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SOCIETÀ E CULTURE DI RIFERIMENTO NEL TEMPO/SPAZIO DELLA SCRITTURA

3. IL RAPPORTO DELLO SCRITTORE CON IL TEMPO

3.2 SOCIETÀ E CULTURE DI RIFERIMENTO NEL TEMPO/SPAZIO DELLA SCRITTURA

Nel testo Perché scrivere? di Philip Roth si riscontrano numerosi riferimenti alla società e all’ambiente americano. Lui stesso pare descriversi come un uomo che nel tempo in cui ha vissuto a New York, ha visto ed è venuto a stretto contatto con la sua realtà (di allora) e questo elemento apparentemente banale, gli ha suggerito un modo ed un soggetto per la sua scrittura. In questa prospettiva, l’asse temporale che corre lungo il filo della

45 JOHN GARDNER, Il mestiere dello scrittore [1989], trad. di C. Tafani, Genova, Casa Editrice Marietti, 1989, pp. 94-95.

storia degli eventi e delle persone (ininterrottamente), riceve una scossa perché viene trasformato in uno sguardo interno (dell’autore) il quale, a sua volta, trasforma la propria visione in scrittura, rielaborandola e dando vita ad un nuovo flusso (e ad una nuova opera che è già trasformazione del tempo trascorso) consapevole (diacronia). Il meccanismo non è semplice e superficiale anche perché, come ci dice Roth nella terza parte del libro (quella dedicata ai nomi americani che lui ama particolarmente), la società americana muta continuamente ed inesorabilmente e questo aspetto induce comprensibilmente a pensare a «la transitorietà radicale come solida tradizione».47 Sarà proprio qui che un ragazzo ebreo che fatica a ritrovarsi,

troverà sostegno ed aiuto proprio dai libri di autori americani. Essi costituiscono per lui un’altra realtà dove allargare i propri orizzonti e il proprio io, quello che in queste righe di natura saggistica egli chiamerà col nome di destino, avvertito come, appunto, «avventura americana».48

Nel saggio Leggere e scrivere, Naipaul inserisce una sezione intitolata Lo

scrittore e l’India e definisce il suo Paese come un luogo completamente in balia di forze politiche e culturali che l’hanno reso, col tempo, spaccato a metà. Da una parte, un’India che ricercava la libertà, con nomi di figure importanti utilizzati come riferimento; dall’altra un paese in ombra, che a tratti scompariva poiché in balia di un’assente memoria. In quest’ultimo caso, lo scrittore, recandovisi, parla di miseria e isolamento ma, cosa degna di nota, un’India totalmente assente nella letteratura. L’arrivo del popolo inglese corrispondente al fenomeno di colonizzazione, trasforma il paese natale di Naipaul in una ferita dolorosa per l’autore, il quale, proprio per questo motivo, decide di scrivere qualcosa a tal riguardo, infatti egli riporta le seguenti frasi:

Ci volle del tempo ˗ scrissi molto, con umori diversi ˗ per riuscire a vedere oltre la desolazione. Ci volle del tempo per aprirmi un varco attraverso i pregiudizi e le inconsistenti idee politiche indiane sul passato dell’India. Le prove di quelle calamità erano ovunque. Ma il movimento indipendentista era come la religione: non vedeva ciò che non voleva vedere.49

47 PHILIP ROTH, Perché scrivere? Saggi, conversazioni e altri scritti, cit., p. 357. 48 Ivi, p. 35.

Tracciando il mutamento storico e culturale del suo Paese, che attraversa invasioni musulmane, lotte imperiali e profanazioni religiose, lo scrittore si sofferma a raccontare quanto la sua visione del passato, di un’India antica e incrollabile, risultasse in realtà idilliaca e falsificata rispetto alla semi distruzione evidente tempo più avanti. Quest’esperienza unica, vissuta da Naipaul stesso, determina la scelta del tipo di letteratura che egli vuole produrre; in particolare la scelta di un preciso genere di scrittura risulta orientata dai fattori culturali sopra riportati e profondamente analizzati dall’autore, facendogli affermare: «credo che se avessi cercato di scrivere un romanzo sull’India, montando un’impalcatura basata sull’invenzione, avrei falsificato un’esperienza preziosa».50 Un modello, in tal senso, di coerenza e

scrupolosità, ci dice l’autore, gli giunge dalle opere di R. K. Narayan, scrittore che, pur utilizzando la lingua inglese, racconta l’India. Costui, trasponendo i fatti in modo personale e limpido, evitando ogni connotazione di impronta sociale tipicamente inglese, crea una narrazione naturale in grado di adottare una prospettiva interna alla cultura a cui appartiene e cioè quella indiana. Tuttavia, scrive Naipaul, «il genere mutuato del romanzo inglese ed europeo, anche là dove ha imparato a trattare con perizia l’esteriorità delle cose, a volte può non coglierne la drammatica essenza».51

Con questa affermazione, Naipaul ci riporta alla sua scrittura, dove la comprensione delle proprie origini, del fenomeno dell’emigrazione e della memoria trasmessa di generazione in generazione, è dovuta passare attraverso modelli letterari la cui essenza era costituita da una dimensione soltanto esteriore. Per queste ragione, egli afferma: «per andare oltre, come presto dovetti fare, non avendo né la percezione né l’illusione che da qualche parte ci fosse un mondo ad aspettarmi, dovevo trovare altri modi».52

Nel terzo capitolo di questa sezione dedicata all’India e alla scrittura in relazione ai modelli culturali del suo tempo, l’autore prende in considerazione la realtà del romanzo in Europa, unica forma letteraria in grado di dare un’idea precisa della società industriale degli anni Sessanta o Settanta dell’Ottocento, a suo parere. Portando l’esempio di Dickens e della naturalezza e dell’immediatezza della sua scrittura soprattutto nel romanzo

50 Ivi, p. 64. 51 Ivi, p. 69. 52 Ivi, p. 70.

Nicholas Nickleby del 1938, Naipaul riflette lungamente sull’importanza di testi letterari che oggi, come non avessero tempo e data di scadenza, rimangono dei punti di riferimento assoluti. La novità nella scrittura, la sorpresa suscitata nei lettori, sono l’unica vera via per imporsi, per fare breccia nel mondo e, contemporaneamente, pe farci uscire da quel mondo che ha scaturito quel tipo di prodotto letterario. Ecco perché, verso la conclusione del capitolo, Naipaul insiste sul movimento del romanzo, dapprima fonte privilegiata di informazioni e notizie che riguardavano il mondo, nel Novecento ulteriormente arricchito da elementi culturali a volte in stato confusionale. Il risultato finale, asserisce l’autore, è un genere sicuramente nella vetta della letteratura, in virtù dei suoi tratti ottocenteschi ma che via via ha racchiuso in sé forme di narcisismo e sostituito la sua primaria originalità, ormai perduta. Esso si mantiene in vita nonostante ciò, e questa epopea del romanzo induce Naipaul a considerare anche le scelte letterarie del padre, ancora una volta sotto l’influsso delle differenti realtà culturali che tale figura ingloba in sé, come il figlio riporta:

Ma tra quell’ambizione che proveniva dall’esterno, da un’altra cultura, e la nostra comunità, priva di una tradizione letteraria viva, si veniva a creare un divario, ragion per cui le storie che mio padre si era conquistato faticosamente hanno trovato pochissimi lettori fra le persone di cui parlavano. Le sue ambizioni letterarie le ha trasmesse a me, e io, cresciuto in un’altra epoca, sono riuscito a realizzarle quasi fino in fondo.53

Ecco che l’autore, dunque, ha attraversato la storia della sua India e soprattutto l’impatto della cultura inglese sulla sua esistenza e sulla sua ricerca intorno alla scrittura e alla letteratura, fuoriuscendo da una dimensione oscura che lo ha rivestito per tutta la sua infanzia, creando una sorta di separazione tra il mondo letterario della sua India natale e quello ormai proiettato in avanti, della sua aspirazione a divenire scrittore. Naipaul conclude infine questa sezione del saggio Leggere e scrivere portando alla luce quella nuova arte, destinata ad imporsi dagli anni Trenta e Quaranta, in grado di alimentare la narrativa: il cinema. Di fronte all’arricchimento spirituale che deriva dalla sua fruizione, come riporta Naipaul, egli si sente quasi costretto a considerarlo parte integrante della lettura e della scrittura, giungendo ad affermare che «mi chiedo se il talento che un tempo

alimentava la narrativa non sia sfociato, in questo secolo, nei primi cinquant’anni di vita gloriosa del cinema».54