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RISCHI SOCIALI PER LA GIOVENTU’ IMPORTANTI INIZIATIVE,DELLE REGIONI PUGLIA E TOSCANA A FRONTE “GIOVANI E GIOVANI ADULTI”.

VULNERABILITA’SOCIALE: QUALI RISCHI SOCIALI PER LA GIOVENTU’.

La vulnerabilità sociale ha contribuito a mettere in luce una molteplicità di variabili nell’analisi degli aspetti e dei meccanismi di fragilizzazione sociale. Si tratta di processi strutturalmente complessi ,che nascono dall’incrocio tra la vecchia struttura delle disuguaglianze sociali e quelli che sono chiamati “ nuovi rischi” , <derivanti da un complesso posizionamento degli attori tra mercato del lavoro ,famiglia di origine e i sistemi di welfare >( Taylor-Gooby ,2004) (1). In questa sede ci chiederemo quali sono gli effetti specifici che tali processi ,producono su un particolare gruppo di soggetti : quello dei “giovani” e,in particolare dei “giovani adulti”. Si tratta di una categoria dai confini labili ,descritta come un gruppo intermedio ,in bilico tra adolescenza e età adulta ,tra esclusione e inclusione ,tra autonomia e famiglia ,tra strategie di exit e scarse possibilità di voice. Un primo punto di osservazione concerne dunque la concezione di gioventù che fa da sfondo alle diverse politiche che insistono su questa fascia di popolazione : da un lato si riscontra la tendenza a superare una visione della gioventù unicamente come uno stadio “di transizione”.Dall’altro ,la tradizionale concezione di giovinezza unicamente come categoria “ in between” ,continua in molti casi alla costruzione delle politiche pubbliche ,tanto nazionali che locali,che si indirizzano a tale fascia di età(ibidem). Tale visione fa da sfondo a una concezione lineare del percorso di transizione verso l’adultità che si accompagna ai cambiamenti intervenuti nella condizione giovanile all’interno delle società post-industriali. Il processo di transizione alla vita adulta non soltanto si è allungato,ma è diventato più complesso e diversificato: al punto “ da rendere individuali specifiche strutture di transizione verso l’adultità “Casal,1996)(2) In ragione di alcuni fenomeni quali l’allungamento del periodo di istruzione e formazione,la plurizzazione degli stili di vita, la flessibilizzazione del mercato del lavoro. Questi passaggi cruciali verso l’età adulta sono di fatto sempre meno lineari e standardizzati. Se in parte ciò è attribuibile a una serie di mutamenti culturali,ciò che in questo contesto prendiamo in considerazione sono gli ostacoli strutturali che hanno reso il raggiungimento di una condizione di autonomia sempre più tortuoso,(ad esempio ,a una fase di indipendenza economica e abitativa può seguire una fase di disoccupazione o

sotto-occupazione con conseguente ritorno in carico alla famiglia di origine). A seguito di tali mutevoli la condizione di adulti non è più la tappa finale di un cammino prefissato che va dall’educazione al lavoro ,alla formazione di una propria famiglia,ma un < processo definito attraverso continue negoziazioni. >(Bendit,2006)(3) La negoziazione di tale percorso,tuttavia,non è indolore perché si accompagna ad un’instabilità che non intacca solamente la sfera lavorativa ma in generale precarizza e rende labile tutte le sfere della vita privata. A questo quadro si aggiungono le caratteristiche proprie del sistema di welfare italiano che storicamente trascurato di investire in politiche che permettessero ai/alle giovani di sperimentare la propria autonomia.

Come si caratterizzano quindi i rischi che i giovani si trovano ad affrontare. Una prima osservazione attiene alla frequenza e alla durata di tali rischi ,ora tali rischi non sono più identificabili come “incidenti di percorso”,quanto piuttosto come ostacoli sistematici nel sistema di accesso a opportunità e risorse di scegliere la propria vita in autonomia.

In questo quadro, come immaginabile ,il rischio di esclusione non passa solo dalle difficoltà di ingresso o dall’espulsione dal mercato del lavoro ma anche dall’esclusione in altri ambiti della vita pubblica.

Tali cambiamenti nella struttura di transizione alla vita adulta sono stati in gran partedalle pubbliche, che continuano a “fondare unicamente sul lavoro le opportunità di integrazione dei giovani “(Walther,2006)(4)nonchè < l’accesso a entitlements , indennità e servizi >(5) (Borghi,Van Berkel ,2005) Se l’allungamento dell’età giovanile è stata assunta anche all’interno delle politiche pubbliche che tendono a promuovere azioni che interessano i “giovani” fino a 34 anni e talvolta fino a 40 anni ,non altrettanto si può dire per le restanti difficoltà sopra richiamate.

1) Taylor –Gooby (2004) ( a cura di ) New risks , new welfare . The transformation of the european wel- fare state , Oxford University Press.

2) Casal ,J., “ Modos emergentes de transicion a la vida adulta en el umbral del siglo XXI , in Reis ,75/1996,295-317.

3) Bendit,R.(2006) “ Youth Sociology and Comparative Analysis in the European Union Member States” Revista de Sociologia n°79 ,49-76.

4) Walther ,A.,Regimes of Youth Transition Choice , Flexibility and security in Young People’s .in Young Nordic Journal of Youth )Research,14(2) /2006 ,119-139.

5) Borghi ,V.,Van Berkel , (2005) “ Governance delle politiche di attivazione : un confronto tra Italia e Olanda “ in La Rivista delle Politiche Sociali, 1 ,79-116.

LA CONDIZIONE SOCIALE TRA LAVORO, FAMIGLIA E WELFARE.

I nuovi rischi sociali derivano dal posizionamento degli attori tra lavoro,famiglia e sistemi di welfare ,pare opportuno prendere in considerazione alcuni indicatori e in quali ambiti si concentrino le principali sacche di vulnerabilità. Per poi passare ad analizzare, quanto le politiche regionali si facciano carico di tali criticità e cerchino darvi risposta attraverso politiche mirate. Il punto di partenzadell’analisi sulla condizione giovanile deve riguardare peso demografico delle giovani generazioni. Solo all’inizio degli anni Novanta i giovani tra i 15 e i 24 anni erano quasi il doppio rispetto agli anziani tra i 65 e i 74 anni,mentre ,secondo le previsioni Istat ,le quote sono destinate ad invertirsi. Ovviamente tale scarsità demografica non si riflette soltanto nella progressiva diminuzione della popolazione nazionale in ragione del decremento delle natalità ,ma fotografa altresì <lo scarso peso politico ed elettorale dei giovani. >( Rosina e Balduzzi,2008) (6).

LAVORO.

La dimensione lavorativa resta certamente quella più critica da osservare .In primo luogo è importante sottolineare che ci troviamo di fronte a una delle categorie più colpite dalla crisi economica : nel 2010 il tasso di occupazione tra i 18 e i 29 anni si attestava al 34,5% ,il 13,3% in meno rispetto al 2008, anno di inizio della crisi. L’ingresso nel mondo del lavoro si fa sempre più complesso per i disoccupati e inoccupati: le percentuali di entrata ,dopo essere scese verticalmente tra il 2008 e il 2009 (-18%),hanno accusato un nuovo indebolimento (- 6%),soprattutto nel Mezzogiorno. Neppure il livello di istruzione elevata ha protetto i giovani dalla crisi : i tassi di occupazione sono diminuiti on intensità simile tra i giovani con basso titolo di studio (-2,8% ) e quelli con la laurea (-2,1%).

Aumenta anche la disoccupazione nei giovani tra i 15 e 24 anni il tasso si attesta attorno al27,8% ( un dato che sappiamo essere aumentato,nel 2011,fino al 28,9%),mentre scende all’11,9% nella fascia tra 25 -34 anni ,rispetto a una media nazionale dell’8,4%. Acquista un rinnovato spessore la quota dei NEET ,che nel 2010 avevano superato i 2,1 milioni,si tratta del 22,1% dei giovani nella fascia di età compresa tra i 15 e i 29 anni. Tra i giovani al di fuori dei circuiti di formazione e lavoro il 65,5% è inattivo mentre il 34,5%è costituito da disoccupati. Il

6) BALDUZZI ,P.,ROSINA ,A:, (2009 ) NON E’ UN PAESE PER GIOVANI, L’ANATOMIA ITALIANA . Una generazione senza voce. Venezia ,ed. MARSILIO.

dato nuovo è che la condizione di NEET permane nel tempo ; oltre la metà resta tale per almeno due anni. Una quota sempre più alta digiovani scivola ,in particolare nel Mezzogiorno,verso l’inattività prolungata . Sapendo che il tasso di occupazione ,raccoglie solo la punta più visibile del fenomeno , e che precarietà e disoccupazione sono fenomeni strettamente intrecciati l’uno all’altro ,riteniamo importante considerare ,inoltre di quale tipo di lavoro si parla. I dati nonostante un incremento della precarietà : la quota di lavoratori con contratti a tempo determinato o collaborazioni ha raggiunto ,nel 2010 il 30,8% del totale dei giovani occupati tra i 15 e i 29 anni .Il fenomeno ,inoltre,favorisce l’espulsione dal mondo del lavoro e influisce negativamente sui salari che si attestano ,poi per la popolazione tra 15 e 34 anni,attorno ai 1074 euro mensili,il 24% della retribuzione di un dipendente standard a tempo pieno.

Un accenno va alla condizione dei migranti ,che sono stati colpiti con particolare forza dal’aumento della disoccupazione; nel 2010 la disoccupazione censita sale al13% per gli immigrati e colpisce in maggior misura coloro che erano già precedentemente occupati(+ 9.6% ) rispetto agli inattivi (+ 3,9%).Anche per quanto attiene ai salari ,persistono forti discrepanze rispetto ai coetanei italiani e la differenza retributiva aumenta con il titolo di studio.

FAMIGLIA

Un secondo ambito di osservazione deve riguardare l’autonomia della famiglia diorigine ,la propensione alla costruzione di un nucleo autonomo e alla procreazione. Sono 7 milioni i giovani celibi e nubili ,con età compresa tra i 18 e i 34 anni ,che nel 2009 vivono ancora all’interno della famiglia,pari al 58,6% dei giovani di questa fascia di età. Tra i giovani che vivono ancora in famiglia ,il 93% sono ancora in formazione .il 70,5%sono in cerca di lavoro e il 47% sono occupati in modo stabile .E’ aumentato il numero dei giovani celibi o nubili che vivono in famiglia e sono in cerca di occupazione. La famiglia di origine ,dunque,conferma la sua funzione di dispensatore di protezione sociale sia attraverso la fornitura di servizi, in particolare modo abitativi. Il fatto che essa costituisca il pressoché esclusivo strumento di promozione e ammortizzatore sociale dei giovani ,inibisce la mobilità sociale e “rende il sistema italiano non solo più iniquo ,ma anche meno dinamico ed efficiente “ (Rosina,2011 ,) (7)

SISTEMI DI WELFARE.

Il modello di welfare italiano,manifesta in maniera sempre più evidente la sua incapacità di fornire risposte adeguate ai bisogni delle giovani generazioni. Nel 2008l’Italia si collocava all’ultimo posto tra i paesi Ue per le risorse destinate al sostegno del reddito ,alle misure di contrasto alla povertà o alle prestazioni a favore di persone a rischio di esclusione sociale. Più in generale,si può affermare che la spesa per protezione sociale sul Pil,togliendo la parte destinata alle pensioni,è un terzo in meno rispetto alla media europea. Il nostro paese stanzia meno del 2% dell’intera spesa per la protezione sociale mentre in Europa a questa funzione è destinato il 5,2%. Anche la Banca d’Italia riconosce che, sebbene l’estensione degli ammortizzatori sociali abbia significativamente contribuito a limitare gli effettidella crisi sull’occupazione e sui redditi ,l’assenza di un sistema universale di protezione sociale ha penalizzato molti giovani ,che sono più esposti alla perdita del lavoro e che hanno meno requisiti per accedere agli strumenti di welfare disponibili. Ai bassi livelli di supporto al reddito si aggiunga la disparità di trattamento nel supporto alla maternità e paternità (intesa come durata dei permessi di maternità e supporti in denaro),che ancora una volta ,penalizza le lavoratrici con contratti atipici e precari. Nonostante il cospicuo stanziamento in ambito pensionistico rispetto alla spesa sociale ,l’Italia si presenta altresì con un sistema previdenziale iniquo ,con un forte divario di requisiti e trattamento pensionistico tra le vecchie e le giovani generazioni coloro che sono nati dopo il 1970 portano sulle spalle,infatti, < l’onere più gravoso delle politiche di riequilibrio strutturale della finanza pubblica attuate negli ultimi venti anni. >(Rosolia, Torrini ,2007) (8) E’ inoltre fondamentale ricordare che sulle giovani generazioni pesa una quota di debito pubblico consistente ,ereditato dalle generazioni precedenti. Negli ultimi anni .il debito è rimasto sistematicamente sopra quota 104% del Pil :uno dei rapporti più gravosi del mondo occidentale (la media Eu -15 è pari al 65%).

8) Rosolia ,A., Torrini R., ( 2007) The generation gap: relative earnings of young and old workers in Italy , Roma . Banca d’ Italia.

SVANTAGGI AL FEMMINILE

- come noto,all’interno del contesto sopra delineato,vi sono categorie che presentano al- cuni svantaggi strutturali ben precisi e in particolare ,quello di genere.

- la disoccupazione rimane più elevata per le ragazze rispetto ai ragazzi.

- Si riscontra un peggioramento della qualità del lavoro femminile qualificata a fronte di quella non qualificata.

- La nascita del primo figlio appare ritardata (l’età media è 30 anni per le donne nate nel 1970) aumenta anche la quota di coloro che non hanno figli ;secondo le stime più recenti,alla fine del percorso riproduttivo ,a non aver avuto figli sarà circa il 20 per cento delle donne nate nel 1970.

- Si registrano alti tassi di abbandono del lavoro a seguito della nascita del primo figlio la percentuale di donne nate dopo il 1973 che lasciano il lavoro a seguito di una maternità è del 14% e,complessivamente .il 25,7% degli abbandoni avviene per motivi familiari.

- Il part-time femminile in Italia raggiunge un tasso elevato,più che doppio rispetto alla media europea .Gli indicatori brevemente richiamati tracciano un quadro a tinte fosche e una direzione di marcia opposta a quella indicata nella Strategia di Lisbona,che vorrebbe ,un investimento alla “qualità” di tale capitale umano ,con effetti che, salvo una rapida inversione di marcia ,si manifesteranno in maniera dirompente nel prossimo futuro.

POLITICHE REGIONALI PER LE GIOVANI GENERAZIONI.

Se e come le politiche riusciranno ad individuare risposte efficaci concentrandosi ,in particolare ,sul ruolo dell’attore regionale. La scelta del livello di osservazione regionale si presenta particolarmente interessante . Alcune riforme ,infatti, unite alle competenze già in possesso dei singoli Enti a partire dalla riforma del Titolo V ,hanno accentuato la centralità dell’attore regionale nella produzione delle politiche pubbliche e contribuito alla creazione di sistemi di intervento regionali molto diversi tra loro. L’inadeguatezza dei sistemi di welfare nazionale devono confrontarsi ,ma altresi una sfida quella di elaborare ,nei limiti delle proprie

competenze ,con sistemi di protezione più adeguati alle esigenze sociali emergenti. La ricerca tuttora in fieri, è volta a indagare quali strategie sono state messe in campo da particolari attori regionali come la Puglia e la Toscana in contrasto alla crisi economica in atto. Partendo dall’ipotesi che le politiche per i giovani non possono essere separate dalle politiche per il mondo adulto,la ricerca ha preso in considerazione non soltanto le politiche giovanili propriamente dette ma altresì le politiche della formazione e del lavoro e le politiche abitative delle regioni selezionate. Lo studio si è concentrato fino ad ora su un’osservazione puntuale delle politiche attivate (o in avvio) ,nelle due regioni sopra menzionate attenzione al ruolo degli attori all’interno di differenti modelli di governance.

POLITICHE INTEGRATE PER LA TRANSIZIONE ALLA VITA ADULTA.

E’ progressivamente più evidente ,quale quello dei rischi sociali connessi alla transizione alla vita adulta. Tematiche quali il precariato e la scarsa occupazione,ad esempio,non sono solo una tema di sussidi o incentivi ,ma di cambiamento nei modelli di regolazione del mercato del lavoro educazione e formazione. Alla base di un investimento verso una maggiore integrazione tra politiche vi è inoltre il riconoscimento che la loro frammentazione ,tanto per il mondo giovanile che per quello adulto porta a una “disintegrazione “citato ( Matteo Villa) (9) anche degli individui cui le diverse misure e interventi dovrebbero rivolgersi .Le rigidità del nostro sistema di welfare si traducono spesso in insiemi di micro interventi sconnessi tra loro ,che finiscono per creare disparità di trattamento tra individui. L’impulso all’integrazione tra politiche diverse è sostenuta con forza dall’Unione Europea che da tempo ha riconosciuto il bisogno di concepire le politiche giovanili come politiche trasversali e fortemente interconnesse ,tanto a livello nazionale che regionale e locale. COM (2OO9)”200”(10) An EU Strategy for Youth , Investing and Empowering”

Il discorso pubblico sulle politiche giovanili,a livello nazionale e,in alcuni casi ,regionale ha recentemente assunto e riportato in primo piano il tema dell’integrazione. Che si tratti di

9) Villa, M. (2007) Dalla protezione all’attivazione , Milano , Franco Angeli ed 10) COM . (2009 ) “ 200”

politiche per l’agio o per il disagio ,l’integrazione dovrebbe caratterizzarsi come una “strategia per perseguire obbiettivi comuni a diverse politiche”.(Bifulco de Leonardis,2006,31)(11) Per fare sistema tra interventi e soggetti diversi ,tuttavia,non bastano efficaci strumenti di coordinamento orizzontali,ma è altresì necessario coinvolgere altri livelli di governo. Per quanto attiene il livello locale ,esso si presenta come una leva indispensabile,la loro azione e i loro effetti ,ma anche la collettività di riferimento ,il luogo in cui si combinano insieme i problemi e le risorse per affrontarli.(Ibidem)-

Nell’intento di osservare quali forma e modelli di integrazione possono prendere forma nei territori in esame-Puglia e Toscana- e se siano in grado di rispondere in maniera efficace alle questioni qui sopra esposte ,in particolare ,nell’analisi di alcuni elementi:

1) Gli approcci culturali di riferimento, i metodi attraverso i quali vengono individuati e tematizzati i bisogni dei giovani nelle politiche dei due territori.

2) In secondo luogo ci concentreremo sulle diverse forme di governance regionali e le po- sizioni che in esse assumono i differenti attori ,in particolare i beneficiari ,tanto diretti che indi- retti ,delle azioni. Un’attenzione particolare verrà dedicata al ruolo della popolazione giovanile e alle eventuali forme di innovazione nel modo di coinvolgere i/le giovani nella definizione delle politiche che li riguardano.

3) In terzo luogo riteniamo che, per analizzare tali politiche,sia fondamentale centrare l’attenzione sugli “ strumenti su cui fanno leva i processi di integrazione “ (Lascoumes, Le Ga- les, 2004) (12) e i dispositivi organizzativi che regolano l’azione politica con i giovani. L’integrazione tra settori e saperi ,infatti, non può essere imposta dall’alto e per via autoritaria ma dovrebbe dotarsi di strumenti e coordinamento e negoziazione. La posta in gioco nella scelta e nell’uso degli strumenti non sta solo nel merito delle questioni trattate quanto nella produzione di cambiamenti a livello delle organizzazioni. In sintesi, integrare politiche diverse è un proces- so complesso ,cha va dalla promozione e dell’inclusione nelle decisioni di politica pubblica dei cosiddetti destinatari fino alla revisione delle politiche di sviluppo di un territorio complesso.

11) Bifulco,L . de Leonardis , O. ( 2006) “ Integrazione tra le politiche come opportunità politica” , Milano ,Mondadori ed.

12) Lascumes , P. Le Gales , P. ( a cura di) Gouverner par le instruments , Paris, Presses de Sciences – Po.

PUGLIA: BOLLENTI SPIRITI E PIANO STRAORDINARIO PER IL LAVORO.

I fattori che spingono a considerare questa regione riguardano lo sviluppo piuttosto consolidato delle proprie politiche giovanili. A ciò si aggiunge l’attuale potenziamento delle misure di supporto di autonomia giovanile e in particolare quelle inerenti la formazione,il lavoro e lo sviluppo economico( attraverso il “ Piano Straordinario per il lavoro”). Il programma “Bollenti Spiriti” ha inizio del 2005 e si inserisce in un vuoto di progettazione regionale delle politiche per i giovani. Verrà successivamente ampliato e potenziato grazie agli accordi di Programma Quadro promossi ,nel 2008 ,dal Ministero della Gioventù e siglati insieme alle Regioni e al Ministero dello Sviluppo economico.

Parola chiave di questo processo è “partecipazione” concetto più importante del programma è quella di “Principi attivi” ,ovvero finanziamento a progetti non semplicemente indirizzati ai giovani ma promossi e realizzati dai giovani stessi .” Principi attivi “ finanzia in questi anni numerosi progetti in ambiti diversi dalla ricerca scientifica ,al turismo, all’innovazione tecnologica,all’inclusione sociale. Ogni progetto è incentivato sulla creazione di opportunità di lavoro per coloro che prendono parte. Il programma trova la sua genesi in una ferma volontà del suoPresidente ,mantiene una posizione centrale all’interno dell’attività regionale. La governance del progetto prevede una cabina di regia interna alla Regione Puglia . Attraverso al ricorso ai nuovi media ,lo staff riesce ad istaurare un contatto diretto con i giovani pugliesi ,che si interfacciano con la regione in un dialogo quasi “ alla pari” , riuscendo ad intervenire anche sulla formulazione stessa dei bandi a loro dedicati. La relazione instaurata con i giovani ha sicuramente il merito di aver portato ad un avvicinamento tra i giovani e l’istituzione regionale, avviando un processo di “rigenerazione della democrazia locale” ( Bifulco ,de Leonardis ,2006)(13) .Il programma sembra presentare ,la centralità dell’informazione e della comunicazione verso i giovani e la capacità d’improntare un canale comunicativo a “doppia entrata “ fatto di parola e di ascolto. Il limite di questo approccio è quello di affidare nelle mani del giovane il compito di analizzare ,”sintetizzare” e appropriarsi delle diverse opportunità. I responsabili del programma che stanno valutando l’inserimento nella nuova programmazione di Bollenti Spiriti ,di misure positive dedicate alle categorie sociali più deboli. Accanto a “Bollenti Spiriti” troviamo il “Piano Straordinario per il Lavoro”.Concepito a seguito della manovra anticrisi del 2008 e della valutazione di una serie di

13) Bifulco ,L.de Leonardis ,O.(2006), in Donolo ,C.( a cura di ) Il futuro delle politiche pubbliche , Mondadori , Milano.

interventi di formazione e lavoro . Tra i destinatari principali dell’intervento vi sono disoccupati