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Uno sguardo ravvicinato Il rapporto della Commissione Stasi 100

3. La problematica dell’ostentazione simbolica negli altri Paesi europei Il particolare caso della Francia.

3.1 Uno sguardo ravvicinato Il rapporto della Commissione Stasi 100

La Commissione Stasi è la Commissione di riflessione sull’applicazione del principio di laicità nella Repubblica francese, come anticipato, indetta dall’allora presidente Jacques Chirac in seguito alle molteplici problematiche inerenti la compatibilità del principio di laicità con le manifestazioni religiose, soprattutto mendiate l’esposizione di simboli fideistici, in ambito pubblico, ed in particolare nella pubblica istruzione e nella sanità101.       

98N.SARKOZY. La Repubblica, le religioni, la speranza, cit., p. 18.

99 Cfr C. GEYMONAT, Hollande: La laicità valore irrinunciabile, in Riforma.it, Quotidiano on-line

consultabile al sito www.riforma.it, 14 aprile 2016.

100 Il testo originale in francese è consultabile sul sito ufficiale dell’Eliseo: http://www.elysee.fr; il testo

tradotto in lingua italiana è consultabile su S.ROMANO,E.BIANCHI, Velo Islamico e simboli religiosi nella società europea. Rapporto sulla laicità. Il testo della Commissione francese Stasi, Libri Scheiwiller, Milano, 2004; P. CAVANA, I segni della discordia. Laicità e simboli religiosi in Francia, cit., Appendice, pp. 173- 223.

101S.ROMANO,E.BIANCHI, Velo Islamico e simboli religiosi nella società europea. Rapporto sulla laicità. Il

32 La Commissione è stata istituita il 3 luglio 2003 ed ha concluso i propri lavori l’11 dicembre dello stesso anno.

Con a capo l’ex Ministro di Stato e mediatore della Repubblica Bernard Stasi, la commissione è stata composta da venti membri tra i più noti protagonisti del dibattito dottrinale sulla laicità102, tra cui giuristi, studiosi, funzionari pubblici, con il compito di analizzare il principio di laicità mediante un’ampia consultazione pubblica dei rappresentanti delle principali correnti di pensiero e di fornire possibili soluzioni per garantire un’integrazione delle minoranze culturali e religiose, ma al contempo per la gestione dell’ostentazione dei simboli religiosi103, come il velo islamico, che se utilizzati all’interno di ambienti pubblici, andavano a minare la portata di quel principio fondamentale per la società francese.

Nei lavori della Commissione non si intende rimettere in discussione la portata e il significato del principio stesso, né il percorso storico per la sua elaborazione, ma “soltanto” pianificarne una giusta applicazione capace di affrontare le problematiche menzionate104

che in quel momento facevano (e a mio avviso ancora fanno) parte della quotidianità francese. Per verificare concretamente tali questioni, la Commissione dà ampio spazio all’opinione pubblica105, ascoltando i rappresentanti delle varie confessioni religiose e dei       

102 Cfr. R. DEBRAY, Ce que nous voile le voile. La Réepublique et le sacré, Parigi, 2004, p. 45.

103 Sul problema specifico dei simboli religiosi, ed in particolare dell’utilizzo del velo islamico, la

Commissione, anche sotto pressione dell’opinione pubblica, si è orientata verso un divieto dell’utilizzo nelle scuole pubbliche di abbigliamenti e segni che manifestano un’appartenenza religiosa o politica, suggerendo una distinzione tra segni vistosi, vietati, e segni “discreti”, ritenuti leciti.

104 Cfr. P. CAVANA, I segni della discordia. Laicità e simboli religiosi in Francia, cit., p. 14.

105 “Tra luglio e dicembre 2003, la Commissione ha condotto un centinaio di audizioni pubbliche e una

quarantina di audizioni a porte chiuse. Essa ha fatto la scelta di ascoltare tanto responsabili politici, religiosi, sindacali, amministrativi, associativi quanto eletti negli enti locali, imprenditori, capi d’istituto, professori, direttori d’ospedale e di prigione, infermieri. È stato organizzato un dibattito pubblico con 220 allievi di licei francofoni e francesi all’estero che avevano preliminarmente lavorato sulla laicità. La Commissione si è anche spostata in vari Paesi europei per mettere a confronto l’esperienza francese con quella dei nostri partners. Essa ha, infine, ricevuto parecchie centinaia di contributi scritti. Nei suoi sei mesi di esistenza, si è curata di dare ascolto al più largo ventaglio di opinioni che hanno avuto modo d’esprimersi nel corso del dibattito. Le analisi che seguono sono il frutto della ricerca condotta in comune dai venti membri della commissione, loro stessi rappresentativi di sensibilità e settori di esperienza fra i più ampi. Tali analisi testimoniano la sfida con cui oggi la laicità si confronta. Di fronte a un nuovo contesto sociale e spirituale, la laicità ha saputo rispondere con l’affermazione del principio di eguaglianza su cui si fonda. Ma numerose

33 movimenti dei liberi pensatori, dei sindacati e dei partiti politici, nonché diversi funzionari pubblici della scuola, della sanità delle carceri, e ancora imprenditori, alunni.

Come già accennato, il Rapport della Commissione si suddivide in quattro quarti, precedute da una breve ma sostanziale definizione del principio di laicità contenente i principi di libertà di coscienza, eguaglianza giuridica e neutralità del potere politico.

La Prima Parte del Rapporto intitolata “La laicità, Principio Universale, Valore Repubblicano” tende a ricostruire la storia della laicità francese, a far comprendere la ricchezza e la complessità del suo significato.

Si parte dagli albori del principio, per passare alla Rivoluzione che segnava l’atto di nascita della laicità nella sua accezione contemporanea, affermando l’autonomia della coscienza, anche sul piano spirituale. Questa nozione risulta essere così innovativa da essere (ri-)proposta all’articolo 10 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789: “Nessuno deve essere molestato per le sue opinioni, anche religiose, posto che la

loro manifestazione non turbi l'ordine pubblico stabilito dalla legge”.

Con il Concordato del 1802 inizia un periodo di stabilizzazione politica. Il ruolo sociale e morale della religione giustifica, nello spirito del Concordato, che lo Stato conduca una politica attiva in materia di culti. Viene sancita la posizione prevalente della religione cattolica, ma è preso in considerazione anche il pluralismo delle opzioni religiose. Sono riconosciuti quattro culti: cattolico, luterano, riformato, israelita. L’entrata in vigore del codice civile laicizza definitivamente i diritti della persona e della società.

Questo regime si mantiene per tutto il XIX secolo.

La laicità si radica allora nelle istituzioni francesi con la legge repubblicana, già precedentemente menzionata, del 9 dicembre 1905 che separa le Chiese dallo Stato. Lo stile è notevolmente conciso: articolo primo “La Repubblica assicura la libertà di

coscienza. Essa garantisce il libero esercizio dei culti, con le sole restrizioni di seguito stabilite nell’interesse dell’ordine pubblico” e articolo secondo “La Repubblica non riconosce, non finanzia né sovvenziona alcun culto […]”. La dissociazione fra cittadinanza

e appartenenza religiosa viene formalmente affermata; così la Francia mette fine al definirsi come nazione cattolica rinunciando nello stesso tempo al progetto di una religione civile repubblicana.

      

questioni non risolte la mettono oggi in pericolo, così come in pericolo altri valori fondanti del patto sociale”. Cfr. Rapporto Stasi, Parte III.

34 Un breve accenno viene fatto alla prima guerra mondiale, in seguito alla quale la pace religiosa viene ristabilita con l’accordo del 1924 tra la Santa Sede e il governo francese. Malgrado le omissioni, i colpi di mano e le violenze simboliche, la laicità nel XX secolo riusciva a trasformarsi in un valore repubblicano largamente condiviso.

La commissione rappresenta come in due secoli il contesto francese sia cambiato: da un primato della Chiesa cattolica, per passare ad una laicità/neutralità che si andava ad adattare alle metamorfosi del Paese.

“La storia della laicità non è il racconto di una marcia lineare verso il progresso. Da ognuna delle sue battaglie essa è uscita ogni volta rinnovata. Le tensioni attuali si iscrivono in tale prospettiva. Pur rimanendo un valore da tutti condiviso, posto al cuore del patto repubblicano, la laicità non è mai stata una costruzione dogmatica. Declinata in maniera empirica, attenta alle nuove sensibilità e ai retaggi della storia, è in grado nei momenti cruciali di trovare gli opportuni equilibri e d’incarnare le speranze della società (francese)”.

L’Islam, la religione “altra” che maggiormente ha interessato la Francia con numerosi fedeli, è talvolta presentata come incompatibile con la laicità. Eppure la teologia musulmana ha prodotto, nel suo periodo di maggior splendore, un pensiero innovativo nella concezione del rapporto fra politica e religione. Le correnti più razionali al suo interno respingevano la confusione fra potere politico e spirituale. La cultura musulmana può trovare nella propria storia le risorse che le permettano di adattarsi al quadro della laicità, così come la laicità può consentire il pieno sviluppo intellettuale del pensiero islamico al riparo dai condizionamenti del potere.

La Commissione più volte ribadisce che la laicità non può ridursi alla mera neutralità dello Stato, questo non può ignorare il fattore religiose, “laicità” è qualcosa di più profondo, suppone l’indipendenza del potere politico e delle differenti opzioni spirituali o religiose, scevre di influenze vicendevoli.

Lo Stato laico è uno stato che deve poggiarsi sul principio di uguaglianza e, in quanto tale, non concede privilegi a nessun culto e le sue relazioni con le confessioni religiose sono caratterizzate dalla separazione giuridica. La laicità è incompatibile con ogni concezione della religione che si proponga di dettar regole, in nome dei propri supposti principi, al sistema sociale o all’ordine politico; pertanto dà modo di tutelare il fattore religioso, ma nel rispetto delle esigenze dell’ordine pubblico così come regolato in Francia.

35 I culti e lo Stato beneficiano entrambi della separazione. I primi possono rifocalizzarsi sulla loro missione spirituale ed è qui che ritrovano la loro libertà di parola. Il secondo, libero da ogni legame confessionale, appartiene a tutti i cittadini.

La laicità pone una responsabilità a carico dello Stato, o forse la laicità è la risposta dello Stato di fronte alla pluralità? Fatto sta che lo Stato laico non può restare indifferente ad atti che turbano l’ordine pubblico, a pressioni, minacce, pratiche razziste o discriminatorie che scalzano i fondamenti della società con il pretesto di giustificazioni religiose o spirituali.

Non occorre negare le tradizioni comportando una frammentazione del sentimento comunitario, né ignorare il pluralismo creando illusioni e realtà falsate, entrambi gli atteggiamenti genererebbero soltanto ulteriori, conflitti; per la Commissione “la laicità è posta oggi davanti alla sfida di costruire l’unità nel rispetto delle diversità della società”, fornendo “gli strumenti per far vivere insieme su uno stesso territorio individui che non condividono le medesime convinzioni, anziché giustapporli in un mosaico di comunità chiuse su se stesse e mutuamente escludentisi. La laicità è un mezzo per far coesistere individui che non condividono forzatamente le stesse convinzioni”.

La Commissione punta soprattutto sulla scuola. Gli alunni devono avere la possibilità, in un clima di serenità, di istruirsi e di formarsi nell’autonomia di giudizio nei confronti delle religioni e delle relative manifestazioni. L’insegnamento può contribuire alla scoperta dei testi sacri delle diverse tradizioni e a riflettere sul loro significato, senza intromettersi nella interpretazione consacrata.

La Seconda Parte del rapporto intitolata “La Laicità alla francese, un principio giuridico applicato con empirismo”. In questa fase la Commissione analizza il principio di laicità sotto l’aspetto, per così dire, “Europeo”: la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 10 dicembre 1948, la Convenzione per la lotta contro la discriminazione nel campo dell'istruzione adottata sotto l’egida dell’UNESCO, i due Patti internazionali dell’O.N.U. del 19 dicembre 1966 sui diritti civili e politici, da una parte, e sui diritti economici, sociali e culturali, dall’altra parte.

L’Unione europea non fa menzione d’un principio di separazione tra il potere politico e l’autorità religiosa o spirituale. Tuttavia, la costruzione politica dell’Unione europea, che non poggia su alcun fondamento religioso, risponde in pratica alle esigenze della laicità, anche se a livello europeo le si preferisce il termine di secolarizzazione.

36 La Commissione opera un breve resoconto sull’articolo 9 della Convenzioni e sui casi giurisprudenziali106 principali che hanno avuto ad oggetto il fattore religiosi negli ambienti pubblici, dimostrando che la libertà religiosa trova dei limiti nel confronto con gli imperativi della laicità, ma al contempo che non è incompatibile con essa, in quanto tutelata dalla Convenzione stessa, seppur con i dovuti limiti.

      

106 Quanto alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, l’articolo 9 tutela la

libertà religiosa, senza farne però un diritto assoluto. Lo Stato può stabilire dei limiti, alla triplice condizione che tale ingerenza sia prevista dalla legge, che essa corrisponda ad uno scopo legittimo e che si ponga come necessaria in una società democratica. Sul fondamento dell’articolo 9, la Corte è stata indotta ad occuparsi di questioni che riguardano la laicità. L’approccio della Corte si basa sul riconoscimento delle tradizioni di ciascun Paese, senza cercare di imporre un modello uniforme di relazioni fra Chiesa e Stato. Nella sentenza “Cha’are Shalom ve Tsedek contro la Francia” del 27 giugno 2000, la Corte ha così fatto ricorso ad una formula prudenziale: «avuto riguardo al margine di discrezionalità che bisogna lasciare a ciascuno Stato, in particolare per ciò che attiene alla definizione dei delicati rapporti tra le Chiese e lo Stato. La sentenza “Refah Partisi (partito della prosperità) e altri contro la Turchia” del 13 febbraio 2003 è a questo proposito esemplare. Il governo turco aveva messo fuori legge il Refah, partito islamico. La Corte costituzionale turca aveva ritenuto che il progetto politico del Refah fosse pericoloso per i diritti e le libertà garantiti dalla Costituzione turca, fra cui la laicità, e che esso avesse reali opportunità di mettere in atto il suo programma se fosse arrivato al potere. La Corte europea dei diritti dell’Uomo ha constatato che la laicità aveva un posto tale nella Costituzione dello Stato turco che ha ammesso che il Refah abbia potuto essere sciolto senza che ciò costituisse una violazione della Convenzione europea. Le giurisdizioni nazionali avevano dunque potuto prendere in considerazione il rischio che questo partito rappresentava per la democrazia.

A partire da questo ragionamento, la Corte ha emanato alcune sentenze sulle questioni della laicità, nelle quali essa afferma esigenze comparabili a quelle della giurisprudenza francese su questioni relative tanto a chi svolge funzioni pubbliche che agli utenti. Per quanto concerne gli addetti a pubblici servizi, nella sentenza di ricevibilità “Dahlab contro la Svizzera” del 15 febbraio 2001, riguardante una insegnante del Cantone di Ginevra che aveva subito sanzioni disciplinari perché rifiutava di togliersi il velo, la Corte di Strasburgo ha respinto la richiesta giacché la proibizione di portare il velo nel quadro di un’attività d’insegnamento primario costituiva una misura necessaria in una società democratica. Nella sentenza “Kalaç contro la Turchia” del 1° luglio 1997, la Corte ha ugualmente convalidato la sanzione disciplinare emessa contro un militare che si dava al proselitismo religioso. Per ciò che riguarda gli utenti, la Corte ha parimenti riconosciuto la possibilità di limitare il pieno esercizio della libertà religiosa. Nella sentenza “Karadum contro la Turchia” del 3 maggio 1993, la Corte, dopo aver rilevato l’esistenza di un insegnamento privato parallelo all’insegnamento pubblico, ha ammesso la proibizione di portare simboli religiosi negli istituti pubblici d’istruzione superiore turchi, in ragione della necessità di proteggere le ragazze contro eventuali pressioni. Nella decisione “Valsamis contro la Grecia” del 6 luglio 1995, essa ha ritenuto che una studentessa non poteva invocare le proprie convinzioni religiose per rifiutare di sottomettersi al regolamento della scuola.

37 La Commissione rappresenta di volersi orientare verso una laicità “pacificata”, che riconosca l’importanza delle opzioni religiose e spirituali, ugualmente attenta a delimitare lo spazio pubblico condiviso. Nel corso dell’ultimo secolo, in seguito all’immigrazione, la società francese è diventata plurale, multireligiosa, multietnica: bisogna riservare un posto alle nuove religioni riuscendo nello stesso tempo ad integrarle, “la laicità non è solo una regola del gioco istituzionale, è un valore fondatore del patto repubblicano, la possibilità di conciliare il vivere insieme con il pluralismo e la diversità”.

Come rappresenta la Commissione, l’applicazione del principio di laicità è delicata quando i beneficiari del servizio pubblico, o coloro che vi sono addetti, si trovano a confrontarsi con situazioni suscettibili di toccare le loro convinzioni religiose. Ciò accade particolarmente in luoghi come le prigioni, gli ambienti ospedalieri o le scuole, dove la vita in comune può giocare un ruolo importante sul contemperamento degli interessi in gioco.

La Terza Parte del Rapport è intitolata “La sfida della laicità”: “di fronte alla nuova diversità spirituale e religiosa, la pratica della laicità ha cominciato ad adeguarsi. L’obiettivo prioritario d’eguaglianza fra tutte le opzioni rappresenta un processo di lunga durata, ancora da raggiungere”. Ed infatti la commissione in questa sessione analizza le problematiche scaturenti in Francia a causa delle diversità religiose e culturali presenti sul territorio, rappresentando quali passi sono stati compiuti e quanti ancora sono da compiere al fine di raggiungere una pacifica convivenza tra religioni.

Vengono rappresentate le difficoltà107 che si incontrano nel gestire il rapporto laicità- fattore religioso nell’ambito dei servizi pubblici come gli ospedali, le scuole, le carceri, le       

107 “Tutti coloro che, in quanto operatori sul campo, sono stati ascoltati dalla commissione nel corso delle

audizioni, hanno denunciato il contesto sociale ed urbano favorevole allo sviluppo di logiche comunitarie, che fanno prevalere la fedeltà ad un gruppo particolare rispetto all’appartenenza alla Repubblica. Questo fenomeno era, fino a qualche anno fa, ancora poco percepibile in Francia.

Alcune cifre illustrano la gravità della situazione. È stato segnalato alla commissione che in settecento quartieri, che accolgono molte nazionalità diverse, le difficoltà si accumulano: disoccupazione superiore al 40%, problemi acuti di scolarizzazione, segnalazioni degli assistenti sociali tre volte più numerose che nel resto del territorio.

Gli abitanti di questi quartieri credono di esser vittime di un rifiuto sociale che li condanna al ripiegamento su sé stessi. È in particolare il caso dei più giovani. Il 32% della popolazione ha qui meno di vent'anni: è uno spreco per loro stessi e per la Repubblica.” […]

“Molte delle persone ascoltate hanno ripetutamente riferito alla Commissione dell’ostilità manifesta di cui sono oggetto i musulmani. Questi fatti, che possono arrivare fino alla profanazione di tombe e alle violenze fisiche, esprimono una forma d’odio contro l’Islam. Il razzismo nei confronti dei musulmani viene a

38 aule di giustizia, le trasmissioni televisive; o anche nella vita quotidiana: il cibo nei ristoranti, l’assunzione al lavoro, la gestione dei lavoratori nelle aziende, i rapporti interpersonali, le opportunità delle giovani donne, le discriminazioni.

“L’attuazione del principio di laicità non ha ancora consentito di colmare alcune diseguaglianze tra credenti o tra credenti ed atei”.

La Quarta, ed ultima, parte è intitolata “Affermare una laicità forte in grado di unificare” e fornisce le “soluzioni” alle problematiche rappresentate nel corso del rapporto. La Commissione mira ad una promozione della laicità e alla lotta alle discriminazioni di ogni tipo, senza mettere in discussione la nozione del principio così come la storia Francese ha modellato.

La Commissione propone l’adozione d’una «Carta della laicità», mediante la riformulazione dei principi esposti nel Rapporto stesso. Una Carta non giuridica, che configuri una guida di comportamento, che definisca i diritti e gli obblighi di ognuno.

“Il dibattito pubblico si è focalizzato sulla polemica intorno alla questione del velo islamico a scuola. Le audizioni della Commissione hanno permesso di prender le distanze dalla logica riduttiva e stigmatizzante di questo approccio, limitato a un simbolo e nel solo ambito scolastico: al di là della scuola, è l’intero servizio pubblico che incontra difficoltà nell’applicazione del principio di laicità (sanità, giustizia, difesa); le minacce scuotono tutto il nostro edificio giuridico, a partire dalle ostentazioni vistose e a fini di proselitismo, fino all’attacco ai diritti individuali e alle libertà pubbliche.

      

sostituirsi agli atti finora conosciuti di razzismo anti-magrebino. Per alcuni, le persone d’origine straniera, che siano magrebine o turche, sono ricondotte e ridotte ad una identità religiosa supposta, che supera ogni altra dimensione della loro appartenenza culturale.” […]

“I diversi rappresentanti delle comunità ebraiche hanno riferito alla commissione il clima di paura nel quale sempre più vivono le famiglie ebraiche. Le violenze si verificano particolarmente nella scuola. L’insulto corrente durante la ricreazione è diventato: «sporco ebreo!» o «sporco giudeo!». Quando si affronta la storia della comunità ebraica le lezioni vengono talvolta contestate, al punto che l’insegnamento della Shoah diventa impossibile. Vari ragazzi sono perseguitati dai compagni di classe per la loro supposta appartenenza