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3. Le politiche alimentari e il consumo di carne

3.7 Politiche alimentari: il ruolo della società civile

3.7.1 Slow Food

Slow Food è una grande associazione internazionale no profit impegnata a ridare il giusto valore al cibo, nel rispetto di chi produce, in armonia con ambiente ed ecosistemi, grazie ai saperi di cui sono custodi territori e tradizioni locali. Slow Food lavora in 150 Paesi per tutelare la biodiversità, costruire relazioni tra produttori e consumatori, migliorare la consapevolezza sul sistema che regola la produzione alimentare. Le attività sono volte a diffondere la consapevolezza e conoscenza del cibo nel suo complesso.

I progetti legati strettamente alla comunicazione con i consumatori di cui è promotore sono legati all’educazione alimentare, sensoriale e del gusto. Coinvolge adulti e bambini presentando cibo con tutte le sue valenze culturali, sociali e naturalmente organolettiche. Con gli “Orti in Condotta” si avvicinano scolari e famiglie alla cultura alimentare, si impara il valore di semi e frutti, a tutelare le risorse della terra, per poi scegliere ciò che mangiamo in base alle nostre esigenze e non secondo quelle del mercato. I “Master of Food” è un percorso educativo innovativo e originale, basato sul risveglio e l’allenamento dei sensi, sull’apprendimento di tecniche produttive del cibo e sulla degustazione come esperienza formativa.

Un altro progetto chiamato “Terra Madre” propone un diverso modello di globalizzazione positiva non omologante. Oltre 2000 Comunità del cibo in tutto il mondo operano perché la produzione del cibo mantenga un rapporto armonico con l’ambiente e per affermare la dignità culturale e scientifica dei saperi tradizionali. A supporto di questa rete si svolgono incontri regionali tenuti in tutti i continenti, che culminare nel Salone del Gusto e Terra Madre di Torino, appuntamento mondiale dedicato al cibo.

Inoltre, la Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus coordina progetti che difendono le tradizioni locali, proteggono le comunità che nascono attorno al cibo, promuovono la sapienza artigiana. Oggi la Fondazione promuove e tutela 400 Presìdi Slow Food in tutto il mondo e 1000 prodotti dell’Arca del Gusto. Per coordinare l’offerta, con i “Mercati della Terra”, crea degli spazi volti a creare una rete internazionale fatta di trasformatori e contadini uniti da valori e regole condivisi tra loro e Slow Food. È un luogo dove possono incontrarsi, conoscersi,

70 mangiare in compagnia e trovare prodotti locali e di stagione, presentati solo da chi produce quello che vende e anche spazi per i più giovani, per l’educazione del gusto, per gli eventi. Nel 1990 per favorire la consapevolezza del consumatore, fondò Slow Food Editore per promuovere un’agricoltura pulita, intrattenere con ricette e proposte gastronomiche, diffondere e amplificare il messaggio del movimento.

Dalla collaborazione di Piemonte ed Emilia Romagna, nel 2004 nacque l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, un’università privata legalmente riconosciuta. I percorsi di studio proposti sono studiati per dare dignità accademica al cibo interpretato come fenomeno complesso e multidisciplinare attraverso lo studio di una rinnovata cultura dell’alimentazione.

Con riferimento al settore specifico della carne, dal 2014 è iniziata la campagna “Slow Meat”, con la quale invita a preferire consumi ragionati e fare scelte pensando anche all’impatto sull’ambiente, al benessere degli animali e alla tutela del lavoro. “Slow Meat” è una campagna che sostiene il lavoro dei produttori di piccola e media scala che rispettino il benessere degli animali e cerchino di pesare il meno possibile sull’ambiente. Lo slogan della campagna è: “Slow Meat: mangiamo meno carne, di migliore qualità”, questo viene motivato dai benefici per la salute, per il sistema alimentare e per l’ambiente migliorando la qualità dell’aria, del suolo e dell’acqua.

La campagna illustra chiaramente e semplicemente i costi “nascosti della carne” industriale: i costi per l’ambiente, illustrando i fattori di inquinamento, pertanto la concentrazione di letame che può arrivare ad avvelenare le falde acquifere, l’enorme quantità di terre coltivate secondo metodi intensivi e a monoculture per sfamare gli allevamenti che causano la perdita di biodiversità del suolo e la fertilità e il loro trasporto che genera ulteriore inquinamento e spreco di acqua. I costi per gli animali, costretti a vivere innaturalmente in piccoli spazi e a mangiare mangime elaborato per aumentarne la resa ma non appropriato per il loro normale consumo, portando ad esempio i bovini che mangiano soia, insilati di mais, sottoprodotti industriali (compresi etanolo, fruttosio e derivati dello sciroppo di mais), cereali, integratori e, naturalmente, antibiotici al posto di erba e fieno tipici per un animale ruminante, causandogli gonfiore allo stomaco, diarrea e altri problemi, che si cerca di risolvere con antibiotici. I costi sociali, la contrapposizione di una parte di emisfero che consuma e spreca e l’altra parte in cui il consumo di carne è un lusso e la fame è la principale causa di morte. Infine, i costi per la salute in cui sono inclusi le conseguenze dirette causate dal consumo di grassi e le proteine animali in modo eccessivo, al punto da causare malattie cardiache, diabete, alti livelli di colesterolo nel sangue e alcune forme di cancro. Inoltre, aggiungono che gli animali nelle stalle

71 industriali ricevono regolarmente antibiotici per prevenire le malattie, molto comuni a causa degli spazi ridotti. Questi antibiotici finiscono sia nel letame, quindi nel suolo e nelle falde acquifere, che nei prodotti finali a base di carne. Con il tempo, i batteri accumulano resistenza e gli antibiotici diventano inefficaci anche per gli esseri umani. Consigliano esplicitamente di prevenire queste malattie riducendo il consumo di carne, in particolare di carni rosse e di prodotti lavorati industriali (salumi, insaccati molto lavorati che contengono additivi e conservanti nocivi) e aumentare il consumo di alimenti a base vegetale, come cereali grezzi, legumi e una grande varietà di verdure e frutta non amidacei che, se ben equilibrati, possono fornire al nostro organismo tutti i nutrienti necessari. Precisano che secondo i nutrizionisti, un adulto sano ha bisogno di soli 500 grammi di carne alla settimana.

Questa campagna è svolta per cambiare l’attuale modello di allevamento, direzionandolo verso la ricerca di una relazione naturale con la terra e con gli animali, per offrire carne sostenibile e di qualità da consumare in quantità minori, ma con maggiore piacere e salute. Oltre a attivare presidi Slow Food che sostengono le piccole produzioni tradizionali che rischiano di scomparire, valorizzano territori, recuperano antichi mestieri e tecniche di lavorazione, si impegnano per salvare dall’estinzione razze autoctone e varietà, appoggiano gli allevatori che rispettino il benessere animale e l’ambiente.

La pubblicazione del 2018 “Buoni per il pianeta, buoni per la salute” presenta l’analisi del ciclo di vita di sei prodotti dei Presìdi Slow Food e di filiere sostenibili, a confronto con analoghe produzioni industriali: il messaggio portante è che una dieta salubre per la salute umana ha anche un impatto positivo sul clima. A sostegno di questo riporta i risultati della ricerca svolta da Indaco2 con la consulenza del dott. Andrea Pezzana, medico nutrizionista (SC Nutrizione Clinica - ASL Città di Torino), che ha comparata la produzione di gas serra di una dieta settimanale poco salutare, basata su cibi altamente processati e su proteine animali provenienti da carni di allevamenti industrializzati ad alto impatto ambientale, con una dieta sana, “amica del clima”, a base di prodotti principalmente vegetali, integrali, freschi, coltivati e allevati secondo pratiche sostenibili o biologiche. Nel calcolo si è considerato il fabbisogno alimentare di un adulto sano, tra i 30 e i 40 anni, con un fabbisogno calorico giornaliero di circa 2000 Kcal. Viene evidenziato il consumo medio annuale di carne per una persona nei paesi occidentali che è pari a circa 80 Kg di carne/l’anno, maggiore dei fabbisogni indicati dall’OMS e dall’IARC. Raccomandano di ridurre i consumi di carne e aumentare quelli di legumi e altre verdure, che diventa una buona abitudine per la salute personale, ma anche per la salute del pianeta. Per quanto riguarda le emissioni, la dieta poco salubre produce un’alta quantità di gas serra, 37 kg, quella salubre solo 14 kg settimanali. Sottolinea inoltre i benefici per la salute causati dall’eccesso di carni e salumi, tipici delle diete iperproteiche e iperlipidiche, di cibi

72 precotti industriali ricchi di grassi, di bevande zuccherate (gelati e pizze surgelate, merendine e dolcetti) di prodotti raffinati (pane bianco e pasta a base di farine raffinate). Segnalano che, se anche non consumato spesso o in quantità eccessive, questi alimenti determinino comunque un accumulo di sostanze dannose nell’organismo (grassi, zuccheri, additivi) che nel lungo tempo causi malattie cardiovascolari, diabete e cancro.

3.7.2 Associazione Vegetariani Italiana e Associazione Vegani

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