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SETTORI INTERESSATI ALLE BIOTECNOLOGIE

Nel documento Cronache Economiche. N.001, Anno 1985 (pagine 54-61)

BACTERIUM SAPIENS

SETTORI INTERESSATI ALLE BIOTECNOLOGIE

I settori interessati alle biotecnologie sono: l'energetico, l'industriale, il farmaceutico-sanitario, l'agricolo e l'ecologico.

Settore energetico

T r a le più sorprendenti possibilità di uti-lizzo industriale dei microrganismi c'è la produzione di energia, a partire da quella solare.

I sistemi tradizionali di sfruttamento del-l'energia solare sono essenzialmente di due tipi: da una parte quelli più primitivi, ba-sati sullo sfruttamento diretto del calore, che h a n n o come principale scopo la pro-duzione di acqua calda, e dall'altra quelli più moderni, che consentono di convertire l'energia solare in elettricità. Questi ultimi metodi utilizzano sottilissime (e

costosissi-Fig. 6. // «cuore» del sistema TOTEM: H gas prodotto dalla fermentazione del materiale organico viene bru-ciato nel motore (al centro) derivato da quello della Fiat 127, che fa funzionare un alternatore: l'energia elettri-ca prodotta viene accoppiata a quella della rete attra-verso un sistema elettronico (a sinistra) che la mette automaticamente in fase.

Importanti applicazioni offre la coltivazio-ne in vitro delle piante. Dei vantaggi se coltivazio-ne parlerà trattando delle applicazioni nel set-tore agricolo. R i c o r d i a m o qui il principio sul quale si basa: le cellule vegetali di alcuni tessuti sono totipotenti, cioè m a n tengono la capacità tipica dei tessuti e m -brionali (meristemi) di generare un indivi-d u o completo. U n apice vegetativo tra-piantato su un substrato sterile come l'a-gar, in presenza di sali minerali, vitamine e o r m o n i , dà origine ad una p i a n t a in minia-tura che, trapiantata nella terra e tenuta in condizioni di alta umidità, prosegue il nor-m a l e ciclo di sviluppo e p u ò essere inor-mnor-mes- immes-sa sul mercato. T r a lo stadio iniziale e quello finale p u ò intercorrere un periodo di soli 2 mesi: il guadagno di tempo, di spazio e la riduzione dei costi sono notevo-li.

cellula che risulta dalla fusione, produce l'anticorpo tipico del linfocita di partenza, si divide all'infinito, c o m e le cellule t u m o -rali e viene c h i a m a t o anticorpo monoclo-nale. Sono oggi disponibili, anche in Italia, dei kit diagnostici per analisi biomediche, basati su test i m m u n i t a r i con anticorpi monoclonali. U l t i m a m e n t e è poi sorta la possibilità di legare un agente tossico con un anticorpo monoclonale, f o r m a n d o la cosiddetta « i m m u n o t o s s i n a » , che ricono-sce e distrugge solo le cellule tumorali. Po-trebbe essere un nuovo passo avanti verso la sconfitta del cancro.

La fusione cellulare è applicata anche a colture in vitro di cellule vegetali (vedi sot-to), fatte moltiplicare privandole delle pa-rete, cioè del c o m p o n e n t e cellulosico che le racchiude all'esterno. In questo m o d o è possibile realizzare l'«ibridazione somati-c a » , somati-cioè la fusione del D N A di spesomati-cie di-verse. Il protoplasto che ne deriva viene fatto evolvere a cellula completa di parete, quindi tessuto ed infine ad individui ibridi moltiplicati in vitro. C o n questo sistema l'ibridatore ha velocemente a disposizione generazioni di ibridi da sottoporre a sele-zione, eliminando i tempi lunghi richiesti dai cicli colturali che passano attraverso la fecondazione controllata e la riproduzione sessuale.

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Coltura in vitro di cellule animali e di piante

Fig. 5. Sistema « TOTEM» per il recupero di energia ad uso delle aziende zootecniche. Le deiezioni animali, fer-mentando all'interno del «pozzetto digestore» produ-cono metano, che può trovare vari impieghi per il recu-pero dell'energia che contiene. Nella foto: digestore di impianto TOTEM fotografato alla Fiera suinicola di Bo-logna de! 1983.

me) celle di silicio purissimo, « d r o g a t e » 7

con una quantità microscopica di boro, che assorbono i fotoni e producono, per ef-fetto fotovoltaico, una debole corrente elet-trica. Questa tecnologia è molto promet-tente, m a gravemente penalizzata dall'alto costo del silicio monocristallino necessa-rio.

Invece, lo sfruttamento diretto del calore solare, o p p o r t u n a m e n t e concentrato, è uti-lizzato sia per il riscaldamento domestico che per applicazioni industriali, come fon-te di calore nei forni solari o per la produ-zione di vapore, che viene successivamente impiegato per azionare una turbina e quin-di produrre energia elettrica. M a tutti que-sti metodi, diciamo cosi, « m e c c a n i c i » di produrre energia partendo dal sole h a n n o un grave inconveniente. L'energia che pro-ducono non è direttamente stoccabile, cioè non è possibile accumulare l'energia solare per utilizzarla a seconda della richiesta. Inoltre, per poter utilizzare conveniente-mente la radiazione solare, è necessario concentrare i raggi in un p u n t o focale. In-fatti, se la superficie esposta al sole fosse semplicemente piana, e di conseguenza i raggi del sole non fossero per niente con-centrati, la superficie si riscalderebbe al massimo di un centinaio di gradi centigra-di, e si produrrebbe pochissima energia, e solo in condizioni particolarmente favore-voli. Invece, utilizzando degli strumenti che concentrino la radiazione in un punto, come ad esempio u n o specchio parabolico, si possono raggiungere temperature dell'or-dine dei 3000 gradi, ed una produzione di circa 1 K w / c m q . M a questo tipo di im-pianti, oltre a richiedere una enorme su-perficie riflettente, con tutti i costi che la costruzione di un simile specchio c o m p o r -ta, crea notevoli problemi strutturali. Di conseguenza, gli impianti solari a specchi parabolici sono ancora allo stadio speri-mentale.

Eppure, sotto molti punti di vista, produr-re energia dal sole saprodur-rebbe la soluzione mi-gliore. Innanzi tutto, il sole è una sorgente eterna (anche perché, se dovesse esaurirsi, non a v r e m m o più problemi, né energetici, né di qualsiasi altro genere!). Poi, ha un impatto ambientale molto m e n o distrutti-vo rispetto all'utilizzo degli idrocarburi e dei carburanti fossili e, cosa molto impor-tante, tutti i centomila miliardi di kilowatt che raggiungono giornalmente, in media, la superficie della terra sono gratuiti.

L'u-nico problema è catturare, accumulare ed utilizzare al meglio questa risorsa. Abbia-m o visto che la trasforAbbia-mazione diretta del-l'energia solare attraverso strumenti com-plessi promette bene, ma — almeno per ora — produce energia utilizzabile a costi decisamente t r o p p o elevati per una rapida diffusione industriale. La situazione sem-brerebbe paradossale: il sole, questa gigan-tesca centrale nucleare a fusione, spara letteralmente sulla terra una quantità i m m e n -sa di energia, tanto che, se se ne sfruttasse la millesima parte, basterebbe per dieci miliardi di persone, e per l'eternità. M a i costi degli impianti, e le varie difficoltà di a p p r o n t a m e n t o delle centrali solari, e so-prattutto le difficoltà di stoccaggio svuota-n o questa esvuota-nergia da ogsvuota-ni cosvuota-ncreta possibi-lità di utilizzo. Apparentemente, allo sta-dio attuale delle conoscenze, non c'è via d'uscita. Eppure, l'energia solare è sfrutta-ta, in maniera decisamente efficiente, da centinaia di milioni di anni. Le piante ver-di, i cianobatteri, ed in generale, tutti gli organismi vegetali dotati di clorofilla sfrut-tano l'energia solare. Anzi, si p u ò dire che tutti gli ecosistemi, tutti gli ambienti natu-rali esistono grazie allo sfruttamento di questa risorsa. L'unica eccezione a questa regola è costituita da particolari ambienti oceanici, lungo la dorsale medio atlantica, che sfruttano l'energia emessa dai vulcani che costituiscono questa smisurata spacca-tura. Ma, a parte questo caso eccezionale, la vita sulla terra dipende dall'energia

sola-Fig. 7. Impianto TOTEM in funzione presso la cascina «La Margherita» di Carmagnola. L'impiego di un im-pianto TOTEM, oltre a consentire H risparmio energeti-co, permette di eliminare i rifiuti animali, altamente in-quinanti (l'eliminazione dei quali è prevista dalla legge n. 319 del 10/5/1976).

re che viene trasformata dai vegetali. E i vegetali, in centinaia di milioni di anni di evoluzione, hanno aggirato lo scoglio prin-cipale che si oppone allo sfruttamento del-l'energia solare: lo stoccaggio. Natural-mente, l'energia solare non viene utilizzata direttamente, nei vegetali, e n e m m e n o tra-sformata in energia elettrica o calore.come avviene invece negli impianti costruiti dal-l'uomo. Gli organismi dotati di clorofilla trasformano l'energia elettromagnetica in energia chimica.

Il ciclo, in poche parole, è questo: l'energia elettromagnetica, proveniente dal sole, vie-ne captata dalla clorofilla, trasformata in A T P , la molecola universale che, in tutte le cellule, funziona da accumulatore e tra-smettitore di energia, e in una sostanza ri-ducente ( N A D P ridotto). Entrambi i com-posti servono a trasformare l'anidride car-bonica in u n o zucchero, il glucosio. Questo processo, quindi, trasforma l'energia in forma utilizzabile dall'organismo.

M a se questa trasformazione chimica, ope-rata dai vegetali, consente di risolvere il problema dello stoccaggio, non si p u ò pen-sare di utilizzare il lavoro delle piante o dei batteri fotosintetici per produrre ener-gia a basso costo? In effetti, il problema è studiato a fondo, e sono attualmente in funzione, in Italia e all'estero, alcuni pic-coli impianti per la produzione, o più spes-so il recupero, di energia, che si basano proprio sull'azione dei batteri. Il sistema più semplice è il generatore T O T E M , a c r o n i m o di Total Energy Module, svilup-pato dalla F I A T . Il totem, in sostanza, è un sistema per recuperare energia ad uso delle aziende zootecniche. Nelle aziende di u n a certa importanza si presenta il proble-m a dell'eliproble-minazione dei rifiuti organici degli animali. La loro eliminazione è tut-t'altro che semplice; i rifiuti organici non possono essere semplicemente scaricati nell'ambiente, perché possono essere estre-m a estre-m e n t e inquinanti, né venduti coestre-me con-cime, perché vengono prodotti in quantità di gran lunga superiori alla d o m a n d a . Il to-tem, benché non sia certo il non plus ultra per q u a n t o riguarda l'efficienza energetica, consente di eliminare questi rifiuti e otte-nere energia. In poche parole, il sistema

Fig. 8. Fermentatore IPer gentile concessione L.B. Di-partimento Scienza dei materiali e Ingegneria chimica. Politecnico di Torino).

Impianto pilota provvisto di reattore, sterilizzabile a va-pore, della capacità di 8-15 1, munito di albero centrale rotante che rimescola il brodo di fermentazione, conte-nente H substrato da trasformare. Nel brodo vengono inoculati i microorganismi impegnati nella trasforma-zione e le sostanze nutritizie essenziali per il loro meta-bolismo. L'impianto è dotato di filtri e valvole per l'en-trata e l'uscita dei liquidi in assoluta asetticità e di di-spositivi per il controllo di temperatura, pH, n° di giri-/minuto delle giranti dell'albero rotante, formazione di gas, ossigeno disciolto.

Con questo tipo di impianto il processo è discontinuo: viene immesso nel reattore un certo « volume di lavo-ro» (substrato da trasformare + inoculo) e, dopo il pe-riodo di tempo necessario per la biotrasformazione, H liquido viene prelevato per l'estrazione e la purificazio-ne del prodotto.

Nel processo «in continuo», il « volume di lavoro » vie-ne mantenuto costante grazie all'immissiovie-ne continua di terreno di coltura ed alla sottrazione del prodotto di reazione ed i microrganismi vengono immobilizzati su determinati supporti (cellulosa, gel di silice). Questo metodo è adatto per volumi di produzione grandi, ma comporta un maggior numero di problemi tecnici. Un esempio di sfruttamento industriale di microrga-nismi in fermentatori è dato dall'impiego di ceppi della muffa Aspergillus nella produzione di acido ci-trico (usato nell'industria alimentare) a partire da me-lasse.

Fig. 9. È anche grazie alla ideazione e costruzione di potenti mezzi di indagine che permettono la visione nell'infinitamente piccolo che si può fare della ricerca avanzata.

In foto si vede un'immagine al microscopio elettronico a trasmissione (ingrandimento 4600 x 1.75) di una se-zione longitudinale di ife in coltura di un ceppo della muffa Aspergillus sp„ capace di produrre acido citrico. Come si vede si tratta di tipiche cellule eucariotiche al-lungate (ife) dotate di tutti gli organelli caratteristici, di grandi vacuoli e protette da una parete cellulare (Per gentile concessione del Dipartimento Biologia Vegetale dell'Università di Torino).

consiste in un serbatoio in cui viene versa-to il letame, che « m a t u r a » , ovvero fer-menta, a causa dell'attività batterica. Que-sta fermentazione produce metano, che viene bruciato in un motore, derivato da quello della 127. Inoltre, viene anche recu-perato il calore prodotto dalla combustio-ne, tramite un sistema di radiatori che servono anche per il raffreddamento del m o -tore stesso; naturalmente, il calore così re-cuperato viene utilizzato per gli usi dome-stici. Il m o t o r e è poi collegato ad un alter-natore, che produce elettricità. L'energia così prodotta, che da sola non basterebbe per i bisogni dell'azienda, viene integrata a quella della rete attraverso un dispositivo elettronico che mette a u t o m a t i c a m e n t e in fase l'energia prodotta dal totem con quel-la delquel-la rete, permettendo un notevole ri-sparmio e, nel contempo, eliminando il le-tame.

U n ' a l t r a via per la produzione di energia a partire dai microrganismi, tuttora allo

sta-dio sperimentale, prevede la t r a s f o r m a z i o - ' ne dell'energia solare in c a r b u r a n t e , c o m e ad e s e m p i o l'idrogeno, utilizzando i p r o -cessi metabolici dei m i c r o r g a n i s m i . La p r o d u z i o n e di idrogeno, e la sua a p p l i c a -zione nel c a m p o industriale, è destinata ad avere u n peso s e m p r e maggiore nelle scelte energetiche degli a n n i a venire.

S e c o n d o Veziroglu, presidente dell'Asso-ciation i n t e r n a t i o n a l e p o u r l'énergie hy-drogène, l'idrogeno d o v r à c o m i n c i a r e a so-stituire i c a r b u r a n t i fossili negli a n n i 2 0 1 0 - 2 0 2 0 , p e r evitare i disastrosi effetti a m b i e n t a l i noti c o m e « e f f e t t o serra». D ' a l -tronde, le possibilità di utilizzo dell'idrogeno, sia c o m e c o m b u s t i b i l e che c o m e m a t e -ria p r i m a , s o n o i m m e n s e . A d d i r i t t u r a , la D a i m l e r Benz fa circolare a Berlino ed a Stuttgart una flotta di taxi a idrogeno, che viene bruciato, sotto f o r m a di i d r u r o , in m o t o r i p r a t i c a m e n t e identici a quelli di se-rie.

O r a , la via più logica per ottenere idrogeno s e m b r e r e b b e t o t a l m e n t e estranea ai princi-pi della biologia, e cioè passerebbe per l'e-lettrolisi d e l l ' a c q u a . M a questa tecnica ha degli inconvenienti, p r i m o tra tutti q u e l l o che, p e r p r o d u r r e idrogeno, bisogna co-m u n q u e investire u n a certa q u a n t i t à di energia elettrica. A n c h e le dissociazioni t e r m i c h e d e l l ' a c q u a p r o d u c o n o idrogeno, m a richiedono u n a notevole q u a n t i t à di ca-lore, e q u i n d i di energia. Si calcola che, su 1000 molecole d ' a c q u a , se ne p o s s o n o dis-sociare soltanto 7 a 1700 °C, 100 a 2 4 0 0 °C e 2 0 0 a 2 7 0 0 °C. Inoltre, l'idrogeno così ottenuto, r a f f r e d d a n d o s i , tende a r i c o m b i n a r si con l'ossigeno, p e r r i f o r m a r e a c q u a . N o -nostante queste difficoltà, le dissociazioni termiche o elettrolitiche d e l l ' a c q u a sono, a tutt'oggi, i m e t o d i più seri p e r p r o d u r r e idrogeno. M a , c o m e si è a c c e n n a t o , la m o -derna ricerca biologica s e m b r a offrire u n a terza via per la p r o d u z i o n e di idrogeno, a partire dalla b i o m a s s a . Infatti, gli organi-smi azotofissatori s o n o in g r a d o di sintetiz-zare d i r e t t a m e n t e l'idrogeno, p a r t e n d o dai protoni; questi, in condizioni n o r m a l i , reagiscono c o n l ' a z o t o per p r o d u r r e a m m o -niaca, che se viene liberata nel m e z z o di reazione p u ò essere r e c u p e r a t a . I batteri del genere R h i z o b i u m (simbionti delle le-guminose), altre specie di batteri ed i cia-nobatteri sono, tra l'altro, gli unici esseri viventi in g r a d o di fissare l ' a z o t o m o l e c o l a -re. A l l o n t a n a n d o l'azoto dal m e z z o di rea-zione o i m p i e g a n d o particolari inibitori

Fig. 11. Cella climatica. I vasi di coltura sono tenuti in un ambiente controllato per intensità e periodo di luce e per temperatura (Per gentile concessione L.M. diAI-lemandi e Grippiolo, Torino).

Fig. 12 Particolare di una coltura in vitro, con giovani piante di Phylodendron durante la prima fase di adatta-mento (Per gentile concessione L.M. di AHemandi e Grippiolo. Torino).

che ne i m p e d i s c o n o l'utilizzazione, i batte-ri (immobilizzati allo scopo in p o l i m e r i inerti c o m e l'agar) i m p i e g a n o i protoni per p r o d u r r e idrogeno, che p u ò poi essere re-c u p e r a t o .

Se quello della p r o d u z i o n e di energia è un c a m p o di ricerca affascinante, m a a n c o r a l o n t a n o dal d a r e risultati concreti, i batteri s o n o tuttavia impiegati dall'industria in moltissimi altri c a m p i , d o v e sono pratica-m e n t e insostituibili, e d o v e le n u o v e

tecno-1 2 logie e l'ingegneria genetica giocano un r u o l o d e t e r m i n a n t e .

S e t t o r e industriale

L a p r o d u z i o n e microbiologica di gran par-te dei prodotti che ci c i r c o n d a n o nella vita di tutti i giorni, e dei quali si darà u n a sin-tetica e n o n esauriente p a n o r a m i c a , ha s e m p r e alla base il processo f e r m e n t a t i v o . A n c h e sostanze quali l ' a m m o n i a c a , c h e si p r o d u c o n o a n c o r a per sintesi c h i m i c a , ver-r a n n o pver-resto o t t e n u t e p e ver-r sintesi biologica, o c o m p l e t a , o c o n m e t o d i di p r o d u z i o n e

1 1 Fig. 10. Le tecniche dell'ingegneria genetica hanno già

permesso di isolare i geni che codificano per una deci-na di proteine indispensabili nel trattamento di malattie umane e animali. Mentre per i fattori Vili e IX della coagulazione del sangue umano si è fermi a questo stadio, per le altre proteine si è già a quello della speri-mentazione clinica. Al momento, solo l'insulina è fab-bricata industrialmente, con queste tecniche, e com-mercializzata (foto degli autori).

semisintetica (la fermentazione produce una sostanza di base che verrà trasformata per via chimica. È un metodo utilizzato per la produzione di antibiotici). T r a i van-taggi della produzione biologica c'è il fatto che il materiale di partenza può essere rap-presentato da prodotti di basso costo, come la cellulosa ed i prodotti organici di scarto. Questa tecnologia tradizionale è affiancata da una attiva ricerca e selezione dei ceppi migliori, attraverso due distinti processi: la mutazione casuale e la manipolazione mi-rata. Per quanto riguarda la mutazione ca-suale, ci sono oggi metodi computerizzati che esaminano gli organismi sopravvissuti ed identificano i ceppi più produttivi. La manipolazione mirata, invece, è ancora in larga misura allo stadio sperimentale. I settori industriali impegnati sono essen-zialmente il chimico e l'alimentare.

L'industria alimentare da anni sfrutta il

processo fermentativo di vari microrgani-smi, per la produzione di cibi e bevande. Tecnologia tradizionale, dunque, in cui per lungo tempo ci si è accontentati di se-lezionare empiricamente i ceppi più pro-duttivi, e che oggi affianca l'ingegneria ge-netica. Un esempio tipico è dato dall'intro-duzione del gene per la fermentazione delle destrine in Saccharomyces cerevisiae, il lievito utilizzato per la preparazione della birra. Ricerche in questo senso sono indi-rizzate dalla crescente d o m a n d a di birra «leggera», cioè con un contenuto più bas-so di zuccheri e dal fatto che un'alta quota di zuccheri presenti nel mosto è rappresen-tata da destrine. Sembra possibile isolare il gene responsabile della trasformazione del-le destrine dal S. diastaticus e introdurlo in S. cerevisiae.

Industria chimica

Produzione microbiologica, sempre sfrut-tando i processi fermentativi, di tre princi-pali classi di composti chimici: .enzimi, composti organici, amminoacidi. Nella prima parte di questo articolo si è già trattato della produzione di idrogeno e a m m o -niaca.

Gli enzimi sono proteine che permettono o facilitano la formazione o la rottura dei le-gami chimici. Sono stati sfruttati commer-cialmente sin dal 1980, q u a n d o furono uti-lizzati gli estratti da cellule di funghi per accelerare la decomposizione di amido in zucchero, nella preparazione della birra.

Le principali classi di enzimi prodotti sono le proteasi, le amilasi, le glucosioisomerasi, che trasformano le proteine e gli zuccheri; si stima che almeno il 70% del mercato mondiale degli enzimi sia applicato all'in-dustria alimentare. Altri settori interessati sono quello delle materie plastiche, della diagnostica medica (le concentrazioni di colesterolo, urea, glucosio, nel sangue sono determinate enzimaticamente, in chimica clinica). Anche la tecnologia del D N A ri-combinante richiede la presenza di enzimi: le «forbici molecolari» che tagliano il D N A in precisi punti sono enzimi, come lo sono quelli che risaldano i frammenti (ligasi). Sfruttando il D N A ricombinante sono già stati isolati parecchi geni per la produzione di enzimi vari (esempio quello per la coagulazione del latte, fondamentale per la produzione del formaggio). In più, poiché gli enzimi sono proteine e le protei-ne sono il prodotto diretto di geni, inseren-do copie multiple del gene si p u ò ottenere la proteina che interessa, in grande quanti-tà.

Composti organici sintetizzati microbiolo-gicamente sono molti solventi (etanolo, acetone, glicerolo) ed acidi organici (acido acetico, citrico, lattico).

L'etanolo è indubbiamente uno dei più im-portanti prodotti chimici, ottenuto da mi-crorganismi, usati nell'industria. È usato come solvente, come prodotto estraente e come antigelo. Inoltre è utilizzato come substrato per la produzione di altri compo-sti organici. Due sono i metodi di produ-zione: nel primo si ottiene per sintesi chi-mica, partendo da derivati del petrolio; nel secondo la sintesi è biologica, partendo da Saccharomyces cerevisiae o altri microrga-nismi che fermentano zucchero e amido. L'alto costo del petrolio da una parte e quello non indifferente di zucchero e ami-do dall'altra, stanno spostanami-do l'equilibrio verso la sintesi biologica, ma a partire da substrati a più basso costo, come la cellu-losa. In più si cerca di programmare gene-ticamente i microrganismi, in m o d o che trasformino il substrato più velocemente (in m e n o passaggi) e con più alta resa. Gli amminoacidi naturali sono una venti-na di piccole molecole che unendosi for-m a n o le proteine. L ' u o for-m o non riesce a sin-tetizzarne otto di questi, l'industria li pre-para e li smercia come integratori alimen-tari. U n amminoacido non essenziale, ma importante per l'industria è l'acido

glu-tammico, usato sotto forma di sale (mono-sodio glutammato) come aromatizzante e per la preparazione dei dadi per brodo.

Settore sanitario

L'industria farmaceutica produce

micro-biologicamente antibiotici, vitamine, insu-lina, ormoni, farmaci antitumorali, alca-loidi, interferone, e la lista potrebbe allun-garsi. La prima produzione microbiologi-co-farmaceutica si può fare risalire al 1929, anno in cui Fleming scoprì la peni-cillina (ma vogliamo ricordare che questa scoperta fu anticipata anni prima dal tori-nese Gosio), l'antibiotico che ha segnato una nuova era in medicina, anche se solo nell'immediato dopoguerra si cominciò la produzione su larga scala. Gli antibiotici hanno dominato incontrastati questo setto-re per 40 anni. Oggi l'ingegneria genetica è alla base di una nuova era: la produzione di proteine umane da parte dei batteri.

Nel documento Cronache Economiche. N.001, Anno 1985 (pagine 54-61)