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Emergenza, Complessità e Computazione. Una nuova frontiera della scienza.

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

Dipartimento di Filosofia

Emergenza, Complessità e

Computazione.

Una promettente frontiera della scienza.

Autore:

Gianluca Benedetti

Relatore:

Dr. Giacomo Turbanti

Controrelatore:

Dr. Roberto Gronda

Novembre 2019

(2)

In quell’Impero, l’arte della cartografia giunse a una tal

perfezione che la mappa di una sola provincia occupava tutta una città, e la mappa dell’Impero tutta una provincia. Col tempo, queste mappe smisurate non bastarono più. I collegi dei cartografi fecero una mappa dell’Impero che aveva l’immensità dell’Impero stesso e coincideva perfettamente con esso. Ma le generazioni seguenti, meno portate allo studio della

cartografia, pensarono che questa mappa enorme era inutile e non senza empietà la abbandonarono alle inclemenze del sole e degli inverni. Nei Deserti dell’Ovest sopravvivono lacerate rovine della mappa, abitate da animali e mendichi; in tutto il Paese non c’è altra reliquia delle discipline geografiche.

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Contents

1 Introduzione i

2 Sellars 1

2.1 Le due immagini dell’uomo nel mondo . . . 1

2.2 Immagine manifesta . . . 4

2.3 Immagine scientifica . . . 8

3 Emergentismo 16 3.1 Origini e storia . . . 16

3.2 Caratteristiche comuni al canone emergentista . . . 24

3.3 Varie forme di emergentismo . . . 34

3.4 Sellars sull’emergentismo . . . 38

4 Il paradigma riduzionista 44 4.1 Un sogno infranto: Leibniz, Hilbert, Gödel . . . 49

4.2 Turing e l’era dell’informazione . . . 54

5 Teorie della complessità 58 5.1 Complessità computazionale . . . 63

5.2 Teoria dell’informazione . . . 73

5.3 Cellular Automata . . . 84

5.4 Emergente come predicato di processi . . . 100

6 Emergenza, fisica, computazione e informazione 104 6.1 CA come emblema di un cambio di paradigma . . . 106

6.2 Una nuova frontiera della scienza . . . 109

6.3 Universo come CA . . . 115

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1

Introduzione

L’autore che ci guiderà e rimarrà sempre sullo sfondo di questa tesi è Wilfrid Stalker Sellars, il quale nasce ad Ann Arbor in Michigan, il 20 maggio 1912, da Roy wood e Helen Stalker Sellars. Suo padre era un rinomato professore dell’Università del Michigan ed un importante esponente del Realismo Critico e del Naturalismo Evoluzionistico americani. La formazione accademica del giovane Sellars si svolge a cavallo tra Europa e Stati Uniti, a metà della sua carriera sarà coinvolto nella seconda guerra mondiale ma, subito dopo, ritorna al suo lavoro all’università. Nel 1963 si trasferisce a Pittsburgh, come University Professor of Philosophy e Research Professor of Philosophy of Science. Sellars rimane produttivo fino agli anni Ottanta, quando le sue condizioni di salute peggiorano; rimmarrà a Pittsburg fino all’età di 77 anni in cui muore il 2 luglio del 1989.

Lo spessore e l’acume intellettuale di questo filosofo sono purtroppo, troppo spesso sottovalutati, tuttavia nel dibattito filosofico contemporaneo, la sua figura sta ricevendo sempre più attenzioni. Sellars è stato un filosofo dal pensiero sistematico e complesso, ma di una profondità ed originalità davvero uniche. Conosciuto principalmente per il suo attacco al mito del dato e lo sviluppo di una epistemologia e semantica funzionalista, Sellars ha lasciato uno dei contributi più importanti in una delle sue più famose distinzioni, cioè quella tra ‘l’immagine scientifica’ e ‘l’immagine manifesta dell’uomo nel mondo.1 Possiamo rintracciare nel pensiero di questo autore una prima

for-mulazione esplicita di un trattamento funzionalista degli stati intenzionali,

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allo stesso modo di un riconoscimento precoce del problema fondamentale della percezione sensoriale. Andando a ripercorrere questo sentiero già bat-tuto da Sellars, entrerà in gioco uno dei concetti centrali di questa tesi, ovvero quello di emergenza, il quale ha posto una seria sfida alla scienza moderna e rimane anche ad oggi uno degli ambiti più attivi nella discussione accademica contemporanea in filosofia della scienza e della mente.

Il paradigma emergentista si contrappone a quello riduzionista che ha dominato il pensiero scientifico fin dalle sue prime formulazioni; tuttavia, il concetto di emergenza ha senso solo alla luce di quelle che sono le interazioni, e le varie forme di organizzazione di un insieme di elementi, vale a dire, di un sistema. Il riemergergere di queste tematiche è sicuramente connesso con l’avvento che, specialmente nell’ultimo decennio, hanno avuto gli sviluppi degli studi sui sistemi complessi. Questi sistemi dimostrano una particolare sensibilità alle condizioni iniziali e sono caratterizzati da relazioni non-lineari che, come risultato del processo organizzativo, danno vita a delle proprietà che non possono essere identificate né spiegate in termini delle proprietà dei costituenti. In alcuni casi, le proprietà emergenti sembrano proprio non avere senso se applicate ai propri componenti: ad esempio, l’acqua ha sicuramente la proprietà di essere bagnata, ma sarebbe privo di significato chiedere se una molecola di H2O risulti essere effettivamente bagnata.

L’affermazione del dibattito emergentista è andato di pari passo allo sviluppo della moderna informatica, o computer science, e sarebbe difficile riuscire ad isolare una delle due componenti soltanto. La possibilità che ci hanno dato i calcolatori di maneggiare grandi quantità di dati ha davvero aperto le porte per una integrazione di diverse aree filosofiche e scientifiche.

(6)

Nella presente tesi verrà presentato un percorso che attraversa queste varie tematiche finora accennate, guidato da un fil rouge rappresentato appunto da Sellars e dalla questione dell’emergentismo.

Nella prossima sezione verrà presentato il pensiero di Wilfrid Sellars e la distinzione tra le due immagini dell’uomo nel mondo. Successivamente, nella terza sezione passeremo ad analizzare il quadro emergentista, partendo dalle origini con Broad e l’emergentismo britannico, arrivando inoltre a vedere come questo si relazioni al pensiero di Sellars sull’emergentismo.

Nella quarta sezione riprenderemo il paradigma riduzionista e vedremo come esso abbia in realtà generato quella crisi della certezza che ha lasciato spazio ad una nuova interpretazione dell’irriducibilità e della prevedibilità. A quel punto, nella quinta sezione, verrà presentato lo studio della complessità, attraverso anche sotto-sezioni introduttive e ausiliarie.

Ci soffermeremo su un esempio pratico di modello matematico che incarna le varie idee portate avanti dagli studiosi della complessità, ovvero i Cellular Automata; questi semplici modelli matematici ci aiuteranno a comprendere meglio come l’emergenza debba essere considerata qualcosa di pertinenza dei processi piuttosto che delle proprietà.

Infine, nella sesta sezione cercherò di presentare alcune riflessioni conclu-sive che possono rappresentare eventuali strade percorribili per un prosegui-mento di questa ricerca. Verrà quindi sottolineato come il concetto di pro-cesso rientrerà in primo piano, sia come nodo concettuale della fondazione delle metafisica dei processi puri sellarsiana, sia come un concetto fonda-mentale, coerente con gli studi sulla complessità, per qualsiasi indagine sui fondamenti ontologici ed epistemologici della scienza moderna.

(7)

2

Sellars

2.1

Le due immagini dell’uomo nel mondo

"Lo scopo del filosofare", scrive Sellars nel 1971, "è di diventare riflessi-vamente sempre più a nostro agio in quella piena complessità del sistema concettuale multi-dimensionale nei termini del quale noi soffriamo, pensiamo e agiamo"2.

Questa immagine del filosofo come un generalista riflessivo è un tema ricorrente nell’analisi sellarsiana della sua stessa disciplina. Infatti, nove anni prima aveva scritto:

Lo scopo della filosofia, formulato in astratto, è di comprendere come le cose, nel senso più ampio possibile del termine, stiano insieme, nel senso più ampio possibile del termine. Sotto «cose nel senso più ampio del termine», includo oggetti così radicalmente differenti tra loro come possono esserlo «cavoli e re», ma numeri e doveri, possibilità e schiocchi di dita, esperienza estetica e morte. Raggiungere il successo in filosofia dovrebbe consistere, per usare un giro di frase contemporaneo, nel «sapersi muovere»rispetto a tutte queste cose, non in quel modo irriflessivo in cui il millepiedi della favola si sapeva muovere prima di affrontare la domanda, «come cammino?», ma in modo riflessivo, che significa senza alcuna limitazione intellettuale.3

Queste sono sicuramente note asserzioni sellarsiane sullo statuto e com-pito della filosofia a cui però dobbiamo riservare alcune osservazioni.

La "definizione", se così la si può chiamare, più famosa, ma anche quella intellettualmente più raffinata e affascinante, è quella contenuta nell’incipit di Philosophy and the Scientifi Image of Man4, in cui si specifica la

rif-lessività propria della comprensione filosofica nel senso di un olismo, di una

2[Sel75], p. 295. Traduzione mia.

3[Sel62], p. 1. Traduzione Luca Basile, [Sel13]. 4[Sel62].

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riconduzione dialettica ad unità, di quella molteplicità identificata con la complessa stratificazione della realtà. Allo stesso tempo però, la prima delle definizioni sopra citate rappresenta una versione mediata rispetto alle altre due, in quanto, nella conferma della natura unificante della filosofia, situa quella multidimensionalità oggetto della riconduzione ad unità nella sfera concettuale, al centro della quale troviamo però l’individuo, segnando così un restringimento della pretesa assolutezza propria del ‘tenere insieme tutte le cose’.

Uno dei concetti guida che ha sempre teso ad organizzare tutte le rif-lessioni sistematiche di Sellars era la sua ferma convinzione che il discorso scientifico, come dice lui stesso nel 1956, non è "tanto per dire, una propag-gine peninsulare dalla terraferma del discorso ordinario"5, ma piuttosto "una

continuazione di una dimensione del discorso che è sempre stata presente fin dall’inizio nel discorso umano" quindi, conseguentemente c’è un senso in cui "l’immagine scientifica rimpiazzerà quella del senso comune; un senso in cui la spiegazione scientifica di «ciò che c’è»" soppianta l’ontologia descrittiva della vita quotidiana"6

Infatti Sellars rivaluta il ruolo della filosofia contemporanea, in quanto essa è di fronte, non tanto ad una complessa immagine multidimensionale, della cui unità dovremo arrivare a renderci conto, ma "a due immagini es-senzialmente dello stesso ordine di complessità, ognuna delle quali si propone come un quadro completo dell’uomo nel mondo"7 e alla filosofia spetta quindi

il compito di un esame separato in modo tale da poter fondere le due

immag-5[Sel56], p. 174. Traduzione mia. 6[Sel56], p. 172. Traduzione mia.

(9)

ini in una visione d’insieme.

Adesso, dopo aver brevemente descritto la concezione sellarsiana della filosofia contemporanea, possiamo proseguire ponendoci una domanda fon-damentale: quanto bene la scienza rappresenta il mondo? Quanto bene de-scrive la natura e il nostro rapporto con essa? Dopo tutti i progressi tec-nologici e le varie innovazioni dell’età post-moderna, la scienza ci fornisce un’immagine adeguata e corretta? che ci mostra cosa c’è davvero nel mondo e com’è fatto? Porsi queste domande vuol dire mettere alla prova la scienza e confrontarla con la dura realtà, ma quello che più ci interessa è vedere come questa domanda, perfettamente compatibile con il senso comune, si porta dietro una presupposizione implicita. L’assunzione che la scienza rap-presenta, che ci fornisce una descrizione, un’immagine, più specificatamente l’immagine scientifica del mondo. Questo modo di parlare del problema non è affatto inusuale anzi, l’idea di parlare in termini di immagine del mondo o visione del mondo ci viene particolarmente naturale e ormai suona anche familiare, o almeno sembra alquanto plausibile parlare in questo modo della nostra storia intellettuale.

Questo quadro, ovvero che la scienza rappresenta effettivamente qual-cosa, che ci restituisce un’immagine, o magari anche molte, che però una volta combinate in una unica visione determinerebbero la immagine scien-tifica del mondo, non risulta a-problematico. Tuttavia questa assunzione si porta appresso una domanda che non è possibile non affrontare: potrebbero esserci in un qualsiasi momento più immagini scientifiche rivali che si con-tendono il primato di unica e vera immagine della realtà? La risposta è senza dubbio affermativa e addirittura potrebbero essere così radicalmente diverse

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l’una dall’altra da risultare effettivamente incommensurabili. Sellars ci porta quindi a riconoscere che c’è una sorta di dicotomia nel modo più profondo in cui l’uomo si riconosce nel mondo, due visioni, o due immagini, che si contendono il primato e che si presentano entrambe come quadri concettuali completi dell’uomo nel mondo. La prima immagine che ci viene presentata da Sellars è quella definita come l’immagine manifesta dell’uomo nel mondo. Nella prossima sezione vedremo più da vicino cosa rappresenti effettiva-mente questa immagine del mondo e successivaeffettiva-mente come essa si contrap-pone all’immagine scientifica. Andremo quindi ad analizzare le relazioni tra l’analisi delle immagini e la corrente emergentista che si è sviluppata circa meno di mezzo secolo prima e definita più canonicamente con l’emergentismo britannico di Broad.8

2.2

Immagine manifesta

Nella concezione della scienza contemporanea, piuttosto che nella contem-poranea filosofia della scienza, c’è una sorta di tacito accordo sul fatto che la spiegazione scientifica del mondo sia destinata, prima o poi, a rimpiaz-zare quella realtà del senso comune che permea la nostra vita quotidiana. A questa convinzione però può essere obiettato che il senso comune vanta una sorta di priorità metodologica nei confronti di qualsiasi visione scientifica del mondo. Sellars riconosce, da una parte, che possiamo dire di cosa tratta una teoria scientifica solo facendo ricorso al nostro linguaggio ordinario, alle nostre conoscenze implicite, a quello che Wittgenstein chiamava bedrock,

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supponendo così di sapere in anticipo di cosa parliamo nel corso delle nostre vite. Se ciò fosse vero, l’architettura speculativa della scienza non può più essere concepita come una forma di conoscenza del tutto indipendente ed alternativa al linguaggio ordinario ed al senso comune.

Per Sellars, lo sviluppo della scienza è una sorta di raffinamento di quello che lui chiama "il quadro concettuale nei termini del quale l’uomo ha rag-giunto la consapevolezza di sé stesso come uomo-nel-mondo".9 In questo

quadro concettuale originario l’uomo ha descritto e spiegato il mondo cir-costante antropomorficamente, in questo senso gli oggetti appartenenti a questa immagine sono persone, ma nel senso di riconoscere l’altro come agente intenzionale. Il successivo affinamento concettuale è avvenuto, da una parte, tramite una graduale depersonalizzazione della natura, e dall’altra cercando di sistematizzare tutte le osservazioni empiriche sotto forma di possibili gen-eralizzazioni. Quindi l’immagine manifesta non è affatto una concezione ingenua, e questo secondo modo di procedere è quello che Sellars chiama l’affinamento empirico dell’immagine originaria:

Per affinamento empirico intendo quel tipo di affinamento che opera dentro il quadro più ampio dell’immagine e che, accostandosi al mondo in termini simili ai canoni di inferenza induttiva definiti da John Stuart Mill, cui si affiancano i canoni di inferenza statistica, opera aggiunte e sottrazioni ai contenuti del mondo, così come esperito nei termini di questo quadro, e alle correlazioni che si crede sussistano tra tali contenuti.10

Questa descrizione incomincia a sembrare sempre più vicina a quel tipo di procedure che tipicamente sottolineano lo spirito scientifico di ricerca. Ma nonostante Sellars sia pienamente disposto ad ammettere che il risultato di

9[Sel62] p. 6. Traduzione Luca Basile, [Sel13]. 10[Sel62] p. 7. Traduzione Luca Basile, [Sel13].

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questo affinamento dell’immagine originaria potrebbe essere classificato come una immagine scientifica dell’uomo, visto che utilizza quei metodi più scien-tifici che potremmo sintetizzare con l’etichetta di induzione correlazionale, preferisce chiamarla l’immagine manifesta dell’uomo nel mondo. Vedremo successivamente come l’immagine scientifica si caratterizzerà per un processo particolarmente rappresentativo della scienza moderna ma che non rientra nei metodi correlativi di analisi.

Una prima considerazione importante da fare scaturisce dal fatto che ogni immagine dell’uomo nel mondo ha una storia e relativamente all’immagine manifesta si può rintracciare la sua origine nei tempi preistorici e in questo senso l’affinamento è avvenuto nel tempo attraverso quella che Sellars chiama la filsofia perenne. Per comprenderne meglio il senso è sufficiente sottolin-eare come, secondo Sellars, tutte le filosofie sistematiche potrebbero essere reinterpretate come tentativi di analisi più o meno adeguati dell’immagine manifesta. Queste trattazioni devono comunque essere considerate come una descrizione sufficientemente generale, adeguata e completa di ciò che l’uomo e il mondo sono realmente. Da tutto ciò si deve concludere che la filosofia perenne non è costituita da un’unità ma è piuttosto articolata secondo una pluralità che, pur non coincidendo con la storia della filosofia, include in-evitabilmente tutte le roccaforti della tradizione classica e i sistemi specula-tivi della modernità. In sostanza la filosofia perenne, strutturata secondo lo schema dell’immagine manifesta, è un costrutto teorico che si dispiega stori-camente e culturalmente in forma di un’auto-rappresentazione dell’uomo in quanto uomo che tende a presentarsi sempre come la più autentica e ir-riducibile elaborazione rispetto a quella dei precursori.

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Una seconda osservazione è necessaria in quanto bisogna sottolineare come il concetto stesso di immagine che viene usato è di un’idealizzazione o un ideal-tipo e ciò implica quindi che per riconoscerla occorre una buona dose di astrazione. In effetti, soltanto un complesso processo di riflessione è in grado di farci capire che, proprio in quanto esseri umani, condividiamo una "immagine" comune del mondo, la quale, potremo aggiungere, è a sua volta determinata dal fatto che la nostra struttura fisica ci obbliga a concepire la realtà in un certo modo piuttosto che un altro.

Siamo adesso in grado di apprezza la portata che avrebbe il processo di sostituzione dell’immagine del mondo propria del senso comune in quanto ci obbligherebbe a vedere noi stessi in una maniera totalmente diversa e viene immediatamente da chiedere quanto questo potrà mai realmente accadere.

In conclusione vorrei sottolineare che Sellars conferisce una sorta di pri-mato, per quanto concerne il descrivere e lo spiegare, alla scienza che, una volta idealmente completata, rappresenterebbe il nostro miglior inventario ontologico del mondo e il manuale di spiegazione di come tutto funziona. L’immagine manifesta, al contrario, non riesce a descrivere la realtà con suf-ficiente accuratezza, il che non implica però che sia completamente sbagliata o non-referenziale. Anzi, tutto ciò che appartiene ad essa deve essere spie-gato dall’immagine scientifica con concetti scientificamente ben fondati, che rappresentino un raffinamento di quelli usati nell’immagine manifesta. Ad esempio, quest’ultima ci dice che ci esistono delle impressioni sensoriali ma la loro natura ultima non è quella rappresentata all’interno dell’immagine stessa, ecco che l’immagine scientifica ci dovrebbe fornire una concezione scientifica di queste impressioni che non sia una sorta di eliminazione. La

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questione delle impressioni sensoriali è una particolarmente spinosa perché risulta, secondo Sellars, impossibile riconciliare l’omogeneità ultima degli stati qualitativi con la fondazione particolaristica dell’immagine scientifica contemporanea, quello che è conosciuto con il nome di grain argument. Come cercherà di mostrare alla fine della sua carriera, una spiegazione scientifica delle impressioni sensoriali non è impossibile, ma comporta una rifondazione dell’immagine scientifica, un progetto al quanto arduo e dispendioso.

Nella prossima sezione vedremo l’immagine scientifica dell’uomo nel mondo e come essa sia in deciso contrasto con l’immagine manifesta sopra presentata. Risulta infatti fondamentale, per apprezzare il quadro sellarsiano delle due immagini, tenere bene presente come queste due immagini alla fine risultino rivali e pretendano entrambe di fornire un quadro completo dell’uomo nel mondo. Inoltre vedremo quali sono gli assunti che rimangono impliciti nel quadro concettuale delle due immagini del mondo.

2.3

Immagine scientifica

Come abbiamo già sottolineato per l’immagine manifesta dell’uomo nel mondo, anche l’immagine scientifica va considerata una idealizzazione e risulta ancora più difficile definirla in termini precisi perché sta costantemente mutando di fronte ai nostri occhi. Basti pensare al numero di particelle subatomiche che sono state aggiunte all’inventario di cosa esiste nel mondo, con gli esperimenti resi possibili dall’avanzamento della scienza e della tecnologia.

Inoltre una delle obiezioni più immediate che potrebbero essere fatte è che non è possibile, almeno ad oggi, parlare di una immagine scientifica

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dell’uomo, ma al massimo di diverse e parziali immagini scientifiche che riguardano fenomeni diversi e operano su diversi livelli e con vari strumenti, procedure e schemi concettuali. Si potrebbe pensare che fisica, chimica, bi-ologia.. propongano ognuna una particolare immagine dell’uomo e in questo senso l’idea stessa di una immagine scientifica unificata arriverebbe ad as-somigliare ad una reliquia neopositivista all’interno della filosofia sellarsiana. Infatti è lo stesso Sellars che si preoccupa di affrontare un problema sim-ile nel suo saggio, parlando della "costituzione della immagine scientifica a partire dalle diverse immagini scientifiche delle quali essa è la supposta in-tegrazione".11 Questa strategia non sarà certamente molto convincente per

coloro che appoggiano questa linea di criticismo ma il punto fondamentale è che si possa riconoscere una molteplicità di metodi sperimentali con le loro differenze metodologiche. Infatti secondo Sellars non si deve "eguagliare le due scienze, perché in quanto tali esse hanno procedure differenti e connet-tono le loro entità teoriche attraverso strumenti differenti a proprietà inter-soggettivamente accessibili del mondo manifesto".12

Questo pluralismo che avevamo già incontrato, dal suo punto di vista, non preclude la possibilità di una identificazione ontologica dei vari oggetti di cui parlano le molteplici scienze e la riduzione delle entità complesse ad aggre-gati di componenti basilari. Ritengo che il problema in questione rimanga aperto, anche se il tentativo unificante di Sellars può risultare altamente problematico e dipendente da sottili presupposti metafisici, il suo fallimento non implica direttamente l’impossibilità di rendere sensata e comprensibile

11[Sel62], p. 21. Traduzione Luca Basile, [Sel13]. 12[Sel62], p. 21. Traduzione Luca Basile, [Sel13].

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un immagine scientifica depotenziata: nel senso di uno schema generale che comprenda tutte le similarità strutturali13tra le varie scienze, così da chiarire

meglio le relazioni che intercorrono tra esse. Io ritengo che solo la possibilità dell’esistenza di una tale architettura concettuale a cui tutto appartiene è ciò che ci permette di poter parlare di una immagine scientifica come di un tipo ideale.

Tuttavia, mettendo da parte queste considerazioni più critiche, se consid-eriamo la potenziale immagine scientifica che emerge dalla molteplici immag-ini fornite dalle varie scienze, è facile riconoscere come essa si presenta come una visione completa che contiene l’intera verità circa il mondo e il ruolo che l’uomo vi svolge. Proprio per questo l’immagine scientifica va considerata come una rivale di quella manifesta, in quanto mette in dubbio la visione che abbiamo di noi stessi e quindi, se dovesse rivelarsi vera, noi non saremo più ciò che pensiamo e diciamo di essere.

Riprendiamo però ora in esame la caratteristica più profonda che dif-ferenzia la metodologia dell’immagine scientifica rispetto a quella manifesta, ovvero quel tipo di ragionamento peculiare della scienza che, "coinvolge la postulazione di entità impercettibili, e i principi ad esse pertinenti, per spie-gare i comportamento delle cose percepibili".14 Credo sia importante

delu-cidare meglio come vada interpretato il contrasto con l’immagine manifesta in quanto essa include tutti quegli aspetti che hanno a che fare con le val-utazioni, le norme e quegli standard che sono al di fuori della portata della spiegazione scientifica. Quindi sta proprio in questa disomogeneità che

dobbi-13Riprenderemo questo concetto nella sezione sui sistemi complessi, vedi sez. 5. 14[Sel62], p. 7. Traduzione Luca Basile, [Sel13].

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amo rintracciare il motivo della necessità di una fusione delle due immagini, ma non basta, l’immagine manifesta inoltre si basa una spiegazione di tipo correlazionale che è in netto contrasto con il procedimento postulativo della scienza moderna.

Ora però è fondamentale tenere presente come l’immagine scientifica vada interpretata, secondo Sellars, in una maniera non strumentale, ovvero di non considerare quei sistemi di entità impercettibili come modi astratti o simbolici di rappresentare gli oggetti manifesti.15 Infatti come abbiamo visto

Sellars attribuisce una sorta di primato indiscusso dell’immagine scientifica, in quanto essa andrebbe a rappresentare quell’inventario ontologico del nostro mondo. Tuttavia, rimane il problema che l’immagine scientifica non può rimpiazzare quella manifesta senza revocare in dubbio e rifiutare i suoi stessi fondamenti. Infatti vale la pena notare come ogni argomento mirante a mostrare che gli oggetti del senso comune (o quelli scientifici) sono tutto ciò che esiste realmente, opera all’interno della cornice del senso comune (o quella scientifica) e, di conseguenza, non fornisce nessun punto di vista esterno su cui potersi aggrappare.

Prima di concludere questa sezione credo valga la pena, ai fini della pre-sente argomentazione, rendere espliciti tutti gli assunti che in realtà riman-gono impliciti ad una prima analisi dell’interpretazione di Sellars delle due immagini dell’uomo nel mondo:

1) Realismo scientifico: "Per come la vedo io, avere una buona ragione per sostenere una teoria è ipso facto avere una buona ragione per ritenere

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che le entità postulate dalla teoria esistano."16 Questo equivale in un

qualche modo a dire che le teorie scientifiche possono avere ‘valori di verità’ e nel momento in cui le riteniamo delle buone teorie e le ac-cettiamo, dovremo anche ritenere che siano almeno approssimativa-mente vere. Arriviamo direttaapprossimativa-mente al cuore del realismo sellarsiano in cui non solo esistono oggetti scientifici, ma almeno in principio, sono gli oggetti della scienza ad essere le cose-in-sé, piuttosto che arcani costrutti metafisici.

2) Principio di riducibilità: Questo principio "rende impossibile l’idea che gruppi di particelle possano avere proprietà che non sono «riducibili alle»proprietà e alle relazioni dei membri del gruppo".17 Questo

prin-cipio ontologico implica che essere costituito da particelle micro-fisiche significa anche essere interamente riducibile ai costituenti base. Allo stesso tempo, per quanto riguarda le metodologie e procedure, una sorta di pluralismo intrascientifico viene riconosciuto da Sellars, e ciò non fa che rendere l’impresa di riconciliazione sempre più ardua. Va comunque tenuto presente che il quadro completo è più complesso, si può certo concordare sul riduzionismo ma non si deve certo ricadere in un empiricismo ingenuo, tutt’altro, la attenta analisi (careful analysis) richiesta da Sellars serve proprio a sottolineare questo rischio interpre-tativo. Bisogna quindi essere si empiristi, ma raffinati, in modo da poter rendere conto dell’utilizzo dei termini sensoriali come ‘rosa’, per indicare quegli stati interni determinanti per la percezione, recuperando

16[Sel63a], p. 91. Traduzione mia.

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il concetto di rosa nell’applicazione agli oggetti sensoriali nello spazio delle ragioni.18

3) Scienza come misura di tutte le cose: "[P]arlando da filosofo, sono del tutto pronto a dire che il mondo del senso comune degli oggetti fisici nello spazio e nel tempo è irreale - cioè, che non esistono cose del genere; o, per metterla in modo meno paradossale, che nella dimensione del descrivere e spiegare il mondo, la scienza è la misura di tutte le cose, di quello che è, in quanto è, e di quello che non è, in quanto non è." Questa famosa parafrasi di Sellars del dictum protagoriano mostra come, non solo il suo sostenere il realismo scientifico ma anche come, in principio, la scienza non abbia limiti; il che equivale a dire che non esistono fenomeni, eventi o entità che sono al di fuori della portata esplicativa della scienza. Allo stesso tempo però non dobbiamo pensare allora che Sellars ci stia dicendo che la scienza attuale sia una tale adeguata misura del mondo, al contrario fallisce proprio nel dare spiegazione di quella omogeneità ultima che si presenta ai nostri occhi. Proprio per questa ragione vedremo che in realtà abbiamo bisogno di una nuova immagine scientifica, con un fondamento diverso, quello dei processi assoluti.19

Mi sembra abbastanza evidente come l’analisi delle immagine dell’uomo del mondo si regga sulla controversa e articolata filosofia della scienza di Sellars, così che ogni tentativo di analisi e chiarimento dipende da una più

18Vedi il mito di Jones, [Sel56], pp. 140 - 156.

19Riprenderemo più avanti questo concetto fondante espresso da Sellars nelle ‘Carus

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profonda comprensione delle sue tesi principali o da una loro dura messa alla prova.

Rimane quindi inevitabile la conclusione che, almeno fino ad oggi, una riconciliazione del problema delle due immagini è stata impossibile in quanto la scienza, ad oggi, non ci permette di spiegare l’omogeneità ultima del mondo manifesto attraverso uma fondazione di tipo postulativo. Non possiamo non citare l’esempio prediletto che ha accompagnato tutta la carriera di Sellars, quello del cubetto di ghiaccio rosa.

Anche se può sembrare banale, l’idea del cubetto di ghiaccio omogenea-mente rosa, pensando ad una bibita congelata, rappresenta un caso davvero paradigmatico del problema delle impressioni sensoriali e dell’omogeneità del mondo manifesto.20 Secondo l’immagine manifesta il cubetto di ghiaccio ci

appare omogeneamente rosa, ma supponiamo di ridurre il cubetto in scagli-ette di ghiaccio sempre più piccole, alla fine otterremmo un cumulo di ghiaccio rosa sbriciolato. Supponiamo ora di prendere una singola scaglietta di ghi-accio, e guardandola singolarmente vedremmo che è bianca, apparentemente senza colore, come sicuramente lo sarebbero le molecole microscopiche che costituiscono la bevanda ghiacciata. Dovremmo allora pensare che il cubetto di ghiaccio non era davvero omogeneamente rosa?

La domanda che a questo punto ci si presenta è la seguente: non possono quindi i sistemi avere delle proprietà che le loro parti e i loro costituenti non hanno? Per Sellars la risposta è si, ma solo se banalmente ci si riferisce a quei casi paradigmatici come "il totale è più della somma delle parti", nel

20[Sel62], p. 26. Anche se questo è solo uno dei vari scritti in cui si può ritrovare questo

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senso in cui un sistema di pezzi di legno può essere una scala, sebbene nes-suna delle sue parti sia una scala. In questo caso basterebbe dire che le sue parti hanno una certa forma e dimensione e che sono interconnesse in un determinato modo, e non ci sarebbero problemi per quei casi in cui le pro-prietà riguardano il fatto che le parti hanno certe qualità e connessioni. Però il cubetto di ghiaccio sembra non poter essere trattato in questo modo, in quanto si presenta a noi come fondamentalmente omogeneo e non costituito da qualità impercettibili ed essere connesse in certi modi per cui formano ap-prossimativamente un cubo. Inoltre bisogna ricordare che questo scientismo non implica la possibilità di ridurre la struttura concettuale attraverso la quale descriviamo e spieghiamo il mondo vivente, alla struttura concettuale che sarebbe sufficiente per un mondo non vivente. Perciò sarebbe giusto as-pettarsi che la nuova immagine scientifica risultante dalla fusione non potrà essere costruita usando solo quei primitivi che sarebbero sufficienti per un mondo senza, ad esempio, impressioni sensoriali.

Prima di addentrarsi nel mondo delle proprietà emergenti e della visione sellarsiana di esse, vedremo nella prossima sezione una piccola introduzione alla corrente emergentista delle origini, partendo da Broad e cercando di vedere quali punti di connessione possiamo trovare con la visione di Sellars e il dibattito sull’emergentismo contemporaneo.

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3

Emergentismo

3.1

Origini e storia

Il concetto di Emergenza ha ritrovato la sua via nel dibattito contemporaneo della filosofia lasciandosi alle spalle quell’aria di misticismo che l’aveva cir-condata, facendo in modo di poter arrivare a parlare di proprietà o fenomeni emergenti e processi emergenti senza considerarle espressioni senza signifi-cato. L’emergentismo si relaziona a quei fenomeni che scaturiscono, ma che allo stesso tempo dipendono, da dei processi più basilari, rispetto ai quali rimangono completamente autonomi. Questo argomento è tanto controverso quanto affascinante proprio perché questo fenomeno dell’emergenza sembra assolutamente diffuso, eppure l’idea che ne sta alla base può risultare opaca e a volte persino incoerente. La comunità accademica ha sempre valoriz-zato il rigore concettuale e l’analiticità, ma dato che il concetto di emergente è concettualmente sottile e sfaccettato, si richiede una maggiore precisione filosofica per sostenere una progressiva comprensione dell’argomento. Una delle questioni che attraverseranno la presente sezione è il problema di come caratterizzare positivamente e in modo non ambiguo i fenomeni emergenti; anche se una risposta generalmente accettata a questo problema non esiste, cercheremo di prendere le mosse partendo dalle peculiarità ricorrenti nella concezione dell’emergentismo britannico.

In questa piccola introduzione all’emergentismo cercherò di presentare i temi principali che ne caratterizzano il dibattito, facendo qualche accenno alla storia della corrente emergentisita e in particolare sulla tradizione dell’emergentismo

(23)

britannico. La tradizione ha origine con John Stuart Mill ed è andata sva-nendo prima della metà del ventesimo secolo, non a caso nello stesso periodo in cui stava avvenendo la rivoluzione quantistica. Per concisione argomen-tativa mi soffermerò quindi sull’esponente senza dubbio più importante di questo ultimo periodo, C.D. Broad, con il suo The Mind and its Place in Na-ture, 1925.21 Va riconosciuto che anche se l’impatto della scuola britannica è

stato di gran lunga il più sentito, c’erano anche altri emergentisti al di fuori della tradizione inglese, tanto per fare un esempio calzante, proprio il padre di Wilfrid Sellars, Roy Wood Sellars era uno di questi, il quale scrisse Evolution-ary Naturalism, 1922.22 Gran parte della difesa dell’emergentismo, almeno al tempo, era sicuramente concentrata sulla chimica e biologia e quindi sul se i vari principi delle scienze potessero essere riducibili a quelli, rispettivamente, di fisica e chimica. Lo sfondo del dibattito del tempo era quello del contrasto tra vitalismo e meccanicismo.23

3.1.1 Broad

L’opera di Broad, The Mind and its Place in Nature24, è sostanzialmente

basata sulle Tarner Lectures che ha tenuto al Trinity Colledge in Cambridge, nel 1923, il cui proposito era dimostrare la presenza o assenza di una relazione tra le vaire scienze.25 Vale la pena citare una coincidenza storica degna di

nota: pochi mesi prima, nel giugno del 1922, Niehls Bohr teneva una serie

21[Bro25]. 22[Sel22].

23Per una discussione per generale di queste tematiche vedere la pagina della Stanford

Encyclopedia of Philosophy [OW15].

24[Bro25]. 25[McL08].

(24)

di lezioni all’Università Georg-August di Gottinga sui quanti e la struttura atomica.26 In queste lezioni presentò un modello per spiegare la

periodic-ità della tavola periodica e alcune delle proprietà chimiche degli elementi in termini di relazioni tra gli elettroni degli orbitali più esterni. Questa spie-gazione, al contrario degli insegnamenti di Broad, è arrivata praticamente in-alterata fino ad oggi. Non ci deve sorprendere quindi come con la rivoluzione della meccanica quantistica è coinciso con un periodo di discesa netta per l’emergentismo. Bisogna quindi tenere presente che il dibattito britannico, ma non solo, si è sviluppato in un periodo precedente a tale rivoluzione, in cui le dottrine emergentiste apparivano come attraenti ipotesi empiriche, ispirate dagli avanzamenti imponenti di chimica e biologia.

Broad, nel suo libro, introduce l’emergentismo come un modo per con-trastare quella visione che lui chiamava Meccanicismo, vediamo quindi subito come l’autore stesso caratterizza l’ideale del puro meccanicismo:

In una teoria puramente meccanicista tutti i diversi tipi di materia sarebbero fatti dei soliti componenti. Differirebbero solo in base al numero, disposizione e movimento delle particelle. E il loro apparente diverso genere di compor-tamento non sarebbe poi cosi differente. Perché sarebbero comunque tutti deducibili da un singolo principio di composizionalità partendo dalle influenze reciproche delle particelle prese a coppie; e queste influenze reciproche obbe-direbbero tutte ad una singola legge che è indipendente dalla configurazione e contesto in cui le particelle potrebbero venirsi a trovare. L’ideale che ab-biamo appena descritto potrebbe essere chiamato "Puro Meccanicismo".27

Nel secondo capitolo, Mechanism and Its Alternatives, Broad descrive di-versi modi in cui poter rendere conto delle differenze tra gli oggetti:28 ne

emergono tre possibili tipi di teorie che rendono conto delle caratteristiche

26[Gri84], p. 71.

27[Bro25], p. 45-46. Traduzione mia. 28[Bro25], p. 48.

(25)

differenze di comportamento. In primo luogo, ci sono quelle teorie che riten-gono che "il caratteristico comportamento di un certo oggetto o di una classe di oggetti è in parte dipendente dalla presenza di un componente peculiare che non si ripresenta in nient’altro che non si comporti in questo modo."29

Questa è ad esempio la visione di Broad del comportamento chimico: in quanto il comportamento di diversi composti chimici dipende da componenti diversi. Ad esempio, due composti con identici componenti possono compor-tarsi diversamente per via di diverse strutture microscopiche.30

Le altre due tipologie di teoria negano che i componenti particolari siano necessari per spiegare il comportamento manifesto e provano a spiegare le differenze in termini di differenze di struttura. La seconda teoria riterrebbe che "il comportamento caratteristico dell’insieme non potrebbe, nemmeno in teoria, essere dedotto dalla più completa conoscenza del comportamento dei componenti, presi separatamente o in altre combinazioni, e della loro pro-porzioni e arrangiamenti nell’insieme".31

Secondo il terzo tipo di teoria, il comportamento dell’insieme potrebbe, almeno in teoria, essere dedotto da una sufficiente conoscenza del compor-tamento dei componenti, ed è quella che chiama appunto meccanicista. Ad esempio, nessuno negherebbe che il funzionamento di un orologio può essere dedotto da una sufficiente conoscenza del funzionamento delle sue parti.

Vediamo ora più da vicino la teoria emergentista di Broad, il cui cuore si può ritrovare nella seguente definizione:

29[Bro25], p. 55. Traduzione mia. 30[Bro25], p. 55-58.

(26)

Messa in termini astratti, la teoria emergentista asserisce che ci sono degli insiemi, composti (diciamo) dai componenti A, B e C in relazione R tra di loro; che tutti quegli insiemi composti dai costituenti dello stesso tipo di A, B e C e in relazioni dello stesso tipo di R hanno certe proprietà caratteristiche; che A, B e C possano apparire anche in altri tipi di insiemi complessi dove la relazione non è dello stesso tipo di R; e che le proprietà caratteristiche del tutto R(A, B, C) non possono, nemmeno in teoria, essere dedotte dalla com-pleta conoscenza delle proprietà di A, B e C isolatamente o in altri insiemi che non sono della forma R(A, B, C).32

In altre parole la proprietà di un insieme è emergente se e solo se non può essere dedotta dalla più completa conoscenza delle proprietà dei componenti presi isolatamente o in altri insiemi.

Risulta però davvero necessario dover allungare la definizione aggiun-gendo la clausola del ‘presi isolatamente o in altri insiemi’? La ragione per cui Broad ha aggiunto quell’appendice è proprio perché aveva previsto un certo argomento che portava alla conclusione che non esistono propri-età emergenti. Secondo questo argomento, uno dei tipi di propripropri-età che un oggetto può avere è che sotto determinate circostanze diventa parte di un composto che a sua volta ha certe proprietà. Ad esempio, una delle proprietà dell’argento è che in determinate condizioni si combina con l’acido cloridrico per formare un composto con le proprietà del cloruro d’argento. Quindi le proprietà di quest’ultimo possono essere dedotte dalle proprietà dell’argento e dell’acido cloridrico, e non possono quindi essere definite emergenti.33

Per-ciò dobbiamo in qualche modo limitare le proprietà che possono essere usate nelle deduzioni, e presumibilmente è proprio questo il senso dell’aggiunta di Broad "isolatamente o in altri insiemi".

32[Bro25], p. 61. Traduzione mia.

33[Bro25], p. 55. Lo stesso si applica ovviamente per tutte quelle supposte qualità

(27)

Secondo l’autore, una legge che connette una proprietà emergente di una struttura con le proprietà dei componenti della struttura stessa è un’unica, irriducibile legge; questo significa che non si tratta mai di un caso particolare di una legge più generale e che non deriva nemmeno da una combinazione di altre leggi. In definitiva, una legge emergente è tale proprio in virtù del fatto che poteva essere scoperta solo studiando questo caso particolare.34

Rivolgiamoci adesso all’esempio dell’arcangelo di Broad, presentato nella sezione Mechanistic Theories in cui viene discusso il limite teoretico delle nostre previsioni sul mondo. Per eliminare le difficoltà tecniche della atica, propone di rimpiazzare Sir Ernest Rutherford con un arcangelo matem-atico. Se le teorie emergenti dei composti chimici fossero vere "un arcangelo matematico, dotato di poteri che gli permettono di percepire la struttura mi-croscopica degli atomi altrettanto facilmente di come noi percepiamo le balle di fieno, non potrebbe prevedere il comportamento dell’argento o dell’acido cloridrico o del cloruro d’argento senza aver osservato campioni di queste sostanze, meglio di quanto non si possa nel presente".35 La questione è di

estrema importanza per la nostra argomentazione e vale la pena quindi ri-portare l’intero passo, a maggior ragione perché, secondo Broad, anche se le teorie meccaniciste della chimica fossero vere (invece di quelle emergenti), ci sarebbe comunque un limite teoretico alla possibilità di dedurre le proprietà degli elementi chimici e dei composti.

Prendi un’affermazione ordinaria, tipo quelle che si trovano nei libri di chim-ica: es., "Azoto e Idrogeno si combinano quando una scarica elettrica viene fatta passare attraverso una mistura dei due. Il composto risultante

con-34[Bro25], p. 65.

(28)

tiene tre atomi di Idrogeno e uno di Azoto; è un gas facilmente solubile in acqua, e possiede un odore pungente e caratteristico." Se le teorie mecca-niciste fossero vere l’arcangelo potrebbe dedurre dalla sua conoscenza della struttura microscopica tutti i fatti tranne l’ultimo. Saprebbe esattamente quale deve essere la struttura dell’ammonia; ma sarebbe comunque total-mente incapace di prevedere che una sostanza con questa struttura deve puzzare come l’ammoniaca fa quando entra nel naso umano. Il massimo che potrebbe prevedere su questo argomento è che alcuni cambiamenti avver-rebbero nella membrana della mucosa, nei nervi olfattivi, così via. Ma non gli sarebbe possibile sapere che questi cambiamenti sarebbero accompagnati dalla presenza di un odore in generale o dell’odore peculiare dell’ammoniaca in particolare, a meno che qualcuno glielo abbia detto ciò o che lo abbia annusato lui stesso. Se l’esistenza di queste "qualità secondarie", o il fatto della loro apparenza, dipende dai movimenti microscopici e ordinamenti di particelle materiali che non posseggono queste qualità loro stesse, allora le leggi di questa dipendenza sono certamente di tipo emergente.36

Quindi, secondo Broad, non è impossibile, a priori, che la chimica e la biologia siano meccanicistiche, ma che non possono rappresentare l’intera ver-ità del mondo materiale, proprio perché le ‘qualver-ità secondarie’ non possono essere spiegate in senso meccanicistico. Mentre quest’ultimo approccio intro-duce una sorta di unità nel mondo e nelle scienze, secondo l’emergentismo, il mondo e le scienze formerebbero al massimo una sorta di gerarchia.37 Questa

strada ci porterebbe verso la differenziazione tra i diversi tipi di leggi, che pur quanto interessante, non risulta utile ai fini del presente scritto.

Riserviamo invece questa ultima parte della sezione su Broad per pre-sentare la sua distinzione di tre tipologie di proprietà diverse:

a) Proprietà ultime:

sono proprietà di un certo ordine che tutti gli aggregati di questo ordine hanno ma che nessun aggregato di livello inferiore possiede, e che non

36[Bro25], p. 71-72.

37Ritorneremo su questo aspetto nella prossima sezione, quando approfondiremo le varie

(29)

possono essere dedotte dalla struttura dell’aggregato e dalle proprietà dei costituenti.

b) Proprietà riducibili:

sono quelle proprietà che sono caratteristiche di un certo ordine ma che potrebbero in teoria essere dedotte dalla struttura dell’aggregato e dalle proprietà dei costituenti.

c) Proprietà ordinalmente neutrali:

sono quelle proprietà che un aggregato di un certo ordine condivide con gli aggregati di ordine più basso.38

Come risulta evidente, solo le proprietà ultime, di tipo a) sono quelle che possono essere definite emergenti, ma tenendo sempre ben presente come questo non implichi in principio nessuna impossibilità di una interpretazione meccanicistica della realtà e delle proprietà che appartengono a quella im-magine manifesta dell’uomo nel mondo.

Sarebbe bello poter ulteriormente approfondire la visione di Broad ma per motivi di spazio passeremo in rassegna nelle prossima sezione le varie caratteristiche che si ritrovano in comune a quello che potrebbe essere definito un canone emergentista, in modo da rendere esplicite quelle assunzioni che altrimenti potrebbero non essere tenute in considerazione.

(30)

3.2

Caratteristiche comuni al canone emergentista

In questa sezione analizzerò le caratteristiche centrali che possono essere rin-tracciate all’interno della moltitudine di teorie emergentiste. Le seguenti caratteristiche, che sono naturalismo, innovazione, gerarchia, irriducibilità e imprevedibilità possono considerarsi, in un senso nemmeno troppo approssi-mativo, come esplicative della concezione emergentista britannica. Un’analisi più adeguata delle suddette nozioni sta sicuramente alla base di una buona fondazione per le eventuali considerazioni che seguiranno.

i) Naturalismo

La prima caratteristica dell’emergententismo è sicuramente l’incondizio-nata accettazione di un punto di vista puramente naturalistico e molto semplicemente questo implica innanzitutto che spiegazioni sovrannat-urali sono, ipso facto inaccettabili, non esiste niente del tipo: forze nascoste, dei, spiriti vitali, anime cartesiane o qualsiasi cosa del genere. Al contrario, qualsiasi teoria emergentista afferma che tutte le strut-ture presenti in natura sono composte degli stessi elementi basilari, e non esisterebbero nessun tipo di componenti speciali per, ad esempio, la vita; tutte le proprietà sono istanziate da strutture composte di ele-menti naturali.

Accettando il naturalismo, l’emergentismo può mantenere una visione empirica e scientifica del mondo, senza dover cadere nel vicolo cieco del riduzionismo. Tuttavia sarebbe forse meglio dire, considerarndo come di fatto esistano diverse forme di naturalismo e il concetto di proprietà

(31)

emergente potrebbe risultare alquanto problematico,39che gli

emergen-tisti sono impegnati con un monismo fisicalista, secondo il quale tutte le entità del mondo sono composte da elementi fisici, concludendo così che, tutte le proprietà, incluse quelle emergenti, sono instanziate da strutture fisiche.

ii) Innovazione

Un’altra caratteristica delle teorie emergentiste, è l’idea che nel corso del tempo, in un sistema che definirei complesso, inevitabilmente avviene nel mondo qualcosa di assolutamente e genuinamente nuovo. Ma cosa si intende per ‘nuovo’? Nuove strutture, nuove entità, nuove propri-età o addirittura nuove leggi? Come si evince facilmente è forse più facile dire cosa non intendessero dire, e sicuramente non contempla-vano la venuta in esistenza di proprietà o entità numericamente nuove. Ad esempio, la proprietà di avere un peso di 78,549623 g, non sarebbe chiamata ‘nuova’, anche se essa fosse stata istanziata per la prima volta nell’universo. Quindi ciò che viene inteso per innovativo è l’istanza di un tipo che non è mai stato istanziato prima; ed in effetti sarebbe alquanto strano dire che le nuove leggi della natura vengono al mondo. Il concetto di innovazione è importante e meriterebbe una consider-azione più adeguata, ma non è così rilevante per la presente esposizione, perciò, brevemente, possiamo dire che la caratteristica di innovatività si riferisce a nuovi tipi di strutture o nuovi tipi di proprietà. Se

as-39Si pensi ad esempio ad un naturalismo forte, tutte le proprietà manifeste dovrebbero

(32)

sumiamo che sistemi con stesse identiche microstrutture, non possono avere diverse proprietà,40 ne segue che una condizione necessaria per la

manifestazione di una proprietà nuova, è l’istanziamento di una nuova struttura; se la struttura non fosse nuova, la proprietà corrispondente sarebbe già stata istanziata.

In conclusione l’idea di una genuina innovazione presuppone una dis-tinzione di base tra due tipi di proprietà che le entità complesse pos-sono avere: proprietà che anche i componenti pospos-sono avere, e proprietà che nessuno dei componenti presenta. Sono le seconde che sono state denominate proprietà sistemiche o anche emergenti. Sembra difficile negare una certa forza a queste tesi, infatti, ad una più attenta analisi, ci si rende conto che se non esistessero proprietà sistemiche, tutte le proprietà delle strutture sarebbero proprietà che anche i componenti hanno, ma ci sono un’infinità di esempi che ci dimostrano il contrario. Sostenere che non esistono innovazioni genuine, sarebbe equivalente a sostenere che tutti i tipi di sistemi e proprietà che esistono ad oggi, sono sempre esistite e non esiste supporto empirico a questa tesi. ii) downward causation

Uno degli aspetti che ha più accesso il dibattito sull’emergentismo, specialmente nel campo della filosofia della mente, è la questione della downward causation, ampiamente elaborato da studiosi come J. Kim.41

La questione è molto delicata e complessa, e richiederebbe

conseguente-40Quella che viene a volte chiamata mereological supervenience. 41Vedi ad esempio, [Kim92].

(33)

mente una trattazione a parte; ne presentiamo qui solo un accenno al fine della completezza espositiva.

Secondo Stephan, la downward causation può essere interpretata in due modi: i) il sistema che ha proprietà emergenti influenza causalmente il comportamento dei suoi componenti, oppure ii) le proprietà emer-genti stesse influenzano il comportamento dei componenti di un sis-tema. Questo dipenderà chiaramente da se assumiamo che tali pro-prietà possano avere potere causale oppure solo il sistema che le real-izza. Tuttavia, nel dibattito più recente, questa seconda formulazione è quella più centrale. Il problema in questo caso è che la fisica non lascia spazio a questi poteri causali addizionali, in altre parole, il regno della fisica è causalmente chiuso.

iii) Gerarchia

Un’altra caratteristica tipica delle teorie emergentiste è una sorta di visione stratificata della natura. Secondo questa visione tutte le cose in natura appartengono ad un determinato livello di esistenza, ognuno a seconda delle sue proprietà caratteristiche. Tutti questi livelli an-drebbero a costituire una gerarchia di complessità crescente, quello più fondamentale sarebbe ovviamente quello della fisica e per ogni altro livello superiore ci sarebbe una scienza speciale che lo spiega.

L’idea di questa struttura gerarchica ha giocato un ruolo fondamen-tale sia nelle teorie dell’emergentismo britannico ma anche in tutta la filosofia del ventesimo secolo. La relazione fondamentale che crea questo modello gerarchico è la relazione parte-tutto: tutte le entità di

(34)

un dato livello sono composte da entità di livello inferiore, eccetto per le entità al livello basilare le quali non hanno struttura. Qualche volta questo modello rimane più oscuro ma questa visone stratificata della realtà è stato uno degli sfondi che ha accompagnato molti dibattiti, come quello sul riduzionismo o sullo statuto delle scienze speciali. iv) Irriducibilità

Gli ultimi due concetti chiave che ci sono rimasti, irriducibilità e im-prevedibilità, sono tra loro strettamente legati, ad esempio in riferi-mento alle proprietà sistemiche già menzionate, esse sono irriducibili e in principio sono anche imprevedibili prima della loro originale istanzi-azione. Tuttavia, rimane possibile, come approfondiremo più avanti, che una proprietà possa anche essere riducibile, ma per qualche altra ragione rimanga imprevedibile. Il concetto di imprevedibilità risulta più complesso e quindi verrà trattato per ultimo.

L’irriducibilità è un concetto centrate nella discussione contemporanea sull’emergentismo, e allo stesso tempo è un concetto chiave anche nella teoria emergentista di Broad. Riprendiamo la sua, ormai familiare, definizione di proprietà emergente così da usarla come punto di partenza:

[...] le proprietà caratteristiche del tutto R(A, B, C) non possono, nem-meno in teoria, essere dedotte dalla completa conoscenza delle proprietà di A, B e C isolatamente o in altri insiemi che non sono della forma R(A, B, C).42

Un problema con questa definizione è che, a rigor di termini, nessuna

(35)

proprietà può essere davvero dedotta, ma solo leggi.43 In una

termi-nologia più moderna, e prendendo questo problema in considerazione, la di irriducibilità potrebbe essere formulata come segue:

Irriducibilità. Prendiamo un sistema S la cui proprietà sistemica E è nomologicamente dipendente dalle microstrutture 〈c1, ..., cn| o〉 (ovvero,

i componenti c1, ..., cne il loro ordine specifico o.) E è irriducibile, se la

legge secondo la quale tutti i sistemi con la microstruttura 〈c1, ..., cn| o〉

hanno la proprietà E non possono essere dedotti, nemmeno in principio, dalle leggi che descrivono il comportamento e le proprietà dei compo-nenti c1, ..., cn isolatamente o in altri sistemi più semplici di S.44

Secondo Akim Stephan45 in realtà ci sono due diverse definizioni di

irriducibilità implicite nello scritto di Broad, e che il fallimento nel dis-tinguerle ha portato fuori strada la discussione sull’emergentismo. Secondo Broad, le supposte leggi emergenti della chimica e biologia potrebbero infatti rivelarsi riducibili: "All’interno del regno fisico ri-mane sempre logicamente possibile che l’apparenza di leggi emergenti è dovuta ad una nostra imperfetta conoscenza delle strutture micro-scopiche o ad una nostra incompetenza matematica."46 Tuttavia, le

leggi che connettono qualità secondarie con proprietà fisiche sono neces-sariamente irriducibili, proprio per il fatto che le proprietà in questione non sono in tal modo analizzabili comportamentisticamente.47 Quindi,

in maniera sintetica, questa non analizzabilità di una proprietà significa

43Il primo a notare questa cosa è stato Pepper: "é solo umanamente parlando che

qualsiasi cosa è deducibile. E cosa è strettamente deducibile non sono né le qualità né gli eventi, ma leggi". [Pep26], p. 243. Traduzione mia.

44[Ste99], p. 36. 45[Ste99], p. 37-44. 46[Bro25], p. 81.

47Per disambiguare questo termine vorrei specificare che qui Stephan non sta facendo

riferimento alla corrente comportamentista della psicologia, ma sta usando questo avverbio nel senso del comportamento delle parti del sistema.

(36)

che non può essere spiegata in termini di comportamento, nel senso più ampio del termine, delle strutture ad essa connesse.

Siamo adesso in grado di apprezzare meglio il perché l’arcangelo di Broad non poteva dedurre le qualità fenomeniche o secondarie: anche se l’arcangelo ha un capacità di calcolo illimitata e può percepire diretta-mente le strutture microscopiche non poteva sapere quale fosse l’odore dell’ammoniaca. Non lo poteva sapere proprio perché non era analizz-abile comportamentisticamente, e quindi non derivanalizz-abile dal comporta-mento delle strutture correlate. Questo di porta alla prima definizione di irriducibile:

1) Irriducibilità1 Proprietà sistemiche che non sono

comportamentis-ticamente analizzabili sono (necessariamente) irriducibili1.48

Questa definizione trova una corrispondenza con il concetto di irriducibil-ità implicato dal modello funzionalista, questo modello non sarà ap-profondito, ma vale la pena riassumerlo brevemente. L’idea centrale di questo modello è che una condizione necessaria per la riduzione di una proprietà è che deve essere funzionalizzata, ovvero, definito il suo ruolo causale. Queste nozioni potrebbero essere considerate pratica-mente equivalenti, se non che la differenza sostanziale è che la nozione di funzionalizzazione è chiaramente definita, mentre quella di compor-tamentisticamente analizzabile rimane alquanto vaga.

Passiamo quindi alla seconda definizione di irriducibilità, secondo Broad, anche le proprietà sistemiche che sono comportamentisticamente

(37)

izzabili possono essere irriducibili; sarebbe il caso in cui il compor-tamento dei componenti del sistema, dal quale emerge una proprietà sistemica, non può essere dedotto, nemmeno in principio, dal com-portamento dei componenti in altri sistemi. Questa seconda forma di irriducibilità non viene mai direttamente discussa da Broad in The Mind and its Place in Nature, appare in altre opere ma non viene mai precisamente formulata.49 Stephan la formula come segue:

2) Irriducibilità2Una proprietà sistemica E di un sistema S irriducibile2,

se il comportamento dei componenti di S non segue dal compor-tamento di questi componenti in sistemi più semplici di S.

Questi due criteri di irriducibilità sono completamente indipendenti, anche se il comportamento dei componenti del sistema S non può es-sere dedotto dal comportamento di questi componenti in altri sistemi, è perfettamente possibile che le proprietà di S siano comportamentis-ticamente analizzabili. Dall’altro lato però, anche se le proprietà di un sistema S non sono comportamentisticamente analizzabili, rimane perfettamente possibile che il comportamento dei componenti di S può essere dedotto dal comportamento di questi componenti in altri sistemi. Stephan prosegue proponendo una definizione integrata dei due concetti di irriducibilità ma per quello che concerne la nostra argomentazione è sufficiente aver chiarito come non c’è accordo sulla definizione di ciò che si intende per irriducibile quando si parla di proprietà sistemiche.

(38)

v) Imprevedibilità

Siamo giunti a quello che, secondo la presente argomentazione, è il con-cetto più importante della struttura concettuale di Broad, il concon-cetto di imprevedibilità. Risulta importante sottolineare quanto il problema in questione è l’imprevedibilità di principio. Gli emergentisti britan-nici, come specialmente Alexander e Morgan, non erano interessati nelle nostre limitate capacità di previsione come meri esseri umani, piuttosto si immaginavano condizioni ideali dove non c’erano limiti alle capac-ità di calcolo o alla quantcapac-ità di informazione disponibile al soggetto conoscente. Il punto fondamentale era proprio dimostrare come anche un arcangelo o un demone con risorse illimitate non avrebbe potuto prevedere le proprietà emergenti, proprio per il fatto stesso che esse sono per principio imprevedibili.

Possiamo dire che una proprietà può essere definita imprevedibile in almeno due modi diversi:

i) Una proprietà può essere imprevedibile per il fatto che la mi-crostruttura del sistema che la istanzia è imprevedibile prima della sua manifestazione nel mondo.

ii) Una proprietà può essere imprevedibile per il fatto che essa è ir-riducibile.

Se una proprietà è irriducibile, non può essere dedotta anche da una completa conoscenza della microstruttura del sistema, e quindi non può essere prevista precedentemente alla sua prima manifestazione, anche se la microstruttura stessa fosse stata prevedibile. Abbiamo già visto

(39)

la questione dell’irriducibilità, quindi vediamo di seguito quei casi in cui una proprietà può essere comunque considerata imprevedibile anche senza essere irriducibile.

Per prima cosa, una proprietà di un sistema S è riducibile ma impreved-ibile se il comportamento dei componenti di S può essere dedotto dal loro comportamento in altri sistemi, ma alcuni di questi sistemi neces-sari per questa deduzione si presentano, manifestatamente, solo dopo il nostro sistema. In questo caso, l’apparizione di una certa proprietà non può essere prevista nemmeno in principio, anche se la proprietà è riducibile.

Un’altra possibilità è che ci sono proprietà riducibili ma imprevedi-bili perché l’universo è fondamentalmente non deterministico, e le mi-crostrutture sono per questo motivo imprevedibili. Si può opinare se questi due casi di imprevedibilità siano di qualche rilevanza teoretica per l’emergentismo.

Una terza e più interessante possibilità è quella che un processo, che con-duce alla generazione di una struttura innovativa, e quindi emergente, sia di tipo caotico; ciò implicherebbe che anche le proprietà riducibili di questa struttura non potrebbero essere previste. Qui il problema sembra essere se i processi caotici o quantomeno sufficientemente com-plessi siano o meno prevedibili in principio, questa domanda sarà uno dei temi centrali della sezione sui sistemi complessi, vedi sez. 5.

Riassumendo, la caratteristica di imprevedibilità può essere formulata come segue:

(40)

Imprevedibilità: una proprietà sistemica è per principio im-prevedibile, prima della sua manifestazione, se 1) è irriducibile o 2) la struttura che la istanzia è imprevedibile prima della sua apparizione.50

Nella prossima sezione vedremo quali sono stati i modi in cui si sono cercate di classificare le varie teorie emergentiste, cercherò in questo modo di fare un panorama della tassonomia dell’emergentismo. Su questa base vedremo a conclusione della sezione quali sono le riflessioni sellarsiane sul concetto di emergenza e come esse debbano essere inserite nel quadro che andrò a delineare nelle prossime pagine.

3.3

Varie forme di emergentismo

In questa sezione cercherò di fornire una classificazione generale delle varie teorie emergentiste e nell’attuare queste distinzioni faremo uso dei concetti e delle caratteristiche che abbiamo presentato nella sezione precedente. Un premessa importante rimane ancora da fare, ovvero che per quello che inter-essa la presente argomentazione ci limiteremo ad analizzare le varie posizioni che possono essere considerate appartenenti alla categoria dell’emergentismo epistemico. Non affronteremo quindi in prima istanza le problematiche che sono connesse ad un approccio di tipo ontologico51 ai fenomeni emergenti,

questo perché ci porterebbe troppo avanti nell’argomentazione tralasciando

50[Ste99], p. 68.

51Nel dibattito contemporaneo è forse più comune la nomenclatura di emergentismo

(41)

inevitabilmente gli aspetti epistemologici più rilevanti. Iniziando quindi con l’emergentismo debole, passeremo in rassegna anche quello sincronico e di-acronico, per approdare alla visione dell’emergentismo dello stesso Sellars.

3.3.1 Emergentismo Epistemico

Delineata la storia del concetto di emergentismo e la sua formazione più matura con la scuola Britannica, possiamo passare ad analizzare gli sviluppi più recenti del dibattito emergentista, entrando nel dettaglio per quanto riguarda il quadro epistemico sul quale stiamo rivolgendo la nostra atten-zione.

L’emergentismo epistemico, anche chiamato debole, è sicuramente il con-cetto più comune all’interno della ricerca scientifica recente e allo stesso tempo la posizione più popolare tra i filosofi di professione. L’emergentismo forte porta con sé delle conseguenze molto più radicali rispetto al ‘compagno’ debole: se dovesse risultare che esistono davvero fenomeni fortemente emer-genti rispetto al nostro attuale dominio della fisica, ciò implicherebbe che dovremmo davvero rivedere il nostro concetto di natura per accomodare an-che questi nuovi fenomeni. Il an-che equivale a dire an-che, se ci sono fenomeni la cui esistenza non è derivabile dalle condizioni di fatto come la distribuzione esatta delle particelle e campi nello spazio-tempo (assieme alle nostre leggi della fisica), allora ciò suggerirebbe che abbiamo davvero bisogno di nuove leggi della fisica per spiegare questi fenomeni.

(42)

emer-genti rispetto al nostro dominio della fisica non avrebbe certo la stessa in-fluenza. L’esistenza dei suddetti fenomeni inaspettati non metterebbe a re-pentaglio la completezza dell’inventario ontologico del mondo. Almeno finché l’esistenza di questi fenomeni è deducibile in principio da un quadro speci-fico del mondo, non serviranno nuove leggi fondamentali o nuove proprietà. Secondo l’emergentismo debole tutto rimarrebbe una conseguenza delle leggi fisiche ma ciò non lo rende assolutamente meno interessante da analizzare, anzi, tutt’altro. La prima formulazione della distinzione tra emergentismo debole e forte è da rintracciarsi nel lavoro di Chalmers, Strong and Weak Emergence.52

Possiamo considerare l’emergentismo debole come caratterizzato dalle seguenti assunzioni:

i) Monismo fisico. Si ricollega a quella forma di naturalismo a cui ab-biamo già fatto cenno nella scorsa sezione, secondo il quale tutte le entità nel mondo sono composte da elementi fisici. Conseguentemente, le proprietà emergenti sono istanziate da sistemi che sono composti completamente da elementi fisici.

ii) Proprietà sistemiche. Esistono proprietà sistemiche, e una proprietà di un sistema si dice sistemica se nessuno dei componenti del sistema la possiede.

ii) Determinismo sincronico. Le proprietà e le disposizioni comportamen-tali di un sistema sono sempre nomologicamente dipendenti dalla sua

(43)

microstruttura. Non può essere differenza a livello delle proprietà sis-temiche senza che ci sia una differenza nella microstruttura.53

Come prima cosa vediamo subito che l’emergentismo debole è perfetta-mente compatibile con un fisicalismo riduttivo e che inoltre rappresenta una sorta di fondamento per tutte le forme più forti di emergentismo ma allo stesso tempo potrebbe apparire così debole da dubitare se si meriti affatto il nome di emergentismo.

3.3.2 Sincronico e diacronico

L’emergentismo sincronico è l’emergentismo debole ma con l’aggiunta della caratteristica dell’irriducibilità.54 Questa è quella forma di emergentismo che

è basata sugli scritti di Broad e che sicuramente risulta tra le più importanti anche in filsofia della mente. Come abbiamo già visto nella sez. 3.2, la nozione stessa di irriducibilità può essere separata in due, irriducibilità1 e

irriducibilità2.55 Riprendendo questa distinzione segue che dalla non

analizz-abilità di una proprietà non segue l’irriducibilità del comportamento dei com-ponenti da cui emerge e allo stesso modo, vale anche viceversa, dall’irriducibilità del comportamento dei componenti non segue la non analizzabilità di una proprietà sistemica.

L’emergentismo diacronico invece, è equivalente all’emergentismo debole ma con le caratteristiche supplementari di innovazione e imprevedibilità.56

53[Ste99], pp. 66-67. 54[Ste99], p. 68. 55Vedi sez. 3.2. 56[Ste99], p. 69.

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Nella storia dell’emergentismo questa forma diacronica è certamente quella prevalente rispetto a quella sincronica, anche se, in questo caso, meno rile-vante per il dibattito sulla filosofia della mente. Come abbiamo notato nella sez. 3.2, una proprietà può essere imprevedibile per almeno due ragioni: per-ché la struttura dalla quale emergono le proprietà è imprevedibile, o perper-ché è la proprietà stessa ad essere irriducibile. Visto che i primi emergentisti erano convinti che l’universo fosse deterministico e che tutte le strutture erano di per principio prevedibili, non rimaneva altro che la seconda opzione disponi-bile. Ecco perché l’emergentismo diacronico classico può essere visto come l’emergentismo debole con innovazione e irriducibilità.57

Vorrei concludere questa sezione con una piccola mappa, vedi fig. 1, che illustra le diverse forme di emergentismo e le relazioni che tra esse intercor-rono.58

3.4

Sellars sull’emergentismo

Nel dibattito contemporaneo non credo venga sufficientemente riconosciuto quanto, il problema dell’emergenza, sia stato di fondamentale importante nella filosofia sistematica di Sellars. La sua concezione di emergenza però, non è né ereditata dall’emergentismo britannico, né risulta interamente con-sistente con esso. L’incontro con l’emergentismo è stato influenzato molto più probabilmente dal padre, Roy Wood Sellars, i cui contributi alla storia

57Per completezza espositiva riporto qui anche l’emergentismo strutturale, secondo il

quale sono le strutture stesse ad essere imprevedibili e in questa forma l’imprevedibilità di una proprietà non dipende dalla sua irriducibilità. [Ste99], p. 70.

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