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Segue: le cause di recesso inderogabile prodotte dall’autonomia statutaria.

LE CAUSE DI EXIT NELLA SOCIETA’ PER AZION

4. Segue: le cause di recesso inderogabile prodotte dall’autonomia statutaria.

L’ultima terzina prevista dall’art. 2437, comma 1, c.c. introduce nuovi casi di recesso, resisi necessari a seguito della maggiore diffusione dell’istituto. Essi sono: e) l’eliminazione delle cause di recesso previste dal secondo comma o dallo statuto; f) la modifica dei criteri di determinazione dell’azione in caso di recesso; g) le modificazioni dello statuto concernenti diritti di voto o di partecipazione.

I tre casi sembrano essere accomunati da uno stesso filo conduttore: le modifiche in questione evocano il passaggio da una clausola di s.p.a., predefinita dal legislatore ed inerente a particolari diritti di voice e di exit del socio, ad una nuova o viceversa. Si tratterebbe dunque di cause scaturenti dalla deroga alla disciplina applicabile di default. A ben guardare, quanto

138 BELLEZZA, La nuova disciplina del recesso, cit., 262; BUTTURINI, Le fattispecie legali di recesso

introdotte dalla riforma delle società di capitali, cit., 363; PACIELLO, sub art. 2437 c.c., cit., 1112, che proprio in questo senso reputa contraddittorio permettere il recesso parziale.

139 In passato NICCOLINI, Scioglimento, liquidazione ed estinzione della società per azioni, cit., 674. Questa posizione sarebbe seguita ancora oggi da FRIGENI, Partecipazione in società di capitali, cit., 160, nt.

155; ID., Le fattispecie legali di recesso, in S.r.l. Commentario dedicato a G. B. Portale, cit., 459.

140 CAGNASSO, Il recesso, cit., 960.

141 DACCÒ, Il recesso nelle s.p.a., in Le nuove s.p.a., cit., 1411, nt. 49; BUTTURINI, Le fattispecie legali

di recesso introdotte dalla riforma delle società di capitali, cit., 363; CAVALAGLIO, sub art. 2437 c.c., cit., 1182. In riferimento alla s.r.l., TANZI, op. cit., 1534, nt. 29; FRIGENI, Le fattispecie legali di recesso, in S.r.l. Commentario dedicato a G. B. Portale, cit., 460.

142 Sempre in riferimento alla s.r.l., FRIGENI, Le fattispecie legali di recesso, in S.r.l. Commentario

appena affermato vale indubbiamente per le cause sub lett. e) ed f), in cui il recesso è generato dall’eliminazione di una clausola di exit introdotta dagli stessi soci ovvero dalla modifica dei criteri di determinazione dell’azione in caso di recesso. La stessa interpretazione dovrebbe trovare spazio anche nell’ipotesi sub lett. g), tenuto conto del dato testuale nonché della posizione occupata dalla causa di exit all’interno dell’art. 2437, comma 1, c.c.

Dunque, quanto le parti si limitano a riprodurre pedissequamente il modello codicistico, il diritto di recesso non verrebbe ad esistenza143. Questa tecnica normativa si fonda sul rilievo attribuito all’autonomia privata: i soci hanno investito nella società in ragione di determinate condizioni ritenute fondamentali, il cui venir meno può determinare la perdita dell’interesse partecipativo che giustificherebbe l’uscita del socio dalla società.

Salve specifiche eccezioni, queste tre cause permettono di disinvestire in determinate ipotesi che presuppongono: il passaggio o da una clausola applicabile di default a un’altra convenzionalmente pattuita dalle parti, o da una clausola convenzionale a quella originariamente prevista dal codice civile; oppure ancora la mera modifica di una clausola convenzionale, differente da quella prevista dal legislatore.

Nello specifico, l’ipotesi stabilita dalla lett. e) riguarda l’eliminazione di una causa di recesso derogabile, quindi prevista dal secondo comma dell’art. 2437 c.c. o dallo statuto. Invero, la riduzione dei casi di exit limita il potere di disinvestimento del singolo socio, che potrà abbandonare la società solo al ricorrere della fattispecie evocata144.

Al contrario, il disinvestimento non è concesso quando siano introdotte nuove cause di recesso. In una prospettiva puramente economica, si dovrebbe ritenere che anche l’incremento delle ipotesi di exit, determinando un’alterazione del rischio legato all’aumento delle probabilità di depauperamento della società, possa dar luogo al disinvestimento.

La mancata previsione di tale possibilità sembra invece confermare la ricostruzione del recesso quale strumento di tutela della minoranza dalle modifiche del contratto sociale volute dal gruppo di comando. Senza contare che ammettere il recesso nei casi di introduzione di clausole favorevoli ai soci, significherebbe ampliare le ipotesi di exit opportunistici e a fini meramente speculativi che potrebbero solo danneggiare la stabilità e l’efficienza delle società operanti sul mercato.

Il socio intanto gode del diritto di recesso in quanto la sua posizione risulta compromessa dalla riduzione della tutela precedentemente garantita da un’apposita clausola. Ecco spiegato il motivo per cui l’art. 2437, comma 1, lett. e) c.c. non può agire sulle cause di exit inderogabili ma solo su quelle convenzionali (apponibili solo nella s.p.a. non quotata) e quelle derogabili di default, stabilite nel comma seconda del medesimo articolo, applicabili sia alle s.p.a. quotate che non quotate. In quest’ultimo caso, il recesso può essere esercitato solo all’esito della modifica dello statuto, poiché il disinvestimento non è consentito qualora l’evento legittimante sia stato escluso ab origine.

Dubbi sono stati sollevati in merito alla modifica, senza soppressione, della clausola di recesso convenzionale. L’orientamento maggioritario in dottrina ritiene che il disinvestimento sia legittimo solo nel caso di una modifica rilevante della clausola che la renda sostanzialmente differente da quella precedente145. Di conseguenza, il recesso non

143 In riferimento alle sole lett. e) e f), M. CALLEGARI, sub art. 2437 c.c., in Il nuovo diritto societario, cit., 1398.

144 GALLETTI, sub art. 2437 c.c., in Il nuovo diritto delle società, cit., 1506; CAVALAGLIO, sub art. 2437

c.c., cit., 1183; BUTTURINI, Le fattispecie legali di recesso introdotte dalla riforma delle società di capitali, cit., 363.

145 DI CATALDO, Il recesso del socio di società per azioni, cit., 228; PISCITELLO, sub art. 2437 c.c., cit., 2501; BUTTURINI, Le fattispecie legali di recesso introdotte dalla riforma delle società di capitali, cit., 363; CIRCOLARE ASSONIME, op. cit., 1397; DEMURO, Il recesso, La nuova s.r.l., prime letture e proposte

interpretative, a cura di Farina – Ibba – Racugno – Serra, Milano, 2004, 172, nt. 25. Di contrario avviso,

GALLETTI, sub art. 2437 c.c., in Il nuovo diritto delle società, cit., 1507; M. CALLEGARI, sub art. 2437 c.c., in

sarebbe possibile se il cambiamento fosse de minimis, senza cioè che ne vengano intaccate matrice e funzionalità. Una simile soluzione consentirebbe di trovare un compromesso tra l’esigenza di limitare i casi di recesso e la necessità di evitare elusioni connesse a modifiche che hanno un effetto ben diverso dall’eliminazione di una causa convenzionale. Oseremmo dire che una modifica rilevante della clausola finirebbe per rappresentare, seppur indirettamente, la sua eliminazione con l’introduzione di una nuova.

Diversamente, la trasformazione della clausola convenzionale potrebbe essere messa in relazione al suo oggetto. Se la modifica fosse estensiva, ossia aumentasse le possibilità di recedere, allora l’exit sarebbe escluso. Viceversa, una modifica restrittiva (di qualunque entità) che riducesse il campo di applicazione del recesso, sopprimendo una possibilità di exit precedentemente ammessa146, senza magari compromettere le cause rimanenti stabilite nella

medesima disposizione, legittimerebbe il suo esercizio.

Si potrebbe, inoltre, ipotizzare un diritto al disinvestimento quando, nelle fattispecie convenzionali o in quelle derogabili, che non sono protette dall’ultimo comma dell’art. 2437 c.c., l’esercizio del recesso diventasse eccessivamente oneroso. Se le modalità e i termini di esercizio di queste due categorie di recesso subissero modifiche tali da renderne di fatto impossibile l’attivazione, si verificherebbe, in concreto, una vera e propria soppressione della stessa clausola di exit. Al medesimo risultato si perverrebbe anche se la nuova modalità fosse particolarmente onerosa ma pur sempre possibile, poiché il diritto di recesso risulterebbe comunque limitato147. Lo stesso diritto sussisterebbe qualora fosse introdotta una clausola che sottoponesse il recesso convenzionale o derogabile a una condizione arbitraria, come l’obbligo di ottenere il placet da parte di un organo societario148. Infatti, da una parte, se il

disinvestimento fosse subordinato al mero gradimento dell’organo preposto, il socio non saprebbe mai se può uscire o meno; dall’altra, se le condizioni fossero ben specificate, il loro mancato soddisfacimento potrebbe indurre ad escludere il recesso, con conseguente soppressione del diritto in specifici casi.

Diversamente, l’ipotesi sub f) riguarda la modifica dei criteri di liquidazione delle azioni in caso di recesso, che si applica sia alle società quotate che non. Rinviando ad un momento successivo la trattazione delle problematiche inerenti alla liquidazione delle azioni all’art. 2437 ter c.c., è in questa sede opportuno precisare che il diritto di exit deve essere consentito per qualunque tipo di modifica149, sia positiva che negativa, relativa a qualunque

tipo di recesso (inderogabile, derogabile o convenzionale)150. Inoltre, in caso di liquidazione, i criteri da applicarsi non possono essere quelli oggetto di delibera ma, al fine di garantire il socio da qualsiasi pregiudizio, solo quelli antecedenti alla modifica151.

del socio di S.p.a., cit., 293, i quali sostengono che il recesso può essere concesso solo se la clausola è

integralmente soppressa.

146 In questi termini, in riferimento al caso analogo previsto dall’art. 2473 c.c., DEMURO, Il recesso, cit. 172, nt. 25.

147 DI CATALDO, Il recesso del socio di società per azioni, cit., 228; CHIAPPETTA, op. cit., 494 s. 148 BUTTURINI, Le fattispecie legali di recesso introdotte dalla riforma delle società di capitali, cit., 364 s.; VENTORUZZO, I criteri di valutazione delle azioni, cit., 322; M. CALLEGARI, sub art. 2437 c.c., in Il nuovo

diritto societario, cit., 1398.

149 PISCITELLO, sub art. 2437 c.c., cit., 2501; ID., sub art. 2437 ter c.c., cit., 2537; DI CATALDO, Il recesso

del socio di società per azioni, cit., 238; CARMIGNANI, sub art. 2437 c.c., cit., 881; CAVALAGLIO, sub art. 2437

c.c., cit., 1183; contra DACCÒ, Il recesso nelle s.p.a., in Le nuove s.p.a., cit., 1412; CIRCOLARE ASSONIME, op.

cit., 1397; BUTTURINI, Le fattispecie legali di recesso introdotte dalla riforma delle società di capitali, cit., 373; DE NOVA, op. cit., 332, che lo ritengono ammissibile solo per le modifiche peggiorative.

150 GALLETTI, sub art. 2437 c.c., in Il nuovo diritto delle società, cit., 1507; PACIELLO, sub art. 2437 c.c., cit., 1113.

151 M. CALLEGARI, sub art. 2437 c.c., in Il nuovo diritto societario, cit., 1398; PISCITELLO, sub art. 2437

c.c., cit., 2501; DACCÒ, Il recesso nelle s.p.a., in Le nuove s.p.a., cit., 1412 e 1445; VENTORUZZO, I criteri di

valutazione delle azioni, cit., 323 e 411;CIRCOLARE ASSONIME, op. cit., 1397; PACIELLO, sub art. 2437 c.c., cit., 1113; BUTTURINI, Le fattispecie legali di recesso introdotte dalla riforma delle società di capitali, cit., 372; PETRAZZINI – M. CALLEGARI – CERRATO – CAVANNA, Il diritto di recesso del socio di S.p.a., cit., 294;

Data l’inviolabilità del principio e l’imperatività della norma, si può asserire che il diritto spetti anche per le modifiche indirette ai suddetti criteri, come quelle non deliberate dall’assemblea ma occasionate dalla necessità di adeguare lo statuto a disposizioni normative ai sensi dell’art. 2365, comma 2, c.c. Anche in questo caso si dovrebbe ritenere che la modifica introdotta incida sulla tutela del socio che non potrebbe subire, senza avervi consentito, gli effetti delle nuove disposizioni, destinate ad alterare la rimuneratività del proprio investimento152.

L’ultimo caso sub lett. g), è quello più complesso, non a caso definito da alcuni autori “ambiguo”153 o “oscuro”154. La norma autorizza il recesso in caso di modifica dei diritti di

voto o di partecipazione, senza tuttavia specificare quali diritti rientrino in quest’ultima categoria. Questa estrema genericità ha suscitato critiche fin dal principio per il rischio, insito in siffatta disposizione, di dare luogo a differenti e divergenti interpretazioni155.

La prima delle due fattispecie contemplate, relativa ai diritti di voto, non ha sollevato particolari dubbi. In questo caso, infatti, la modifica riguarda i poteri di voto che lo statuto conferisce o limita in relazione ad ogni singola azione156.

Sarebbero, quindi, cause di recesso la riduzione del potere di voto, come la trasformazione del voto pieno in limitato o scaglionato (art. 2351, comma 3, c.c.)157 ma anche la modifica delle modalità di esercizio del voto, come ad esempio la previsione del voto per corrispondenza158. Il recesso spetterebbe in ogni caso sia quando l’intervento riformatore introduce la limitazione sia quando la rimuove.

La deliberazione può avere ad oggetto la totalità delle azioni o anche una sola categoria, poiché consiste in una limitazione anche la decisione approvata a maggioranza che preclude il diritto di voto in determinate materie ad una categoria di azioni. In questo senso la condicio sine qua non per disinvestire dovrebbe essere un pregiudizio concreto subito dal socio. I soci

MAUGERI - FLEISCHER, op. cit., 105. Contra MORANO, Analisi delle clausole statutarie in tema di recesso, cit., 306, nt. 17, che suggerisce l’applicazione dei nuovi criteri.

152 Trib. Cagliari, 29 settembre 2014, in www.ilcaso.it. Cfr. anche Cass. civ. 22 maggio 2019, n. 13845, cit., in cui è stato affermato che «dinanzi a una causa legale e inderogabile di recesso, tale definibile in base alla conformazione legislativa, è assolutamente irrilevante che la modificazione statutaria sia o meno coerente con le regole di gestione bancaria. Quel che unicamente rileva ai fini dell'exit è la prospettiva del socio, e non può affermarsi che la deliberazione concretamente incidente sul diritto di partecipazione - nel senso qui accertato in fatto dal giudice del merito - cessi di esser tale perché in qualche misura imposta dalle regole patrimoniali il cui rispetto si richiede alle banche».

153 VENTORUZZO, Recesso e valore, cit., 19.

154 GALLETTI, sub art. 2437 c.c., in Il nuovo diritto delle società, cit., 1509.

155 Cfr., ex multis, Osservazioni di Borsa Italiana s.p.a., in Riv. soc., 2002, 1579; ENRIQUES, Audizione

dinanzi alla Commissioni Giustizia e finanzia riunite in tema di Riforma del diritto societario, Camera dei

Deputati, 27 novembre 2002, in www.ssrn.com; VENTORUZZO, I criteri di valutazione delle azioni, cit., 324. 156 PACIELLO, sub art. 2437 c.c., cit., 1114; MORANO, Analisi delle clausole statutarie in tema di recesso, cit., 307; FORNASARI, Recesso e «diritti di voto» delle azioni o degli azionisti?, in Giur. comm., 2017, 1, II, 161;

VENEGONI, Le modifiche statutarie meritevoli del diritto di recesso ai sensi della “Lettera G” dell’art.

2437,comma 1, c.c., in Soc., 2019, 1, 11 s. In giurisprudenza, Cass. civ., 1 giugno 2017, n. 13875, cit.; App.

Brescia, 2 luglio 2014, in Giur. comm., 2015, 5, II, 1053, con nota di Ventoruzzo; Trib. Roma, 30 aprile 2014, in Giur. comm., 2015, 4, II, 864, con nota di Fauceglia; Trib. Roma, 21 gennaio 2013, in Foro pad., 2013, II, 469.

157 CALANDRA BUONAURA, op. cit., 294 ss., spec. 296; CAGNASSO, Il recesso, cit., 961; PACIELLO, sub

art. 2437 c.c., cit., 1113; ABU AWWAD, I «diritti di voto e di partecipazione» fra recesso e assemblee speciali,

in Banca borsa, 2009, 3, I, 332 s.; GHIONNI CRIVELLI VISCONTI, Modifica statutaria dei quozienti assembleari

di s.p.a. ed insussistenza del recesso per mutamento dei diritti di voto o di partecipazione, in Banca borsa,

2018, 2, II, 152; D'ATTORRE, Il principio di eguaglianza tra soci nelle società per azioni, Milano, 2007, 242; MARASÀ, sub artt. 2437 e ss., cit., 784; DI CATALDO, Il recesso del socio di società per azioni, cit., 228; FORNASARI, op. cit., 163; VENEGONI, op. cit., 11 s. Contra VENTORUZZO, Modifiche di diritto, indirette e di

fatto nel diritto di voto e recesso nelle s.p.a., in Giur. comm., 2015, 5, II, 1060; BUSANI – CORSICO, Il “punto g)” del recesso (ovvero: quando c’è modifica dei “diritti di partecipazione” del socio di S.p.A.), in Soc., 2019,

8 – 9, 941.

non limitati, infatti, non sopporterebbero alcuno svantaggio perché, come sarà dimostrato in prosieguo, la mera modifica dei quorum deliberativi non permette il recesso.

Il diritto di exit dovrebbe essere legittimato anche in caso di estensione del numero dei voti esercitabili con ogni singola azione, permessa solo a seguito della riforma del 2014 che ha novellato l’art. 2351, comma 4 c.c.159 con l’introduzione delle azioni a voto maggiorato

(fino a due voti) o plurimo (fino a tre voti). La disposizione è derogabile dalle leggi speciali, con ciò volendo far riferimento soprattutto al Testo Unico Finanziario (c.d. TUF), e specificamente gli artt. 127 quinquies e 127 sexies.

Limitando l’osservazione alle società non quotate, si evidenzia come lo statuto possa prevedere azioni a voto maggiorato o plurimo anche in determinate ipotesi o condizioni. Ai sensi dell’art. 212 disp. att. c.c., queste possono essere create se l’assemblea straordinaria di una s.p.a. approva l’inserimento della clausola con un quorum deliberativo fissato ai due terzi anche in prima convocazione. La minoranza dissenziente avrebbe, pertanto, possibilità di uscire a seguito dell’approvazione (e della conseguente iscrizione) della delibera.

La modifica implica l’inserimento di nuove azioni di categoria aventi ex se un voto plurimo, ma è possibile che il maggior numero di voti sia concesso ad una o più categorie di azioni in determinate circostanze (non meramente potestative) e\o per materie circoscritte. Tipicamente questo potere è concesso in relazione alla continuità della partecipazione azionaria: il voto plurimo o maggiorato può cioè essere attribuito al socio che ha posseduto le azioni per un determinato periodo, come se fosse un “premio di fedeltà”. Questa opzione offre notevoli vantaggi sul piano economico grazie alla vendita delle singole partecipazioni: a seguito dell’aumento dei voti a loro disposizione, i soci di maggioranza possono alienare parte delle azioni in loro possesso senza perdere il controllo della società.

Sicché, se la società non è quotata, il diritto di recesso sarebbe attivabile in presenza di qualsiasi modifica dei voti attribuiti alle singole azioni160.

Nelle società quotate, invece, il diritto sarebbe escluso nei soli casi d’introduzione della clausola, così come statuito dall’art. 127 quinquies, comma 6, TUF che nega espressamente il recesso in caso di introduzione di azioni con voto maggiorato161.

Allo stesso modo, ai sensi dell’art. 127 sexies TUF l’emissione di azioni a voto plurimo è espressamente esclusa per le quotate, salvo che la società le abbia già emesse prima della quotazione. Sempre secondo il suddetto articolo, l’ente potrebbe emettere nuove azioni a voto plurimo, anche dopo la quotazione, al fine di mantenere inalterato il rapporto tra le varie categorie, pure in caso di aumento di capitale ex art. 2442 c.c. (senza esclusione o limitazione

159 Ai sensi dell’art. 20 del d.l. n. 91 del 24 aprile 2014, convertito in legge n. 116 dell’11 agosto 2014. Nello specifico, l’attuale articolo 2351, comma 4, c.c. stabilisce che «salvo quanto previsto dalle leggi speciali, lo statuto può prevedere la creazione di azioni con diritto di voto plurimo anche per particolari argomenti o subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative». Contrari al recesso per modifica dello statuto con cui si introduce il voto plurimo, ANGELICI – LIBERTINI, Un dialogo su voto plurimo e diritto

di recesso, in Riv. dir. comm., 2015, 1, 5 ss. e 26; PISCITELLO, sub art. 2437 c.c., cit., 2503.

160 FORNASARI, op. cit., 163. In riferimento della legittimazione del recesso in caso di introduzione di azioni a voto plurimo, LIBERTINI, Voto maggiorato, voto plurimo e modifiche dell’OPA, in Giur. comm., 2015, 1, I, 246; ID., Un dialogo su voto plurimo e diritto di recesso, cit., 1; SAGLIOCCA, Il definitivo tramonto del

principio “un’azione un voto”: tra azioni a voto multiplo e maggiorazione del voto, in Riv. not., 2014, 5, 921

ss.; ABBADESSA, Le azioni a voto plurimo: profili di disciplina, in Impresa e mercato. Studi dedicati a Mario

Libertini, a cura di Di Cataldo – Meli – Pennisi, vol. I, Milano, 2015, 8; GIAMPAOLINO, Azioni a voto maggiorato e a voto plurimo, in Giur. comm., 2015, 5, I, 804 ss. Contra, ANGELICI, Un dialogo su voto plurimo e diritto di

recesso, cit., 1; MONTALENTI, Voto maggiorato, voto plurimo e modifiche dell’OPA, in Giur. comm., 2015, 1, I, 221; ROSSO, Variazione dei quorum assembleari - variazione dei quorum e diritto di recesso: le prime “linee

guida” della suprema corte, in Giur. it., 2018, 3, 652 ss.

161 Ciò sembra provare che una simile modifica giustifichi il recesso nelle sole s.p.a. che non negoziano i propri titoli nei mercati regolamentati. In questo senso, CARIELLO, Azioni a voto potenziato, “voti plurimi

senza azioni” e tutela dei soci estranei al controllo, in Riv. soc., 2015, 1, 195; GUIZZI, La maggiorazione del

diritto di voto nelle società quotata: qualche riflessione sistemica, in Corr. giur., 2015, 2, 159; PISCITELLO, sub

del diritto di scelta) ovvero di fusione o scissione. Si potrebbe supporre che il recesso sia legittimato solo nel caso di introduzione di azioni a voto plurimo a seguito di una fusione, dato che solo in questo caso si verificherebbe la modifica statutaria.

Al di fuori di questa eccezione, il diritto di recesso dovrebbe sussistere nelle s.p.a. quotate ogni qual volta i diritti di voto siano modificati in peius, quindi nel caso in cui le azioni con voto privilegiato o maggiorato vengano soppresse.

Analogamente, con riferimento ad entrambi i modello di s.p.a. (quotata e non) il diritto recesso potrebbe spettare ai soci di categoria a seguito di una qualsiasi modifica delle materie su cui gli stessi possono votare. In questo caso, ai fini della delibera dell’assemblea straordinaria, sarebbe sempre necessario il previo consenso dell’assemblea speciale ex art. 2376 c.c.162.

Come detto in precedenza, più problematica appare la modifica dei diritti di partecipazione. Attenendoci all’orientamento prevalente, i diritti di partecipazione sono esclusivamente quelli patrimoniali163. La ratio di tale interpretazione deriva dall’asserita

necessità di limitare le ipotesi di recesso164, sempre a tutela dei terzi e dell’integrità del capitale. Questa soluzione trova sostegno anche nel dato testuale della norma: i diritti di voto