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4.4.1

Problematiche legate alla progettazione della cella

I requisiti cui deve soddisfare la cella porta campione sono dettati dalla particolare tecnica di misura oltre che dalle alte temperature necessarie a portare e mantenere per diversi giorni il campione nella fase liquida, nonch´e dalla grande reattivit`a del nichel alle temperature in gioco (T & 1728K).

La tecnica di misura richiede, come abbiamo visto nel capitolo 3, di massimiz- zare il segnale diffuso tenendo in conto nella progettazione del setup che lo spessore totale del liquido visto dal fascio di raggi X incidente sia quanto pi`u vicino possi- bile alla lunghezza ideale che consente di minimizzare l’effetto dell’assorbimento, dovuto fondamentalmente all’effetto fotoelettrico per energie dei fotoni maggiori di 10KeV . Tale lunghezza ideale `e quantificabile in L = 1

µ, dove µ `e il coeffi-

ciente di attenuazione del sistema all’energia dei fotoni incidenti. Nel nostro caso L ∼ 50µm. Un compromesso ragionevole si pu`o ottenere se ci si limitia a man- tenere lo spessore del campione intorno ai 100µm nel qual caso la trasmissione si riduce a ∼ 15%, e tuttavia ci`o rende estremamente complicata la progettazione e la realizzazione della cella.

La scelta dei materiali `e limitata in primis dalla temperatura a cui si pensa di eseguire le misure, in modo che fra quelli reperibili senza eccessiva difficolt`a si contano alcuni metalli come molibdeno, tantalio, tungsteno, e pochi altri come ad esempio il renio che per`o hanno costi decisamente maggiori. Tutti questi

metalli sono reperibili in commercio fra l’altro nella forma di cavi e fogli di diverso spessore, e sono comunemente utilizzati nella costruzione di resistenze e schermi per le stesse fornaci impiegate nello studio sperimentale dei materiali alle alte temperature.

Anche lo zaffiro sintetico e l’allumina si prestano alle nostre esigenze oltre che per l’alta temperatura di fusione (Tm ∼ 2300K), in virt`u della inerzia chimica che

l’ossido di alluminio (Al2O3) presenta nei confronti di molti metalli. Similmente si

dica per il nitruro di boro (BN, Tm ∼ 2970K). In particolare lo zaffiro `e reperibile

in commercio in genere nella forma di dischetti di pochi mm di diametro o di lastre utilizzati come finestre, e risulta assai difficilmente lavorabile data la fragilit`a unita alla durezza di questo materiale.

Altro fattore limitante nella scelta dei materiali `e poi costituito dalla reattivit`a del Ni. Ad esempio qualsiasi soluzione che preveda l’impiego di finestre di zaffiro apre il problema della realizzazione di una intercapedine in grado di mantenere uno spessore utile di ∼ 100µm tra le finestre, e in grado al contempo di realizzare una ottima tenuta al fine del contenimento della esuigua quantit`a di campione.

Con l’ausilio di una fornace a resistenza di Ta in grado di raggiungere la temperatura necessaria lavorando in alto vuoto, e dotata per la lettura della tem- peratura di una termocoppia W-Re, abbiamo testato diversi setup riscontrando in modo diretto la reattivit`a del campione nei confronti dei metalli utilizzati (Mo, W, Ta).

Una ulteriore serie di test `e stata effettuata per mettere alla prova la fattibilit`a di una soluzione diversa. Il contenimento del campione `e stato ottenuto in questo caso mediante l’uso di capillari in silice pura (Tm ∼ 1900K) del diametro interno di

100µm e spessore delle pareti di 10µm. I capillari sono stati riempiti di campione, evacuati (basso vuoto) e sigillati a fiamma; poi portati oltre il punto di fusione del Ni, ripetendo il test variando di volta in volta la temperatura massima raggiunta e il tempo di esposizione a tale temperatura. Come risultato anche in questo caso abbiamo riscontrato l’interazione chimica del campione con la silice, e anche questa soluzione `e stata abbandonata.

L’unica ovvia prospettiva rimasta aperta si `e profilata nella realizzazione di un setup di contenimento che prevedesse come solo materiale a diretto contat- to col campione proprio lo zaffiro, il ch´e, date le restrittive condizioni di lavoro, implica una lavorazione ad hoc di questo materiale e dunque l’intervento di stru- menti tecnici e competenze specializzati. In questa ottica si `e concretizzata una collaborazione con il Prof. Inui dell’universit`a di Hiroshima e il Prof. Pilgrim del- l’universit`a di Marburg, che in alcuni anni hanno testato su diversi metalli liquidi il setup che descrivo nella prossima sezione.

4.4.2

Descrizione della cella

Illustriamo schematicamente l’aspetto della cela utilizzata per le misure della S(Q, ω) del Ni liquido. Consideriamo un tubo dal fondo chiuso ricavato da un

monocristallo di zaffiro, il tubo ha un diametro interno di 3.5mm e uno spessore della parete laterale di 1mm, mentre la base chiusa ha uno spessore di 150µm ricavato con uno scasso circolare su una parete originariamente spessa 250µm. La lunghezza del tubo `e L ≈ 25mm.

Un tubo in tutto simile ha per`o un diametro esterno di 3.5mm. Al campione, ricavato da un foglio di Ni spesso 100µm, si d`a la forma di un dischetto che viene allogiato fra le basi dei due tubi chiusi uno dentro l’altro, in modo da posizionarsi nello scasso praticato sulla faccia del primo tubo (vedi figura4.8). In questo modo le basi dei due elementi di zaffiro costituiscono le due finestre monocristalline di ingresso e uscita del fascio di raggi X per uno spessore totale di 300µm. La trasmittanza totale delle finestre di zaffiro arriva alla energia del fascio incidente, monocromatizzato dalla riflessione (11, 11, 11) del Si, all’80%.

Il contributo di una finestra monocristallina alla sezione d’urto di diffusione anelastica `e naturalmente dovuto all’energia scambiata dalla radiazione con i modi fononici del cristallo, bisogna pertanto accertarsi che la dispersione di tali modi non venga ad investire la regione del piano energia-impulso interessante ai fini della nostra indagine. A Q piccoli `e sufficiente verificare che la velocit`a del suono nel cristallo sia sufficientemente maggiore della velocit`a del suono adiabatica del campione. La velocit`a del suono nello zaffiro `e∼ 7 · 103m/s, mentre sappiamo che

nel Ni cS ∼ 4 · 103m/s. Il contributo della finestra alla sezione d’urto elastica pu`o

creare problemi nel caso che un picco di diffrazione capiti ad un angolo θB < 13◦

alle energie in gioco e sul piano in cui resta definito l’angolo di diffusione θ. Per limitare evenienze di questo tipo i due tubi sono stati ricavati da un singolo monocristallo in modo che l’asse cristallino c coincida con gli assi geometrici dei cilindri, e venga a coincidere con la direzione del fascio incidente. L’orientazione grossomodo concorde dei restanti assi cristallografici viene ottenuta segnando in corrispondenza il bordo dei due cilindretti in fase di lavorazione in modo che essi possano nuovamente essere orientati in fase di assemblaggio.

Dopo il caricamento con il campione i bordi liberi dei due elementi della cella vengono sigillati con un adesivo ceramico concepito per resistere alle alte temper- ature (l’estremit`a libera della cella non `e esposta all’irraggiamento diretto della resistenza di riscaldamento e non raggiunge il punto di fusione del Ni).

Il blocco porta campione trova alloggio in una camicia di molibdeno che ha la funzione di sostegno nonch`e di realizzare la conduzione termica del calore prodot- to dalla resistenza, ed `e disegnata in modo che il campione veda un ampio an- golo libero dalla parte degli analizzatori. La camicia presenta inoltre due fori di alloggiamento per due termocoppie W-Re (fig.4.8).

Esternamente alla camicia di Mo, sempre con simmetria cilindrica attorno all’asse del porta campione, trova posto la resistenza di tungsteno (fig.4.8).

Il setup descritto `e posto in atmosfera inerte di elio alla pressione di ∼ 1bar allo scopo di limitare la perdita del campione per evaporazione, in una camera con finestre di berillio (trasmissione ∼ 65% a 22KeV ) dotata di raffreddamento idraulico.

Figura 4.8: Schema del setup usato nella misura della S(Q, ω) del Ni a 1767K. In alto: la struttura realizzata in monocristallo di zaffiro presenta due tubi coassiali ricavati dal medesimo monocristallo. Fra le basi chiuse dei due elementi alloggia il campione che occupa uno spessore di ∼ 100µm; le estremit`a aperte vengono sigillate con adesivo ceramico. In basso: La cella in Mo che ospita il portacam- pione `e realizzata in modo che il foglietto di Ni si trovi nel suo centro e presenta un taglio orizzontale in tutta la regione al di l`a del campione rispetto al fascio incidente di raggi X che permette di rendere accessibile agli analizzatori un vasto range dell’angolo di scattering θ. La resistenza `e realizzata in tungsteno e isolata mediante tubicini di allumina dal blocco di Mo, in cui sono praticati i fori di alloggiamento per le due termocoppie di lettura (tipo W-Re).

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