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Sofocle, Cassandra [TrGF II, 11; TrGF IV, 575]

3. Lo strumentario della veggente:

3.1. Gli attributi di Cassandra veggente nei frammenti tragic

3.1.2. Sofocle, Cassandra [TrGF II, 11; TrGF IV, 575]

L’esistenza di una tragedia sofoclea intitolata a Cassandra è documentata da due testimonianze tramandate per via di tradizione indiretta, due citazioni contenute rispettivamente in un lemma di Esichio – Adespota F *5c Snell-Kannicht: ἐπαγωγή· αἰφνίδιος ... Κασάνδρᾳ [Hesych., ε 4075.1 Latte = TrGF II, 11] – e in uno scolio alla Teogonia di Esiodo – Sophocles, Incertarum Fabularum F 897 (811) Radt: Σοφοκλῆς ἐν Κασάνδρᾳ εἴρηκε· δάφνην φαγὼν ὀδόντι πρῖε τὸ στόµα [Σ vet. Hes., Theog. 30 Di Gregorio = TrGF IV, 575].

Entrambi i frammenti si presentano non esenti da criticità al punto da metterne in dubbio persino l’effettiva autenticità; da ciò deriva il loro inserimento, nella più recente edizione dei TrGF, tra gli Adespota e gli Incertarum Fabularum Fragmenta. Tra questi, si sceglie di discutere il secondo per maggiore affinità con l’argomento dell’indagine e con gli altri luoghi testuali oggetto di selezione e analisi.

Sophocles, Incertarum Fabularum F 897 (811) Radt [TrGF IV, 575]

Σ vet. Hes., Theog. 30.7-11 Di Gregorio 1975 δάφνην φαγὼν ὀδόντι πρῖε τὸ στόµα

Σ vet. Hes., Theog. 30 Di Gregorio: ἢ παρόσον ἡ δάφνη ἐνεργεῖ πρὸς τοὺς ἐνθουσιασµούς. Σοφοκλῆς ἐν Κασάνδρᾳ εἴρηκε· δάφνην φαγὼν ὀδόντι πρῖε τὸ στόµα. καὶ Λυκόφρων· δαφνηφάγων (Di Gregorio: δαφνηφάγον R2WLZ : δάφνην φαγὼν T) φοίβαζεν ἐκ λαιµῶν ὄπα [= Lyc., Alexandra 6] | ἐν Κασάνδρᾳ codd. (‘num Sophocles tragoediam Cassandram, nullo alio loco laudatam, composuerit dubium’ Di Gregorio) : ἐν Κασάνδρᾳ add. B (sic TrGF IV) || δάφνην : δάφνη R2 | ὀδόντι : ἰδόντι Β | πρῖε τὸ Di Gregorio : πρΐεα R2 : πρΐε W : πρίετο BT | δάφνην φαγὼν ὀδόντι πρῖε τὸ στόµα : δαφνηφάγῳ δ` ὀδόντι πριἐτω στόµα legendum censuit Tucker

Il frammento in questione è presente in uno scolio antico apposto a commento di un passo della Teogonia di Esiodo, a proposito del ramo di alloro donato dalle Muse all’autore sul monte Elicona quale segno tangibile della propria investitura poetica,

καί µοι σκῆπτρον ἔδον δάφνης ἐριθηλέος ὄζονδρέψασαι, θηητόν· […, “e a me donavano uno scettro [scil. le Muse], una frasca recisa d’alloro rigoglioso, ammirevole” [Theog. 30-31 West]:

καί µοι σκῆπτρον: […] ἢ παρόσον ἡ δάφνη ἐνεργεῖ πρὸς τοὺς ἐνθουσιασµούς. Σοφοκλῆς ἐν Κασάνδρᾳ εἴρηκε· δάφνην φαγὼν ὀδόντι πρῖε τὸ στόµα. καὶ Λυκόφρων· δαφνηφάγων φοίβαζεν ἐκ λαιµῶν ὄπα, “a me uno scettro”: l’alloro è efficace per le ispirazioni divine. Sofocle nella Cassandra ha scritto: ‘poiché mangi l’alloro, morditi le labbra con i denti’. Anche Licofrone: “profetizzò parole dalla gola che si nutre di alloro”.

L’attribuzione tràdita, non già la paternità sofoclea del frammento – da cui l’ipotesi ottocentesca di riferire il frammento alla Creusa, altra tragedia perduta ascritta al medesimo autore [Welcker 1837, 393] – è minata dai seguenti elementi probanti, deducibili dall’apparato critico14. La lezione ἐν Κασάνδρᾳ compare come aggiunta secondaria soltanto in alcuni testimoni manoscritti; le citazioni da Sofocle e Licofrone si trovano in una condizione di sostanziale allineamento tematico e condivisione lessicale; ciò è ulteriormente rimarcato dalla (quasi) perfetta sovrapposizione omografica tra δάφνην (δάφνη nel testimone R2) φαγὼν sofocleo e δαφνηφάγων (δάφνην φαγὼν nel testimone T) licofroneo; alla medesima soluzione, ancora, approda la proposta di emendazione formale congetturata da Tucker per ovviare a presunte irregolarità nell’andamento prosodico e metrico di una citazione il cui ductus franto, insieme ad alcune peculiari scelte lessicali, parrebbe attribuire il verso in essa contenuto più a un dramma satiresco che a una tragedia: “δάφνην φαγὼν ὀδόντι πρῖε τὸ στόµα. If this were from a satyric play both φαγὼν and the jerky rhythm might pass muster. But preferable seems δαφνηφάγῳ δ` ὀδόντι πριἐτω στόµα” [Tucker 1904, 246]; il titolo Cassandra, in ultimo, è testimoniato come variante alternativa per la composizione nota come l’Alessandra di Licofrone, un dato da cui potrebbe dipendere l’eventuale fraintendimento nella collocazione del riferimento da parte del compilatore dello scolio.

Se la relazione d’interdipendenza lessicale tra le citazioni da Sofocle e Licofrone mette in dubbio l’esistenza di una tragedia di cui è impossibile ricostruire l’argomento e in cui il personaggio della veggente figurerebbe non soltanto come dramatis persona ma anche come verosimile protagonista titolare, il medesimo rapporto costituisce forse la prova più efficace per riferire comunque il verso sofocleo in questione alla figura della profetessa, cui si addice l’impianto lessicale, tematico e semantico del frammento, come di seguito argomentato.

Entrambe le soluzioni di emendazione congetturale proposte non alterano la sostanza del verso, un’imperiosa richiesta espressa all’imperativo da un interlocutore anonimo nei confronti della veggente, da ipotizzarsi destinataria dunque in condizioni di plausibile praesentia scaenica. L’oggetto del comando, il mordersi le labbra,

costituisce un rilevante correlativo fisico e agito che richiama l’ordine di tacere impartito a Cassandra dal coro di vecchi Argivi a seguito delle sue empie dichiarazioni, in linea con il suo status di profetessa di sventure, inascoltata e non creduta:

Κα. Ἀγαµέµνονός σέ φηµ' ἐπόψεσθαι µόρον. | Χο. εὔφηµον, ὦ τάλαινα, κοίµησον στόµα,

Cassandra: Agamennone: io dico che tu vedrai la sua morte. | Coro: Zitta, infelice, fa’ tacere quella tua bocca!

[Ag. 1246-1247 West; trad. Centanni] A una prima lettura, ancora, la pratica di mangiare l’alloro si presterebbe a essere interpretata come riferimento a una forma di divinazione ‘tecnica’, compiuta mediante operazioni e tramite il ricorso a strumenti - nel caso specifico, di tipo alimentare - estranei ed esterni alla persona fisica del chiaroveggente15. Ciò risulterebbe insolito rispetto a Cassandra - un personaggio cui la tradizione ascrive la capacità di produrre responsi oracolari a seguito di ispirazione mantica non mediata, che procede direttamente da parte del dio - e più prossimo, invece, ad altre figure profetiche apollinee quali la Pizia o le Sibille16.

Una proposta di risoluzione per quest’apparente discrepanza è tentativamente avanzata nello scolio all’Alessandra di Licofrone che glossa il corrispondente luogo testuale: δαφνηφάγων· εἰώθασιν οἱ µάντεις δάφνας προεσθίειν. […] οἱ µάντεις δάφνας ἐσθίοντες ἐµαντεύοντο ἵνα τῇ ὀπωπῇ καὶ τῇ ὀσφρήσει γαννύµενος ὁ θεὸς ἀντιδίδωσιν αὐτοῖς τὰς θεοπροπίας χαίρων. […] Ἀπόλλων δὲ συνείρας στέφανον ἐκ τῶν τοῦ φυτοῦ φύλλων ἐστεφανώσατο διὰ τὸν τῆς ὁµωνυµίας κόρης ἔρωτα ὅθεν καὶ τὰ ἐν τῷ ναῷ τοῦ Ἀπόλλωνος στέµµατα ἀπὸ δάφνης ἦσαν κατεσκευασµένα. […] τὸ δ' ἀληθὲς οὕτως ἔχει· οἱ

15 Sull’argomento, ex all. Graf 2009.

χρησµολόγοι καὶ µάντεις στεφάνους δάφνης φοροῦντες ὡς ἀειθαλοῦς ὄντος τοῦ φυτοῦ καὶ ἀλεξικάκου […] καὶ οὕτω διατρεφόµενοι εἰς τὸν µῦθον ἐτέθησαν ὅτι δαφνηφάγοι εἰσὶν ἤτοι ἐκ τοῦ στεφανοῦσθαι δάφνῃ, “mangia-alloro”: era costume dei veggenti mangiare prima dell’alloro … nutritisi di alloro, i veggenti profetavano cosicché il dio, godendone alla vista e all’olfatto, donava a questi le profezie quale contraccambio … Apollo, intrecciata una ghirlanda di foglie della pianta [scil. di alloro], si incoronò per amore della ragazza che portava lo stesso nome; da ciò nel tempio di Apollo furono allestite ghirlande di alloro … La verità è questa: gli oracoli e i veggenti sono soliti portare ghirlande di alloro, poiché la pianta è sempreverde e tiene lontani i mali … così si fissò nel mito che i veggenti fossero mangiatori d’alloro.

[Σ Lyc., Alex. 6 Scheer 1958] La spiegazione offerta dall’anonimo commentatore interpreta il “mangiare alloro” in termini traslati, quale metafora originata dall’uso, per profeti e veggenti di Apollo, di indossare ghirlande di alloro, un costume la cui eziologia è fatta risalire alla vicenda mitica che contrappone il dio a Dafne, e alla metamorfosi della ninfa nell’omonimo arbusto.

La fisica relazione che intercorre tra Cassandra e l’alloro, da cui il ritratto della veggente incoronata che emerge in controluce al passaggio sottoposto ad analisi, è corroborata da altri loci tragici euripidei. Se, come si argomenterà più diffusamente in seguito, nelle Troiane la natura tessile ovvero vegetale della ghirlanda richiesta da Cassandra a Ecuba non è specificata – Κα. µῆτερ, πύκαζε κρᾶτ' ἐµὸν νικηφόρον, “Cassandra: Madre, incorona il mio capo vittorioso” [Tr. 353 Diggle] – , in questa sede si propone quale stringente confronto la menzione della profetessa, pur in absentia scaenica, presente nell’Ifigenia in Aulide (primo allestimento 403 a.C.):

Χο. ἥξει δὴ Σιµόεντα καὶ δίνας ἀργυροειδεῖς ἄγυρις Ἑλλάνων στρατιᾶς ἀνά τε ναυσὶν καὶ σὺν ὅπλοις Ἴλιον ἐς τὸ Τροίας Φοιβήιον δάπεδον, τὰν Κασσάνδραν ἵν' ἀκούω ῥίπτειν ξανθοὺς πλοκάµους χλωροκόµωι στεφάνωι δάφνας κοσµηθεῖσαν, ὅταν θεοῦ µαντόσυνοι πνεύσωσ' ἀνάγκαι,

Coro: Giungerà fino ai vortici rapidi e argentei del Simoenta tutta l’armata greca, con navi e armi a Ilio, sul suolo apollineo di Troia, là dove ho sentito dire che Cassandra agita i biondi capelli, ornata di una verdeggiante, appena cimata corona di alloro, quando spirano i profetici destini del dio.

[IA 751-761 Diggle] L’immagine della veggente che, in preda all’ispirazione mantica, scuote i capelli e agita il capo adorna di una corona di freschi germogli d’alloro compone elementi pienamente apollinei assommati a uno schema gestuale che rimanda piuttosto alla sfera menadica e dionisiaca, come è possibile verificare dai confronti che seguono, tratti dalle Baccanti euripidee: Χο. ...] ὁ Βακχεὺς [...] τρυφερόν <τε> πλόκαµον εἰς αἰθέρα ῥίπτων, “Bacco … getta le molli chiome al vento” [Ba. 145-150 Diggle]; Πε. λέγουσι δ' ὥς τις εἰσελήλυθε ξένος, [...] ξανθοῖσι βοστρύχοισιν εὔοσµος κόµην, [...] παύσω κτυποῦντα θύρσον ἀνασείοντά τε κόµας, τράχηλον σώµατος χωρὶς τεµών, “Penteo: Dicono sia arrivato uno straniero … una chioma profumata di riccioli biondi … gli farò smettere di battere il tirso e di scuotere i capelli, tagliandogli la gola, spiccando la testa via dal corpo” [Ba. 233-241 Diggle].

Il passaggio in questione, ancora, si carica di connotazioni pienamente apollinee non soltanto in riferimento allo specifico attributo della ghirlanda d’alloro, ma anche in rapporto alla peculiare denominazione adoperata per la regione troiana. La soluzione lessicale adoperata, infatti, consente di intendere il sintagma Φοιβήιον δάπεδον non soltanto in termini geografici generici, ma anche e più specificamente in rapporto a spazi specifici – pertinenti a un santuario dedicato ad Apollo – dove la veggente eserciterebbe la propria pratica mantica e divinatoria. Il termine δάπεδον occorre a proposito degli ambienti templari luogo dell’oracolo di Delfi nell’Oreste di Euripide [Or. 330 Diggle], e in maniera analoga il sintagma Φοίβου πέδον è attestato in vatiatione nell’Ifigenia in Tauride [IT 972 Diggle].

A conclusione, in tal senso la triangolazione fra Apollo, la pratica divinatoria e la pianta d’alloro passerebbe non già per l’ingerimento del vegetale, bensì per un suo impiego come elemento costitutivo di un sacro apparato da indossare, insieme con altri paramenti e attributi, una soluzione dai risvolti scenici concreti tanto potenziali quanto comprovati dalla restante drammaturgia tragica, come si vedrà. Emerge anche

in questo caso, come già per l’Aiace Locrese sopra discusso, il motivo di Cassandra inghirlandata d’alloro, da cui la conseguente, possibile sovrapposizione tra questo personaggio e altre figure consacrate e sacerdotali apollinee, in primis la Pizia di Delfi, una caratterizzazione ulteriormente approfondita dall’operazione euripidea realizzata sul personaggio nell’Alessandro, da ciò che è possibile ricostruire sulla base dei frammenti di tradizione diretta e indiretta riferiti alla tragedia.