Medicina di genere ed eventi avversi ai farmac
4.1 SEGNALAZIONE EVENTI AVVERS
La letteratura riporta che la frequenza di eventi avversi (EA) è maggiore nelle donne rispetto agli uomini (Franconi & al. 2013).
Le differenze di genere giocano un ruolo importante nella farmacovigilanza e numerosi lavori scientifici sostengono che le maggiori segnalazioni di reazioni avverse da farmaci (ADR) riguardano le donne, tuttavia gli studi di “farmacovigilanza di genere” pubblicati sono piuttosto esigui. Per questo motivo abbiamo deciso di verificare, utilizzando come strumento la Rete nazionale di Farmacovigilanza, se le ADR riguardano in misura maggiore i soggetti femminili o quelli maschili.
Sono state prese in esame, prima le segnalazioni di reazioni avverse avvenute nei maschi e nelle femmine in Italia negli anni 2012, 2013, 2014, 2015 e 2016; poi si sono estratti gli stessi dati riferiti però alla Regione Toscana.
In tutti i casi si è evidenziata una frequenza maggiore di reazioni avverse nelle femmine rispetto ai maschi, in media circa il 26,54% in Italia e il 33,05% in Toscana. In particolare, in Italia le segnalazioni riguardanti le femmine rispetto a quelle riportate dai maschi sono state il 33,45% in più nel 2012, il 26,53% in più nel 2013, il 23,91% in più 2014, il 23,95% in più nel 2015 e il 24,86% in più nel 2016.
La situazione nella Regione Toscana ha rispecchiato i dati ottenuti in riferimento all'Italia, in particolare, le segnalazioni riguardanti le femmine sono state rispetto a quelle riportate dai maschi il 43,67% in più nel 2012, il 43,34% in più nel 2013, il 31,37% in più nel 2014, il 22,1% in più nel 2015, e il 24,77% in più nel 2016.
Figura 3: Segnalazioni delle reazioni avverse in Toscana nel quinquennio 2012-2016
Il fatto che le donne siano più soggette a eventi avversi potrebbe dipendere da una serie di fattori:
• Politerapia: è più frequente nelle donne. Infatti, le donne assumono più farmaci, integratori alimentari e rimedi botanici rispetto agli uomini. Le motivazioni che portano le donne ad assumere più farmaci sono molteplici: come abbiamo già visto, si ammalano di più nonostante la loro aspettativa di vita più lunga; sono più numerose nella popolazione anziana; hanno una maggiore attitudine a prestare maggiore attenzione al proprio stato di salute; tendono ad essere medicalizzate nei vari momenti fisiologici della loro vita (mestruazione, gravidanza, menopausa);
• Possibilità di sovra-dosaggio: il dosaggio da assumere viene individuato considerando un soggetto di sesso maschile di 70 kg, questa porta inevitabilmente a possibilità di sovra-dosaggio nel sesso femminile specialmente per le donne dalla corporatura esile;
• Depressione: questa patologia è associata a un maggior rischio di eventi avversi (Onder & al. 2007) e la depressione è più frequente nelle donne che negli uomini;
• Una particolare suscettibilità femminile: (vedi sindrome del QT lungo iatrogena, fratture da tiazolidindioni, lupus erythematosus da procainamide, da idralazina, sanguinamento da trombolitici, ecc.) (Franconi & al. 2007).
È importante ricordare che gli EA non sono solo più frequenti nelle donne, ma sono anche più gravi.
Una particolare menzione merita la sindrome del QT lungo iatrogena, già precedentemente citata: le donne fertili hanno il tratto QT più lungo rispetto agli uomini e, considerando che vi sono molti farmaci (circa 100) che possono prolungare il tratto QT e molti di questi (antiaritmici, antinfettivi, antipsicotici, antistaminici, oppioidi ecc) trovano un ampio utilizzo, diventa importante porre particolare attenzione all’uso di questi nelle donne, anche perché essi possono generare aritmie ventricolari fatali.
Inoltre, l’ipokalemia e l’iposodiemia da antipertensivi, la nausea ed il vomito, la tossicità ematologica da antiblastici e la sindrome metabolica da antipsicotici sono più frequenti nella donna (Franconi & al. 2013).
Il maggior consumo dei farmaci aumenta il rischio di interazioni nella donna. Molte donne, come già descritto, durante l’arco della loro vita, sono trattate con associazioni estro-progestiniche, per cui diventa indispensabile conoscere le possibili interazioni fra gli ormoni e le altre terapie.
Abbiamo anche valutato, sempre in relazione al quinquennio 2012-2016, le segnalazioni di ADR stratificate per fasce d’età in Italia.
I risultati estratti dalla Rete Nazionale di Farmacovigilanza sono riportati nella tabella sottostante:
Tabella 1
Fascia d’età Popolazione* N. di segnalazioni di ADR % di EA
0-2 anni @1,4 milioni 20.001 10,04% 3-11 anni @4,8 milioni 8.621 4,33% 12-17 anni @3 milioni 4.192 2,11% 18-64 anni @39 milioni 86.371 43,38% > 65 anni @13 milioni 79.933 40,14% TOTALE @61,2 milioni 199.118 100% *dati Istat 2012-2016
Per la fascia d’età compresa fra i 18 e i 64 anni sarebbe stato utile ottenere dei dati riferiti a range di età più ristretti, tuttavia la Rete Nazionale di Farmacovigilanza non prevede la possibilità di produrre dati di sintesi con criteri diversi da quelli disponibili. E’ interessante notare come ci sia una maggiore frequenza di segnalazioni di eventi avversi nei bambini nella fascia d’età compresa fra 0 e 2 anni e negli anziani, ovvero nella fascia d’età superiore a 65 anni.
Da una prima analisi potrebbe sembrare che l’incidenza di reazioni avverse nei giovani-adulti e negli anziani sia molto simile, tuttavia bisogna considerare che la popolazione con età compresa fra i 18 e i 64 anni è di circa il triplo della popolazione con età superiore a 65 anni. Dunque, rapportando il numero di segnalazioni di reazioni avverse con la popolazione totale per ciascuna fascia d’età, si osserva che tra i giovani- adulti le segnalazioni di ADR sono state lo 0.22% (cioè 1 giovane-adulto su 455 è andato incontro a una reazione avversa), mentre tra gli anziani sono state lo 0.61% (1 anziano su 164 è andato incontro a una reazione avversa).
di età compresa tra 0 e 2 anni. Anche in questo caso, bisogna far riferimento al rapporto fra il numero di segnalazioni e la popolazione. Si osserva, infatti, che tra i bambini fino a 2 anni le segnalazioni di reazioni avverse sono state l’1.42% (cioè 1 bambino ogni 70 è andato incontro a una reazione avversa). Questo risultato così poco confortante è sicuramente la conseguenza, come discusso nel capitolo precedente, del fatto che i bambini ricevono farmaci studiati per gli adulti e insufficientemente testati nella popolazione pediatrica.
Figura 4: Stratificazione per fasce d’età delle reazioni avverse in Italia nel quinquennio 2012-2016
A fronte di questi risultati sarebbe utile e prioritario indagare maggiormente sulle diversità di genere e valutare la possibilità di indirizzarsi verso una “individualizzazione” della terapia in maniera tale da assicurare oltre che una buona efficacia anche una maggior sicurezza dei farmaci.
Solo procedendo in questa direzione sarà possibile garantire a ogni individuo, maschio o femmina, l’appropriatezza terapeutica, rafforzando ulteriormente il concetto di “centralità del paziente” e di “personalizzazione delle terapie”.