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La sintassi Per procedere ad una corretta scrittura della regola si deve tener conto dell’universo del linguaggio giuridico; ciò cui si fa riferimento comprende

Regole per la qualità delle regole.

5.1. Il drafting formale Per costruire una buona regola si deve partire con l’indicazione chiara dell’oggetto che intende disciplinare.

5.1.4. La sintassi Per procedere ad una corretta scrittura della regola si deve tener conto dell’universo del linguaggio giuridico; ciò cui si fa riferimento comprende

l’uso della punteggiatura, dei verbi, delle definizioni e degli elenchi; la tecnica dei rinvii e il coordinamento con le altre disposizioni.

Ora, nella lingua italiana non si rinvengono accentuate differenze di uso e di significato tra il lessico ordinario e il lessico giuridico come ad esempio per le parole pena, colpa, sanzione, padre, madre, danaro, etc.; nel lessico giuridico sovente

170 G.Carcaterra, Metodologia giuridica, cit., p. 109. 171 A.Belvedere, Linguaggio giuridico, cit., p. 27.

vengono in rilievo alcuni termini specifici quali usufrutto, usucapione che di rado vengono utilizzati nel linguaggio corrente; ma nel campo specifico del giuridico spesso ci si imbatte in termini proprie delle altre scienze (medica e psicologica nella maggior parte dei casi) o di termini che vengono importati da altre lingue come hardware, software, cyber, privacy, etc.

Ciò potrebbe porre alcuni problemi:

- Significato polisenso di alcuni termini;

- Significato del termine stranieri non coincidente con il relativo termine tradotto

in italiano.

Occore, dunque, fare molta attenzione quando si costruisce una disposizione perché non di rado si va in contro alle insidie tipiche dell’ambiguità e della vaghezza dei termini generata allorquando vi sia “una corrispondenza biunivoca tra significato e

significante”172 e che riguardano i fenomeni di polisemia e di sinonimia; o ancora nel

vero e proprio caso di ambiguità semantica.

Per quanto riguarda l’utilizzo dei termini propri di altre scienze, si prenda in considerazione il termine malattia nel reato di lesioni personali; dall’utilizzo corrente della parola non sembrerebbero derivare particolari problemi, ma nel campo del diritto penale la questione risulta abbastanza controversa: qui si contrappongono un orientamento giurisprudenziale e un orientamento dottrinario; il primo considera malattia qualsiasi alterazione funzionale dell’organismo ancorchè finalizzata o

circoscritta di lieve entità e non influente sulle condizioni organiche generali173 con la

conseguenza che rientrerebbero nell’alveo delle lesioni e non in quello delle percosse – che è un reato di minore gravità per cui dall’azione del percuotere non deve risultare una malattia del corpo o della mente – anche alterazioni anatomiche di minima

rilevanza come ematomi, ecchimosi e contusioni.174

La dottrina dominante175, al contrario, propone una interpretazione più restrittiva

e maggiormente aderente al dato medico-scientifico, ossia come sviluppo di un processo patologico che determini un apprezzabile menomazione funzionale dell’organismo con la conseguenza che , ove si verifichi, un’alterazione soltanto anatomica senza

172 R.Pagano, Introduzione, cit., p. 138.

173 Corte. Cass., 11 giugno 1987, in Giur. It., 1988, II, p.140; 2 febbraio 1984 in Giust. Pen., 1985, II, p.

32.

174 Corte. Cass. 3 marzo 1976, in Cass. pen. 1977, p. 84; 14 novembre 1979 e 9 maggio 1978. 175F.Mantovani, I delitti contro la persona, Padova, Cedam, 2011.

implicazioni funzionali – come, invece avviene con ecchimosi, ematomi o contusioni – si configurerà il reato di percosse, ma mai quello più grave di lesioni.

O ancora, si ha vaghezza quando vengono utilizzati dei termini come giovane, anziano, non abbiente, povero, che si riferiscono a soggetti non determinabili in concreto; si ha sinonimia nel caso di parole come guardare e osservare, o polisemia nel caso di pesca che può, alternativamente, corrispondere all’atto del pescare o al frutto – a fare la differenza è l’uso dell’accento grave o acuto – oppure, sulla stessa falsariga, la parola nipote che individua sia il rapporto di parentela con lo zio sia quello con il nonno.

Come fare per superare tali ambiguità? La risposta sembra risiedere in un uso corretto delle definizioni che rendono meno variabili le interpretazioni a favore di una maggiore aderenza al dato fattuale in ossequio al canone della certezza del diritto; ritornando al mini-sistema penale sui reati contro i minori, ben si nota che la tecnica della definizione è correttamente utilizzata dal legislatore: la l. n. 38/2006, nell’introdurre il nuovo reato di pedopornografia attraverso internet, si è preoccupato di enucleare specificamente l’oggetto materiale della condotta incriminata per evitare ambiguità di significato tra la prostituzione così intesa dalla legge Merlin e l’oggetto virtuale. La definizione è di tipo stipulativo, ossia l’unico tipo che dovrebbe essere utilizzato nella costruzione o rimodulazione di una regola, come peraltro già autorevolmente rilevato da autorevole dottrina in merito (Pagano).

5.1.4.1. (segue) Elenchi, rinvii, utilizzo dei numeri. Si ricorre agli elenchi allorquando è necessario specificare casi, condizioni o requisiti. Si può ricorrere ad una elencazione disgiuntiva ovvero cumulativa che non necessariamente vengono distinte sulla scorte delle congiunzioni utilizzate (e/o), ben potendo gli elementi elencati essere ordinati attraverso l’uso di segni di punteggiatura e rappresentare elenchi disgiuntivi ovvero cumulativi; un esempio del primo caso rinviene nel caso dell’art. 600-ter c. 2 c.p. (pornografia minorile) che punisce una serie di condotte finalizzate allo sfruttamento di <<notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale dei minori degli anni diciotto>> che si possono realizzare soltanto alternativamente fra di loro sebbene le varie tipologie di condotte siano coordinate dalle virgole; esempio del secondo caso è l’art. 616 c.p. che punisce

chiunque violi, sottragga o sopprima la corrispondenza, fornendo una definizione stipulativa della stessa elencando tutto ciò che vi rientra – <<quella epistolare, telegrafica, telefonica, informatica…>> - conferendo un effetto chiaramente copulativo: anche in questo caso l’elenco è costruito con l’uso della virgola.

Per quanto concerne l’utilizzo dei numeri in generale, quelli relativi alla struttura fisica dell’atto sono espressi solitamente in cifre arabe, mentre nell’articolato di solito vengono utilizzate le lettere, anche se talvolta vengono – anche in questa parte dell’atto – utilizzate le cifre arabe, salvo cifre che contengono numerosi zeri; le partizioni superiori (titoli e capi) come quelle contenute in Costituzione, codici e testi unici in cifre romane; a parte questa ultima prassi, non esiste uniformità nell’uso della numerazione nella parte dispositiva: ad esempio, nel codice civile prevalgono i numeri espressi in cifre, mentre nel codice penale, di solito, la tecnica è mista perché il numero degli anni e dei mesi relativi alle pene detentive sono espressi in lettere, mentre le sanzioni pecuniarie e accessorie in cifre arabe.

Per quel che concerne la tecnica del rinvio, essa viene utilizzata allorchè “un atto normativo intende appropriarsi di un contenuto prescrittivo che è stato formulato in un

atto diverso, il quale non viene toccato in nulla da tale richiamo”176. È opinione pacifica

che il rinvio riesce ad evitare le ripetizioni e rende maggiormente fluido il discorso a patto che sia chiaro, univoco e si riferisca a disposizioni immediatamente individuabili e di significato immediatamente intellegibile, interpretabili e adattabili alla disposizione rinviante. Un esempio di rinvio immediato e diretto è offerto dalla disposizione di cui all’art. 612 c.p. relativo al reato di minaccia: il secondo comma prevede due circostanze aggravanti speciali delle quali una prevede un aumento di pena <<se fatta in uno dei modi indicati dall’art 339>>, ossia se la minaccia è commessa <<con armi o da persona travisata, o con scritto anonimo, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni esistenti o supposte>>; lo stesso art. 339 c.p., poi, rinvia successivamente agli artt. 336 ss. Per la specificazioni di alcune modalità di condotte violente e minacciose: è la tecnica, questa, dei rinvii a catena che, a sommesso avviso di chi scrive, pare da evitarsi perché potrebbe spezzare la continuità del discorso normativo creando difficoltà interpretative e svilendo la sistematicità dell’ordinamento giuridico.

5.1.5. Uso della punteggiatura e dei verbi. L’uso della punteggiatura e dei verbi è particolarmente importante nella costruzione della regola; anzi, molto probabilmente dovrebbe essere considerato l’aspetto più importante perché influenza direttamente la pragmatica, come si è avuto modo di accennare precedentemente. Un uso troppo superficiale della virgola potrebbe comportare una disambiguazione semantico- pragmatica inserendo una relativa-restrittiva tra due virgole: i bambini invitati alla festa, che si trovavano sul terrazzo, giocavano (tutti i bambini); i bambini invitati alla festa che si trovavano sul terrazzo, giocavano (giocavano solo i bambini che si trovavano sul terrazzo).

L’uso dei verbi è ancora più delicato perché a seconda del tipo di verbo utilizzato, cambia la natura della disposizione: da prescrittiva a descrittiva, oppure espressiva. Ad esempio, si ipotizzi di sostituire una disposizione D di una regola; stante il carattere prescrittivo della maggior parte delle regole, la modifica andrebbe formulata in termini imperativi: sostituire la disposizione D dell’art. N con il testo della nuova disposizione; l’espressione qui utilizzata è chiaramente prescrittiva perché il verbo sostituire è una forma impersonale di imperativo; tuttavia, è bene osservare che le formule d’uso sostituire, aggiungere e simili sono irrituali nella misura in cui si tratta di proporre una modifica del testo vigente: in tal caso la formula corretta sarebbe senza dubbio l’indicativo, per cui l’enunciato andrebbe così riformulato: è sostituita la disposizione D dell’art. N. Basta una riflessione maggiormente approfondita per comprendere che qualora affermassimo sostituire il tale articolo è, più in generale, qualora si dovesse prescrivere una qualche modifica dell’ordinamento occorrerebbe avere la fortuna che qualcuno la realizzi. Se, invece, si vuole ottenere una modifica immediata all’entrata in vigore della regola, è necessario che la formula e il suo significato non siano prescrittivi; la formula è sostituita ha proprio questa immediata e contestuale realizzazione della situazione desiderata: l’indicativo della copula non ha funzione né espressiva, né descrittiva di un effetto già prodottosi indipendentemente dalla norma, ma neanche un valore prescrittivo e non sta per deve essere. Nelle disposizioni che nascono ex novo, il verbo potere qualifica delle posizioni positive di liceità e di pretesa, mentre il verbo dovere si riferisce simmetricamente ad individuare comportamenti che limitano l’esercizio di posizioni favorevoli. Di solito il legislatore

preferisce utilizzare verbi senza ausiliari che però potrebbero generare delle ambiguità

di significato come ha sottolineato autorevole dottrina177: si pensi al verbo partecipare e

si immagini una disposizione che testualmente preveda <<Tizio partecipa all’assemblea>>; una siffatta disposizione possiede in sé tre significati differenti:

- A Tizio è conferita la facoltà di partecipare all’assemblea e può decidere se

partecipatvi o meno (funzione espressiva);

- A Tizio è fatto obbligo di partecipare all’assemblea (funzione prescrittiva);

- Tizio è membro costitutivo dell’assemblea, sicchè una sua mancanza determina

l’invalidità della stessa.

Può darsi che la disposizione sia chiarita dal contesto in cui opera, ma non sempre è così.

5.1.6. Le modifiche. Anche le modifiche ad una disciplina vanno tenute in

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