15 ENEA, Rapporto Energia e Ambiente
1.3.3 Situazione italiana
Per l’Italia l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra, da realizzarsi entro il 2012, è stato fissato al 6,5% rispetto ai livelli del 1990. In realtà nel contesto nazionale le emissioni, invece di diminuire, sono aumentate del 13%, portando a circa il 20% la riduzione da realizzarsi da oggi al 2012. Gli aumenti più consistenti di emissioni hanno riguardato i trasporti (+27,5%) e la produzione di energia termoelettrica (+17%).
È stato calcolato che per conseguire questi obiettivi si dovrebbe realizzare una riduzione del consumo di combustibili fossili tra il 15 e il 20%, con una conseguente riduzione della fattura energetica per il Paese di circa 5-7 miliardi di euro per anno. Viceversa, il mancato raggiungimento dell’obiettivo comporterebbe per l’Italia, stante la situazione attuale, un esborso di 1,5 miliardi di euro l’anno, fra acquisti di diritti di emissioni e progetti di cooperazione per realizzare tali riduzioni all’estero.
Sempre dal Rapporto Energia Ambiente 2006 dell’ENEA, per l’Italia emerge ancora una volta che l’aumento della domanda di energia riguarda soprattutto i settori residenziale e terziario ed è causato essenzialmente da fattori climatici (figg. 13 - 14). In particolare nel 2003 tali consumi sono aumentati in maniera sostenuta con un incremento sia dei consumi di gas per il riscaldamento ambientale, sia dei consumi elettrici per la climatizzazione estiva.
Significativo è, inoltre, per l’Italia quello dell’intensità energetica. Fino alla fine degli anni 90 i valori dell’intensità energetica finale erano più bassi della media dei Paesi dell’Unione Europea, avvicinandosi solo recentemente a tali valori. Alcuni Paesi del Nord Europa (Danimarca, Germania, Svezia, Finlandia, Gran Bretagna) hanno diminuito notevolmente le loro intensità energetiche. Altri, come Spagna e Portogallo, che partivano da livelli di intensità energetica più bassi della media, hanno invece dei trend in crescita.
Il confronto con la situazione europea mostra un’Italia che progressivamente sta riducendo il beneficio derivante da una posizione iniziale favorevole in termini di intensità energetiche, e che negli ultimi anni non riesce a seguire il passo della maggior parte dei Paesi europei che, pur in presenza di una maggiore crescita economica, hanno ridotto notevolmente le loro intensità energetiche. In Italia, dopo almeno due decenni (dal 1975 al 1995) in cui la crescita economica ha mostrato tassi di variazione molto superiori a quelli energetici, negli ultimi anni il trend sembra
Parte prima – Analisi dello stato dell’arte e individuazione delle criticità
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Giulia Archetti – Facoltà di Architettura di Ferrara
essersi invertito, con tassi di variazione del PIL minori (se non addirittura di segno negativo) rispetto a quelli dei consumi energetici. I consumi di energia, malgrado il forte rallentamento del PIL registrato nel 2005, sono complessivamente in ascesa e sembrano trainati soprattutto dalle variazioni registrate nei consumi energetici elettrici e di gas naturale del settore civile, sia terziario che residenziale.
Il Libro Bianco22 del 2004 riporta dati di una ricerca dalla quale risulta che, in termini
primari, sommando produzione e gestione, il sistema degli edifici è responsabile di circa il 45% del fabbisogno energetico nazionale. Inoltre, mentre il totale nazionale mostra tassi d’aumento minori dell’1% annuo, il settore civile, a causa della progressiva crescita della sua percentuale elettrica, aumenta i propri consumi primari, e le relative emissioni, del 2% annuo. Questo gap è dovuto in buona parte ad una crescente e non governata diffusione del condizionamento estivo, realizzato con macchine a compressore elettrico, in edifici abitativi il cui involucro è privo di isolamento termico.
In questo ambito, la Direttiva Europea 2002/91/CE ha determinato una svolta, innanzitutto a livello internazionale, in quanto si è posta come obiettivo quello di ridurre le differenze tra le normative dei paesi comunitari. Inoltre a livello nazionale ha ispirato i DD. Lgs. 192/2005 e 311/2006, che hanno introdotto lo strumento della certificazione energetica degli edifici. Tale certificazione prevede requisiti energetici obbligatori da adottare per migliorare le prestazioni del sistema edificio, con conseguente riduzione dei costi di gestione.
In particolare il D.Lgs 311/2006 consente di recepire più adeguatamente la DE 2002/91/CE, innalzando notevolmente l’efficienza energetica, mediante l’introduzione più restrittiva di valori limite dei coefficienti di trasmittanza. Considerazioni come questa sono valide sia per le nuove costruzioni sia per il recupero dell’esistente, che in Italia risulta spesso particolarmente inefficiente23. Tale riduzione non rappresenta
solo una scelta dettata dalle normative ma anche una soluzione per migliorare la qualità ambientale e tecnologica dell’edificio, consentendo una riduzione dei consumi energetici e un innalzamento del comfort indoor.
Va inoltre evidenziato che, parlando di costo energetico delle costruzioni, le maggiori problematiche risultano dall’edificato esistente, sia quello antecedente il 1976 (anno di avvio delle normative previste dalla Legge 373/76 sul contenimento energetico,
22 Libro Bianco Energia – Ambiente – Edificio, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, F.IN.CO ENEA Febbraio 2004.
23 “Il tema del riscaldamento invernale, regolato dalla L. 373/76 e dalla successiva L 10/91 è di notevole importanza. Si tratta di leggi valide, ma la L. 10 è in gran parte inapplicata in quanto non sono stati emessi molti dei regolamenti di attuazione previsti, e soprattutto 2/3 del parco edilizio nazionale è di costruzione precedente alla L. 373.” ibidem
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come già accennato) sia, anche se con problematiche inferiori, quello edificato successivamente, almeno fino al 1991 (anno di avvio delle normative previste dalla Legge 10/91). Non potrà esserci efficacia nell’azione di contenimento energetico negli edifici, residenziali, industriali o di quelli dedicati ai servizi, se non ci sarà la possibilità di intervenire significativamente e sostanzialmente in questa parte del patrimonio immobiliare nazionale.