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I sogni di Galeotto Redazione breve e redazione lunga

Nel documento Studi sul Lancelot en prose (pagine 56-60)

II. et commence Galehaut

II.2. I sogni di Galeotto Redazione breve e redazione lunga

Di fronte all'insistenza di Lancillotto, Galeotto gli rivela le spaventose visioni arrivategli in sogno e confessa la smoderata ambizione che lo ha portato a conquistare moltissimi regni. All'arrivo in Sorelois, regno del gigante, egli vede i suoi castelli venir giù, uno dopo l'altro. Davanti a tanti funesti presagi, Lancillotto riesce solo in parte a confortare l'amico, che chiederà il consiglio dei saggi chierici. Grazie alle loro rivelazioni e in particolare alla sapienza di Elia di Tolosa, Galeotto comprenderà il significato dei suoi sogni e verrà a conoscenza della causa e dell'ora della propria morte.

La tradizione si ricompatta a partire dal racconto dei sogni di Galeotto all'amico (Micha II, § 9); ciò nonostante, rimangono percepibili, e in alcuni casi assai rilevanti, le differenze tra i testimoni delle due redazioni. Confrontiamo in questa sezione i manoscritti BnF fr. 1430, Rennes BM 255, BnF fr. 344, Cambridge CC45 (per il quale, MICHA, vol. I), BnF fr. 752 (per il quale, MOSÈS), tra i più antichi testimoni della redazione lunga; e BL Add. 10293 (per il quale, SOMMER, vol. IV) e Bonn BU 527 (per il quale, POIRION- WALTER, vol. II) per la redazione breve.

II.2.1. Errore

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redazione lunga redazione breve

fr. 1430, fr. 752, Cambridge e fr. 344:

Lors se drece il meismes et va a l'uis de la chanbre qui estoit blans et freis. Si a fet XLV roeles de charbon et chascune fu de la grandece a un denier et desus out escrit la senefiance des anz

Add. 10292, Bonn, Grenoble e fr. 16999: Lors se drece li maistres

meismes et [s]'en vint a l'uis de la capele et commande a celui qui le garde qu'il li aport plain son poing de carbons estains et cil si fist. Et quant il furent uenu si 16 Micha 1964[2], p. 505.

vint li maistres a l'uis de la chapele, si le ferme et puis [s]'en vint al mur de la chapele qui moult estoit blans, si escrit des carbons .XLV. roeles et dessus escrit la senefiance des ans

Si tratta di un errore congiuntivo dei manoscritti della redazione lunga: non è l'uscio ad essere bianco e fresco, ma il muro, sul quale il maestro Elia disegna gli anni, i mesi e le settimane; il movimento verso l'uscio, inoltre, si spiega solo con la necessità di chiamare il guardiano della capella perché porti il carbone. L'errore può essere dovuto ad un saut du même au même da “l'uis de la chapele” a “al mur de la chapele”.

II.2.2. Il serpente e la regina

(2)

fr. 1430: Si venoit la reine hors d'une

chanbre en guise del gregnor serpent que ie onques veisse

Cambridge: si venoit hors de la

chambre la roine un serpent, le greignor don je onques euisse oï parler

fr. 752: si venoit hors de la chambre la

roine une serpent, la greignor dont je onques oisse parlier

Rennes: si venoit hors de la chambre

uns serpenz le greignor dont ge onqes oisse parler

Come Add. 10293 e Bonn.

Galeotto racconta il suo sogno a Lancillotto: l'identificazione tra Ginevra e il serpente – al femminile, nel fr. 752– è suggerita nei testimoni della redazione lunga, e resa esplicita nel fr. 1430; mentre manca nella redazione breve.

Questo passaggio andrà letto insieme alla spiegazione del sogno da parte del maestro Petrone: i due dragoni17 sono Artù e Galeotto stesso, come è stato chiarito dagli

altri chierici; il leopardo è colui che assicurò la pace tra Artù e Galeotto, il miglior cavaliere del mondo, figlio del re morto di dolore; il serpente, infine, è la regina, o una delle sue dame, che tolse al principe delle Isole Lontane la metà di se stesso.

I manoscritti divergono in quest'ultimo passaggio.

(3)

17 Per la variante “dragon” (breve) contro “lion” (lunga), dove la lezione della redazione breve mantiene la coerenza interna del racconto, vd. Punzi 2014.

Capitolo terzo. La tradizione manoscritta

Cambridge: Et sachiés que li serpens

est la roine, ou dame ou damoisele qui entor la roine converse

fr. 752: sachiez que la serpent est roine

des dames ou des damoiselles qui entor la roine sunt; itant vos di que plus n'en sai

fr. 344: sachiez que la serpent est la

reine des dames et des damoiseles qui entor li sont

Rennes: et sachiez qe la serpent est une

des dames qui entor la reine sunt

Add. 10293: Et sachies bien que une

damoisele ou une dame qui avec la royne demeure est li serpens

Bonn: Et saciés bien que li serpens est

une des dames ou des damoiseles qui en la cour la roine sont

fr. 1430: et sachoiz que la serpent est

dame ou damoisele qui entor la reine converse

Nella redazione lunga è chiara l'identificazione tra il serpente e la regina, anche in questo passaggio; ma nei testimoni della redazione breve, ai quali si avvicina in questo caso fr. 1430, il serpente è una delle damigelle della regina. Il riferimento al seguito di Ginevra compare anche nella redazione lunga, in un giro logico alquanto bizzarro: il serpente è la regina delle dame e delle damigelle che sono intorno a lei.

La lezione che offre una lettura più agevole è quella del ms. di Cambridge; ma a partire dalla varia lectio sarà più prudente non considerare nessuna delle lezioni certamente erronea.

II.2.3. Religione e morale

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fr. 752: quant l'en velt a un home sa

place mediciner, l'en ne li doit pas atorner [soef] si com il voldroit, mais si [aprement] com la guerison le requiert: car de l' aprece vient la garisons et de la volenté la seurseneure

344: om.

Add. 10293 e Rennes: quant il

convient .I. homme medeciner sa plaie, on ne li doit pas atourner si souavet comme il voldroit, mais si asprement que li maistres set que mestiers est, ne on ne doit pas faire a sa char toute sa volenté, car elle ne demande se l'aise non; ains li doit on faire si comme la garison le requiert, car de l'aspreté vient la garisons et de l'aise la sorsaneure

La menzione della carne, che fomenta pulsioni negative, si trova solo nella redazione breve, una forma di amplificatio di quanto detto nella lunga.

fr. 1430 e Cambridge: nos trovon lisant

qu'en la terre d'Escoce ot une dame

fr. 752: nos trovons lisant qu'en la terre

de Toscane [...]

fr. 344, (c. 283r): nos trovons lissant en

aucun leu q'en la terre de Tosqenne ot une dame

fr. 16999 (c.161ra): nous trouvons en la

terre d'Orcanie

Add. 10293: nous trouvons en I livre

qu'on apele La Vie des Peres qu'en la terre de Toscane [...]

Bonn (Poiron, p. 981): nous trouvons en

un livre que on apele Vitas Patrum que en la terre de Toscane ot jadis une dame

Elia di Tolosa ha buone ragioni per non rivelare a Galeotto il giorno della sua morte; come è accaduto ad una dama di cui racconta la storia, conoscere il termine della vita può portare a dimenticare la salvezza dell'anima a causa della sventura promessa al corpo. Il racconto della dama, secondo la redazione breve, è tratto dalla Vie des Peres. Ci si riferisce probabilmente alla Vie des Anciens Peres18, che raccoglie racconti devoti, in parte

provenienti dalle Vitae Patrum, insieme di storie e citazioni attribuite ai Padri del Deserto e traduzioni latine di opere greche anteriori19. Tra i racconti che fanno parte della Vie des

Anciens Peres, solo la vita dell'egiziana Thaïs potrebbe essere alla base del racconti del maestro Elia.

Thaïs è una bellissima dama che rincorre agi e ricchezze attraverso l'amore: “Clerc, chevalier, borjois, vallet, / onkes ne fu li hons si let, / s'il li dona, k'il en eüst / de cele part qui li pleust” (vv. 2239-2242)20; la sua vita è riassunta nella formula, quasi detto

misogino, “Tant dure amors com argens dure, / que d'autre amor n'a feme cure” (vv. 2265- 2266). Scossa dalle parole di un'eremita, cambia radicalmente il suo agire e si ritira nei boschi; nonostante qualche momento di esitazione, Thaïs seguita la penitenza fino alla fine dei suoi giorni e sarà accolta nei cieli. La morte le era stata annunciata il giorno prima dall'eremita, che ne aveva appreso l'ora attraverso un viaggio mistico negli inferi e in paradiso.

Il nodo centrale della storia evocata dal maestro Elia a Galeotto, ovvero la conoscenza del termine della vita come causa di smarrimento21, non si trova nella vita

dell'egiziana Thaïs, così come i riferimenti geografici, seppur diversi nella varia lectio. Per 18 Edizione Lecoy 1987-1999.

19 Il testo delle Vitae Patrum si può leggere nella Patrologia latina di Migne (tomo 73 e 74), che riproduce l'edizione di Rosweyde del XVII secolo.

20 Edizione Lecoy 1987, vol. 1, p. 74.

21 “Quant elle ot oi le jor de sa mort, si [l'en trenbla] la chars et s'esfroia et ot poor si grant qu'ele entroblia le salvement de s'ame por le domage del cors, car elle folaia par feblece de desesperance: si se mist li diables en lui si tost corn la poors de la char li fist oblicr le salvement de l'esperit”, MOSÈS, p. 150.

Capitolo terzo. La tradizione manoscritta

il resto, la corrispondenza è puntuale: una ricca dama che conduce una “fole vie”; l'eremita che la convince al pentimento; la visione dell'eremita della morte della dama; e la santa morte.

La vita di Thaïs si legge anche nella redazione in prosa della Vie des Anciens Peres composta per Bianca di Navarra, contessa di Champagne († 1229)22, ma in una

redazione che presenta meno somiglianze con la storia raccontata dal maestro Elia: l'eremita è sostituito dall'abate Panuces, che chiede consiglio a Sant Antonio, e al posto di un eremitaggio Thaïs vivrà in un monastero; soprattutto, manca la visione che annuncia la morte della peccatrice penitente.

Nel documento Studi sul Lancelot en prose (pagine 56-60)