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DIBATTITO SUL CONSUMO DELLA CARNE E LA DIETA SANA: PROSPETTIVE DEGLI ATTORI COINVOLTI NEL SISTEMA ALIMENTARE ITALIANO

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Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

Tesi di Laurea Magistrale in

Scienze per la Pace: trasformazione dei conflitti e cooperazione allo sviluppo

Dibattito sul consumo della carne e la dieta sana:

prospettive degli attori coinvolti nel sistema alimentare italiano

Relatrice: Dott.ssa Francesca Galli Candidata: Moira Zinelli

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Sommario

1. Introduzione ... 5

1.1 Inquadramento e obiettivo della ricerca ... 5

1.2 Il consumo di carne e la salubrità della dieta ... 6

1.3 Il ruolo delle politiche alimentari: il consumo di carne e le dimensioni della sostenibilità ... 7

1.4 Materiali e metodi ...11

1.4.1 Alcune definizioni ...11

1.4.2 I dati ...11

1.5 La struttura della tesi ...12

2. Contesto ...14

2.1 Evoluzione storica del consumo di carne ...14

2.2 Situazione alimentare attuale ...19

2.2.1 Quantificazione dei consumi di carne in Italia ...22

2.3 Nutrienti della carne e malattie correlate al consumo elevato ...24

2.4 Importanza della dieta mediterranea e piramidi alimentari: impatti sull’ambiente e sulla salute umana ...30

2.4.1 Benefici indiretti della dieta sana ...35

3. Le politiche alimentari e il consumo di carne ...37

3.1 Introduzione: obiettivo, materiali e metodi ...37

3.2 Le politiche pubbliche per la salute e la nutrizione ...38

3.2.1 Evoluzione delle politiche per la nutrizione: il livello internazionale ...41

3.2.2 Evoluzione delle politiche per la nutrizione: il livello europeo ...45

3.2.3 Evoluzione delle politiche per le nutrizione: il livello nazionale ...47

3.2.3.1 Linee Guida per una sana alimentazione 52

3.2.3.2 Impatto ambientale della carne 53

3.2.3.3 Alimentazione nelle scuole 55

3.3 Politiche alimentari: i nutrizionisti ...56

3.4 Gli attori della filiera: gli allevatori ...57

3.4.1 Gli attori della filiera: le associazioni di categoria ...61

3.4.2 Coordinamento e comunicazione tra attori della filiera della carne: il progetto “Carni Sostenibili” ...62

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3.6 Gli attori della filiera: la ristorazione ...66

3.7 Politiche alimentari: il ruolo della società civile ...68

3.7.1 Slow Food ...69

3.7.2 Associazione Vegetariani Italiana e Associazione Vegani Italiani Onlus ...72

3.7.3 Compassion In World Farming ...73

4. Prospettive degli esperti del settore della carne e nutrizione ...75

4.1 Introduzione: obiettivo e metodologia ...75

4.2 Elaborazione e confronto questionari ...79

5. Conclusioni...93 Appendice 1 ...97 Appendice 2 ... 100 Tabelle ... 216 Bibliografia ... 220 Sitografia ... 225 Acronimi

ADI Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica

ASPA Associazione Scientifica per la Scienza e le Produzioni Animali BCFN Barilla Center for Food and Nutrition

CENSIS Centro Studi Investimenti Sociali CIA Confederazione Italiana Agricoltori CIWF Compassion in World Farming

CNAPPS Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute CNR Consiglio Nazionale della Ricerca

CREA Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione

EFSA Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare – European Food Safety Authority EPIC European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition

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4 FAWC Farm Animal Welfare Council

FBDG Food-based dietary guidelines - linee guida dietetiche alimentari FIESA Federazione Italiana Esercenti Specializzati in Alimentazione FIPE Federazione Italiana Pubblici Esercizi

GDO Grande Distribuzione Organizzata

IARC International Agency for Research on Cancer INRAN Istituto di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione IPCC Intergovernmental Panel on Climate Change

ISMEA Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare

ISPRA - l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ISS Istituto Superiore della Sanità

LARN Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed Energia per la popolazione italiana MIPAAF Mistero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali

MIUR Ministero dell'Istruzione Ministero dell'Università e della Ricerca NCDs Non Communicable Diseases, traduzione malattie non trasmissibili OICB Organizzazione Interprofessionale Carne Bovina

OMS Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS (in inglese: World Health Organization – WHO) PAC Politica Agricola Comune

PAT Prodotti Agroalimentari Tradizionali

SDGs Sustainable Development Goals - Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile della Agenda 2030 SINAB Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica

SINU Società Italiana di Nutrizione Umana

UNESCO Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura Uniceb Unione Italiana Filiera Delle Carni

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1. Introduzione

1.1 Inquadramento e obiettivo della ricerca

Il dibattito sul consumo della carne è molto attuale e viene spesso associato alla sostenibilità intesa nelle sue dimensioni economiche, ambientali e sociali. È un tema multidisciplinare e tocca numerose materie e attori differenti. Per questo motivo è difficile dare una definitiva ed esaustiva visione su questo argomento, ogni attore presenta opinioni e posizioni differenti, dalla propria prospettiva legittima e plausibile, talvolta però senza avere una visione globale del sistema agroalimentare, degli interessi e bisogni degli altri stakeholder e del numero elevato di variabili interessate dal problema.

Lavoro da oltre un decennio negli acquisti della carne della grande distribuzione, che è un settore ampio e dinamico, soggetto ai cambiamenti e alle fluttuazioni del mercato mondiale ma legato alla produzione locale e alla tradizione e ad altre variabili tipiche di un alimento di origine animale, influenzato per esempio dall’ambiente naturale e dalle patologie animali. La mia conoscenza del settore non è ancora esaurita, nonostante sia a contatto con macellai esperti, selezionatori e valutatori della carne, buyer che urlano al telefono per cercare di prevedere gli andamenti del mercato, commerciali che girano il mondo per scegliere capi e razze da proporre; si tratta di un ambito in cui si possono imparare e si possono conoscere nuove tecnologie applicate a razze antiche di secoli.

Legate a questo mondo così affascinante, ci sono molte domande aperte sulla sostenibilità, sugli sprechi, sui profitti iniqui e sulla salubrità della carne. Quest’ultimo punto è quello che andremo ad approfondire in questo progetto di tesi, ovvero il dibattito sul tema del consumo della carne in relazione alla salubrità della dieta, con riferimento al contesto italiano.

La comunicazione attuale sembra direzionarsi verso la qualità e la provenienza della carne, ma tocca solo limitatamente il tema del consumo consapevole e ponderato di questo alimento. Rendere consapevoli i cittadini dei benefici che trarrebbero da seguire una dieta salubre è considerata da molti la modalità più efficace per re-indirizzare l’offerta di mercato verso una domanda di carne più adeguata a conseguire effetti positivi sulla salute degli individui e della società nel complesso e allo stesso tempo con minori impatti sull’ambiente, la sanità pubblica, la riduzione degli sprechi e la redistribuzione delle risorse.

Nel corso del lavoro verranno presentate le posizioni di attori esperti in diversi ambiti, tra cui la nutrizione umana, la filiera produttiva (dall’allevamento alla trasformazione e vendita della carne) e delle principali istituzioni che elaborano raccomandazioni dirette al consumatore a diversi livelli (dalle indicazioni delle organizzazioni internazionali, all’Unione Europe e a livello

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6 nazionale dirette ad ogni fascia di popolazione, dai bambini, ai genitori e gli adulti, agli anziani). Verranno esaminate le motivazioni e le modalità di comunicazione utilizzate per inquadrare e direzionare il consumatore verso uno stile di vita ‘più sano’, un consumo di carne equilibrato e integrato da suggerimenti per possibili scelte alternative.

1.2 Il consumo di carne e la salubrità della dieta

Il concetto di ‘salubrità della dieta’ è legato alla definizione di sicurezza alimentare, esplicitata dalla FAO (Food and Agriculture Organization) già nel 2001. Secondo il Codex Alimentarius1,

food safety è la “garanzia che il cibo non causerà danno al consumatore quando viene preparato e consumato in base alla sua destinazione d’uso” mentre food security è riferita alla garanzia “a tutte le persone di accesso fisico in ogni momento a cibo sufficiente, sicuro e nutriente per il soddisfacimento delle loro esigenze e preferenze, al fine di condurre una vita attiva e sana”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) considera la food security in relazione allo sviluppo sostenibile, difatti l’insicurezza alimentare è uno dei sintomi evidenti della disuguaglianza sociale e per questo motivo è stata inserita nelle agende di molte politiche nazionali. Non è così per la nutrition security, sicurezza nutrizionale, che distingue fra quantità di nutrienti, cioè il fabbisogno di energia, e qualità di nutrienti, intesa come complessità e varietà della dieta. Politiche volte alla tutela della sicurezza nutrizionale perseguono lo scopo non solo di disponibilità2 e accesso3 al cibo, ma anche obiettivi nutrizionali, legati all’utilizzo4

del cibo.

Questo elaborato si concentra sul ruolo che gioca il consumo di carne rispetto alla dimensione dell’utilizzo. Attiene all’adeguatezza del consumo di carne, rispetto ai bisogni sia sotto il profilo fisiologico che sotto il profilo culturale. A livello globale, il problema della malnutrizione, ossia l’insufficiente apporto di calorie, proteine, minerali e vitamine è frequente sia negli ambienti in cui c’è scarsità di cibo e di proteine di derivazione animale, sia di abbondanza. I fattori che la

1 Codex Alimentarius Commission è una Commissione istituita nel 1963 dalla FAO e

dall'Organizzazione mondiale della sanità che elabora standard a livello internazionale per il settore agro-alimentare. Gli obiettivi sono di facilitare gli scambi internazionali e di garantire ai consumatori un prodotto sano e igienico, correttamente presentato ed etichettato.

2 La disponibilità di cibo è la presenza di una quantità di cibo sufficiente e disponibile su base costante. 3 Per accesso al cibo si intende sia a livello fisico che economico, per soddisfare le esigenze dietetiche

delle persone senza tralasciare le loro preferenze alimentari.

4 L’utilizzo del cibo implica la conoscenza dei principi base di nutrizione, di conservazione e igiene degli

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7 determinano possono essere la scarsa qualità degli alimenti, ambienti malsani per la loro preparazione, la scarsa educazione alimentare e limitate abilità culinarie e di conservazione. Le conseguenze che derivano sono problemi di obesità e sovrappeso, dove c’è abbondanza di cibo e un consumo eccessivo di proteine animali, oppure denutrizione, nei paesi in cui la quantità di carne nella dieta è insufficiente a garantire una vita attiva e sana.

Un altro aspetto importante della dimensione dell’utilizzo è l’influenza culturale, che impone delle regole per l’alimentazione, spesso derivanti dal contesto socioeconomico in cui vengono elaborate e sviluppate. Nell’elaborazione degli interventi in ambito alimentare è fondamentale tenere in considerazione le abitudini della comunità e preservare la libertà di selezionare il cibo da produrre e consumare.

Non verrà perciò analizzato l’aspetto dell’abbondanza, come possibilità di accesso a un elevata quantità di carne, bensì la relazione che esiste tra il consumo della carne e i benefici che ne derivano o viceversa gli eventuali danni causati da un eccessivo consumo. Data l’importanza del contesto, ho scelto di limitare l’analisi a quello italiano, caratterizzato da una propria cultura e tradizione nella preparazione e consumo della carne.

1.3 Il ruolo delle politiche alimentari: il consumo di carne e le dimensioni della

sostenibilità

Le politiche alimentari consistono in tutti gli interventi che influenzino in modo intenzionale il funzionamento del sistema di alimentazione, dalla produzione primaria, alla trasformazione, distribuzione e consumo finale. Le principali politiche che incidono sulla dimensione dell’utilizzo sono nell’ambito della nutrizione, dell’educazione alimentare, della tutela del consumatore e della sicurezza degli alimenti.

Per quanto concerne la nutrizione e l’educazione alimentare, il consumatore italiano, grazie ai molti mezzi di comunicazione esistenti, ha la possibilità di raccogliere informazioni che lo aiutino a formulare una dieta che soddisfi il gusto, il sapore e le regole culturali ed il corretto apporto di nutrienti, includendo o meno il consumo della carne. Esistono anche in ambito istituzionale programmi e progetti di educazione alimentare a livello nazionale e locale rivolti ai bambini e ai genitori, nonché indicazioni alimentari per la refezione scolastica e per la ristorazione collettiva, al fine di prevenire l'insorgenza di patologie cronico-degenerative correlate ad apporti di nutrienti squilibrati protratti nel tempo, contribuendo inoltre allo sviluppo di corrette abitudini alimentari fin dalla più giovane età.

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8 Non necessariamente però il consumatore si preoccupa alla questione direttamente, per disinteresse oppure perché non possiede le conoscenze necessarie per comprendere i dati scientifici specifici. Spesso le informazioni derivano da vari mezzi di comunicazione: passaparola, manifesti, riviste, web, e difficilmente il consumatore è in grado di dare una lettura critica e di valutare la scientificità dei dati. Inoltre, la mole enorme di indicazioni può creare disorientamento e questo disagio cresce quando riscontra prospettive divergenti sulle stesse tematiche, dato che nell’ambito del consumo della carne le teorie e le critiche sono numerose. Tra i principali portatori di interesse che si confrontano con il consumatore, possiamo identificare attori di natura istituzionale, economica, sociale e culturale, tra cui:

- A livello nazionale, le istituzioni quali Ministero della Salute; Mistero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali; Ministero per l’Ambiente; Ministero dell'Istruzione Ministero dell'Università e della Ricerca;

- L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e la Food and Agriculture Organization (FAO);

- I nutrizionisti;

- Gli attori della filiera della carne, che comprendono gli allevatori, i trasformatori e i distributori e la ristorazione privata e pubblica;

- I gruppi organizzati della società civile, come animalisti, ambientalisti (ad esempio vegetariani e vegani).

Questi attori, sia pubblici che privati, possono disporre di numerosi strumenti per diffondere informazioni, a seconda dei propri obiettivi, ma senza tralasciare una visione di sostenibilità complessiva5.

Gli attori istituzionali devono tutelare la salute pubblica, orientando le abitudini alimentari verso scelte salubri in tutta la popolazione, a tutela del diritto alla salute riconosciuto come diritto fondamentale dell’individuo dall’art. 32 della Costituzione Italiana. Con l’espressione "diritto alla salute" si sintetizza una pluralità di diritti quali il diritto all'integrità psico-fisica e quello ad un ambiente salubre, il diritto ad ottenere prestazioni sanitarie, alle cure gratuite per gli indigenti nonché il diritto a non ricevere prestazioni sanitarie, se non quelle previste

5 La sostenibilità è economica, ambientale e sociale. Sotto l’aspetto economico, è intesa come capacità

di generare reddito e lavoro per il sostentamento della popolazione. La sostenibilità sociale può essere definita come capacità di garantire condizioni di benessere umano (sicurezza, salute, istruzione, democrazia, partecipazione, giustizia) equamente distribuite per classi e genere. La sostenibilità ambientale è intesa come la capacità di mantenere qualità e riproducibilità delle risorse naturali.

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9 obbligatoriamente per legge, a tutela oltre che della persona destinataria, di un interesse pubblico della collettività6.

A tal proposito il Trattato di Lisbona, entrato in vigore nel 2009, ha rafforzato l'importanza della politica sanitaria statuendo che, “nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche e attività dell'Unione Europea è garantito un livello elevato di protezione della salute umana”. La responsabilità primaria per la tutela della salute e, in particolare, per i sistemi sanitari rimane degli Stati membri. Tuttavia all'UE spetta un ruolo importante nel miglioramento della sanità pubblica in termini di prevenzione e gestione delle malattie, limitazione delle fonti di pericolo per la salute umana e armonizzazione delle strategie sanitarie tra gli Stati membri.

I primo obiettivo strategico della politica sanitaria dell'Unione Europea è di promuovere un buono stato di salute: prevenire le malattie e incoraggiare stili di vita sani, affrontando le problematiche della nutrizione, dell'attività fisica, del consumo di alcool, di tabacco e di droghe, dei rischi ambientali e delle lesioni da incidenti; con l'invecchiamento della popolazione anche le esigenze sanitarie specifiche degli anziani richiedono maggiore attenzione e negli ultimi anni si è posto un maggiore accento sulla salute mentale7.

Il ruolo degli attori istituzionali è pertanto centrale nella tutelare la salute pubblica, anche orientando le abitudini alimentari verso scelte salubri, e costituisce un interesse, non solo per l’individuo ma per la collettività, in quanto strumento di elevazione della dignità individuale8.

Anche le aziende private giocano un ruolo importante, benché la loro mission sia innanzitutto di natura economica, ha risvolti sociali ed ambientali. Le aziende del sistema alimentare della carne devono essere in grado di sostenersi, perciò riuscire a coprirei costi e generare degli utili, incrementare i fatturati per la distribuzione delle risorse e il proseguimento dell’attività. Devono poi posizionare i propri prodotti in un mercato molto dinamico e concorrenziale; inoltre sono tenuti a garantire gli standard di sicurezza richiesti e ad assolvere gli obblighi verso gli addetti che vi lavorano. Oltre a ciò, hanno responsabilità nei confronti del contesto in cui operano, questo implica la realizzazione di interventi sul territorio come soggetto parte attiva della società civile. A questo proposito, non dovrebbero essere omessi i costi sociali ed economici causati per risolvere problematiche legate alla cattiva alimentazione, come la

6 Disponibile sul sito:

http://www.salute.gov.it/portale/ministro/p4_5_2_4_2.jsp?lingua=italiano&menu=uffCentrali&label=uffC entrali&id=568

7 Disponibile sul sito: https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/49/sanita-pubblica 8 Disponibile sul sito:

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10 malnutrizione, oppure i costi ambientali legati alla riduzione della biodiversità delle razze autoctone e degli ecosistemi, alle emissioni prodotte dall’industria ed agli sprechi e scarti generati dalla distribuzione di un prodotto altamente deperibile.

Un altro elemento di rilievo per la zootecnia è il benessere animale. Il processo di modernizzazione iniziato più di mezzo secolo fa aveva l’obiettivo di assicurare delle produzioni maggiori dal punto di vista quantitativo e migliori in senso qualitativo. Il problema del benessere animale è stato messo sempre più in evidenza in quanto ritenuto fattore fondamentale per garantire all’animale uno stato di salute psico-fisico ottimale e al consumatore un prodotto salubre e di qualità. Numerose sono le definizioni scientificamente accreditate di benessere animale, citiamo quella di Hughes del 1976: il benessere è “Uno stato di salute completa, sia fisica che mentale, in cui l’animale è in armonia con il suo ambiente”. Tre anni dopo il Farm Animal Welfare Council FAWC che si occupa di benessere animale dall’allevamento, al trasporto, alla macellazione, definì le cinque libertà che devono essere garantite all’animale (libertà dalla fame e dalla sete, dal disagio e dal malessere, dal dolore, dalle lesioni e dalle malattie, di poter esprimersi e libertà da paura e da stress).

A difesa del benessere animale le direttive dell’Unione Europea definiscono standard di benessere dall’allevamento, al trasporto, alla macellazione. Secondo alcuni movimenti animalisti e non violenti e parte dell’opinione pubblica, devono essere messe in campo maggiori azioni e interventi per migliorare la situazione attuale9.

Pur consapevole dell’ampiezza dell’argomento e delle molte implicazioni di natura ambientale, sociale ed economica legate alla produzione e consumo di carne (presentate nel capitolo di contesto), si è scelto di concentrare questa tesi sulla comunicazione, informazione e educazione rivolta al consumatore per la diffusione di pratiche alimentari salubri che includano la carne.

9 M. Amadori, I.L. Archetti, M. M. Mondelli, La valutazione del Benessere Animale, Centro Benessere

Animale e Immunoprofilassi, IZSLER, Brescia Disponibile sul sito:

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1.4 Materiali e metodi

1.4.1 Alcune definizioni

In questo elaborato con il termine “carne” sia fa riferimento sia alle carni fresche e macinate che alle preparazioni, comprendenti i salumi insaccati e non. La “carne” comprende: “tutte le parti commestibili degli animali incluso il sangue”. Le specie animali considerate sono gli animali delle specie bovina, suina, ovina e caprina; il pollame, che include carni di volatili d'allevamento, ossia carni di conigli e lepri, nonché carni di roditori; selvaggina selvatica, piccola e grossa e di allevamento.

Le carni fresche sono quelle che non hanno subito alcun trattamento salvo la refrigerazione, il congelamento o la surgelazione, il confezionamento sottovuoto o l’atmosfera controllata. Le carni macinate sono carni disossate che sono state sottoposte a un’operazione di macinazione in frammenti e contengono meno dell’1% di sale. Per preparazioni di carne si intendono le carni disossate, incluse le carni ridotte in frammenti che hanno subito un’aggiunta di prodotti alimentari, condimenti o additivi non sufficienti a modificare la struttura muscolo-fibrosa interna della carne e ad eliminare le caratteristiche delle carni fresche10.

1.4.2 I dati

I dati presentati per delineare il contesto di riferimento sono stati selezionati dalle seguenti risorse elettroniche: numerosi siti pubblici di istituzioni e organizzazioni legate alla nutrizione, alla salute pubblica, alla produzione alimentare che sono state consultate e visionate per definire la domanda di ricerca. Google Scholar, Scopus, l'archivio dell'università di Pisa e di Milano sono stati utilizzati per visionare e raccogliere le ricerche che rispondessero ai requisiti (utilizzando le parole chiave: carne, salute, dieta sana, consumo carne, alimentazione, nutrizione, dieta vegetariani, dieta malattie non trasmissibili). Sono stati visionati anche articoli giornalistici e scientifici pubblicati dal 2016 e pubblicazioni scientifiche dell’ASPA (Associazione Scientifica per la Scienza e le Produzioni Animali), del BCFN (Barilla Center for Food and Nutrition) e altri centri e organizzazioni di ricerca che si occupino di carne e di nutrizione.

10 Definizione del Regolamento CE 853/2004 volto a stabilisce norme specifiche in materia di igiene per

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12 Al fine di illustrare le diverse prospettive degli stakeholder, ho svolto una revisione dei documenti delle politiche alimentari nazionali e analizzato numerosi siti web, interfaccia di numerosi attori organizzati che influenzano e vengono influenzati dal settore della carne. Ho passato in rassegna i siti delle aziende private presenti nella filiera della carne, per individuare le modalità di comunicazioni online e la qualità delle informazioni divulgate. I dati numerici e monetari sono tutti derivanti dalle pubblicazioni dell’Istat, dell’Ismea, del Nielsen Consumer Panel, della CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) e delle Organizzazioni internazionali, come FAO e OMS.

Le interviste semi-strutturate sono state svolte fra luglio e settembre 2020, sia per iscritto che oralmente, rivolte a professionisti altamente qualificati, coinvolti nella filiera della carne e nella nutrizione. Sono stati selezionati esperti per ciascuna attività legata alla carne, dall’allevamento alla distribuzione, della nutrizione, del mondo accademico e della società civile. Maggiore dettaglio è riportato nel capitolo quarto.

1.5 La struttura della tesi

L’elaborato è suddiviso in cinque capitoli. Nel secondo capitolo si definiscono le caratteristiche del contesto di riferimento. Attraverso le informazioni raccolte dalla selezione della letteratura disponibile, da articoli scientifici e pubblicazioni, presento l’evoluzione storica e la situazione attuale del consumo della carne nel territorio italiano, in relazione ai cambiamenti socioeconomici e all’influenza di questi negli stili di vita e in relazione alla salubrità della dieta. Il terzo capitolo presenta i dati tratti dall’analisi dei media, dei programmi istituzionali e dei progetti del settore privato, per illustrare le diverse prospettive delle politiche alimentari in atto. Verranno esposte le forme di intervento istituzionali, individuando le modalità di indirizzo delle scelte nutrizionali dei cittadini al fine di sviluppare abitudini alimentari salubri. Successivamente, passeremo in rassegna gli stakeholder privati: gli allevatori e i trasformatori, la vendita al dettaglio, i consulenti e nutrizionisti e altre organizzazioni di verifica e gruppi di influenza. Per ciascun attore viene identificata la specifica prospettiva sulla relazione fra il consumo della carne e la dieta sana, gli strumenti che utilizzano per comunicare con i consumatori e cittadini e la motivazione alla base della necessità di rendere pubbliche e diffondere le proprie posizioni.

Nel quarto capitolo vengono analizzati i dati raccolti sulla base di interviste semi strutturate somministrate ad esperti e informatori chiave del settore primario, in ambito nutrizionale e

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13 alimentare e con gruppi d’influenza, per indagare la loro posizione sul dibattito sul consumo della carne in relazione alla vita sana, identificare le raccomandazioni alimentari e nutrizionali che vengono proposte al consumatore e analizzare le loro motivazioni. Il contributo degli esperti del settore ci permette di approfondire l’argomento e definire le difficoltà che quotidianamente affrontano legate alla loro specifica professione nel contesto della produzione e consumo di carne.

L’ultima sezione conclusiva si prefigge di definire una visione d’insieme sulla relazione fra consumo della carne e alimentazione sana, inquadrando e discutendo nel complesso le posizioni dei differenti attori coinvolti.

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2. Contesto

2.1 Evoluzione storica del consumo di carne

Nel corso dei millenni si è verificata una variazione dello stile di vita, nella selezione e produzione degli alimenti, dalla prevalenza del consumo di vegetali ad un aumento crescente dell’apporto nutrizionale proteico e successivamente dei carboidrati. Il consumo di carne è influenzato dalla componente ambientale, culturale e il trasferimento di nozioni nutrizionali e culinarie, oltre a quella economica, che insieme hanno delineato la dieta odierna, che tuttora è in continua evoluzione e cambiamento essendo soggetta a influenze e aggiornamenti grazie all’approfondimento delle conoscenze.

L’uomo ha iniziato a consumare carne 5 milioni di anni fa, dati i riscontri palo-antropologici dello studio dalla morfologia dentale e mandibolare dei primati11. I primi ominidi erano frugivori

non specializzati, la dieta principalmente era composta da frutta, fogliame, bacche, midollo vegetale e insetti e una piccola parte di carne, ma anche una grande quantità di cibi duri, quali semi, noci, radici e tuberi. Originariamente l’uomo era un cacciatore occasionale o assumeva un comportamento opportunistico cibandosi dei resti lasciati da altri predatori carnivori. L’alimentazione onnivora che gli permetteva di mangiare quasi tutto ciò che la natura avesse da offrire, gli permise di adattarsi a differenti nicchie ecologiche12. Alcune scoperte apportarono

significativi cambiamenti nel consumo della carne: prime furono le competenze per costruire utensili per cacciare, che gli permisero di incrementare l’assunzione di carne13 importante per

lo sviluppo e la funzionalità neurale. La seconda conoscenza che cambiò la dieta fu il fuoco, circa 800mila anni fa, che permise di cucinare i cibi rendendoli microbiologicamente sicuri e la carne più digeribile.

L’ipotesi condivisa da molti paleontologi è che il consumo di carne e di altri alimenti di origine animale hanno avuto grande importanza nel processo di encefalizzazione delle prime specie del genere Homo: probabilmente l’uomo cercò alimenti di origine animale perché percepì il senso di sazietà e di energia che ne poteva trarre e la maggiore digeribilità quando la cuoceva. Infatti oggi è dimostrato che per una corretta funzionalità cerebrale è richiesto che la dieta

11 Marcello Mele, Giuseppe Pulina, Co-evoluzione dell’uomo e della sua dieta. In press.

12 Pier Lorenzo Secchiari, Laura Casarosa, Andrea Serra, Marcello Mele, La qualità nutrizionale della

carne di soggetti di razza bovina maremmana, ed. Innocenti, I Georgofili Quaderni 2011-V, pp 15-53

13 Principalmente midollo osseo, cervello e fegato, ricchi di elementi quali calorie, proteine, vitamine fra

cui la B12, acido arachidonico e acido docosaesaenoico, entrambi acidi grassi polinsaturi dei gruppi rispettivamente degli omega-6 e omega-3, fondamentali per lo sviluppo e la funzionalità neurale.

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15 includa carne almeno per il 25% dell’energia giornaliera ingerita. Si denota nell’Era tardo paleolitica un aumento dello sviluppo encefalico e corporeo14.

I regimi alimentari comunque erano variegati e influenzati dalle disponibilità, dipendevano dall’ambiente, dal clima e dalla stagionalità. Per quanto riguarda i carboidrati, in questo periodo, solo occasionalmente l’uomo ne poteva disporre, cosicché il suo fisico era costituito prevalentemente dai nutrienti delle proteine di origine animale che lo portavano ad essere simile a quello degli atleti professionisti contemporanei15.

Solo 10˙000 anni fa, con la cosiddetta transizione neolitica, si passò da un’economia di sussistenza, basata sulla caccia e la raccolta, alla produzione di cibo che spostò i consumi verso i cereali. Vennero sviluppate e migliorate le pratiche agricole che consentirono di addomesticare piante e animali, iniziarono a comparire i primi villaggi fino a evolversi in una vera e propria urbanizzazione in ogni parte del mondo, secondo tempi, modalità e prodotti influenzati dal territorio e dalla cultura.

Con una maggiore disponibilità di cibo ci furono dei cambiamenti significativi nello stile di vita, che divenne sempre più sedentario, un aumento considerevole della popolazione e la variazione del regime alimentare, sia per l’apporto dei cereali che di altri prodotti derivanti dalla disponibilità di animali addomesticati. I primi ad essere addomesticati furono i montoni e le capre in Iraq e Iran, poi diffusi in tutto il Medio Oriente e Asia, seguirono i bovini in Grecia e Turchia e i suini nei popoli dell’attuale Turchia 10˙000-8˙000 anni fa. L’antenato selvatico del pollo moderno invece, per interesse alimentare, iniziò ad essere allevato solo 4˙500 anni fa, mentre precedentemente veniva addomesticato solo per motivi ornamentali e ludici.

La dieta rimase pressoché invariata dall’inizio dell’agricoltura 10˙000 anni fa alla rivoluzione industriale, momento in cui ci furono grandi cambiamenti quantitativi e qualitativi dell’alimentazione umana, con l’introduzione delle farine, degli zuccheri raffinati, degli oli vegetali e delle margarine, di alcool, di carne proveniente da bovini e suini ingrassati con cereali per una maggiore resa delle carcasse. Questo tipo di allevamento causò l’aumento di grasso della carcassa rispetto alle carni di animali selvatici come antilopi, daini e cervi. Nei popoli pre-agricoli si stima che l’assunzione di grassi fosse del 35% in media dell’energia ingerita, di cui saturi inferiori al 7%, infatti le carni di animali selvatici hanno un corretto rapporto di acidi grassi polinsaturi (circa 2:1), rispetto ai valori molto più elevati per le carni di bovino e

14 Marcello Mele, Giuseppe Pulina, Alimenti di origine animale e salute, Franco Angeli, Milano, 2016 15 Pier lorenzo Secchiari, Laura Casarosa, Andrea Serra, Marcello Mele, La qualità nutrizionale della

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16 suino allevate dalla rivoluzione industriale in poi (si veda la definizione dei componenti della carne nel seguente paragrafo).

Secondo Simopoulus (1999)16 con la rivoluzione industriale nei paesi occidentali si sono avuti

mutamenti nella quantità e qualità dei grassi ingeriti con l’alimentazione tali da rappresentare il vero problema legato all’uso della carne nella nutrizione umana a causa dell’aumento di acidi grassi totali, di acidi grassi saturi e acidi grassi trans, quei grassi nocivi per il sistema cardiovascolare, aumentati sensibilmente nei preparati a seguito dell’introduzione del processo di idrogenazione. Diversa la situazione per l’Italia rispetto ad altri paesi europei e statunitensi, che a fine Ottocento aveva ancora uno stile di vita di un paese in via di sviluppo, con poca varietà alimentare, con il pane come cibo principale, le zuppe, le minestre ed gli “erbaggi” per non sentire la fame; la vita era caratterizzata da una scarsa igiene alimentare e da intenso lavoro manuale, la fatica fisica non era compensata dalla disponibilità alimentare che era inadeguata. Questa situazione si rifletteva sullo stato di salute della popolazione che presentava malnutrizione diffusa, bambini con crescita complessa, anemie, rachitismo, alta mortalità infantile, menarca anticipato e frequenti tossinfezioni alimentari17.

La ricerca scientifica nei primi tre decenni del Novecento si concentrò sulle vitamine e su come prevenire le carenze e vennero identificati i macronutrienti (proteine, grassi e carboidrati). A inizio Novecento si diffuse il consumo di polenta di mais fra i contadini più poveri, in quanto il grano prodotto veniva destinato esclusivamente alla vendita, dato che aveva un prezzo doppio rispetto al mais. Ciò favorì la diffusione della pellagra (carenza di vitamina B2) che, nel nostro Paese –particolarmente nel Veneto– ha continuato a lungo a mietere vittime. Nel periodo tra le due guerre mondiali le disponibilità alimentari e nutrizionali italiane non migliorano: erano spesso diete monotone che prevedevano il consumo di pochissimi alimenti. Con lo scoppio della II Guerra Mondiale le restrizioni alimentari diventarono sempre più pesanti e diffuse. Un profondo cambiamento per l’Italia e per gli altri paesi occidentali si ebbe negli anni Sessanta, quando con il boom economico i prodotti alimentari di pregio, come carne, latte, formaggi, diventano accessibili a tutti. La condizione nutrizionale migliorò e le malattie da carenza scomparirono. La meccanizzazione in ambito agricolo e lavorativo ridusse la spesa energetica e lasciò più tempo per il riposo. Il consumo della carne divenne simbolo della liberazione dalla povertà e dalla miseria, infatti con lo sviluppo economico aumentò fino a stabilizzarsi negli anni Ottanta. Furono gli anni anche dell’allontanamento dalla dieta

16 Simopoulos A P (1999) Essential fatty acids in health and cronic desease. American Journal of Clinical

nutrition, vol. 70, n° 560s-569s

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17 mediterranea, della sedentarietà diffusa e di un modello alimentare sempre meno frugale e conviviale, con i primi fast food. Per far fronte alla crescita demografica e all’aumento dei consumi, l’industria alimentare si strutturò per un’efficienza produttiva maggiore e la produzione agricola diventò intensiva e chiedeva alla ricerca agronomica nuove tecnologie di sfruttamento del terreno. Sotto l’aspetto della salute, gli ultimi decenni del Novecento sono caratterizzati da un aumento delle malattie cronico-degenerative legate ad un eccesso di alimenti, di calorie, di grassi e di zuccheri e ad uno stile di vita sempre meno attivo che ha portato all’ obesità e alle malattie ad essa correlate. La scienza dell’alimentazione si è direzionata verso soluzioni volte ad assicurare una salute migliore, a prevenire le malattie e ad allungare la vita media18.

Con gli anni Ottanta, dopo anni di manifestazioni, impegno politico e anche attentati, stili di vita improntati sul consumismo e sulla cultura pop e di massa, assistiamo a livello globale ad importanti mutamenti geopolitici19 e iniziano ad acquisire rilevanza e a diffondersi anche nuove

sensibilità: data l’acquisita e diffusa sicurezza alimentare, subentrano nuovi comportamenti di ordine etico, volti alla tutela del benessere animale, all’affermarsi di diete vegetali e a nuove tendenze salutiste, in risposta soprattutto alla necessità di tenere sotto controllo la percentuale di colesterolo del sangue. Inoltre, verso la fine degli anni Novanta si verificarono e ebbero forte risonanza gli scandali alimentari, con il caso della ‘mucca pazza’ (nel 1994), dei ‘polli alla diossina’ (nel 1998) e l’influenza aviaria (nel 1999 e 2004). In questi anni avvenne un vero e proprio cambiamento non solo nel consumo delle carni, ma anche un rafforzamento delle tendenze emergenti salutiste, orientate al benessere e alla prevalenza di cibi di origine vegetale, ed un rilancio della dieta mediterranea. Questo venne ancor più enfatizzato dalla diminuzione del potere d’acquisto a causa dell’inizio della crisi economica e dunque da nuovi stili di vita e minore disponibilità economiche. Complessivamente, il consumo della carne bovina dal 1990 al 2011 ha visto un calo.

18150 anni di Unità d’Italia 75 di ricerca su alimenti e nutrizione, INRAN, 2011 19 Marco Gervasoni, Quando eravamo moderni, Marsilio, 2019

(18)

18 Tabella 1: Andamento dell’indice di Massa Corporea (IMC) negli ultimi 150 anni in Italia

Elaborazione INRAN su dati ISTAT, INRAN e dati ricavati dalla letteratura nazionale (2011)20

Tabella 2: Consumi alimentari in diminuzione in Italia dal 1861 al 2007

Elaborazione INRAN (2011) su dati ISTAT e FAO21

20 - 150 anni di Unità d’Italia 75 di ricerca su alimenti e nutrizione, INRAN, 2011. Disponibili sul sito:

https://www.crea.gov.it/documents/59764/0/Newsletter_INRAN_150_Unit%C3%A0+d%27Italia.pdf/82 3bce4f-f24d-b7ff-266e-5b1cbf598df4?t=1581933421302

(19)

19

2.2 Situazione alimentare attuale

Le principali variabili che congiuntamente vanno ad influire sui modelli alimentari odierni sono: 1. Variabili economiche: la crescita e l’inflazione, il reddito e i prezzi degli alimentari, che

influiscono sulla disponibilità e sull’accesso di cibo sano;

2. Variabili fisiche: accesso la cibo, livello di informazione in ambito nutrizionale ed educazione alimentare, competenze culinarie e tempo disponibile;

3. Variabili ecologiche e ambientali: caratteristiche geografiche, le risorse, il clima e la stagionalità, l’influenza dei cambiamenti climatici sulla produzione e sulla vita della popolazione;

4. Variabili sociali: la famiglia, la comunità, ma anche le tradizioni e la cultura, che delineano cosa si mangi e come lo si prepari;

5. Variabili biologiche, preferenze e credenze individuali, legate anche al gusto.

L’Italia è un paese post-industriale, in cui gli stili di vita sono caratterizzati da una elevata sedentarietà: il lavoro manuale e fisico è stato sostituito dalle macchine, gestite da nuove tecnologie di automazione, che hanno ridotto l’intervento umano, inoltre c’è la disponibilità diffusa di mezzi di trasporto e l’aumento dell’età media della popolazione, altra connotazione tipica dei paesi post-industriali che ha conseguenze sul welfare e sullo stile di vita. Anche la cultura è post-moderna22, caratterizzata dalla velocità, un crescente senso di incertezza,

mancanza di controllo e senso di rischio che contribuiscono a creare uno stato di ansia. Il teorico politico Fredric Jameson23 sostiene che la società contemporanea è caratterizzato

da eterogeneità, differenza e frammentazione dei rapporti sociali. La tecnologia ha un ruolo di profondo cambiamento nelle relazioni, che si spostano da gerarchie verticali, piramidali, a relazioni più orizzontali, tra individui con pari competenze e conoscenze non sempre scientificamente provate, di cui internet è il centro di scambio di informazioni e queste ultime diventano più rilevanti del flusso di merci e persone con un concreto valore economico. L’informazione è diventata la principale merce della società attuale e la sua produzione, trattazione, trasmissione sono il cuore di una moderna economia dei servizi, la cosiddetta società dell’informazione, dagli autori Bell e Touraine24. L’attuale società, sotto questa

22 Barilla Center for Food and Nutrition, La dimensione culturale, 2009

23 Fredric Jameson è un critico letterario e teorico politico statunitense, conosciuto per le sue analisi

sulle correnti culturali dell’età contemporanea.

24 Alain Touraine è un sociologo francese, noto per aver coniato il termine società post-industriale (La

société post-industrielle, Denoël, Parigi, 1969); Daniel Bell fu un sociologo americano noto per i suoi importanti contributi di studio sul tema del post-industrialismo.

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20 prospettiva in cui l’informazione ha un ruolo centrale, è un contesto in cui le nuove tecnologie informatiche e di telecomunicazione assumono un ruolo fondamentale nello sviluppo delle attività umane, cambiando il modo di vivere, di lavorare, di produrre e distribuire beni e servizi, il modo in cui si formano le nuove generazioni25.

Zygmunt Bauman26 definisce la società attuale come una “modernità liquida”, che respinge la

stabilità e la durata, che preferisce l’apparenza alla sostanza, in cui il tempo si frammenta in episodi e la salute diventa fitness, una società caratterizzata da apatia politica, declino dell’uomo pubblico, ricerca affannosa di comunità, scomparsa delle tradizionali modalità di costruire legami sociali e culto disperato del corpo; e infine una società in cui l’individualizzazione si accompagna a un senso di deresponsabilizzazione, nella quale l’individuo fatica ad essere autenticamente protagonista della propria esistenza. Questa società è caratterizzata da paure, in balia del cambiamento e dell’incertezza rispetto al futuro, in cui gli individui non sono consapevoli del ruolo che svolgono nella società e del potere che possono esercitare sul mercato e sulle scelte politiche, incluse quelle che riguardano l’alimentazione.

Le tre dimensioni di tempo, spazio e relazioni hanno sempre giocato un ruolo fondamentale nella storia dell’alimentazione e nella società post-moderna rispecchiano lo stato di ansia e incertezza: un bisogno di velocità che richiede maggior praticità, a causa del minore tempo a disposizione da dedicare ai pasti; la domanda di cibo legato al territorio porta alla ricerca di maggiore autenticità di quanto consumato; la crescente individualizzazione conduce al rischio di una perdita della dimensione della commensalità come era stata esercitata nei territori del Mediterraneo in precedenza.

Gli sviluppi della società post-industriale e post-moderna hanno portato a cambiamenti nel contesto socio-economico globale. La popolazione sta progressivamente invecchiando, i nuclei famigliari sono più ristretti e il ruolo della donna è diverso, inoltre si assiste al fenomeno dell’immigrazione. I nuovi equilibri geopolitici influiscono sulla nascita delle città e mega città e contestualmente lo spopolarsi progressivo delle aree rurali destinate all’agricoltura, con conseguenti nuovi stili di vita, gusti e abitudini e indirettamente incide sul livello di ricchezza e l’organizzazione del sistema produttivo. Le informazioni sono più diffuse, rapide ed orizzontali, la connettività è totale implicando nuove problematiche sociali e relazionali. Sta emergendo

25 Enciclopedia Treccani

https://www.treccani.it/enciclopedia/societa-dell-informazione_%28Enciclopedia-della-Scienza-e-della-Tecnica%29/

26 Zygmunt Bauman è un sociologo e filosofo polacco, famoso per aver paragonato il concetto di

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21 una nuova sensibilità verso la sostenibilità e l’ambiente e in questo giocheranno un importante ruolo le tecnologie GRIN (Genetic, Robotic, Information, Nano processes), prodotti innovativi soprattutto nel campo dell’energia, dell’informazione e della sostenibilità, che cambieranno la vita delle persone.

Nel contesto descritto sorgono contrapposizioni che possono coesistere fra cittadini differenti o all’interno dello stesso individuo: la ricerca del piacere e del benessere attraverso l’appagamento del gusto, passando dal cibo passatempo con un consumo compulsivo, spesso cibo spazzatura ipercalorico, a una vera ossessione per un alimentazione salutare. Riscontriamo anche l’opposizione tra memoria e progresso, che può arrivare a una chiusura verso i nuovi stili culinari o, dall’altra parte, una perdita di vista delle tradizioni e del valore storico del cibo. L’antitesi fra innovazione e semplicità, tra alimenti che presentano ricette e ingredienti complessi o un’eccessiva attenzione per il cibo semplice e naturale. Il conflitto fra scambio e territorio, che vede la curiosità verso nuovi alimenti verso la paura all’omologazione e alla perdita della biodiversità, oltre alla scelta di limitarsi al consumo esclusivo di prodotti locali.

È evidente una mancanza di trasferimento di abitudini e tradizioni culinarie, anche per effetto dei mezzi di comunicazione di massa, della pubblicità e delle politiche commerciali della rete distributiva: esclusività si contrappone a accessibilità, che differenzia il cibo di lusso e il cibo di bassa qualità, low cost. Questa tendenza si rispecchia anche nella società: polarizzazione dei consumi alimentari, sempre più acuta data dall’economia e dalla cultura, e perdita di sicurezza. I prodotti sottocosto vengono considerati di minor qualità ma l’acquirente dà per scontato che comunque rispettino determinati parametri minimi di salubrità.

Oggi il valore del cibo coincide con il gusto, sta diventando come gli altri prodotti di consumo, laddove non sono valorizzate altre caratteristiche come la sicurezza, la tradizione, i rapporti di filiera. La relazione tra tempo a disposizione e convivialità dei pasti è fortemente a rischio: si prediligono pasti veloci trascurando gli aspetti nutritivi, ma allo stesso tempo si stanno creando nuove forme di convivialità, nate dalla nuova concezione spaziale e temporale. Infine, la sostenibilità, che non viene ancora pienamente legata ai consumi al dettaglio delle scelte quotidiane, supportate dalla deresponsabilizzazione personale e da un’accusa alle grandi imprese e alle istituzioni.27

27 Barbara Buchner, Claude Fischler, Ellen Gustafson, John Reilly, Gabriele Riccardi, Camillo Ricordi,

Umberto Veronesi, Alimentazione nel 2030: tendenze e prospettive, Barilla Center for food and nutrition 2012

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22

2.2.1 Quantificazione dei consumi di carne in Italia

Per quanto riguarda nello specifico il consumo della carne, secondo il rapporto sui consumi di carni di qualità in Italia dell'Osservatorio Permanente sul Consumo Carni promosso da Agriumbria che ha elaborato i dati di Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) e Nielsen Consumer Panel, il consumo medio annuo nel 2018 in Italia di carne (pollo, suino, bovino, ovino) è pari a 79 chilogrammi pro-capite (nel 1960 era 21), il più basso in Europa; i danesi sono a 109,8 kg, i portoghesi a 101, gli spagnoli a 99,5, i francesi e i tedeschi rispettivamente a 85,8 e 86 kg. La situazione non cambia se il confronto viene fatto a livello internazionale visto che, secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, nel 2018 il consumatore medio americano mangia 222,2 chili tra carne rossa e pollame28.

Le preferenze degli acquirenti indicano che il 45% privilegia la carne proveniente da allevamenti italiani, il 29% sceglie quelle locali e il 20% quelle con qualche certificazione di origine (marchi DOP, IGP). Infatti, il consumo di carni IGP, è cresciuto del 20% nel numero di animali di razze storiche italiane allevate negli ultimi vent’anni sulla base delle iscrizioni al libro genealogico. La domanda di qualità e di garanzia dell’origine ha portato a un vero boom nell’allevamento delle razze bovine storiche italiane da carne che, dopo che negli anni avevano rischiato l’estinzione, sono tornate a ripopolare le campagne dagli Appennini alle Alpi. In termini di capi totali nel 2018 si annoverano: Razza Piemontese (oltre 315.000 capi), Razza Charolaise (oltre 15.000 capi), Razza Limousine (oltre 65.000 capi), Razza Podolica (oltre 35.000 capi), Razza Marchigiana (oltre 52.000 capi), Razza Chianina (oltre 46.000 capi), Razza Romagnola (oltre 12.000 capi), Razza Maremmana (11.000 capi)29.

I dati sul consumo della carne vengono contestati da una ricerca dell’Università di Bologna, coordinata dal professor emerito di Zootecnia Vincenzo Russo, insieme alla Commissione di studio istituita dall’ASPA (Associazione Scientifica per la Scienza e le Produzioni), che ha pubblicato uno studio “Consumo reale di carne e di pesce in Italia”30. Sostiene che i 79

chilogrammi pro-capite di consumo della carne si riferiscono ai consumi apparenti, che considerano anche le parti non commestibili, mentre il consumo reale della carne in Italia sarebbe circa 37,9 kg all’anno, perché tutte le tipologie di carne vengono quantificate al lordo

28 Rapporto sui consumi alimentari in Italia 2018, elaborato su dati Ismea, Osservatorio permanente sul

Consumo Carni

29 Ibidem

30 Vincenzo Russo, Anna De Angelis, Pier Paolo Danieli, Consumo reale di carne e di pesce in Italia:

Dal consumo apparente al consumo reale con il metodo della Detrazione Preventiva delle Perdite, Franco Angeli, 2017

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23 delle parti non edibili, cioè tendini, ossa, grasso, cartilagini e simili, che posizionerebbe l’Italia al terzultimo posto per consumo di carne in Europa. Quei citati 79 chilogrammi all’anno sarebbero dunque consumi che non riflettono il consumo di carne effettivo.

Secondo questa ricerca il consumo reale pro-capite di carni totali corrisponde a 104 grammi al giorno (e non a quasi 300 grammi come invece si pensava) pari a 728 grammi alla settimana e 37,9 chilogrammi all’anno, meno della metà dei dati pubblicati da ISMEA. Considerando solo la carne bovina, il consumo reale scende a 29 grammi al giorno pro capite, una quantità ben al di sotto delle raccomandazioni dell’OMS che fissano a 100 gr il consumo giornaliero di carne rossa.

Il World Cancer Research Fund raccomanda non più di tre porzioni a settimana di carne rossa, che equivalgono a circa 350-500 g e di evitare o limitare al massimo la carne rossa processata31. Inoltre suggerisce di consumare almeno cinque porzioni di frutta e verdura per

un totale di almeno 400 grammi al giorno. L'Harvard School of Medicine restringe il limite di consumo di carni rosse a porzioni non superiori a 110-115 grammi, al massimo due volte a settimana32. Lo IARC raccomanda di consumare una quantità di carne rossa non superiore a

500 grammi alla settimana per limitare il rischio di cancro33. Le indicazioni anche a livello

internazionali non sono univoche e lasciano il consumatore in una situazione di incertezza. Sotto l’aspetto monetario, nel 2018 le famiglie hanno speso per prodotti Alimentari e bevande analcoliche in media 462 euro mensili, senza differenze significative rispetto al 2017. Più nel dettaglio, aumenti di spesa si sono registrati per le carni (98 euro mensili, +4,0% rispetto all’anno precedente), i pesci e i prodotti ittici (41 euro mensili, +3,4% sul 2017) e per caffè, tè e cacao (15 euro, +5,0%). Le carni costituiscono anche la voce di spesa alimentare più importante in termini di composizione del carrello, rappresentando il 3,8% della spesa totale; il pesce pesa meno della metà delle carni (1,6% della spesa complessiva) e caffè, tè e cacao appena lo 0,6%34.

31 Dati disponibili sul sito:

https://www.wcrf.org/dietandcancer/recommendations/limit-red-processed-meat

32 Dati disponibili sul sito:

https://www.hsph.harvard.edu/nutritionsource/2019/09/30/flawed-guidelines-red-processed-meat/

33 Dati disponibili sul sito:

https://www.airc.it/cancro/informazioni-tumori/corretta-informazione/le-carni-

rosse-fanno-male-alla-salute#:~:text=Quali%20sono%20le%20dosi%20massime,massimo%20la%20carne%20rossa%20pro cessata.

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24 Tutti i dati dimostrano un aumento dei consumi di carne ma secondo il 32esimo Rapporto Eurispes (2020) anche i vegetariani e i vegani sono in aumento: 6,7% della popolazione dichiara di essere vegetariano e altri 2,2% di essere vegano35. Alla base della scelta troviamo

motivazioni legate soprattutto alla salute e al benessere (23,2%) e all'affetto e il rispetto nei confronti del mondo animale (22,2%).

2.3 Nutrienti della carne e malattie correlate al consumo elevato

Parte della comunicazione sui media negli ultimi anni ha additato negativamente il consumo della carne, ma uno studio del 2016 “Processed meat: the real villain?” 36 condotto

dall’Università di Zurigo e l’Helmholtz Zentrum München evidenzia che gli individui che consumano meno carne rossa o trasformata tendono ad avere uno stile di vita più sano in generale, mentre l’elevata assunzione di carni rosse e lavorate è associata ad abitudini alimentari di qualità inferiore. Questo studio dimostra che chi mangia tanta carne rossa e lavorata mangia allo stesso tempo anche poca frutta, poca verdura e conduce uno stile di vita poco salutare in generale, come fumare, bere alcolici o fare poca attività fisica, sottolinea la difficoltà di analizzare gli effetti di un unico alimento sulla salute, quando le variabili in gioco rilevanti sono diverse.

La caratteristica della carne rossa è innanzitutto la sua ricchezza unica in proteine di elevato valore biologico, chiamate di alta qualità data l’elevata digeribilità e la completezza, e sono costituite di aminoacidi. Data questa alta quantità di proteine ad alto valore biologico, insieme a pesce e uova, essa viene classificata nel gruppo alimentare fonte di proteine, perché fornisce quantità significative di aminoacidi essenziali, che sono molecole organiche che non possono essere prodotte dall’organismo e vanno quindi introdotte attraverso il cibo o specifici integratori alimentari. Questi sono importanti per il fabbisogno in termini di crescita, mantenimento e bilancio azotato positivo e la capacità dell’organismo umano di sintetizzarli.

La carne è ricca anche di minerali come il ferro e lo zinco, ma anche di elementi importanti come rame, iodio, manganese e selenio, nonché una varietà di vitamine, in particolare le

35 Sono vegetariani coloro che dichiarano di escludere dalla propria dieta il consumo di carne o pesce,

sono vegani coloro che, oltre alla carne e al pesce, escludono alimenti e additivi che abbiano origine animale, come latte, formaggi, uova e miele.

36 Sabine Rohrmann, Jakob Linseisen, Processed meat: the real villain? Cambridge University Press:

01 December 2015, DOI: https://doi.org/10.1017/S0029665115004255. Disponibile sul sito: https://www.cambridge.org/core/journals/proceedings-of-the-nutrition-society/article/processed-meat-the-real-villain/1963B11FCBD95BD97D8B7AE348178384

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25 vitamine del gruppo B, vitamina del gruppo D e potassio. La carne rossa magra è un moderatore positivo dei profili lipidici, vale a dire la concentrazione di specifici lipidi, come colesterolo e trigliceridi nel sangue. Studi recenti la identificano come fonte dietetica di acidi grassi37 insaturi a catena lunga (PUFA) e di acido linoleico coniugato (CLA). Un suo consumo

moderato come parte di una dieta equilibrata è probabile che possa influire positivamente su un’assunzione completa dei nutrienti e sulla salute.

La carne è la fonte migliore di ferro-eme, che è da due a tre volte più biodisponibile del ferro non eme e viene assorbito per il 15-35% (contro il 2-7% del ferro non eme). Essendo la colorazione della carne legata al contenuto di ferro eme presente nella mioglobina, in molti pensano che le carni rosse ne contengano di più rispetto a quelle bianche. La classificazione in carni bianche e carni rosse fa riferimento al colore della carne fresca: in Italia sono tradizionalmente classificate come rosse le carni di bovini, ovini e caprini adulti, di suini e di equini, mentre sono considerate bianche le carni di pollame, tacchino e coniglio. Diversamente le carni di vitello, agnello e capretto da latte, classificate come carni rosse, per le loro caratteristiche nutrizionali sono molto più vicine alle carni bianche e alle loro proprietà. In contraddizione con questa classificazione, la carne suina, classificata come rossa, contiene la stessa quantità di ferro delle carni avicole, la carne di agnello da latte e di vitello hanno un contenuto di ferro eme inferiore a quello di bovini (di cui il 60% del ferro che contiene è eme) e ovini adulti e di poco superiore a quello di pollame. Questo vale in generale, dato che nella pratica il contenuto di ferro eme varia a seconda della parte o taglio di carne della stessa specie: ad esempio, alcune parti della carne di suino contiene la stessa quantità di ferro o addirittura meno di un coscio di pollo o di tacchino pur rientrando nel gruppo delle carni rosse. Il contenuto proteico è simile, variando da 20 a 33 g/100 g nelle carni rosse e da 22 a 37 g/100 g nelle carni bianche, ed entrambe apportano la totalità di amminoacidi essenziali in misura più che sufficiente a coprire i fabbisogni giornalieri di un soggetto adulto. Il contenuto in grassi e in colesterolo invece in genere è inferiore nelle carni bianche, dove sono concentrati principalmente nella pelle, per cui la sua facile rimozione ne determina una riduzione notevole. Riguardo al contenuto in vitamine e minerali, le carni rosse generalmente sono più ricche di ferro eme, zinco, selenio e di vitamina B12 rispetto alle carni bianche, anche i composti bioattivi (coniugati dell’acido linoleico CLA, coenzima Q10, carnitina, carnosina, creatina, taurina, glutatione, colina, acido lipoico, peptidi bioattivi), ossia quelle sostanze benefiche per la nostra

37 Gli acidi grassi sono dei componenti strutturali dei grassi, che a loro volta rientrano nella categoria

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26 salute, con proprietà antiossidanti e in grado di prevenire patologie come diabete, obesità, malattie cardiovascolari e cancro.

Le carni bianche invece sono tendenzialmente più ricche di magnesio, vitamina B3, B5, acidi grassi polinsaturi ed è solamente un luogo comune considerarle prive di ferro, in quanto le carni bianche ne sono un’ottima fonte, concentrato specialmente nelle cosce.

Relativamente alla quantità di grassi totali, grassi saturi (che sono in grado di innalzare i livelli di colesterolo) e colesterolo cambia tra i diversi tipi e tagli di carne, risultando anzi spesso inferiore nelle carni rosse. Ad esempio, una bistecca di maiale leggero e un petto di pollo apportano la stessa quantità di colesterolo (62 mg nel maiale, 60 mg nel pollo), sfatando il mito che il petto di pollo sia magro e che la carne rossa sia più ricca di colesterolo e grassi saturi. Rispetto al passato il contenuto di grassi della carne suina, bovina e anche salumi è diminuito: grazie a metodi di allevamento moderni, alla selezione delle specie allevate e ai mangimi attentamente formulati, si sono ottenuti carni con livelli di grassi decisamente inferiori. Secondo i dati dell’INRAN – Istituto di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, confrontando per esempio i grassi di un filetto di bovino del 1996 con il 2005, la percentuale è passata dal 5% al 2,2%. Per quanto riguarda i salumi italiani, per andare incontro ai desideri dei consumatori, dagli anni Ottanta il contenuto di grassi nella carne suina è diminuito del 30%, aumentando i loro valori nutrizionali38.

Continuando il confronto fra i tipi di carni, anche i nutrienti, vitamine e minerali dipendono da vari fattori: per fare degli esempi, un filetto di bovino adulto e un petto di pollo apportano la stessa quantità di calcio (4 mg per 100 grammi). Il selenio, invece, è ugualmente presente nel lombo di maiale e nella coscia di tacchino (41.2 mcg per 100 grammi). Le differenze per quanto riguarda lo zinco possono essere impercettibili (4.39 mg nel filetto di manzo, 4.34 mg nella coscia di tacchino).

I valori nutrizionali, come il ferro e il contenuto proteico, comunque possono variare anche considerevolmente quando confrontiamo tagli diversi di carni bianche e rosse, in quanto dipendono dalla razza, dal sesso, dall’età dell’animale, ma anche dal tipo di allevamento e di alimentazione.

L’eccessivo consumo di carne rossa aumenta il rischio di mortalità legato a numerose malattie. Lo conferma lo studio condotto dal National Cancer Institute di Bethesda che ha preso in

38 Analisi effettuata da INRAN e SSICA – Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve

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27 considerazione i dati di una grande indagine chiamata NIH-AARP, su sei stati (California, Florida, Louisiana, New Jersey, North Carolina e Pennsylvania) e due grandi aree metropolitane degli Stati Uniti (Atlanta e Detroit). L'analisi è iniziata nel 1995 ed è durata ben 16 anni e ha coinvolto oltre 536.969 americani adulti di età compresa tra i 50 e i 71 anni. I ricercatori americani hanno concluso che esiste una correlazione fra consumo di carni rosse e trasformata e incremento medio della mortalità del 26%39.

Le cause sono probabilmente da riscontrarsi nel ferro del gruppo Eme delle carni rosse, i nitriti e nitrati e nei grassi saturi di quelle processate, tuttora in fase di studi. Altre cause sono le sostanze cancerogene che si producono durante alcuni tipi di cottura (soprattutto quelle grigliate), come amine eterocicliche e idrocarburi aromatici policiclici, contaminanti dei mangimi animali, nonché un ridotto consumo di frutta e verdura che in genere si accompagna a una dieta particolarmente ricca di carne40.

Nessuna patologia è causata soltanto dal consumo di carne rossa. Tuttavia gli epidemiologi concordano sul fatto che gli individui che seguono diete ricche di proteine animali, soprattutto carni rosse e lavorate, hanno un maggior rischio di sviluppare patologie come diabete, infarto e problemi cardiovascolari, obesità e cancro.

Tabella 3: Patologie, definizioni e relative dimostrazioni scientifiche

MALATTIA DEFINIZIONE CAUSE DIMOSTRAZIONI

SCIENTIFICHE DIABETE DI

TIPO 2

Malattia cronica che porta l’incapacità da parte dell’organismo di gestire i livelli di glucosio, causando un eccesso di zuccheri nel sangue non

insulino-dipendente

Grassi saturi in alcune taglie e razze

Studio della Harvard School of Public Health: Nurse’s Health Study 1 e 2, durati oltre 28 anni, Health Professionals Follow Up, per più di 20 anni, American Journal of Clinical Nutrition, 2011

INFARTO E ICTUS

Malattie cardiovascolari

Lipidi saturi che apportano colesterolo esogeno. Un introito eccessivo può causare un innalzamento del colesterolo totale e delle lipoproteine LDL (a seconda del

Studio della Northwestern University e della Cornell University e pubblicato su JAMA Internal Medicine 41 e studio

dell’Università della Pennsylvania e pubblicato su

39 38. National Cancer Institute, NIH-AARP Diet and Health Study, National Cancer Institute of the

National Institutes of Health, 201. Disponibile sul sito: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26621069

40 Disponibile sul sito: http://www.informasalus.it/it/articoli/carne-rossa-consumo-malattie.php 41 Disponibile sul sito: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32011623/

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28 taglio e della porzione di carne) Lancet EClinicalMedicine, 202042 OSTEOPOROSI Riduzione dell'efficienza metabolica del calcio Apporto smodato di proteine animali

Benefits and safety of dietary protein for bone health-an expert consensus paper endorsed by the European Society for Clinical and Economical Aspects of Osteopororosis, Osteoarthritis, and Musculoskeletal Diseases and by the International Osteoporosis Foundation. Osteoporos. Int. 2018 43 (la

ricerca dimostra d’altra parte che le proteine animali hanno anche un effetto positivo sull’assorbimento intestinale di calcio e stimolano la secrezione di ormoni osteo-anabolici, come l'IGF-1, che stimolano la formazione di molecole complesse)

IPERCALCURLIA Escrezione di calcio nelle urine in quantità superiore alla norma

Diete iperproteiche Studio della Shifa International Hospital, Islamabad, from 2012 to 2017 Association of Body Mass Index and Diet with Symptomatic Gall Stone Disease44 OBESITA' e SOVRAPPESO Eccessivo accumulo di grasso corporeo Alimentazione scorretta (incluso eccessivo consumo di grassi saturi e trans) e vita sedentaria Studio dell'università di Adelaide, pubblicato sul Journal of Nutrition & Food Sciences, 201645

Elaborazione dell’autore.

Nel 2015 l'International Agency for Research on Cancer (IARC) di Lione, un'agenzia dell'Organizzazione Mondiale della Sanità che valuta e classifica le prove di cancerogenicità delle sostanze, ha definito la carne rossa come probabilmente cancerogena (classe 2A della classificazione dello IARC) e la carne rossa lavorata (insaccati e salumi) come sicuramente cancerogena (classe 1 della classificazione dello IARC). Il consumo smodato di carne è stato messo in relazione con l’aumenta del rischio di tumori soprattutto dell'apparato gastro-intestinale, come il cancro al colon-retto e allo stomaco, e anche per alcuni tumori dipendenti

42 Disponibile sul sito:

https://www.thelancet.com/journals/eclinm/article/PIIS2589-5370(19)30257-3/fulltext

43 Disponibile sul sito: https://link.springer.com/article/10.1007/s00198-018-4534-5 44 Disponibile sul sito: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7135725/#

(29)

29 dagli ormoni, come quello al seno, alla prostata e all'endometrio. Questo studio tuttora riscuote critiche, precisazioni e supporto e ha avuto un sensibile impatto sull’opinione pubblica.

La classificazione di cancerogenicità non è una classificazione del livello di rischio, piuttosto una misura del grado di fiducia che gli esperti hanno nei dati per potersi esprimere sulla cancerogenicità di un prodotto. In pratica, sostiene che gli studi su salumi e insaccati hanno una qualità e un'ampiezza tale da farci dire con minore incertezza che i salumi possono aumentare il rischio di ammalarsi, mentre gli studi sulle carni rosse non lavorate sono statisticamente meno forti e quindi, come pubblica sul sito la Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, permettono solo di dire che probabilmente, ma non certamente, l'associazione esiste. Va sottolineato che non sono state indicate differenziazioni e distinzioni all’interno di queste due grandi categorie di alimenti (vale a dire carne rossa generica e insaccati).

Per le carni bianche (pollame e coniglio), gli esperti affermano solo che non esistono studi sufficientemente attendibili e che quindi non possono pronunciarsi né in un senso né nell'altro, anche se la conoscenza dei meccanismi molecolari che rendono la carne rossa potenzialmente cancerogena (per esempio la presenza del ferro EME) permette di dire che le carni bianche (che ne contengono, in generale, una minore quantità) sono probabilmente più sicure.

La classificazione dello IARC inoltre non precisa la potenza di una sostanza nel provocare tumori. È una interpretazione sbagliata eguagliare la carne al tabacco, che è una delle sostanze sicuramente cancerogene per gli esseri umani. Benché per ambedue sono disponibili prove scientifiche sufficienti perché gli esperti possano esprimere un parere affidabile, il fumo è un cancerogeno molto più potente degli insaccati, la probabilità associata tra il tabacco e il pericolo dell’insorgere di cancro è del 400%, mentre il rischio di cancro del colon retto aumenta del 18 per cento per ogni porzione di 50 grammi di carne lavorata consumati al giorno e del 17 per cento ogni 100 grammi di carne rossa46. Per cui ragionevolmente consumare della carne

trasformata di tanto in tanto potrebbe avere minore influenza sulla salute di un paio di sigarette47.

46 Il 18-21% dei tumori al colon è presumibilmente legato al consumo di carni rosse e insaccati e così il

3% di tutti i tumori. Il fumo di sigaretta è responsabile dell’86% dei tumori al polmone e del 19% di tutti i tumori, secondo i dati di Cancer Research UK. Disponibile sui siti: https://www.greenme.it/mangiare/alimentazione-a-salute/carni-rosse-airc/

https://www.ilmattino.it/primopiano/cronaca/carne_rossa_oncologi-1321307.html

47 Monografia dedicata a “Carni rosse e lavorate”, pubblicata da IARC nel 2018. Disponibile sul sito:

https://www.airc.it/cancro/informazioni-tumori/corretta-informazione/le-carni-rosse-fanno-male-alla-salute

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