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La sindrome metabolica è un insieme di alterazioni metaboliche che si associano ad un aumentato rischio cardiovascolare e l’obesità centrale è considerata il principale fattore di rischio per il suo sviluppo. Molti suoi componenti sono anche caratteristiche antropometriche o metaboliche della PCOS, nella quale ha una prevalenza due volte maggiore. È definita, secondo il NCEP ATP III (National Cholesterol Education Program’s Adult Treatment Panel III) , dalla presenza di almeno 3 tra i seguenti criteri:

Circonferenza vita >88 cm nella donna o >102 cm nell’uomo Ipertrigliceridemia (≥150 mg/dL)

HDL-colesterolo <50 mg/dL nelle donne, <40 mg/dL negli uomini Pressione arteriosa ≥130/85 mmHg

Iperglicemia a digiuno (≥110 mg/dL)

Già di per sé, la sindrome metabolica espone ad un aumentato rischio cardiovascolare, ma questo aumenta ulteriormente nelle donne con PCOS perché essa comporta l’esposizione

33 ad un’età più precoce rispetto alla norma ai fattori di rischio cardiovascolare. È evidente, quindi, come l’individuazione precoce dei soggetti maggiormente a rischio di sviluppare sindrome metabolica diventi cruciale. A questo scopo si stanno compiendo vari studi ed in uno studio del 2013 si è dimostrato che il LAP (lipid accumulation product) può essere utilizzato come marker di sindrome metabolica anche nella PCOS.90 Il LAP è un parametro che indica l’accumulo di grasso in eccesso negli adulti ed è basato sulla combinazione di circonferenza vita e trigliceridemia e si determina con una formula:

negli uomini, oppure

nelle donne ( la circonferenza vita è espressa in cm, la trigliceridemia in mmol/L).91

Le donne adulte con PCOS sembrano avere una frequenza di sindrome metabolica doppia rispetto alle adolescenti, anche se, tra i criteri diagnostici, solo l’ipertensione arteriosa ha una prevalenza minore nelle adolescenti. Da uno studio emerge che il BMI è un fattore predittivo indipendente per lo sviluppo di sindrome metabolica a tutte le età, mentre i

livelli sierici di insulina lo sono solo in età adulta; quest’ultimo dato potrebbe essere

giustificato dal fatto che in età adulta i valori medi della circonferenza dell’addome riscontrati nello studio sono maggiori e l’obesità centrale è strettamente correlata allo sviluppo di malattie metaboliche. Una possibile spiegazione della maggiore prevalenza della sindrome metabolica nelle donne adulte è che queste sono state esposte alle alterazioni associate alla malattia per tempi più lunghi.92

Contribuiscono alla patogenesi della sindrome metabolica nella PCOS anche l’iperandrogenemia, in particolare il testosterone libero. L’obesità e la PCOS, nonostante si trovino spesso in comorbidità, sono due fattori di rischio indipendenti per lo sviluppo della sindrome metabolica, anche se hanno un effetto sinergico quando presenti entrambi.93 Servono, tuttavia, ulteriori studi per chiarire se nelle donne con PCOS sia il sovrappeso o la presenza stessa della PCOS ad avere il peso maggiore nella patogenesi della sindrome metabolica. Le caratteristiche della sindrome metabolica che più frequentemente troviamo nella PCOS sono l’alterata glicemia a digiuno con insulino-resistenza (61,5%), l’obesità viscerale (53, 8%) e l’ipercolesterolemia (46,2%).93

La sindrome metabolica è più frequente, a parità di età e BMI, nelle donne con PCOS rispetto a quelle sane. Addirittura, nella popolazione americana con PCOS è stata trovata una prevalenza del 47,3% contro un 4,3% dei controlli di pari età, quindi una prevalenza

34 11 volte maggiore rispetto alla popolazione sana di pari età.94 Nella realtà italiana, in cui, oltre alla genetica ed altri fattori, abbiamo sicuramente uno stile di vita diverso, è stata trovata una prevalenza di sindrome metabolica tra le adolescenti affette da PCOS del 9,4%, dato abbastanza allarmante considerando la giovane età.95 Si pensa che questa più alta prevalenza sia mediata essenzialmente da un’aumentata insulino-resistenza, che è responsabile anche dell’iperandrogenemia che troviamo in queste donne: infatti le donne con PCOS e sindrome metabolica hanno maggiore iperandrogenemia rispetto a quelle senza sindrome metabolica, con livelli maggiori di testosterone totale e testosterone libero e concentrazione più bassa di SHBG.96 I valori di SHBG, infatti, sono stati dimostrati essere un marker di insulino-resistenza: maggiore è la gravità dell’insulino-resistenza, più bassa è la concentrazione di SHBG.97 A dimostrazione di ciò, la prevalenza di acanthosis nigricans nelle donne PCOS con sindrome metabolica è maggiore rispetto a quelle che non hanno sindrome metabolica96 e, come già spiegato, l’acanthosis nigricans è un marker di insulino-resistenza. A supporto dell’importanza dell’iperandrogenismo nella genesi della sindrome metabolica a prescindere dal BMI, uno studio recente ha dimostrato un’associazione tra esso ed i parametri ad esso associati (FAI e SHBG) e la sindrome metabolica nelle donne con PCOS non obese, associazione che, invece, non è stata dimostrata nelle donne obese.98

Vari studi hanno indagato il contributo del fumo di sigaretta alla genesi della sindrome metabolica nella PCOS. In linea generale, sembrava che il fumo di sigaretta fosse in grado di ridurre il livello di estrogeni inibendo l’attività dell’aromatasi99

e di aumentare il livello di androgeni nelle donne fertili100, per cui c’erano tutte le premesse per ipotizzare che potesse incrementare la prevalenza di sindrome metabolica e l’iperandrogenismo nelle donne con PCOS. In effetti, è stata dimostrata, nelle donne con PCOS, la presenza di una correlazione tra nicotina e cotinina (metabolita della nicotina) e la trigliceridemia, con un meccanismo che coinvolge una riduzione dell’attività della lipoproteinlipasi del muscolo scheletrico (che subisce gli effetti dell’insulino-resistenza) ed una riduzione della dimensione delle LDL, che favorisce la produzione di trigliceridi. È stata trovata una correlazione anche tra i livelli di nicotina ed il waist hip ratio; il WHR più alto ed il maggiore BMI possono contribuire all’insulino-resistenza che si trova nelle fumatrici.101

È stato dimostrato, infatti, anche che le donne con PCOS fumatrici hanno valori di insulinemia a digiuno maggiori rispetto alle non fumatrici.102 Non è stata trovata, invece, nessuna associazione del fumo con i livelli di androgeni, anche se uno studio del 2010

35 aveva dimostrato un FAI più alto nelle PCOS fumatrici rispetto alle non fumatrici102 (questo artefatto è probabilmente dovuto all’uso di diversi criteri diagnostici per la PCOS nei due studi, dal momento che il più recente utilizzava i criteri dell’NIH, quello del 2010 usava i criteri di Rotterdam). Il fumo di sigaretta si associa, quindi, a un maggior rischio di sviluppare sindrome metabolica nelle donne con PCOS.

Uno studio ha dimostrato l’aumentata prevalenza di sindrome metabolica nelle donne con PCOS di razza nera (nonostante abbiano un valore di trigliceridi più basso), sia adulte che adolescenti, rispetto alle donne con PCOS di razza bianca.103 Questa differenza non si trova, invece nella popolazione generale non PCOS. Sono comunque necessari ulteriori studi per valutare il contributo effettivo della razza e della PCOS al rischio cardiovascolare nelle donne.

La sindrome metabolica, di per sé, ha come caratteristiche insulino-resistenza, iperinsulinemia, obesità, dislipidemia, intolleranza ai carboidrati, ipertensione arteriosa, con, conseguentemente, un maggior rischio di sviluppare aterosclerosi, malattie cardiovascolari, diabete mellito di tipo 2 ed alcuni tumori ginecologici, in particolare carcinoma dell’endometrio e tumore della mammella in post-menopausa.104

In realtà, già la presenza della PCOS è un fattore di rischio per lo sviluppo di tumore dell’endometrio, per cui, la presenza di caratteristiche a comune tra le due sindromi può creare confusione sul ruolo preciso di ognuna. È evidente, quindi, come, essendo alcuni caratteri della sindrome metabolica anche caratteristiche della PCOS, la presenza di sindrome metabolica le aggravi.

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