• Non ci sono risultati.

Sono numerose le applicazioni in cui è necessario un serbatoio di accumulo di energia termica; basti pensare alle caldaie a biomassa e al solare termodinamico nelle applicazioni residenziali (Figura 63), che prevedono l’accumulo di calore sensibile attraverso un vettore energetico che può essere acqua o una opportuna miscela per evitare il congelamento.

Oltre alla più ovvia funzione di sfasare temporalmente produzione e utilizzo, permettendo di spostare il consumo di energia primaria quando il costo è minore o quando è disponibile da fonte rinnovabile, l’accumulo consente di evitare il funzionamento start/stop o a carico parzializzato, mantenendo il rendimento del sistema sempre prossimo

60

a quello nominale, e permette di impiegare un sistema termico di taglia minore rispetto a quella necessaria in sua assenza.

L’utilizzo di acqua come vettore termico in sistemi di accumulo a calore sensibile è una prassi ormai consolidata nel range di temperature che va dai 40°C agli 80°C; essa ha una capacità termica elevata, è chimicamente stabile, non è tossica né infiammabile, ha un costo irrisorio ed è facilmente reperibile in grandi quantità. L’acqua risulta, inoltre, essere compatibile con i materiali costituenti i componenti solitamente utilizzati nella tecnica impiantistica. A temperature superiori ai 100°C, per mantenerla allo stato liquido, l’acqua deve essere pressurizzata, in modo da incrementare la temperatura di evaporazione.

Figura 63. Schema di un serbatoio di accumulo per impianto solare termico domestico.

Volendo operare in condizioni atmosferiche, si ricorre invece all’utilizzo di oli, sali fusi o metalli liquidi, ovvero sostanze e miscele altobollenti. Nel caso di temperature elevate, fino anche a 1000°C, si impiegano materiali solidi, come rocce o ceramici. L’utilizzo di materiali a cambiamento di fase richiede costi elevati, ma permette di ottenere elevata densità energetica e garantisce temperatura praticamente costante durante le fasi di carica e scarica. In realtà, localmente, gli scambi termici non sono isotermi: ad esempio, considerando la fase di carica, si verifica che il materiale posto nelle zone limitrofe allo scambiatore che cede calore, attua il cambiamento di fase prima rispetto a quello che si trova nelle zone periferiche. Supponendo che il passaggio avvenga da solido a liquido, accade che lo scambiatore continua a cedere calore al materiale affinché si raggiunga la completa liquefazione, ma lo strato limitrofo, già liquido, rallenta il processo facendo da isolante, data anche la natura generalmente poco conduttiva di questi materiali; ne consegue che la zona vicina alla fonte di calore raggiunge lo stato di liquido surriscaldato prima che il resto abbia completato la transizione di fase. Un confronto schematico fra diversi mezzi di accumulo è riportato in Figura 64.

61

Figura 64. Confronto fra diversi mezzi per l’accumulo termico. [39]

L’accumulo di calore sensibile, ovvero la somministrazione e la cessione di energia che induce nel vettore termico una variazione di temperatura e non un passaggio di stato, in un serbatoio di acqua, rappresenta, quindi, una soluzione pratica ed economica. Nel caso di accumulo a calore sensibile, l’energia termica accumulata può essere stimata come segue:

𝑄 = 𝑀 ∫ 𝑐𝑝𝑑𝑇 = 𝑀𝑐̅(𝑇𝑓− 𝑇𝑖) 𝑇𝑓

𝑇𝑖 dove:

• 𝑄 è l’energia termica espressa in [𝐽];

• 𝑐𝑝 è il calore specifico a pressione costante, espresso in [ 𝐽

𝑘𝑔𝐾], che sarebbe funzione della temperatura ma può essere approssimato ad un valore costante; • 𝑀 è la massa del vettore termico, in [𝑘𝑔], che può essere espressa come prodotto

della densità 𝜌 e del volume 𝑉, 𝑀 = 𝜌𝑉.

Una volta scelto il vettore termico, noto il valore dell’energia termica accumulata e fissato l’intervallo di temperatura, si può calcolare il volume necessario per il serbatoio di accumulo.

Due importanti problematiche da affrontare nel dimensionamento dello storage riguardano lo scambio termico con l’esterno, che comporta l’abbassamento di temperatura ovvero perdita di energia per la fase di scarico, e il mantenimento della stratificazione termica, fenomeno fisico naturale che consiste nella disposizione a diverse altezze dei volumi d’acqua a temperatura diversa, in virtù della differenza di densità.

I serbatoi per l’accumulo sono solitamente cilindrici ad asse verticale, con altezza e diametro simili, per minimizzare lo scambio termico con l’esterno; vengono realizzati in acciaio o calcestruzzo e coibentati con materiali isolanti, quali poliuretano o lana di roccia. Hanno ragione di esistere, soprattutto quando si ha a che fare con accumuli di grosse dimensioni, come nell’accumulo stagionale, soluzioni interrate o parzialmente interrate (Figura 65), per sfruttare, oltre all’eventuale coibentazione artificiale, l’effetto isolante del terreno [40].

62

Figura 65. Rappresentazione di un serbatoio completamente interrato e di un serbatoio parzialmente interrato.

All’interno del fluido possono instaurarsi fenomeni di convezione naturale, a causa delle forze di galleggiamento. Il galleggiamento è dovuto all’azione combinata del gradiente di densità e di una forza di massa, la forza di gravità, proporzionale alla densità; nel bilancio della quantità di moto deve essere considerata la presenza del termine termogravitazionale. Nei gas e nei liquidi, la densità è funzione della temperatura, e generalmente, decresce al crescere della temperatura poiché il fluido tende ad espandersi:

𝜕𝜌 𝜕𝑇< 0 , 𝜕𝑣 𝜕𝑇, 𝑣 = 1 𝜌

L’acqua, per la particolare natura dei legami intermolecolari, rappresenta un caso emblematico; quanto detto è, infatti, vero per temperature al di sopra dei 4°C, mentre nell’intervallo che va da 0°C a 4°C essa presenta un comportamento anomalo: la densità aumenta all’aumentare della temperatura, come mostrato in Figura 66. Definito il coefficiente di espansione volumetrico:

𝛽 = −1 𝜌( 𝜕𝜌 𝜕𝑇)𝑝 = 1 𝑣( 𝜕𝑣 𝜕𝑇)𝑝 si può scrivere: { 𝛽 > 0, 𝑇 > 4°𝐶 𝛽 < 0, 0°𝐶 < 𝑇 < 4°𝐶

63

Figura 66. Andamento della densità in funzione della temperatura per l'acqua.

Considerando un fluido fra due piastre orizzontali, molto estese e mantenute a temperature diverse 𝑇1 ≠ 𝑇2, immerso in un campo gravitazionale, bisogna distinguere due situazioni (Figura 67), a seconda se la parete a temperatura maggiore si trova in alto o in basso.

Figura 67. Rappresentazioni delle possibili situazioni per un fluido posto fra due piastre mantenute a diverse temperature: (a)situazione instabile, (b)situazione stabile.

[41]

Nei serbatoi cilindrici verticali per l’accumulo termico, la tendenza è quella di riprodurre una situazione simile, seppur con le dovute differenze, a quella che si ha nel caso stabile fra due piastre orizzontali; si pone l’ingresso (o l’uscita) dell’acqua calda nella parte superiore e l’uscita (o l’ingresso) dell’acqua fredda nella parte inferiore. In questo modo è possibile, utilizzando un unico serbatoio, prelevare acqua molto calda o molto fredda rabboccando il serbatoio con acqua a temperatura diversa, rispettivamente minore o maggiore, da quella prelevata (Figura 68).

Figura 68. Mantenimento della stratificazione termica in un serbatoio durante la sua scarica: l’acqua calda viene prelevata dall’alto mentre viene immessa acqua fredda da

64

La zona in cui si ha un certo mescolamento fra il fluido caldo e quello freddo è detta termoclino, può avere uno spessore elevato o moderato a seconda se il serbatoio è moderatamente o altamente stratificato [39]. Si vuole mantenere la stratificazione riducendo il mescolamento fra i vari strati a diverse temperature, in quanto essa influenza le performance del sistema, sia dal punto di vista energetico ma soprattutto da quello exergetico. Quando questa soluzione risulta difficile, si può optare per l’utilizzo di due o più serbatoi, ciascuno dei quali accumula fluido a diversa temperatura, in modo da creare una stratificazione forzata (Figura 69); ciò comporta però un aumento degli ingombri, ovvero del volume e della superficie esposta, e quindi maggiori perdite termiche verso l’esterno.

Figura 69. Soluzione con due serbatoi di accumulo per garantire la separazione fra fluido caldo e fluido freddo. [43]

Il grado di stratificazione in un serbatoio dipende dal suo volume e dalla sua forma, dal sito di installazione, dal design degli ingressi e delle uscite, dall’entità delle portate che vi fluiscono, dalla durata delle fasi di carica e scarica e dal tempo di stoccaggio[44]. La destratificazione, e quindi la perdita di energia accumulata, è principalmente attribuibile ai seguenti fattori:

• scambio termico con esterno, che dipende dalla superficie esposta e dalla temperatura esterna

• scambio termico conduttivo fra strati contigui a temperature diverse

• scambio temico conduttivo in direzione verticale lungo la parete del serbatoio; • essendo le pareti a contatto con l’esterno esse sono più fredde rispetto al fluido

che si trova all’interno, per cui lo strato di fluido ad esse contiguo si raffredda e diventa più denso rispetto a quello interno, innescando un moto convettivo che favorisce il mescolamento;

65

• mescolamento dovuto ai getti durante le fasi di carica e scarica, che rappresenta la principale causa di destratificazione.

Documenti correlati