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La disciplina della legge applicabile in materia di danno ambientale contenuta nell’art. 7 del regolamento appare perseguire anch’essa una finalità di carattere materiale, in quanto tende a realizzare un bilancia- mento tra la regola generale fatta propria dall’art. 4 del regolamento, che prevede l’applicazione della legge del luogo nel quale si è prodotto il danno, e l’applicazione, invece, della legge del luogo della condotta dannosa. Tale bilanciamento riflette la particolare rilevanza che in materia di danno ambientale riveste la componente conduct-regulating della disciplina della responsabilità extracontrattuale (116), connessa con l’esigenza di carattere materiale di assicurare un’adeguata prote- zione dell’ambiente e, in un’ottica internazionalprivatistica, di evitare che gli operatori economici che svolgono un’attività suscettibile per sua natura di causare danni transfrontalieri possano essere indotti ad eludere un’eventuale disciplina ambientale più restrittiva prevista dalla legge del paese nel quale operano, nell’aspettativa di poter andare soggetti all’applicazione di leggi di paesi confinanti ispirate a standards più tenui di protezione ambientale (117).

Come peraltro evidenziato anche dal preambolo del regolamento, la disciplina di conflitto da questo recata in materia di danno ambien- tale deve essere letta in relazione alla protezione che è garantita all’ambiente nell’ambito delle politiche materiali dell’Unione, con par- ticolare riferimento alla disciplina in materia di politica ambientale contenuta nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (118) e

Rome II Regulation, ivi, p. 337 ss., spec. p. 344 ss.; HONORATI C., Regolamento n.

864/2007, cit., p. 532 ss.

(116) Si rimanda in proposito alle considerazioni svolte supra, par. 5, in merito alla regola generale relativa all’individuazione della legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali contenuta nell’art. 4 del regolamento e, in particolare, all’analisi delle due componenti conduct-regulating e loss-distributing della disciplina della responsabi- lità extracontrattuale compiuta da SYMEONIDESS. C., Rome II and Tort Conflicts, cit., p. 189 ss.; si vedano anche, con specifico riferimento alla regola in esame, KADNER GRAZIANOTH., The Law Applicable to Cross-Border Damage to the Envirnoment, cit., p. 71 ss.; MUNARIF., SCHIANO DIPEPEL., Liability for Environmental Torts in Europe, cit., p. 173 ss.

(117) Si vedano in questo senso le osservazioni di HONORATIC., Regolamento n.

864/2007, cit., p. 543.

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nella direttiva n. 35/2004 (119), la quale, tuttavia, ha ad oggetto gli obblighi degli Stati membri in materia di prevenzione e riparazione dei danni ambientali e non già i profili di responsabilità civile ad essi inerenti, che la direttiva lascia alle legislazioni interne degli Stati membri senza proporsi di armonizzarle né di introdurre regole di conflitto in materia (120).

Peraltro, con riferimento alle questioni relative alla responsabilità civile degli Stati o dei relativi organi per danno ambientale, così come per le eventuali pretese che questi avanzino al fine di recuperare dagli operatori economici responsabili di un tale danno le spese sostenute per gli interventi compiuti al fine di ripararne le conseguenze, deve essere affrontato preliminarmente il problema dell’applicabilità del regolamento in esame. Questo, infatti, come si è in precedenza eviden- ziato, disciplina le obbligazioni extracontrattuali in materia civile e commerciale, quest’ultima nozione dovendo essere interpretata in ma- niera coerente a quanto avviene per il regolamento n. 44/2001, che relativamente alla stessa materia regola la competenza giurisdizionale e il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni (121). Come osservato, l’orientamento della giurisprudenza della Corte di giustizia interpreta- tiva di tale espressione si è andato consolidando nel senso che non rientra nella materia civile e commerciale ogni atto che sia stato posto in essere da uno Stato nell’esercizio dei suoi pubblici poteri — ciò che ora il regolamento in esame, del resto, espressamente precisa — e più precisamente ogni situazione nella quale lo Stato non agisca in posi- zione corrispondente a quella di un privato cittadino. Per citare, in particolare, un caso che presenta una stretta analogia con le azioni di regresso sopra evocate, la Corte di giustizia nella sentenza relativa al caso Rüffer (122) si era pronunciata relativamente ad un’azione con la quale le autorità olandesi che avevano provveduto alla rimozione di un relitto di una nave tedesca naufragata nelle vie navigabili interne dei

(119) Direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, in G.U.U.E., L 143 del 30 aprile 2004, p. 56 ss.

(120) Si vedano in tal senso l’art. 3, par. 3 e i considerando nn. 11-14 del pream- bolo della direttiva; in proposito, MUNARIF., SCHIANO DIPEPEL., op. cit., p. 188 ss.

(121) Si veda supra, par. 2, nota 21 e testo corrispondente.

(122) C. giust. CE, sent. 16 dicembre 1980, in causa 814/79, Stato olandese c.

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Paesi Bassi intendevano recuperare dall’armatore le spese sostenute per l’operazione. La Corte di giustizia aveva ritenuto che una simile azione non potesse rientrare nella nozione di ‘materia civile e commerciale’ in quanto nella specie le autorità olandesi avevano agito in base alle disposizioni di un’apposita convenzione internazionale conclusa tra gli Stati interessati e del diritto interno olandese, che conferivano alle autorità statali preposte all’attività in questione il carattere di pubblica autorità (123).

Venendo al merito della soluzione accolta nel regolamento al fine di perseguire l’accennato bilanciamento, l’art. 7 prevede quale regola generale l’applicabilità della lex loci damni alla stregua dell’art. 4, conferendo nondimeno al danneggiato la facoltà di optare per l’appli- cazione della legge del paese in cui si è verificata la condotta danno- sa (124). L’optio legis prevista dalla norma appare specificamente mirata a consentire al daneggiato di invocare l’applicazione di una disciplina maggiormente rigorosa della responsabilità vigente nel paese

(123) La giurisprudenza successiva della Corte di giustizia ha precisato che profilo decisivo al fine dello stabilire se la domanda verta o meno in materia civile e commerciale è il fatto che la pubblica autorità agisca o meno in posizione corrispon- dente a quella in cui nelle stesse circostanze si troverebbe ad agire un soggetto privato: si vedano in particolare C. giust. CE, sent. 21 aprile 1993, in causa C-172/91, Sonntag

c. Waidmann, cit. (ivi), in cui la Corte di giustizia ha ritenuto rientrare nell’ambito della

materia civile e commerciale un’azione risarcitoria intentata dai genitori di un alunno nei confronti di un insegnante di scuola pubblica in Germania che si era reso responsabile di omessa vigilanza degli allievi durante una gita scolastica in Italia, in quanto gli obblighi del cui mancato rispetto si trattava non differivano da quelli di cui sarebbe stato titolare un insegnante di scuola privata nelle medesime circostanze; C. giust. CE, sent. 14 novembre 2002, in causa C-271/00, Gemeente Steenbergen c. Baten, in Racc. giur. C. giust., 2002, p. I-10489 ss., in cui la Corte ha ritenuto rientrare nella nozione di materia civile e commerciale un’azione di regresso mediante la quale un’autorità comunale belga chiedeva la restituzione delle somme corrisposte a titolo di prestazioni di sicurezza sociale a un coniuge divorziato per essere questi venuto meno alle condizioni fissate per l’erogazione di tali prestazioni, in quanto l’azione in questio- ne era basata sulle ordinarie regole concernenti la ripetizione delle somme versate a titolo di obbligazioni alimentari tra soggetti privati. Si veda in proposito, con specifico riferimento alla materia in esame, KADNERGRAZIANOTH., op. cit., p. 82 ss.

(124) Da notare che la norma non precisa il momento nel quale l’optio legis debba essere effettuata. La relazione esplicativa della proposta della Commissione, doc. COM(2003) 427 def., cit., sub art. 7, p. 21, presupponendo, piuttosto discutibilmente, che essa debba essere compiuta in sede processuale, prevede che l’opzione possa essere esercitata nei limiti temporali che la legge processuale del foro prevede per la proposizione di nuove domande.

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dell’azione, in base alla quale possa più agevolmente essere affermata la responsabilità — in considerazione, ad esempio, dell’esistenza di un regime più rigoroso di responsabilità per attività pericolose (125) — ovvero possa essere riconosciuto un risarcimento più ampio. Come si è già osservato, l’optio legis che il regolamento accorda al danneggiato relativamente al danno ambientale appare riflettere anche la soluzione ubiquitaria accolta dalla Corte di giustizia relativamente all’identifica- zione del luogo di commissione del fatto illecito al fine dell’applicazio- ne del criterio speciale di competenza giurisdizionale di cui all’art. 5, n. 3 della Convenzione di Bruxelles del 1968 e poi del regolamento n. 44/2001, la quale è stata infatti concepita per la prima volta precisa- mente in relazione ad un caso di danno ambientale (126).