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Figura 3.1 I sistemi corticali.

In questa tesi si vuole analizzare la stabilità di un pendio in materiale sciolto reso stabile tramite il metodo delle chiodature passive con rete corticale; di seguito si spiega nel dettaglio il funzionamento di tale sistema.

Le chiodature sono delle inclusioni rettilinee a sezione prevalentemente circolare, caratterizzate da un elevato valore di rigidezza e resistenza a trazione che prevalentemente lavorano in condizioni passive.

Sono dei sistemi che si ancorano sia in superficie, per mezzo della rete e delle piastre, sia in profondità attraverso i chiodi, legando così la zona superficiale e quella profonda. I chiodi sono delle inclusioni snelle, il cui rapporto tra lunghezza e diametro è molto elevato; tuttavia il loro comportamento viene assunto rigido e non si considera lo scivolamento del terreno attorno.

Una chiodatura è formata da un’armatura metallica a sezione piena e da un copriferro in calcestruzzo avente la doppia funzione di rivestimento per

l’armatura e di cementazione della stessa al materiale circostante. Il rivestimento è in genere considerato necessario per aumentare la durabilità e limitare i danni dovuti alla corrosione. L’effetto cementante è invece essenziale per migliorare i meccanismi di interazione fra inclusione e terreno circostante.

In testa ad ogni chiodo sono presenti: le piastre metalliche, una rete che ricopre l’intero sistema e un geo-rinforzo (Figura 3.2).

Figura 3.2 Sistemi Corticali.

I sistemi corticali sono superficiali e deformabili e presentano un comportamento simile a una membrana. Le barre metalliche dei chiodi sono inserite nel terreno e hanno la funzione meccanica di ancorare la rete allo strato profondo di terreno stabile, sia esso di materiale sciolto o di roccia e agiscono quindi come una sorta di cucitura tra due corpi rigidi che traslano uno rispetto all’altro.

Solitamente questi sistemi sono pensati per un funzionamento attivo, quindi alla testa del chiodo viene applicata una forza di pre-tiro; essa conferisce un aumento di sforzi normali sul piano di potenziale scivolamento, il che, per la legge di rottura alla Mohr-Coulomb, causa un aumento dello sforzo di taglio resistente.

In presenza di ampi spostamenti del terreno, però, il sistema può funzionare come un ancoraggio passivo, senza necessità di un pre-tiro. Per un meccanismo prevalentemente traslazionale, per cui il campo di spostamenti è pressoché uniforme, un sistema passivo di questo genere non è efficace perché i tiranti sono inseriti perpendicolarmente al pendio e quindi servono spostamenti anch’essi normali.

Il funzionamento dei sistemi corticali

Il sistema corticale si compone di varie parti: - Le barre di ancoraggio in acciaio.

- La rete metallica che copre la superficie del pendio.

- Lo strato di geo-rinforzo che ha il ruolo di evitare lo sprofondamento della rete nel terreno.

- La piastra metallica che tipicamente ha forma romboidale con un buco circolare dove è agganciato il tirante del chiodo.

- Il bulbo di ancoraggio profondo, ottenuto da grouting. - Le bio-griglie che permettono la crescita della vegetazione.

Di seguito si spiega il funzionamento dei sistemi corticali, facendo riferimento all’articolo di Claudio Giulio di Prisco, Fulvio Besseghini e Federico Pisanò (Modelling of the mechanical interaction between anchored wire meshes and granular soils, Geomechanics and Geoengineering, September 2010). Tutte le analisi in questo articolo sono svolte considerando un pendio infinitamente esteso, quindi con geometria monodimensionale. Il caso di studio di questa tesi tratterà invece un pendio bidimensionale, con meccanismo rotazionale, e il contenuto dell’articolo verrà adattato al caso analizzato.

L’effetto stabilizzante delle chiodature può essere analizzato per mezzo del già descritto equilibrio limite, adottando le seguenti ipotesi semplificative:

- L’azione data dal pre-tiro non diminuisce nel tempo, cioè si trascurano gli effetti viscosi.

- La piastra metallica è rigida.

- Le forze trasmesse dalle barre attraverso il terreno agiscono inalterate sul piano di scorrimento.

- Per uno strato omogeneo inclinato, il fattore di sicurezza può essere ricavato imponendo il classico bilancio dei momenti per un volume elementare di pendio. 𝐹𝑆 =(𝑊 cos 𝛼 + 𝑁̅) tan 𝜑 ′+ 𝑐′𝑆 𝑥𝑆𝑦 𝑊 sin 𝛼 =tan 𝜑 ′ tan 𝛼 + 𝑁̅ 𝛾𝑆𝑥𝑆𝑦𝐻 tan 𝜑′ sin 𝛼 + 𝑐′ 𝛾𝐻 sin 𝛼

H è lo spessore dello strato potenzialmente instabile;  è il peso specifico del terreno; 𝑁̅ è la forza assiale agente nelle barre, che si assume perpendicolare alla superficie;  è l’inclinazione del pendio; ’ è l’angolo di attrito all’interfaccia. Equazione 1

Come è immediato notare, FS può essere aumentato diminuendo la spaziatura tra le barre o anche aumentando la forza del pre-tiro.

Infine Sx e Sy sono le spaziature tra le barre e giocano un ruolo fondamentale nel progetto dell’intervento. Sono definite come mostrato in Figura 3.4.

Per valutare 𝑁̅ è necessario modellare i meccanismi di interazione tra le barre, la piastra, la rete e il geotessile. L’obbiettivo di questa analisi è valutare 𝑁̅ in funzione del cedimento della piastra v0. Come rappresentato in Figura 3.5, sulla piastra agiscono tre forze: (i) 𝑁̅ agente nella barra, (ii) la risultante degli sforzi normali che il terreno esercita sulla piastra, (iii) TN, la forza che la rete trasmette alla piastra. Dunque scrivendo l’equazione di equilibrio alla rotazione per la piastra si ottiene:

𝑁̅(𝑣0) = 𝑇𝑁(𝑣0) + 𝑁(𝑣0)

L’equilibrio in direzione verticale, in riferimento alla rete, consente invece di ottenere 𝑇𝑁: 𝑇𝑁(𝑣0) = ∫ 𝑡(𝑙, . 𝑠𝜎 𝑣0) sin 𝛽 (𝑙, 𝑣0)𝑑𝑙 = ∫ ∫ 𝑝(𝑥, 𝑦, 𝑣0)𝑑𝑥𝑑𝑦 𝑆𝑦 0 𝑆𝑥 0

Dove t(l) è la forza di trazione per unità di lunghezza agente lungo il perimetro della piastra, l è la coordinata curvilinea che descrive appunto il perimetro, (l) è l’angolo di inclinazione della rete in prossimità della piastra e infine p(x,y) è la pressione di confinamento che la rete trasmette direttamente al terreno lungo la direzione verticale.

Il secondo termine della equazione 2, 𝑁(𝑣0), per chiarezza può essere distinto in due contributi: uno legato alla capacità portante della piastra se non esistesse la rete (N*), l’altro è un termine di accoppiamento tra la piastra e la rete, la quale Equazione 2

aumenta la capacità portante della piccola piastra e non permette lo sviluppo del meccanismo di rottura di Prandtl (𝑁𝐶𝑂).

𝑁(𝑣0) = 𝑁∗(𝑣

0) + 𝑁𝐶𝑂(𝑣0)

Vengono assunte delle ipotesi semplificative: - La piastra è rigida e con resistenza infinita.

- La rete si comporta essenzialmente come una membrana.

- La geometria è assialsimmetrica pertanto sia la piastra che la rete si assumono a geometria circolare e anche i vincoli sono simmetrici.

Il contributo della piastra

La curva di N*(v0) si ricava dalla relazione di Butterfield (1980) per una fondazione superficiale su terreno sabbioso:

𝑁∗

𝑁𝑀∗ = 1 − 𝑒 (−𝑅𝑁0𝑣0

𝑀∗ )

Dove NM* è la capacità portante della fondazione e R0 è la rigidezza iniziale. Questi sono notevolmente influenzati da alcuni fattori, tra cui le piccole dimensioni della piastra e la distribuzione granulometrica del terreno sottostante, dalle barre vincolate alla piastra e dai grandi spostamenti imposti alla piastra, che possono far insorgere effetti del second’ordine.

Se R0 non è influenzato dalla presenza della rete, la capacità portante NM è severamente influenzata dalla pressione che la rete esercita sul terreno, tanto da

poter scrivere NM come la somma di un contributo dato dalla capacità portante

della piastra in assenza di rete (𝑁𝑀) più un incremento dato dal confinamento

associato alla rete (∆𝑁𝑀), pari al valore massimo di NCO, termine di

Equazione 4

𝑁𝑀 = 𝑁𝑀∗ + ∆𝑁𝑀

Figura 3.4 Il ruolo della spaziatura tra i chiodi: (a) la piastra e (b) il blocco tridimensionale potenzialmente instabile.

Il contributo della rete TN

La rete si comporta come una membrana bidimensionale, caratterizzata da alta resistenza e rigidezza a trazione e da rigidezza flessionale trascurabile.

La rete ha un duplice effetto benefico: uno legato alla sua risposta membranale che fa insorgere TN, l’altro associato agli sforzi normali che la rete trasmette al terreno circostante, che generano il carico distribuito p(x, y, v0).

Sfruttando la geometria, si introducono due coordinate polari, una circonferenziale, 𝜗, e l’altra radiale, r, come illustrato in Figura 3.6.

Figura 3.6 Geometria per il calcolo numerico.

Per ricavare p(r,, v0) e TN(v0) si assumono le seguenti ipotesi:

- La rete metallica e il geotessile sottostante vengono considerati come un’unica membrana.

- L’interazione tra tale membrana fittizia e il terreno su cui poggia è interpretata tramite delle molle, che per semplicità vengono considerate solo verticali (figura 3.8c-d).

- Si assumono noti gli spostamenti del terreno in direzione r, per ogni spostamento della piastra v0.

- La membrana che rappresenta la rete ha un coefficiente di Poisson nullo, in modo che gli sforzi tangenziali in direzione  siano trascurabili rispetto a quelli lungo il raggio r. Ne consegue che ciascun settore radiale lavora indipendente l’uno dall’altro e in parallelo. È possibile quindi descrivere questi settori circolari per mezzo di un numero finito di elementi di trave monodimensionali.

Dunque, si assume che la membrana sia composta da settori circolari che lavorano in parallelo, rappresentati da elementi monodimensionali; le incognite del problema sono lo spostamento verticale v(r) e quello orizzontale u(r). Vengono invece imposte le componenti verticale e radiale dello spostamento del terreno, rispettivamente v*(r) e u*(r). Per semplicità u*(r) si impone nulla, mentre per v*(r) viene impiegata la soluzione elastica standard per un mezzo isotropo ed omogeneo.

L’andamento dello spostamento verticale è stato anche ricavato per mezzo di

funzioni di forma, F[r/(P/2)] (Figura 3.7).

Nel segmento OS (Figura 3.8) v* vale v0; per r > F=2 l’andamento di v* è calcolato tramite l’espressione di Foster and Azhlvin (1954, Poulos and Davis 1974), i quali però si riferiscono a una fondazione deformabile superficiale a base circolare, su cui agisce una pressione verticale costante. I due autori forniscono il fattore di inflessione normalizzato, ricavato lungo la profondità, per valori discreti della coordinata r.

Figura 3.7 Funzione di forma del cedimento elastico attorno alla piastra: valori e adattamento numerico di Foster and Azhlvin.

Il processo di carico è simulato numericamente imponendo nella zona OS una traslazione rigida in direzione verticale, che equivale a scrivere il vincolo cinematico 𝑣̇ = 𝑣̇∗= 𝑣̇0, uguaglianza ottenuta imponendo che le molle nella zona OS abbiano rigidezza assiale infinita.

Ogni molla è descritta dalla seguente relazione costitutiva:

[𝐹𝑉 𝐹𝐻] = [ 𝑘𝑣 0 0 𝑘𝑢] ( 𝑣 − 𝑣∗ −𝑢∗− (𝑢−𝑢) 𝑃𝐿 )

FV e FH sono le forze verticale e radiale che le molle trasmettono alla rete nei nodi (Figura 3.8 c), kv and ku sono rispettivamente le rigidezze elastiche verticale e orizzontale e (u-u*)PL è lo spostamento relativo plastico in direzione orizzontale dovuto alla presenza degli scivolatori orizzontali (Figura 3.8 d).

Il valore da attribuire a kv dipende dalla geometria della rete, ovvero dal diametro dei fili di metallo e dall’angolo delle aperture romboidali della rete e anche dalla presenza del geosintetico sottostante. Nell’articolo di Di Prisco, Besseghini e Viganò viene presentato un esempio di calibrazione di kv. In direzione radiale invece, le molle sono elasto-plastiche; gli scivolatori plastici sono in serie con le molle tangenziali, come mostrato in Figura 3.8, e dunque si genera attrito per scivolamento tra il terreno e il geotessile, fenomeno descritto dalla legge di rottura alla Mohr-Coulomb.

Risolvendo numericamente il problema negli spostamenti appena descritto è possibile ricavare p(r,v0) e TN(v0)

Figura 3.8 Rappresentazione schematica di (a) rete metallica nella configurazione indeformata, (b) rete metallica nella configurazione deformata, (c) molle elasto-plastiche di contatto normale e (d) molle elasto- plastiche di contatto tangenziale.

Validazione del modello

Una volta implementato il modello descritto, è possibile simulare la risposta della rete a un test di punzonamento. Alla fine del test, la rete è snervata e penetra nel terreno.

Per ogni settore circolare si può calcolare la tensione Tj, ad ogni step temporale, durante la progressiva deformazione della rete. Tj viene proiettato in direzione verticale e sommando tutti i contributi si ottiene il contributo globale dato dalla rete, TN.

Ottenuto TN(v0)è possibile calcolare ∆𝑁𝑀, poi N(v0). Una volta note le funzioni N(v0) e N*(v0), si calcola a posteriori il termine di accoppiamento NCO(v0). In Figura 3.9 si riportano gli andamenti di queste tre funzioni.

Infine, sommando i due contributi N(v0) e TN(v0), è possibile ottenere la funzione 𝑁̅(𝑣0) = 𝑇𝑁(𝑣0) + 𝑁(𝑣0). Essa è la curva caratteristica del sistema e lega l’azione che il sistema trasmette al terreno, al crescere dello spostamento v0 normale alla piastra.

Nelle tabelle che seguono vengono riportati i dati relativi alla rete, alle piastre e ai terreni considerati nell’articolo.

Tabella 3.1 Parametri costitutivi calibrati per la rete metallica.

Tabella 3.2 Parametri costitutivi calibrati per la piastra e per lo strato di terreno in condizioni sciolte.

Tabella 3.2 Parametri costitutivi calibrati per la piastra e per lo strato di terreno in condizioni dense.

Analisi parametrica

Nell’articolo è stata inoltre studiata la dipendenza della riposta meccanica del sistema sulla spaziatura tra le piastre, in particolare per una sabbia sciolta e una sabbia densa. Per eseguire questa analisi vengono mantenuti inalterate le caratteristiche della rete metallica, mentre i parametri della piastra del terreno vengono variati.

I risultati vengono riportati in figura 3.11 nel caso della sabbia sciolta e in figura 3.10 nel caso della sabbia densa. Per entrambe le tipologie di sabbia, si nota che diminuendo la spaziatura tra le piastre il comportamento meccanico diventa più rigido.

Figura 3.11 Risposta meccanica del sistema per una sabbia sciolta, al crescere della spaziatura.

Figura 3.10 Risposta meccanica del sistema per una sabbia densa, al crescere della spaziatura.

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