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Nel dibattito contemporaneo non credo venga sufficientemente riconosciuto quanto, il problema dell’emergenza, sia stato di fondamentale importante nella filosofia sistematica di Sellars. La sua concezione di emergenza però, non è né ereditata dall’emergentismo britannico, né risulta interamente con- sistente con esso. L’incontro con l’emergentismo è stato influenzato molto più probabilmente dal padre, Roy Wood Sellars, i cui contributi alla storia

57Per completezza espositiva riporto qui anche l’emergentismo strutturale, secondo il

quale sono le strutture stesse ad essere imprevedibili e in questa forma l’imprevedibilità di una proprietà non dipende dalla sua irriducibilità. [Ste99], p. 70.

Figure 1: Mappa concettuale delle diverse forme di emergentismo, [Ste99], p. 70.

dell’emergentismo non possono essere sottovalutati.59

Inoltre il concetto di emergenza viene caratterizzato da Sellars in un modo assolutamente originale e inserito in un quadro concettuale di un nuovo sis- tema filosofico;60 già nel 1948, nel suo importante saggio, Realism and the

New Way of Worlds, scrisse:

[L’]emergenza è una forma presa dalla risposta negativa alla domanda: ‘Potrebbe un mondo che include le menti essere descritto con gli stessi predicati prim- itivi (e leggi) di un universo senza menti?’.61

Sellars esprime chiaramente la sua propensione per una risposta negativa a questa domanda, più specificamente, abbiamo già visto nelle sez. 2, come le qualità sensoriali o sensazioni primarie costituiscano ciò che non può essere

59Sarebbe bello poter approfondire le origini del concetto emergentista di Sellars e i

collegamenti con la dottrina del padre ma questo non è rilevante per la presente tesi. Per un approfondimento rimando al libro di Gironi [Gir18].

60Per una esposizione più ampia su questi temi rimando al saggio di Carlo Gabbani,

vedi [Gab19].

descritto e spiegato con gli stessi predicati primitivi e leggi che sarebbero stati sufficienti per una spiegazione di un mondo senza menti.

Ancora nel 1970, discutendo l’opera del padre Philosophy of Physical Re- alism, Sellars osservava come, all’inizio di Analytical Approach to the Mind- Body Problem, Roy Wood Sellars avesse presentato il suo argomento per una soluzione emergente al problema mente-corpo, spiegando come, secondo il naturalismo evoluzionistico, certi sistemi fisici che hanno una determinata struttura, possiedono delle proprietà che non si trovano in altri sistemi meno complessi. Mentre questa caratterizzazione è sempre abbastanza in linea con le intuizioni principali degli emergentisti britannici, Sellars fa notare che es- iste un senso ancora più sottile in cui si può parlare di proprietà emergenti, quello esposto in Realism and the New Way of Worlds.62

Un altro testo fondamentale, per quanto riguarda la visione di Sellars dell’emergentismo è il suo articolo del 1956, pubblicato insieme a Paul E. Meehl, The Concept of Emergence.63 Molto legata alla sua interpretazione

dell’emergenza è anche la distinzione tra due diverse caratterizzazioni del termine ‘fisico’. Secondo la distinzione proposta, l’aggettivo ‘fisico’ può as- sumere due diversi significati o intensioni, ma anche due diverse estensioni: Fisico1: un evento o un’entità è fisica1, se appartiene alla rete dello

spazio-tempo.

Fisico2: un evento o un’entità è fisica2, se è definibile in termini di

primitivi teoretici adeguati a descrivere completamente gli stati di cose attuali anche se non necessariamente le potenzialità dell’universo prima

62[Sel48]. 63[MS56].

della manifestazione della vita.64

Sulla base di una tale distinzione, Sellars, potrebbe specificare che "una spiegazione emergentista delle sensazioni primarie nega che queste ultime siano fisiche2. Ma ciò non implica in nessun modo il negare che esse siano

fisiche1. Anzi questa spiegazione emergentista gli riconosce sicuramente uno

status di fisiche1."65

Sellars ha continuato a raffinare il suo concetto di emergenza pur mante- nendo fermo il punto cruciale dell’omogeneità ultima delle percezioni senso- riali, il caso emblematico del cubetto di ghiaccio rosa. Sarà proprio questa caratteristica che andrà a costituire ciò che non può essere spiegato nei ter- mini ultimi dell’immagine scientifica i quali risultano non-omogenei. Con- seguentemente, dato che alcune delle proprietà dell’immagine manifesta non possono essere ridotte a quelle di sistemi di particelle fisiche microscopiche, gli oggetti manifesti non potranno essere identici a sistemi fisici di ‘oggetti- particelle’. Ci ritroviamo quindi di fronte ad un limite essenziale della scienza, un limite che forse nessun progresso cumulativo riuscirà mai a rimuovere. Secondo Sellars, la scienza moderna non è in grado di spiegare oggetti della categoria fisico1, e cercare di descriverli nei termini dei loro primitivi fisici2,

ci conduce ad un comprensione sbagliata e incompleta di essi.

Dalle conclusioni di Sellars ci potrebbe quasi sembrare che ci sia una sorta di coerenza con le posizioni dell’emergentismo britannico: esistono infatti al- cune proprietà manifeste di sistemi complessi che non possono essere ridotte alle proprietà e relazioni dei costituenti del sistema stesso, e, conseguente-

64[MS56], p. 252. 65[MS56], p. 252.

mente, alcuni oggetti manifesti non possono essere identici a nessun sistema di oggetti scientifici ad essi correlati, lasciandoli così al di fuori della portata concettuale delle scienze naturali. Tuttavia questa non è ancora l’ultima parola di Sellars a rigurado. In Foundations for a Metaphysics of Pure Pro- cess, sembra respingere una qualsiasi spiegazione delle qualità sensoriali che “coinvolgono il concetto di proprietà «emergenti »in uno qualsiasi dei sensi che abusano di espressioni come: proprietà del tutto che non consistono di proprietà e relazioni tra le parti”.66 In questo senso, risulta essere la nostra

scienza in difetto e non la scienza in sé. Sellars continua a lavorare per cercare di elaborare una sorta di rifondazione della scienza, partendo proprio dalla concezione di Broad di absolut process.67 Non è possibile qui esaminare i vari

aspetti della contribuzione di Sellars sull’argomento, quello che risulta esser più rilevante è come si sposti da un ontologia delle sostanze ad un ontologia dei processi, cercando così di elaborare nuovi primitivi fisici per la nostra descrizione e spiegazione della realtà.

Prima di continuare con la prossima sezione credo si utile, in quanto a chiarezza espositiva, esplicitare il percorso concettuale che mi appresterò a percorrere. La panoramica sull’emergentismo ci ha dato un’idea più precisa di quali siano le origini del termine e le aree tematiche più rilevanti, in quanto segue non andremo a sviluppare le questioni metafisiche e ontologiche con- nesse alla manifestazione delle proprietà emergenti perché, pur rimanendo un interessante percorso per un possibile approfondimento, non è rilevante

66[Sel81], p. 70, §26. Traduzione mia.

67“Questi sono processi, l’occorrenza dei quali è, in primo luogo, espressi dalle sentenze

[...] che non hanno un soggetto logico o che usano dei fantocci.”[Sel81], p. 48, §50. Traduzione mia. Riprenderemo questo concetto verso la conclusione della tesi.

ai fini della presente argomentazione. Quello che ci interesserà di più sarà l’aspetto epistemico dell’emergentismo e quelle che potremmo definire le lim- itazioni intrinseche alle nostre capacità fisiche di calcolo; la capacità di pre- visione della scienza e quindi la sua portata epistemica ci porta quindi verso quella concezione di emergentismo che abbiamo definito debole. Svilupper- emo quindi solo successivamente, nella sez. 5.3, la questione dell’irriducibilità dei fenomeni emergenti, alla luce delle innovazioni che ci hanno permesso di arrivare alla teoria dei sistemi complessi. Solo a quel punto saremo nelle condizioni di poter fare delle considerazioni anche sul piano ontologico, per quanto riguarda il fondamento della scienza e ciò che vengono considerati i suoi componenti ultimi.

In quello che segue, la nostra attenzione sarà focalizzata sulla questione dell’emergentismo debole e del suo status nel quadro epistemologico moderno. Non affronteremo di conseguenza quegli aspetti del dibattito emergentista che riguardano le questioni biologiche della vita, né quelle di filosofia della mente sulla coscienza; per quanto rimangano possibili strade di indagine molto inter- essanti, ci porterebbero inevitabilmente su una strada lontana da quella che stiamo percorrendo. Inoltre, nella prossima sezione, verrà ripresa la storia del pensiero riduzionista che, fin dalla sua prima comparsa, ha guidato la scienza. Tuttavia si dovrà anche mettere a fuoco i due procedimenti metodologici, riduzionista ed emergentista, andando così ad evidenziare meglio i contrasti e i possibili punti di incontro. Ripercorrendo questo parallelo metodologico ci avvicineremo sempre di più alla modernità, e alle varie innovazioni in campo informatico, le quali hanno avuto un enorme impatto sulle varie teorie scien- tifiche.

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Il paradigma riduzionista

Tra i fondatori della cultura filosofica occidentale, a partire dai presocratici, si cercavano delle spiegazioni per i fenomeni naturali, tali che fossero richiesti pochi, se non un unico principio o sostanza. Quindi, almeno in occidente, possiamo dire che sono stati loro a ricercare un’unica origine capace di sp- iegare tutto, o quantomeno di unificare tutti i fenomeni in un unica grande cornice concettuale. Nel compiere questo sforzo, hanno inaugurato la prima visione riduzionistica del mondo che potrebbe anche essere interpretata come un tentativo di ricercare una qualche armonia nel mondo e consecutivamente una immagine unificante. Questa idea è stata sicuramente così egemone sul processo di sviluppo scientifico proprio per la sua innegabile utilità e fecon- dità. Il carattere riduzionista di ricerca di un principio primo, che ci dispieghi una teoria del tutto, ha enormemente influenzato i successivi sviluppi della scienza e della conoscenza umana ma, in particolare, è diventato una pietra angolare della fisica fino ai giorni nostri.

Un’altra idea fondamentale che ha guidato il pensiero scientifico è il ruolo fondamentale dei numeri, la loro essenziale rilevanza come principio ultimo, il quale è stato uno dei più influenti dai tempi antichi, si pensi alla scuola pitagorea, fino alle scuole medievali. Risulta evidente quindi come la ricerca per una spiegazione unica e armoniosa del mondo è sempre stata una delle motivazioni che ha stimolato il lavoro di scienziati e filosofi. Inoltre, questo spirito metafisico iniziale, si è gradualmente trasformato nella ricerca di or- dine ed eventualmente di una potenziale unità della natura che può essere vista come una delle risorse dell’approccio riduzionistico. Questo lavoro di

trasformazione, di cui possiamo citare Keplero come elemento di rottura, ha preparato il terreno per la formalizzazione di Galileo, Newton che, hanno portato poi all’avvento del neopositivismo, con il circolo di Vienna, in cui si va cerca di rimuovere praticamente ogni elemento metafisico e si cercava di concentrarsi su una vera e propria visione materialistico-riduzionistica della scienza.

Almeno fino al ventesimo secolo, la meccanica classica, come formulata inizialmente da Newton e poi successivamente sviluppata da Laplace è stata vista come il fondamento per le scienze: ci si aspettava che tutte le osser- vazioni empiriche venissero prima o poi ridotte a leggi meccaniche. Anche se ciò non è mai successo, praticamente tutte le altre discipline hanno adottato una sorta di visione meccanicista del mondo; non solo, l’influenza di questo paradigma è stata così grande da fare diventare equivalenti espressioni come pensiero newtoniano e pensiero scientifico. Una delle ragioni di questa in- fluenza pervasiva è che il paradigma riduzionista è convincente per la sua semplicità, coerenza e apparente completezza; senza considerare come sia in largo accordo con le intuizioni del senso comune.

La logica che ha guidato la scienza newtoniana è stata basata sul princi- pio, che risale a Cartesio, di analisi o riduzionismo: per comprendere qual- siasi fenomeno complesso, bisogna dividerlo in tante parti, ovvero ridurlo ai suoi componenti individuali, e se essi sono sempre complessi, bisogna portare l’analisi ancora un passo avanti e guardare a sua volta ai componenti. Appli- cando questo processo più volte, si arriverebbe inevitabilmente a delle par- ticelle elementari, che possono essere viste come i costituenti della materia stessa. Almeno apparentemente, diverse sostanze, sistemi o fenomeni, sono

considerati come riarrangiamenti delle stesse equivalenti particelle elemen- tari, il cui movimento è governato da leggi deterministiche di causa-effetto. Ciò implica che se si potesse conoscere la posizione e velocità di ogni singola particella, si potrebbe idealmente predire la futura evoluzione del sistema con totale sicurezza e accuratezza. Portata al limite, la scienza newtoni- ana dovrebbe condurci ad una rappresentazione oggettiva del mondo, che ci permetterebbe di essere in grado di prevedere tutti i fenomeni possibili.

Già a partire dal diciassettesimo secolo, il programma riduzionista ha avuto un successo sorprendente nel provvedere a trovare una spiegazione per il comportamento del mondo naturale. Possiamo descrivere l’approccio riduzionista alla comprensione dei fenomeni naturali come sostanzialmente un procedimento a tre passaggi:

- Analisi. Assumendo di dove spiegare un fenomeno di alto livello di complessità, bisogna separare le dinamiche nei suoi componenti, dei quali si andrà a studiare il singolo comportamento.

- Formulazione teorica. Guidati dagli studi empirici e dall’immaginazione, si sviluppa una formulazione teorica di come i componenti interagis- cono.

- Sintesi. Nel contesto di questa formulazione, si cerca di derivare il fenomeno di alta complessità.

Tuttavia, rimane ancora una domanda fondamentale: che cos’è una spie- gazione riduzionista e come si distingue dalle altre spiegazioni non-riduzioniste? Gli emergentisi hanno sostenuto che i fenomeni emergenti non potessero es- sere spiegati in modo riduttivo sulla base delle condizioni basilari dalle quali

emergono certi fenomeni.68 Supponiamo, come esempio, che si possa predire

che una persona proverà dolore sulla base del fatto che certe terminazioni ner- vose D vengano attivate. Consideriamo ad esempio la seguente deduzione:

P1: Ogni volta che vengano stimolate le terminazioni D, si prova dolore.

P2: Le terminazioni D di Jones sono stimolate al tempo t.

C: Quindi, Jones prova dolore al tempo t.

Per quanto questa spiegazione potrebbe anche risultare perfettamente ac- cettabile del perché Jones prova dolore al tempo t, tutto questo ha la forma di un argomento nomologico-deduttivo. Inoltre, può anche servire come una inferenza predittiva del dolore di Jones al tempo t sulla base del suo stato neuronale al tempo t. Il punto è che nessuno accetterebbe mai di considerare questa spiegazione del comportamento di Jones in termini della sua neurofi- siologia, come riduzionista. Potremo chiamare queste previsioni induttive, allo stesso modo di Broad, in quanto, dalla conoscenza di correlazioni pas- sate tra l’attivazione delle terminazioni D e il dolore, e la conoscenza che le terminazioni D si attiveranno, se ne può concludere che si manifesterà anche il dolore. Il fattore fondamentale è che tali correlazioni vanno al di là della neurofisiologia, sono quelle che Broad chiamava le leggi trans-ordinali, quelle che connettono fenomeni di un certo livello, con altri di ordini adiacenti. Di contrasto, quello che gli emergentisti hanno cercato di negare è che fosse possibile una predizione induttiva teoretica del dolore; in altre parole, per predire l’occorrenza del dolore, dobbiamo fare riferimento alle manifestazioni di dolore già osservate.

Non è quindi certo una sorpresa, il fatto che gli emergentisti ritengano che si può induttivamente prevedere l’occorrenza di un fenomeno emergente, dato che la predizione induttiva fa uso di una conoscenza antecedente delle condizioni per le quali si manifesta il fenomeno emergente. Per una previsione genuina a livello teoretico dell’emergenza, la base di spiegazione è limitata alle informazioni del livello basilare, quello dal quale si considerano emergere i fenomeni. Tuttavia, è proprio questo ciò che gli emergentisti categoricamente rifiutano.69

Il problema in questo caso è che fare uso di leggi trans-ordinali implica che la proprietà da spiegare è già parte dell’ontologia della teoria, e che il concetto rappresentante quella proprietà è già parte del suo vocabolario. Queste riflessioni ci portano verso il seguente requisito per una spiegazione riduzionista:

(R) Le premesse esplicative di una spiegazione riduzionista di un fenomeno che coinvolge una determinata proprietà F (ad esempio una spiegazione del perché F è istanziata in una determinata occasione) non può riferirsi ad F .70

Questa idea di riduzionismo coinvolge almeno due aspetti che rimangono co- munemente intrecciati ma che in realtà rappresentano due livelli che dovreb- bero mantenersi distinti. Da una parte, per spiegare intuitivamente un fenomeno facciamo tipicamente riferimento ad altri fenomeni dello stesso livello. Questo è il modo in cui funziona la spiegazione causale del senso comune: il vetro si è rotto perché è stato colpito dal pallone, etc. Tuttavia,

69[Bro25], p. 61-69.

in una spiegazione che si voglia davvero definire come riduzionista, deve fare riferimento esclusivamente a risorse esplicative di un livello che sia sempre inferiore rispetto a quello del fenomeno che si vuole spiegare.

Se si accetta il requisito R, la spiegazione riduzionista ci pone di fronte un sfida difficile, nelle parole di Kim:

Come dovrebbe essere possibile fare questa scalata esplicativa da un livello ad un altro? Dato che la spiegazione è una deduzione, come è possibile fare delle traslazioni deduttive dal livello base, in cui troviamo le risorse esplicative, al livello più alto, dove si trova ciò che vorremmo spiegare?71

Dopo aver dato qualche nozione generale e introduttiva sul paradigma riduzionista, nella prossima sezione, andremo a ripercorrere la storia dello sviluppo scientifico che ci ha accompagnato fino ai giorni nostri, fino all’era dell’informazione. Questa sezione avrà una funzione di transizione all’interno dell’argomentazione complessiva della tesi, ma è di fondamentale importanza per preparare il lettore alla parte conclusiva in cui si tratterà dei sistemi com- plessi ed in particolare dei Cellular Automata come esempio cardine di tale scienza. Per fare questo, dobbiamo partire dalle fondamenta dell’informatica e ciò ci riporta al pensiero di vari autori i quali hanno permesso quella rivoluzione tecnologica che noi tutti stiamo ancora vivendo.

4.1

Un sogno infranto: Leibniz, Hilbert, Gödel

Dopo aver parlato di Sir Isaac Newton, non possiamo non nominare an- che il filosofo Gottfried Wilhelm von Leibniz, spesso conosciuto, al di fuori

71[Kim07], p. 107. Traduzione e corsivo miei. Per un approfondimento su queste

dell’ambito filosofico, per la controversia con il primo sull’invenzione del cal- colo integrale.

Quando Leibniz era un giovine di diciannove anni, scrisse un saggio chiamato De Arte Combinatoria72, nella quale aveva cercato di formulate

un’algebra universale, nella speranza che il pensiero umano sarebbe un giorno potuto essere ridotto a calcoli matematici con simboli e caratteri che rapp- resentavano i pensieri. Vale la pena riportare il paragrafo di Leibniz per intero:

Ritornando ora all’espressione dei pensieri tramite caratteri. Credo quindi che le controversie non saranno mai risolte, né dispute settoriali saranno silenziate, a meno che non rinunciamo a complicate catene di ragionamento in favore di semplici calcoli, e termini vaghi di significato incerto in favore di caratteri determinati. In altre parole, dovrebbe essere raggiunto il livello per cui ogni fallacia diventi nient’altro che un errore di calcolo, e ogni sofismo espresso in questa nuovo notazione diventi altro che un errore grammaticale o linguistico [...].

Una volta che questo sia stato raggiunto, quando una nasce una controversia, non ci sarebbe nessun bisogno di una disputa tra due filosofi più di quanto non ce ne sia bisogno per due ragionieri. Sarebbe sufficiente per loro prendere le penne sedersi ai loro abachi e dirsi l’un l’altro: "calcoliamo."73

Ci riferiremo a quello appena presentato come al sogno di Leibniz, il sogno di trovare un sistema logico che possa decidere di tutte le questioni su cui le persone potrebbero non essere d’accordo. Vedremo che raggiungere un tale obiettivo è logicamente impossibile, ma per confutare realmente il sogno leibniziano dobbiamo prima trovare un modo preciso per poterlo formulare. Questo è effettivamente accaduto con la rivoluzione matematica del ventes- imo secolo. Una precoce pietra miliare di questo percorso è sicuramente il libro pubblicato da Bertrand Russel e Alfred North Whitehead, Principia

72[LG78].

Mathematica74, in cui si proponeva un sistema formale che potesse rendere conto di tutta la matematica e, come vedremo, insieme alla nozione di sis- tema formale si andò definendo anche una nozione sempre più precisa di cosa si intendesse per dimostrazione matematica.

Purtroppo ben presto cominciarono a sorgere problemi per quanto riguar- dava i Principia e non solo, inoltre, nello stesso periodo, si è assistito ad una