• Non ci sono risultati.

4. Esempio di calcolo

5.5. Risultati con variazione della falda

5.5.1. Spaziatura 1,75 m

Trovato il limite di spostamento, è possibile considerare l’effetto dell’intervento di stabilizzazione. Come primo esempio viene riportato quello con spaziatura S=1,75 m di Figura 5.14.

Figura 5.14 Spostamenti del pendio con S=1,75 m e variazione della falda.

Come già esposto, i tratti orizzontali rappresentano i periodi in cui il pendio risulta fermo. Gli spostamenti e le velocità angolari pertanto non aumentano, producendo incrementi nulli che non sono in grado di far aumentare la forza di stabilizzazione

0 0,02 0,04 0,06 0,08 0,1 0,12 0,14 0,16 0,18 0 80 160 240 320 400 480 560 640 720 800 880 960 1040 1120 1200 1280 1360 1440 U vc [m ] Tempo [giorni]

Spostamenti verticali del ciglio

Spostamento Naturale Pendio Spostamento con Oscillazione Falda

del sistema corticale. In questi intervalli di tempo l’intervento è inattivo e mantiene la propria forza costante. Lo spostamento viene ridotto rispetto al valore limite, ma il movimento franoso non viene arrestato, esattamente come nel caso in cui la falda rimane fissa a 14 m. Il sistema inoltre risulta ancora ben lontano dal limite di snervamento poiché gli spostamenti maggiori avvengono solamente durante i mesi in cui la falda sale a livelli più elevati, come mostrato in Figura 5.15. Dopo quattro anni, il valore delle forze sviluppate è differente nei due casi. Nel caso di falda che varia, l’andamento risulta ancora triangolare, mentre con falda a 14 m il secondo e terzo chiodo sviluppano forze con un valore tendente al limite di snervamento di 110 kN/m. Nel caso in esame, l’efficienza del sistema risulta essere inferiore e il tempo di stabilizzazione aumenta notevolmente. Infatti, per poter raggiungere valori maggiori della Q, si devono sviluppare ancora ulteriori cedimenti, proprio perché la rete si attiva solo in alcuni mesi.

Figura 5.15 Confronto forze dopo 4 anni con forzanti idrauliche differenti.

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 0,25 1,5 2,75 4 5,25 6,5 7,75 9 10,25 Q [kN /m] x [m]

Profilo Q a t= 4 anni

Variazione Falda Falda Costante Limite S = 1.75 m

5.5.2. Spaziatura 1 m

Per poter paragonare nuovamente due interventi differenti, è stata riproposta la spaziatura inferiore di 1 m. Come esposto nel paragrafo 5.4. questo intervento era in grado di apportare una diminuzione del 90% alle velocità del pendio entro 4 anni. Viene ora effettuata un’analisi modificando il livello piezometrico e si mettono a confronto i risultati con quelli ottenuti nel paragrafo precedente (Figura 5.16).

Figura 5.16 Confronto interventi con spaziature differenti facendo variare il livello piezometrico.

Utilizzando la spaziatura 1 m lo spostamento viene quasi dimezzato rispetto al valore limite ed alla spaziatura 1,75 m; tuttavia facendo variare il livello di falda non risulta possibile in quattro anni fermare il movimento poiché gli spostamenti nei periodi invernali sono ancora di entità non trascurabile.

0 0,02 0,04 0,06 0,08 0,1 0,12 0,14 0,16 0,18 0 80 160 240 320 400 480 560 640 720 800 880 960 1040 1120 1200 1280 1360 1440 U vc [m ] Tempo [giorni]

Spostamenti verticali del ciglio

Spostamento Naturale Pendio S= 1 m

Si vuole infine mettere in evidenza le differenze presenti con spaziatura 1 m mantenendo fissa e facendo variare il livello di falda (Figura 5.17).

Figura 5.17 Confronto medesimo intervento con falda variabile e costante.

Mantenendo fissa la posizione della falda, è stato possibile stabilizzare il pendio; facendola variare stagionalmente è evidente che il movimento, seppur rallentato, non viene totalmente arrestato. Il motivo di tale differenza è da ricercarsi nell’entità degli spostamenti prodotti; essendo il pendio periodicamente fermo, non vengono sviluppati grandi cedimenti e la curva caratteristica non viene sfruttata appieno. Mettendo a confronto i profili della forza Q (Figura 5.18) dopo quattro anni con falda costante e falda che oscilla, è possibile constatare che la differenza è sostanziale. Per poter arrestare completamente il moto è necessario ancora del tempo.

0 0,04 0,08 0,12 0,16 0,2 0,24 0,28 0,32 0,36 0,4 0 80 160 240 320 400 480 560 640 720 800 880 960 1040 1120 1200 1280 1360 1440 U vc [m ] Tempo [giorni]

Confronto Spostamenti S= 1 m

Spostamento Naturale con Variazione Falda

Spostamento con Variazione Falda

Spostamento Naturale con Hw= 14 m

Figura 5.18 Confronto forze dopo 4 anni con forzanti idrauliche differenti.

Si può concludere affermando che facendo variare la falda, il tempo necessario ad un arresto del movimento è maggiore e si deve quindi valutare se esso sia accettabile o meno. Per poter ovviare a questo problema si potrebbe pensare di abbassare la falda tramite interventi di ingegneria idraulica, per esempio inserendo dreni o pozzi, o di ingegneria naturalistica. Il compito del progettista sarà quello di valutare le tempistiche e gli interventi accettabili per il caso in esame. 0 40 80 120 160 200 240 280 320 360 400 0,25 1,5 2,75 4 5,25 6,5 7,75 9 10,25 Q [kN /m ] x [m]

Profilo Q a t=4 anni

Variazione Falda Falda costante Limite S = 1 m

6. Conclusioni

Nel corso dell’elaborato si è studiato un pendio ideale bidimensionale adottando differenti approcci, utilizzando come intervento di stabilizzazione i sistemi corticali.

Si è considerata una perturbazione idraulica del sistema, variando l’altezza della falda, Hw, e si sono così ottenuti i cinematismi critici a cui si è fatto riferimento nel corso delle analisi. Dagli andamenti degli FS al crescere di Hw è stato individuato un inviluppo critico.

Per descrivere il funzionamento della rete corticale abbiamo fatto riferimento ai dati ricavati dalle analisi dell’articolo di Di Prisco, Besseghini, Viganò.

Per progettare l’intervento stabilizzante, in primo luogo si è adottato l’equilibrio limite, che ha permesso di trovare la pressione necessaria a portare il fattore di sicurezza del pendio a 1,3 e a dimensionare la lunghezza dell’intervento. Con questo primo approccio, l’effetto della rete è stato tenuto in conto come carico ultimo ricavato dalle curve caratteristiche riportate nell’articolo. La pressione stabilizzante è stata considerata uniformemente distribuita lungo l’intera lunghezza dell’opera, ottenendo fattori di sicurezza superiori in ogni caso al limite di sicurezza di 1,3. Lo studio allo stato limite ultimo, seppur verificando tutti i limiti di sicurezza, non sempre verifica i requisiti di funzionalità, poiché non è realistico immaginare che sul pendio agisca una pressione ovunque uniforme e pari a quella massima ottenibile dall’intervento.

Il reale funzionamento della rete è stato studiato con il metodo ibrido: infatti, per studiare la natura passiva di tale intervento, insorge la necessità di studiare il sistema con un metodo ibrido, considerando la relazione tra le forze stabilizzanti e gli spostamenti del terreno. Un sistema passivo trasmette le forze stabilizzanti al terreno instabile qualora si possano mobilitare degli spostamenti. Le forze stabilizzanti aumentano al crescere degli spostamenti concessi al pendio, e

all’aumentare di tali forze consegue l’aumento del fattore di sicurezza globale. In questo caso si è usata la curva caratteristica del sistema come strumento per ricavare le azioni stabilizzanti in funzione degli spostamenti. Abbiamo verificato l’importanza della spaziatura, mettendo in luce il suo effetto non solo sulla sicurezza e sull’aumento di FS, ma anche sugli spostamenti del terreno necessari all’attivazione della rete, aspetto legato all’efficienza dell’intervento.

Tenendo conto di questo infatti, l’analisi deve anche permettere di valutare se gli spostamenti richiesti dal sistema siano adeguati, così da giungere a un’ottimizzazione progettuale variando la spaziatura. È chiaro quindi che il progetto deve essere eseguito non solo in modo che sia in grado di prevenire il possibile crollo, ma anche che l’opera progettata possa attivare la propria azione stabilizzante per spostamenti accettabili.

Sebbene con l’equilibrio limite e con il metodo ibrido sia possibile dimensionare un intervento che stabilizzi il pendio, nessuna informazione si può ricavare riguardo l’evoluzione del moto del terreno, né si può verificare se l’opera così progettata sia in grado di rallentarne la velocità. Per ottenere un progetto completo che tenga conto di tutti questi aspetti, occorre quindi fare un passo in più: considerando l’equazione del moto del pendio, si può ricostruire l’andamento degli spostamenti nel tempo dopo l’installazione della rete. Si è studiato il medesimo pendio ideale, caratterizzato ora da un comportamento rigido- viscoplastico. Dall’equilibrio alla rotazione del sistema si ricava l’equazione del moto per diversi cinematismi; questo metodo permette di considerare non un’unica superficie di rottura, ma contemporaneamente prende in considerazione i campi di velocità dati dalla composizione di molteplici superfici critiche, risultando così un metodo evolutivo negli spostamenti. Trascurando gli effetti dinamici e considerando il contributo viscoso del terreno, governato dal coefficiente , si ottiene un’equazione differenziale ordinaria la quale viene risolta in maniera discreta alle differenze finite. Il risultato è l’andamento degli

l’evoluzione delle velocità di spostamento prima e dopo l’applicazione della rete, è possibile valutare l’efficienza dell’opera anche in termini di tempo necessario ad ottenere l’obiettivo.

Si è valutata quindi l’efficienza dell’intervento, ovvero se esso sia in grado di ridurre le velocità del pendio attraverso le proprie forze stabilizzanti.

Inizialmente si è mantenuta fissa la posizione della falda a 14 m e si sono confrontati due interventi, con spaziatura 1,75 m e 1 m. E’ emerso che l’intervento con spaziatura 1.75 m, che studiato con il metodo ibrido era in grado di garantire largamente la stabilità del pendio, non può arrestare completamente il moto franoso. Dopo quattro anni dall’installazione, le velocità sono dimezzate rispetto alla situazione iniziale, ma anche in questo ampio lasso di tempo, l’opera non è sufficiente a garantire l’arresto del movimento. Considerando invece la spaziatura di 1 m, dopo quattro anni il moto del pendio viene arrestato.

Come ulteriore analisi, è stata fatta variare la falda con periodicità stagionale, da un’altezza di 14 m a partire da gennaio, fino a 8 m per i mesi estivi. A differenza del caso precedente a falda fissa, nessuno dei due interventi si è rivelato in grado di arrestare il moto, nemmeno dopo quattro anni. Il motivo di questa differenza è da ricercarsi nell’entità degli spostamenti del pendio, maggiori nei mesi invernali, in cui le pressioni dell’acqua diminuiscono drasticamente la stabilità, e minori in quelli estivi, in cui il pendio si trova in condizioni di equilibrio. Il sistema quindi viene sfruttato solo in determinati periodi dell’anno, mentre non viene attivato quando il pendio si trova in equilibrio. La presenza della rete, a differenza del caso precedente, non viene sfruttata appieno e entrambi gli interventi necessitano di tempi maggiori. Nonostante le velocità vengano soltanto parzialmente ridotte , un ottimo risultato si ottiene in termini di spostamenti totali, i quali diminuiscono notevolmente.

Accanto ai profili delle velocità nel tempo, sono stati analizzati gli andamenti delle forze sviluppate dalla rete. Questo ha messo in luce la grande differenza col metodo allo stato limite ultimo: quest’ultimo prevedeva una distribuzione

rettangolare uniformemente distribuita sul pendio, mentre con l’approccio negli spostamenti abbiamo ottenuto la reale distribuzione delle forze, più vicina a un andamento triangolare. Inoltre, per utilizzare il metodo dell’equilibrio limite, abbiamo dovuto ipotizzare un’infinita duttilità della rete metallica, ma questa semplificazione nella realtà può non essere accettabile. Col il metodo negli spostamenti si può infatti tenere conto di un comportamento più reale, ricostruendo l’andamento delle forze al passare del tempo.

In conclusione, è possibile affermare che le analisi svolte hanno messo in luce limiti e potenzialità dei differenti approcci: la scelta del metodo di progetto deve essere commisurata alle esigenze del problema e all’obiettivo che si vuole ottenere.

Bibliografia

Galli A., Maiorano R.M.S, Di Prisco C.G., Aversa S. (2017) -Design of slope-

stabilizing piles: from Ultimate Limit State approaches to displacement based methods.

Di Prisco C.G., Besseghini F., Pisanò F. (2015) -Modelling of the mechanical

interaction between anchored wire meshes and granular soils.

Galli A. e Bassani A. (2018) -Innovative performance-based design of slope

stabilizing piles for a railway embankment.

Di Prisco C.G. (2017) -Dispense corso di Slope Stability a.a. 20016-2017.

Scesi L. et al. (2015) -Geologia Tecnica: Idrogeologia applicata, dinamica dei

Documenti correlati