• Non ci sono risultati.

Una domanda che risulta poi inevitabile a tutti coloro che si dilettano con le questioni fondamentali della nostra realtà, è se l’universo sia davvero una sorta di CA di grandezza sconfinata. Prima di porre una domanda di questo tipo però, dovremo anche assicurarci di formulare correttamente la domanda, in modo da indagare con criterio. Purtroppo non è sufficiente porre la do- manda nella sua forma più semplice e intuitiva, è necessario prima chiarire bene che cosa si sta andando a chiedere.

Che cosa intendiamo realmente chiedere? Oppure cosa speriamo di trovare? Si potrebbe pensare che, alla base di tutto, potendo indagare abbastanza in profondità su un ordine di grandezza della scala di Planck, si trovi un reticolo ordinato, popolato da strutture analoghe ai gliders del gioco della vita. O magari si potrebbe sperare di trovare una regola locale, che possa spiegare tutta la straordinaria complessità esibita in questo mondo. Ovviamente nes- suna di queste due ipotesi, come nessun’altra che condivida con esse lo stesso grado di ingenuità, può essere fisicamente difendibile, ma sono servite come punto di partenza su cui poter sviluppare nuove considerazioni. Vedremo ora un esperimento mentale particolarmente suggestivo che ci farà ulteriormente riflettere sulla nostra capacità di comprendere il mondo che ci circonda.

Consideriamo l’evoluzione dell’ECA, specificatamente della regola 110; un esempio di alcune generazioni dell’ECA 110, a partire da una configu- razione iniziale casuale, sono rappresentate nella fig. 16. Proviamo a dimen- ticarsi per un momento che la figura 16 consiste semplicemente degli schemi spazio-temporali derivati da una regola locale e deterministica, ed anche che

Figure 16: L’evoluzione dell’ECA, regola 110, a partire da condizioni iniziali random.[Ila01], p. 661.

il dominio di questi elementi non è nient’altro che un universo di ‘bits’. Sup- poniamo invece che ci venga detto che questa figura rappresenta in un qualche modo una fisica aliena, e che si possano avere innumerevoli esempi diversi dei comportamenti di questo universo alieno. Come si potrebbe procedere a rendere sensate queste dinamiche sconociute?154

Questo esperimento mentale risulta essere estremamente fecondo. Infatti, possiamo sicuramente notare come la figura 16 consista di certi ‘oggetti’, tipo particelle, distribuite su uno sfondo più o meno omogeneo. Ciò che risul- terebbe più semplice, e forse anche più naturale, è di iniziare a catalogare le varie ‘particelle’ e le loro varie ‘interazioni’. Si inzierebbe quindi a scri- vere metodicamente tutte le osservazioni del tipo: “ci sono N particelle di grandezza s che si muovono verso sinistra ad una velocità v”, oppure “quando

una particella pi del tipo P si scontra con una particella dello stesso tipo, la

risultante è un insieme di particelle {q1, ... , qn}”, e così via.

A seconda del numero di esempi di comportamento disponibili per l’analisi, e della nostra pazienza nel catalogarli, si potrebbe pensare di ottenere un quadro piuttosto completo del tipo di oggetti che esistono e delle dinamiche permesse in questo universo alieno. Nel migliore dei casi, quindi, avremo una lunga lista di particelle, probabilmente ancora incompleta, e delle loro interazioni. Quello che quasi sicuramente non avremo mai potuto supporre è che la fisica soggiacente al sistema consistesse di una singola, molto semplice, regola locale e deterministica, la quale agisce sulle vere particelle che non sono altro che una serie di siti prefissati in un reticolo che possono assumere valori di 0 e 1.

Adesso, inevitabilmente, sorge una domanda fondamentale: quanto dif- ferisce questo mondo alieno bi-dimensionale da quello in cui noi viviamo? Per quanto questo esperimento mentale sia a dir poco naive, ciò non implica che non sia sufficiente ad instillare in noi il germe del dubbio: che sotto alla superficie non esista qualcosa di molto più semplice che regola gli epifenomeni della fisica. Il fatto fondamentale è se, questo ‘qualcosa’ di semplice, debba nulla al formalismo di cui i CA sono l’emblema.

Questa linea di pensiero ci porta a questionare l’ontologia della fisica moderna, la quale attualmente pensa di poter ridurre tutti i fenomeni a par- ticelle fondamentali, governate da leggi universali. Risulta perciò naturale domandarsi se effettivamente fotoni, elettroni, e quark, siano davvero ele- mentari, oppure se in realtà siano composti a loro volta di elementi ancora più piccoli e basilari. Tuttavia, questa linea di ragionamento sembra es-

sere intrinsecamente difettosa: in effetti, essa si basa sulla presupposizione che la natura degli atomi sia spiegabile attraverso una continua suddivisione in oggetti sempre più piccoli ed elementari. Questa metodologia di analisi risulta essere ancora necessariamente sensata? Ci sono diversi casi, special- mente nel campo della fisica della materia condensata, i quali fanno pensare che non sempre sia così. Prendiamo, tra i vari esempi possibili, quello di un cristallo attraversato da un’onda sonora.155 Secondo la teoria quantis-

tica, queste onde si comportano come delle particelle, chiamate fononi, le quali sono un analogo dei fotoni. Ciò che però ci interessa in questa sede è che nessuno penserebbe mai di ottenere una comprensione più profonda del loro comportamento cercando di dividerli in particelle più basilari. Questo proprio per il fatto che i fononi, come onde sonore, non sono altro che il movimento collettivo degli atomi che formano il cristallo, e se cerchiamo di indagare più da vicino, non troveremo nessuna particella come componente di un fonone, ma troveremo soltanto gli atomi del cristallo.

Questo esempio ci suggerisce una linea di indagine differente: potreb- bero le varie particelle elementari essere manifestazioni emergenti di strut- ture o processi più basilari? Visti i successi riscontrati con studio delle teorie della complessità e la portata teorica dei CA, non possiamo lasciare la ques- tione irrisolta, per quanto sia ovviamente richiesta un’adeguata sistemazione. Cerchiamo quindi di capire quali le implicazioni ontologiche e metafisiche di questo nuova visione della fondazione delle scienze. In primo luogo, si deve considerare come nel momento in cui si riconosca che l’attuale base del riduzionismo scientifico è rappresentato da entità emergenti, tutte le critiche

che sono state finora portate avanti contro l’emergentismo, si ritorcerebbero contro al fisicalismo stesso, minandone così il suo fondamento ontologico.

A questo punto, in mancanza di quegli oggetti primari a cui è stato ri- mosso lo statuto di reale, cosa rimane alla scienza per ricostruire un’ontologia che rispecchi le due caratteristiche fondamentali di questo cambio di paradigma rappresentato dalla teoria della complessità e CA?156

Nella sezione conclusiva vedremo come, un concetto fondamentale che ha attraversato questa tesi, ovvero quello di processo, rientri in primo piano in questo tentativo di comprendere il reale.

7

Conclusione

Occorre valutare, alla fine di questo percorso, quanto il quadro presentato in questa tesi vada ad impattare sul dibattito tra riduzionismo ed emergentismo, e successivamente, come Sellars possa ancora aiutarci a trovare una possibile continuazione per questoa di indagine filosofica.

Alla luce dell’impatto che la corrente emergentista ha avuto nel tempo, insieme all’esplosione degli studi nel campo della complessità, possiamo con- cludere come la nozione di emergenza debole sia quella che ha avuto un ruolo centrale e come essa abbia influenzato la percezione dei nostri limiti conosci- tivi. Attraverso l’utilizzo, sia pratico che teorico, dei CA, abbiamo mostrato come essi rappresentino un’avanguardia di un nuovo paradigma della scienza. Questo percorso ci ha portato infine a rivedere il piano ontologico del vecchio

paradigma riduzionista, il quale si è sempre fondato sull’assunzione implicita che il mondo fosse composto da un insieme di oggetti, nel senso che queste cose sono dei particolari unici, ovvero, si manifestano precisamente in un luogo ad ogni momento in cui esistono. Conseguentemente, questi oggetti possono essere identificate nei termini della loro locazione spazio-temporale, e ciò risulta estremamente utile in quanto con un sistema cartesiano a quat- tro coordinate si aprono immediatamente le porte ad una rappresentazione matematica del mondo. Sul piano ontologico, ci sono sempre stati pochi dubbi sullo statuto di questi particolari concreti, i quali sono sempre unica- mente collocati all’interno dello spazio-tempo.

Nelle Carus Lectures157 Sellars, ormai alla fine della sua carriera, espone

quella che secondo lui era una soluzione al conflitto tra immagine scientifica e manifesta, la fondazione di un’ontologia dei processi puri. In queste ul- time pagine cercheremo di capire come una delle ultime intuizioni di questo autore possa suggerire una possibile strada di riconciliazione tra la visione riduzionista e quella emergentista del mondo.

Lo scopo dell’argomentazione sellarsiana è di rispondere alla domanda di quale sia la relazione metafisica che intercorre tra, lo stato percettivo di un soggetto conoscente, che consideriamo come impressione di colore, e l’insieme di quelle microparticelle fisiche, le quali pur non avendo colore vanno a costituire il soggetto stesso. Dopo aver rifiutato il dualismo di sostanza, l’epifenomenalismo, e il materialismo emergente come esplicativamente in- adeguati, Sellars propone di considerare entrambi questi stati-colore e par- ticelle fisiche come manifestazioni di un’ontologia soggiacente, composta da

processi assoluti.158 Rivediamo brevemente l’argomento di Sellars e come esso si relazioni alla discussione sull’emergenza dei processi presentata in questa tesi.

Iniziamo semplicemente constatando come il mondo sia composto da oggetti colorati, nel senso di sostanze costituenti della realtà. Notiamo subito però come i colori risultino soggettivi, al punto da privarci della possibilità di una comprensione adeguata.159 Occorre quindi effettuare un cambio di

concezione e vedere come il colore non sia tanto una sostanza, ma faccia pi- uttosto riferimento allo stato di un soggetto percettivo. Tutto ciò però si va a scontrare con l’immagine scientifica dell’uomo nel mondo, che come abbiamo già visto considera i soggetti come composti di atomi senza colore in uno spazio vuoto. Risulterà quindi inevitabile indagare la relazione ontologica di uno stato, ad una sostanza che si trovi in quel particolare stato, tale che la prima possa essere colorata e il secondo no. Alla luce del suo grain argument, vedi sez. 2.2, e del conseguente rifiuto per un materialismo riduttivo, Sellars propone quindi la sua ontologia dei processi puri.

Occorre tenere presente, al fine di valutare accuratamente la proposta di Sellars, come egli consideri i nomi delle distinte entità metafisiche, ad esempio sostanze e proprietà, come in realtà aventi funzione di sortali ad un meta- livello concettuale, rispettivamente termini singolari e predicati. Lo stesso ragionamento si applica mutatis mutandis ai processi puri:

Broad introduce il concetto di quelli che lui chiama ‘processi assoluti’ i quali possono essere anche chiamati eventi senza-soggetto (o senza-oggetto).

158Per un resoconto esaustivo dell’argomentazione sellarsiana sui processi puri vedi

[Lan19].

Questi sono quei processi , l’occorrenza dei quali è, in prima istanza, espresso dalla sentenze come ‘sta piovendo’, ‘sta tuonando’, ‘sta lampeggiando’, etc, i quali o non hanno un soggetto logico, oppure hanno soggetti logici manichino. In altre parole, le sentenze che rendono la loro espressione primaria non hanno la forma

S Vs, ovvero, Socrate corre

né possono essere trovate parafrasi che hanno soggetti logici genuini.160

Un processo assoluto è quindi la riflessione al livello-oggetto di un sortale ad un meta-livello concettuale il quale include nella sua portata quelle sentenze del livello-oggetto che o non hanno un soggetto, o ne hanno uno manichino. Frasi appunto come ‘sta piovendo’ oppure ‘la fotosintesi clorofilliana sta avve- nendo ovunque nel tuo giardino’ ne sono esempi paradigmatici. Conseguente- mente, usando un vocabolario sellarsiano, come un mondo che sia raffigurato (pictured) da una frase soggetto-predicato è immaginato come costituito di oggetti distinti, i quali stanno in relazione nomologica tra loro; allo stesso modo, un mondo che sia raffigurato da sentenze che non hanno soggetto logico, sarà a sua volta rappresentato come un mondo senza oggetti, costitu- ito soltanto dal dispiegarsi nel tempo dei processi puri.

Il problema con la proposta di Sellars, è che se tutto rimane speculativo, allora la mossa teorica di passare ad un’ontologia dei processi non avrebbe fatto altro che riportarci direttamente ad una forma epifenomenalista. Il vero guadagno di passare ad un’ontologia dei processi puri, almeno rimanendo il più fedeli possibile all’autore, scaturisce dalla capacità di questa nuova ontologia di concepire e spiegare sia il fisico che il sensoriale come costruzioni logiche di meri processi puri. Inoltre, questa spiegazione richiesta alla scienza, avrà il vantaggio di poter interpretare il processo in causa come composto

di un unico materiale ontologico, rendendo superfluo il dover rendere conto della differenza tra le sostanze e i loro rispettivi stati percettivi.

Il suggerimento sellarsiano di cercare un’unità ontologica soggiacente alla realtà proprio nei processi, rende sicuramente più sensata un’indagine sulle fondamenta della realtà guidata dai principi della teoria della complessità e dei CA. Riprendendo ad esempio il caso del fonone presentata nei paragrafi precedenti, si nota subito come ci sia un forte analogia con i processi che si cerca di descrivere con i CA. Quanto è differente il caso di un glider nel gioco della vita di Conway, rispetto alla manifestazione del fonone come particella emergente dal sistema cristallo e perturbazione sonora? Avrebbe senso andare ad indagare quali sono i costituenti fondamentali a cui ridurre un glider? Rivedere il dibattito emergentista alla luce di una possibile ontologia dei processi potrebbe guidare verso una risoluzione della tensione che si è creata tra il processo riduzionista della scienza, da un lato, e la concezione emergentista della realtà.

Un esempio recente di applicazione di questo tipo di approccio è sicura- mente rappresentato dal lavoro di Barwich Measuring the World: Olfaction as a Process Model of Perception161, in cui si prendono le distanze dal classico

modello percettivo stimolo risposta e si analizza la percezione come processo. In conclusione, la complessità, intesa come questa nuova frontiera della scienza, pone un sfida per le future ricerche, proiettandole in nuove aree teo- retiche e metodologiche, andando a ridefinire in qualche modo il significato della scienza e finendo con l’introduzione di una nuova concezione epistemo- logica della stessa prevedibilità.

References

[AS17] P. Amaral and W. Sellars. Wilfrid Sellars Notre Dame Lectures 1969-1986. Independently Published, 2017.

[Bar18] Ann-Sophie Barwich. Measuring the world: Olfaction as a process model of perception, 2018.

[Bed97] Mark A. Bedau. Weak emergence. Philosophical Perspectives, 31(s11):375–399, 1997.

[Ben88] C. H. Bennett. Logical depth and physical complexity. In R. Herken, editor, The universal Turing machine, a half century survey, pages 227–257. Oxford University Press, 1988.

[BH08] M. Bedau and P. Humphreys. Emergence: contemporary readings in philosophy and science. Bradford Books. MIT Press, 2008. [BP61] J.L. Borges and M. Pasi. Storia universale dell’infamia. Biblioteca

delle Silerchie. Il Saggiatore, 1961.

[BPT92] S. Buss, C. H. Papadimitriou, and N. J. Tsitsiklis. On the pre- dictability of coupled automata: An allegory about chaos. Complex Systems, 5:525–539, 1992.

[Bro25] C.D. Broad. The Mind and Its Place in Nature. International library of psychology, philosophy, and scientific method. K. Paul, Trench, Trubner & Company, Limited, 1925.

[BT88] J.D. Barrow and F.J. Tipler. The Anthropic Cosmological Princi- ple. ISSR library. Oxford University Press, 1988.

[Cam82] J. Campbell. Grammatical Man: Information, Entropy, Language, and Life. Pelican books. Simon and Schuster, 1982.

[Cha66] G.J. Chaitin. On the length of programs for computing finite bi- nary sequences. J. ACM, 13:547–569, 1966.

[Cha04] G.J. Chaitin. Algorithmic Information Theory. Cambridge Tracts in Theoretical Computer Science. Cambridge University Press, 2004.

[Cha06] David J. Chalmers. Strong and weak emergence. In P. Davies and P. Clayton, editors, The Re-Emergence of Emergence: The Emergentist Hypothesis From Science to Religion. Oxford Univer- sity Press, 2006.

[Cil02] Paul Cilliers. Why we cannot know complex things completely. Emergence, 4(1-2):77–84, 2002.

[Coo71] Stephen A. Cook. The complexity of theorem-proving procedures. In Proceedings of the Third Annual ACM Symposium on Theory of Computing, STOC ’71, pages 151–158, New York, NY, USA, 1971. ACM.

[Deu11] D. Deutsch. The Beginning of Infinity: Explanations that Trans- form The World. Penguin Books Limited, 2011.

[Gab19] Carlo Gabbani. Sellars and carnap on emergence. some preliminary remarks. In L. Bellotti, L. Gili, E. Moriconi, and G. Turbanti, edi- tors, Third Pisa Colloquium in Logic, Language and Epistemology. Essays in Honour of Mauro Mariani and Carlo Marletti, pages 153–166. ETS, 2019.

[Gar70] Martin Gardner. Mathematical games. Scientific American, 223(4):120–123, 1970.

[GBM62] K. Gödel, R.B. Braithwaite, and B. Mrltzer. Über Formal Un- entscheidbare Sätze Der Principia Mathematica und Verwandter Systeme I. On Formally Undecidable Propositions of Principia Mathematica and Related Systems. Translated by B. Meltzer ... With Introduction by R.B. Braithwaite. Edinburgh & London, 1962.

[Gir18] Fabio Gironi. Wilfrid sellars and roy wood sellars: Theoretical continuities and methodological divergences. In Luca Corti and Antonio Nunziante, editors, Sellars and the History of Modern Philosophy, pages 233–254. New York, USA: Routledge, 2018. [GJC79] M.R. Garey, D.S. Johnson, and Michael S. Mahoney Collection.

Computers and Intractability: A Guide to the Theory of NP- completeness. Mathematical Sciences Series. W. H. Freeman, 1979. [GL90] C G Langton. Computation at the edge of chaos. Physica D.,

42:12–37, 01 1990.

[Göd86] Kurt Gödel. Die vollständigkeit der axiome des logischen funktio- nenkalküls. In S. Feferman, J.W. Dawson, S.C. Kleene, G. Moore, J. van Heijenoort, and R. Solovay, editors, Kurt Gödel: Collected Works: Volume I: Publications 1929-1936, pages 103–123. OUP USA, 1986.

[Gol10] O. Goldreich. P, NP, and NP-Completeness: The Basics of Com- putational Complexity. Cambridge University Press, 2010.

[Gri84] John R. Gribbin. In Search of Schrödinger’s Cat: Quantum Physics and Reality. Bantam Books, 1984.

[HA28] D. Hilbert and W. Ackermann. Grundzüge der theoretischen logik. Annalen der Philosophie Und Philosophischen Kritik, 7:157–157, 1928.

[HH08] Philippe Huneman and Paul Humphreys. Dynamical emer- gence and computation: An introduction. Minds and Machines, 18(4):425–430, Dec 2008.

[Hun08] Philippe Huneman. Emergence made ontological? computa- tional versus combinatorial approaches. Philosophy of Science, 75(5):595–607, 2008.

[Ila01] A. Ilachinski. Cellular Automata: A Discrete Universe. World Scientific, 2001.

[Kim92] Jaegwon Kim. "downward causation" in emergentism and nonre- ductive physicalism. In Ansgar Beckermann, Hans Flohr, and Jaegwon Kim, editors, Emergence or Reduction?: Prospects for Nonreductive Physicalism, pages 119–138. De Gruyter, 1992. [Kim07] J. Kim. Physicalism, or Something Near Enough. Princeton Mono-

graphs in Philosophy. Princeton University Press, 2007.

[Kol65] A. N. Kolmogorov. Three approaches to the quantitative definition of information. Problems of Information Transmission, 1(1):1–7, 1965.

[Kuh70] T.S. Kuhn. The Structure of Scientific Revolutions. Foundations of the unity of science. University of Chicago Press, 1970.

[Lan89] Christopher G. Langton. Artificial Life: Proceedings of an Inter- disciplinary Workshop on the Synthesis and Simulation of Living Systems. Addison-Wesley Longman Publishing Co., Inc., Boston, MA, USA, 1989.

[Lan19] David Landy. Sellars’ argument for an ontology of absolute pro- cesses. Journal for the History of Analytical Philosophy, 7(1):1–25, 2019.

[LG78] G.W. Leibniz and C.I. Gerhardt. Die philosophischen Schriften. Number v. 2 in Die philosophischen Schriften. Olms, 1978.

[Llo00] Seth Lloyd. Ultimate physical limits to computation. Nature, 406(6799):1047–1054, Aug 2000.

[Llo02] Seth Lloyd. Computational capacity of the universe. Physical Review Letters, 88(23), May 2002.

[LV09] M. Li and P.M.B. Vitányi. An Introduction to Kolmogorov Com- plexity and Its Applications. Texts in Computer Science. Springer New York, 2009.

[LW05] Michael Levin and Xiao-Gang Wen. Colloquium: Photons and electrons as emergent phenomena. Reviews of Modern Physics, 77:871–879, 09 2005.

[Mai07] K. Mainzer. Thinking in Complexity: The Computational Dynam- ics of Matter, Mind, and Mankind. Springer complexity. Springer Berlin Heidelberg, 2007.

[McL08] Brian P. McLaughlin. The rise and fall of british emergentism. In Mark A. Bedau and Paul Humphreys, editors, Emergence. Con- temporary Readings in Philosophy and Science, pages 19–59. Mas- sachusetts Institute of Technology, 2008.

[MS56] Paul E. Meehl and Wilfrid S. Sellars. The concept of emergence. In Herbert Feigl and Michael Scriven, editors, Minnesota Studies in the Philosophy of Science, pages 239–252. , Vol, 1956.

[OW15] Timothy O’Connor and Hong Yu Wong. Emergent properties. In Edward N. Zalta, editor, The Stanford Encyclopedia of Philosophy. Metaphysics Research Lab, Stanford University, summer 2015 edi- tion, 2015.

[Pen94] R. Penrose. Shadows of the Mind: A Search for the Missing Science of Consciousness. Oxford University Press, 1994.

[Pep26] Stephen C. Pepper. Emergence. Journal of Philosophy, 23(9):241– 45, 1926.

[PS97] I. Prigogine and I. Stengers. The End of Certainty. Free Press, 1997.

[Ros36] Barkley Rosser. Kurt gödel. Über die länge von beweisen. ergeb- nisse eirtes mathematischen kolloquiums, heft 7, pp. 23–24. Jour- nal of Symbolic Logic, 1(3):116–116, 1936.

[Sel22] Roy Wood Sellars. Evolutionary naturalism. Journal of Philoso- phy, 19(21):582–587, 1922.

[Sel48] Wilfrid Sellars. Realism and the new way of words. Philosophy and Phenomenological Research, 8(4):601–634, 1948.

[Sel56] Wilfrid Sellars. Empiricism and the philosophy of mind. In Rout-