funzioni di un terzo attore e, allo stesso tempo, evoca potentemente l’inesorabile passo delle Erinni, in precedenza qualificate con l'attributo χαλκόπους (v. 491).

La scena iniziale è giocata tutta sull'ironia e l'ambiguità, dato che fratello e sorella si incontrano senza riconoscersi: nascosto dietro una falsa apparenza, Oreste si rivolge ad Elettra come ad una serva, poiché ne ignora l'identità, imponendole di recare una notizia ad Egisto da parte di Strofio460 (v. 1106) e della cui falsità

naturalmente il pubblico è consapevole. Nel dialogo tra l'eroina e l’irriconoscibile fratello (Ηλ. φήμην φέρoντες ἐμφανῆ τεκμήρια; (venite) portando la prova manifesta della voce che abbiamo sentita?, v. 1109. Ορ. οὐκ οἶδα τὴν σὴν κληδὸνα: non so la notizia, v. 1110), i termini φήμη e κληδών, dal significato ambivalente, si situano nella dimensione profetica, giacché, se il primo designa un discorso suggerito dagli dei461, il

secondo possiede anche l'accezione di “presagio462”, facendo pensare al messaggio

divino veicolato dal sogno. Di questo, Oreste, a differenza delle Coefore, non ha alcuna conoscenza, così come ignora l'interpretazione fornita dalle donne di Micene (il τέρας con cui il coro designa il sogno al v. 497), ma si tratta di un fatto che il pubblico può 459 In Aesch., Cho., 659-660, i due personaggi si presentano alla reggia recando delle notizie sul far della notte, definita con la metafora di un carro: ὡς καὶ νυκτὸς ἅρμ΄ἐπείγεται| σκοτεινόν (sta arrivando il tenebroso carro della notte), similmente alla scena che descrive l’avvenuto decesso dell'eroe, ma all'ambientazione notturna della prima si contrappone l'inizio del giorno descritto nel Prologo della nostra tragedia che pone la vendetta nel segno di Apollo. 460 Il Pedagogo si presenta come messaggero da parte di Fanoteo, mentre Oreste finge di giungere da parte di un altro mittente, Strofio (il cui significato è legato alla radice del verbo στροφέω = volgere), rivale e nipote del focese. Di fatto Oreste volge la situazione all'azione, con l’aiuto di Pilade, personaggio che, sebbene muto, risulta una figura di pura azione (Segal 1981, p. 285). La provenienza delle notizie da due fonti indipendenti contribuisce a rendere la scena più credibile: March 2001, p. 206. 461 LSJ, s.v. φήμη: utterance prompted by the gods. Rumor. 462 LSJ, s.v. κληδών.

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