6. SVILUPPO DEL MODELLO
6.4. SOLARE TERMICO
Gli impianti solari termici sono rappresentati dai dispositivi di conversione dell’energia solare in energia termica attraverso il riscaldamento di acqua, o altri fluidi di processo. L’attuale impiego prevalente è senz’altro legato alla produzione di acqua calda sanitaria, ma risultano in progressiva diffusione le applicazioni degli impianti solari termici per il settore del riscaldamento degli ambienti e della produzione di energia termica da utilizzare in macchine ad assorbimento per la produzione di freddo. La modalità di funzionamento prevede la presenza di un collettore che, riscaldato dalla radiazione solare, trasferisce il calore al fluido che circola al suo interno. Il fluido convoglia il calore direttamente alle utenze oppure lo fa passare attraverso sistemi di accumulo.
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Fig. 6.3 Collettore solare piano
Esistono diversi tipi di collettori solari; la scelta della tipologia dipende essenzialmente dalla temperatura operativa del fluido richiesta e dalle caratteristiche dell’utenza. Nelle applicazioni residenziali il tipo di collettore più utilizzato è l’FPC (Flat Plate
Collector), ovvero il collettore piano. I collettori vetrati piani sono essenzialmente costituiti
da una copertura in vetro, una piastra captante (assorbitore) isolata termicamente nella parte inferiore e lateralmente, il tutto contenuto all'interno di una cassa metallica. La radiazione solare penetra attraverso la copertura vetrata e colpisce la piastra captante sottostante. La superficie della piastra è opportunatamente trattata in modo da essere selettiva rispetto al tipo di radiazione; essa infatti presenta un’elevata assorbanza in corrispondenza della luce visibile proveniente dal Sole e una bassa emissività alla radiazione infrarossa generata dal riscaldamento della piastra. Sul retro dell’assorbitore, viene fatta passare una serpentina di rame che trasmette il calore raccolto al fluido termovettore (acqua) che scorre al suo interno.
Radiazione solare incidente: modello di distribuzione isotropica della radiazione diffusa
Per descrivere e modellare il funzionamento di un collettore solare piano è necessario conoscere e quantificare la radiazione solare che incide su una superficie
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arbitrariamente orientata. La radiazione solare che raggiunge la superficie terrestre si distingue in tre principali componenti:
• 𝐼𝑑 : radiazione diretta (colpisce la superficie con un determinato angolo), • 𝐼𝐷 : radiazione diffusa (colpisce la superficie con angoli diversi),
• 𝐼𝑟 : radiazione riflessa (riflessa dalle superfici circostanti).
Sarà possibile, dunque, esprimere la potenza totale incidente su una superficie arbitrariamente orientata, come la somma di questi tre contributi:
𝐼𝑡𝑜𝑡 = 𝐼𝑑+ 𝐼𝐷+ 𝐼𝑟
La porzione di radiazione diretta, diffusa e riflessa ricevuta da una superficie dipendono principalmente dalle condizioni meteorologiche, dall’inclinazione ed orientamento della superficie e dalla presenza di elementi riflettenti. Secondo quanto teorizzato da Hottel e Woertz prima, e successivamente sviluppato da Liu e Jordan, la radiazione diffusa e quella riflessa possono essere considerate entrambe isotropiche, ovvero indipendenti dall’orientazione della superficie nei confronti della volta celeste.
Radiazione diretta
𝐼𝑑 = 𝐼𝑑𝑂𝑅𝑑 = 𝐼𝑑𝑂
cos 𝜃 sin 𝛼
La radiazione diretta è quindi data dal prodotto tra 𝐼𝑑𝑂, ovvero la radiazione diretta
incidente sul piano orizzontale, e 𝑅𝑑 il fattore di inclinazione della radiazione diretta. Quest’ultimo è dato dal rapporto di funzioni trigonometriche di due angoli particolarmente significativi.
L’angolo 𝜃 è l’angolo di incidenza ed è legato alla particolare orientazione della superficie captante rispetto alla direzione della radiazione solare diretta. Tale parametro mette in relazione la potenza solare totale con quella effettivamente incidente sulla superficie considerata e dipende da altri angoli caratteristici.
cos 𝜃 = sin 𝛿 (sin 𝜑 cos 𝑖 − cos 𝜑 sin 𝑖 cos 𝛾)
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L’angolo 𝛼 è l’altezza solare ed è compreso tra la direzione dei raggi solari e il piano orizzontale, risultando completamente indipendente dall’orientazione della superficie.
sin 𝛼 = sin 𝜑 sin 𝛿 + cos 𝜑 cos 𝛿 cos 𝜔 Angoli caratteristici della località e del tempo:
• Latitudine 𝜑, è l’angolo che la retta passante per la località in esame e il centro della terra forma con il piano dell’equatore;
• Declinazione solare 𝛿, è l’angolo compreso tra la direzione dei raggi solari a mezzogiorno e lo zenit sull’equatore, si ricava con la seguente relazione detta
formula di Cooper:
𝛿 = 23,45 sin (360 ∗ (284 + 𝑛) 365 )
in cui il parametro 𝑛 è il giorno progressivo dell’anno, assumendo quindi valori da 1 a 365;
• Angolo orario 𝜔, caratterizza la distanza angolare tra il sole e la sua posizione a mezzogiorno lungo la sua traiettoria apparente sulla volta celeste;
𝜔 = 15° (12 − ℎ) Angoli caratteristici dell’orientazione della superficie:
• Tilt 𝑖, è l’angolo compreso tra la superficie ricettrice e il piano orizzontale;
• Azimut 𝛾, è l’angolo individuato dalla normale alla superficie captante e l’asse nord- sud;
Radiazione diffusa
𝐼𝐷 = 𝐼𝐷𝑆𝑅𝐷 = 𝐼𝐷𝑂1 + cos 𝑖 2
Nella precedente espressione si identificano i seguenti termini: 𝐼𝐷𝑂 è la radiazione
diffusa captata da una superficie orizzontale al terreno, 𝑅𝐷 è il fattore di inclinazione della radiazione diffusa e coincide con il fattore di vista con la volta celeste, 𝑖 è l’angolo di tilt ovvero l’inclinazione tra la superficie ricevente e il piano orizzontale.
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Radiazione riflessa
𝐼𝑟 = (𝐼𝑑𝑂 + 𝐼𝐷𝑂)𝑅𝑟 = (𝐼𝑑𝑂 + 𝐼𝐷𝑂) 𝑟 1 − cos 𝑖 2
La componente riflessa si ottiene, invece, a partire dai valori della radiazione diretta e diffusa incidenti sul piano orizzontale, considerando 𝑟 ovvero il coefficiente di riflessione, caratteristico del materiale che riflette la radiazione e della sua rugosità superficiale, e il fattore di vista (1 − cos 𝑖)/2 con il terreno.
Modello pannelli solari termici
Analizzate in dettaglio le componenti della radiazione incidente su una generica superficie è possibile valutare l’energia termica utile, intesa come potenza assorbita dal fluido termovettore nel time-step considerato, fornita dal collettore solare termico.
𝑄𝑆𝑇(ℎ) = [𝜂𝑆𝑇 (𝑛𝑆𝑇 𝐴𝑆𝑇) 𝐼𝑡𝑜𝑡(ℎ)] ∆𝑡
Nell’espressione precedente, 𝐴𝑆𝑇 rappresenta la superficie del singolo collettore solare termico mentre 𝑛𝑆𝑇 è il numero di collettori solari installati. Nella presente trattazione i valori considerati per questi due parametri sono rispettivamente 3 m2 e 10, ovvero la superficie captante totale risulta pari a 30 m2. Il rendimento istantaneo di un collettore solare 𝜂𝑆𝑇 può essere definito come il rapporto tra la potenza termica ceduta all’acqua e la radiazione termica captata dalla superficie assorbente del collettore.
𝜂𝑆𝑇(ℎ) =
𝑄𝑆𝑇(ℎ) 𝐼𝑡𝑜𝑡(ℎ) 𝐴𝑆𝑇
= 𝐹𝑅{(< 𝜏𝛼 >)𝑛[1 − 𝑏0( 1
cos 𝜃 (ℎ)− 1)] − 𝑈𝐿(𝑇𝑆𝑇𝑖𝑛(ℎ) − 𝑇𝑒𝑥𝑡(ℎ))}
Nella precedente relazione si definiscono i seguenti termini:
(< 𝜏𝛼 >)𝑛 è la media pesata sulle potenze radianti (diretta, diffusa e riflessa) del prodotto tra il coefficiente di assorbimento 𝛼 e il coefficiente di trasmissione 𝜏; 𝑏0 è il coefficiente di modifica dell’angolo di incidenza della radiazione solare e tiene
conto degli effetti che la copertura vetrata del collettore produce sulla radiazione, considerando la copertura a vetro singolo, tipica della maggior parte delle
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applicazioni civili e residenziali, è possibile considerare un valore di 0.1 per questo coefficiente;
𝑈𝐿 è il coefficiente di perdita frontale dei collettori solari termici ed è pari a 5 𝑊 𝑚⁄ 2𝐾;
𝑇 𝑆𝑇 𝑖𝑛 è la temperatura con la quale il fluido termovettore entra nella serpentina
posta nella piastra captante del pannello; nei casi considerati questa temperatura è data da quella dell’accumulo collegato al solare termico incrementata di 5 °C;
𝑇 𝑆𝑇 𝑖𝑛(ℎ) = 𝑇 𝑇𝑆(ℎ) + 5
𝐹𝑅 è il fattore di rimozione termica espresso come il rapporto tra la potenza termica utile e quella che si otterrebbe se la piastra fosse tutta alla temperatura 𝑇𝑆𝑇𝑖𝑛.
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7. RISULTATI E COMMENTI
Nella parte che segue si riportano i risultati delle simulazioni effettuate sulla base dei modelli illustrati precedentemente. In modo particolare, si fa riferimento alla configurazione impiantistica proposta (layout 4) conducendo un’analisi di sensitività su alcuni parametri del modello. I risultati ottenuti, in termini di energia primaria non rinnovabile utilizzata, verranno successivamente confrontati con quelli delle altre configurazioni. I parametri oggetto dell’analisi di sensitività del modello sono:
il volume degli accumuli;
le taglie delle pompe di calore asservite agli accumuli;
le temperature di set-point dell’accumulo ‘freddo’ in configurazione invernale.
Considerati i layout a confronto, questi utilizzano vettori energetici diversi per il soddisfacimento delle richieste di energia termica dell’utenza. Al fine di confrontare le diverse soluzioni impiantistiche e valutarne i potenziali risparmi in termini di energia utilizzata a parità di servizi forniti all’utenza, sarà necessario utilizzare un parametro che tenga in considerazione ciò che succede dal punto di prelievo dell’energia alle fonti fino al punto di consegna all’impianto. Questo parametro di confronto prende il nome di energia primaria, cioè energia che non ha ancora subito alcun processo di trasformazione e conversione. L’energia primaria si divide in due tipologie fondamentali:
l’energia primaria rinnovabile (radiazione solare, vento, ecc); l’energia primaria non rinnovabile (combustibili fossili).
la somma di queste costituisce l’energia primaria totale. Si riporta di seguito una tabella con i fattori di conversione di una serie di vettori energetici attualmente utilizzati.
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La presente trattazione confronta le diverse soluzioni impiantistiche proposte in termini di energia primaria non rinnovabile. La funzione obiettivo, che dovrà quindi essere minimizzata, è proprio l’energia primaria non rinnovabile utilizzata dall’impianto per soddisfare i fabbisogni termici dell’utenza. L’analisi di sensitività condotta permetterà, dunque, di individuare i parametri più opportuni per ottenere i maggiori risparmi rispetto alle configurazioni di benchmark proposte. Si riportano di seguito i valori, o in alcuni casi, i range di valori utilizzati nella suddetta analisi.
Parametri Valori considerati
VTS1 da 3 a 50 m3
VTS2 5 – 6 – 7 m3
PHPs 25 – 30 – 35 kW
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I risultati ottenuti fanno riferimento a due diverse gestioni del set-point dell’accumulo ‘freddo’ per la stagione invernale. La prima prende il nome di seasonal set-
point control e considera un set-point fisso per tutta la stagione, in modo da evidenziare gli
effetti di questo parametro sulla gestione del sistema. La seconda, invece, determina, settimana per settimana, un valore della temperatura di set-point che consenta al sistema di generazione di lavorare nelle migliori condizioni di efficienza. La gestione prende il nome di dynamic set-point control. I seguenti risultati fanno riferimento alla gestione a set-point settimanale dell’accumulo ‘freddo’.
Effetti della taglia delle pompe di calore e delle temperature di set-point dell’accumulo ‘freddo’, al variare della taglia di quest’ultimo
Si riporta, per tre valori di temperatura di set-point dell’accumulo ‘freddo’, l’andamento dell’energia primaria non rinnovabile impiegata. Il grafico di seguito vuole mettere in evidenza, fissata la taglia delle pompe di calore e dell’accumulo ‘caldo’, come la temperatura di set-point stagionale influenzi i consumi di energia primaria dell’impianto in funzione della taglia dell’accumulo.
Fig. 7.1 Effetti del set-point e della taglia dell'accumulo 'freddo' nel caso in cui la taglia termica delle PdC è di 25 kW
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 8.45 8.5 8.55 8.6 8.65 8.7 8.75 8.8 8.85x 10 4 V TS1 k W h VTS2 = 5 m3 - PHP2-HP3 = 25 kW Tset TS1 = 15 °C T set TS1 = 25 °C Tset TS1 = 35 °C
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Si evidenzia come, al variare della taglia di accumulo, il sistema raggiunge la condizione di minima energia primaria non rinnovabile per temperature di set-point diverse. In particolare, tenendo la temperatura dell’accumulo su un set-point alto, la taglia che minimizza la funzione obiettivo ricade nel range 10-30 m3. I costi, in termini di energia termica dispersa dall’accumulo, per una gestione a temperature elevate fanno infatti propendere per piccole taglie. Una gestione a temperature più basse richiederebbe, invece, volumi di accumulo maggiori affinché il sistema venga esercito al minimo dell’energia primaria. Si vede come una temperatura di set-point stagionale intorno ai 25 °C permetta il raggiungimento del minimo all’interno dell’intervallo di taglie scelto (3:50 m3), mentre per valori intorno ai 15 °C il minimo verrà raggiunto al di fuori di tale intervallo.
Verranno di seguito riportati i risultati, in termini di energia primaria non rinnovabile utilizzata, al variare delle temperature di set-point dell’accumulo ‘freddo’ per i casi in cui la taglia termica delle pompe di calore sia rispettivamente di 30 kW e 35 kW.
Fig. 7.2 Effetti del set-point e della taglia dell'accumulo 'freddo' nel caso in cui la taglia termica delle PdC è di 30 kW
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 8.5 8.55 8.6 8.65 8.7 8.75 8.8 8.85 8.9x 10 4 VTS1 k W h VTS2 = 5 m3 - PHP2-HP3 = 30 kW Tset TS1 = 15 °C Tset TS1 = 25 °C Tset TS1 = 35 °C
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Fig. 7.3 Effetti del set-point e della taglia dell'accumulo 'freddo' nel caso in cui la taglia termica delle PdC è di 35 kW
Si evidenzia come, al variare della taglia termica delle pompe di calore collegate agli accumuli, cambino gli andamenti delle curve dell’energia primaria non rinnovabile. In particolar modo, la pendenza del tratto finale diminuisce all’aumentare della taglia delle pompe. Ciò mette in luce come, in questi casi, minimizzare la funzione obiettivo comporti una scelta di taglie di accumulo che si sposta verso volumi maggiori.
In generale, si ottengono maggiori vantaggi in termini di utilizzo di energia primaria scegliendo pompe di calore di piccola taglia. Ciò emerge chiaramente dalla figura successiva che mostra, fissata la temperatura di set-point per l’accumulo ‘freddo’, gli effetti sull’energia primaria della taglia delle pompe di calore.
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 8.5 8.55 8.6 8.65 8.7 8.75 8.8 8.85 8.9 8.95x 10 4 VTS1 k W h VTS2 = 5 m3 - PHP2-HP3 = 35 kW Tset TS1 = 15 °C Tset TS1 = 25 °C Tset TS1 = 35 °C
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Fig. 7.4 Effetti della taglia delle PdC nel caso in cui la temperatura di set-point dell'accumulo 'freddo' sia 25°C
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 8.4 8.45 8.5 8.55 8.6 8.65 8.7 8.75 8.8x 10 4 VTS1 k W h VTS2 = 5 m3 - Tset TS1 = 25 °C PHPs = 25 kW PHPs = 30 kW PHPs = 35 kW
91 Effetti della taglia dell’accumulo ‘caldo’
Per quanto riguarda l’accumulo ‘caldo’, è facile intuire come taglie grandi risultino poco convenienti per una gestione del sistema che si ponga come obiettivo quello di minimizzare l’energia primaria utilizzata. Di seguito si riporta l’andamento di quest’ultima al variare del volume dell’accumulo ‘freddo’ per tre diverse taglie dell’accumulo ‘caldo’. Si imposta per il serbatoio ‘freddo’ una temperatura di set-point intermedia, pari a 25°C.
Fig. 7.5 Effetti della taglia dell’accumulo ‘caldo’
Si evidenzia, quindi, come grandi volumi di accumulo risultino poco convenienti nell’ottica di minimizzare la funzione obiettivo della trattazione. Ciò è sicuramente dovuto alla maggiori perdite termiche che un serbatoio più grande, a parità di temperature di esercizio, garantisce rispetto ad uno più piccolo. Questo concetto è tanto più vero quanto maggiori siano le temperature di stoccaggio dell’energia termica nell’accumulo in questione. 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 8.45 8.5 8.55 8.6 8.65 8.7 8.75 8.8x 10 4 VTS1 k W h PHPs = 25 kW - Tset TS1 = 25 °C VTS2 = 5 m3 VTS2 = 6 m3 VTS2 = 7 m3
92 Effetti delle temperature di set-point e della taglia dell’accumulo ‘freddo’ sull’energia primaria non rinnovabile impiegata per la produzione di ACS nella stagione invernale
Fig. 7.6 Effetti legati alle temperature di set-point e alla taglia dell’accumulo ‘freddo’ sull’energia primaria non rinnovabile impiegata per la produzione di ACS nella stagione invernale
La temperatura di set-point dell’accumulo, al pari della taglia, gioca un ruolo fondamentale nella gestione ottimizzata della configurazione proposta ed è direttamente correlata alle dispersioni termiche. Sebbene per taglie di accumulo ridotte sia conveniente una gestione a temperature di set-point intermedie, all’aumentare delle dimensioni risulterà preferibile settare l’accumulo su temperature più basse. Minimizzare l’energia primaria non rinnovabile utilizzata per la produzione di ACS nella stagione invernale significa scegliere un volume di accumulo più contenuto possibile gestito a temperature di set-point intorno ai 20-25°C. L’andamento delle curve mostrate risulta abbastanza lineare mettendo in evidenza come una gestione a temperature di set-point elevate, più onerosa in termini energetici, risulti molto influenzata dalla taglia dell’accumulo. Temperature di
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 2.7 2.75 2.8 2.85 2.9 2.95 3 3.05 3.1x 10 4 VTS1 k W h VTS2 = 5 m3 - PHPs = 25 kW Tset TS1 = 15 °C Tset TS1 = 25 °C Tset TS1 = 35 °C
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set-point più contenute, invece, comportano scarse variazioni in termini di energia primaria utilizzata al variare del volume di accumulo.
Effetto della taglia dell’accumulo ‘freddo’ sull’energia primaria non rinnovabile utilizzata nella stagione estiva
Per quanto riguarda, invece, la stagione estiva, la produzione di acqua calda sanitaria non è l’unico effetto utile prodotto dalla pompa di calore acqua/acqua interfacciata agli accumuli. Si ricorda infatti che il funzionamento in modalità polivalente, quando possibile, contribuisce al raffrescamento dei locali evitando l’utilizzo della pompa di calore reversibile dedicata. La figura seguente permette di evidenziare gli effetti in termini di energia primaria non rinnovabile utilizzata nel periodo estivo in funzione della taglia dell’accumulo freddo.
Fig. 7.7 Effetto della taglia dell’accumulo ‘freddo’ sull’energia primaria non rinnovabile utilizzata nella stagione estiva 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 2.3 2.35 2.4 2.45 2.5 2.55 2.6 2.65 2.7x 10 4 VTS1 k W h VTS2 = 5 m3 , PHPs = 25 kW
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In questo caso, per minimizzare la funzione obiettivo occorre massimizzare la taglia dell’accumulo ‘freddo’. Un accumulo di dimensioni maggiori consente, infatti, alla pompa di calore acqua/acqua di funzionare quasi sempre da polivalente, prelevando grandi quantità di energia termica senza subire grosse variazioni di temperatura. Sono proprio queste le condizioni che consentono di massimizzare il secondo effetto utile della polivalente, ovvero il soddisfacimento del carico di raffrescamento.
Scelta dei parametri di dimensionamento e di gestione
Se per quanto riguarda la taglia dell’accumulo ‘caldo’ e delle pompe di calore la scelta è abbastanza obbligata, per quanto riguarda, invece, la taglia e il set-point dell’accumulo ‘freddo’ sarà necessario effettuare delle opportune considerazioni per la scelta. Da un lato, per la stagione invernale, optare per un accumulo di piccole dimensioni significa minimizzare le dispersioni termiche, dall’altro lato, il funzionamento in modalità polivalente della pompa di calore acqua/acqua richiede grossi volumi di accumulo per massimizzare l’effetto utile all’evaporatore. Guardando quindi alle figure precedenti, la scelta più conveniente in termini puramente energetici sembrerebbe quella di optare per un accumulo di taglia medio-grande gestito ad un valore di set-point stagionale non troppo alto. Questa scelta, pur rappresentando la migliore soluzione per minimizzare i costi di gestione dell’impianto, presenta almeno due problematiche fondamentali:
Problemi di ingombro/installazione; Problemi di costo.
Si sceglie dunque di optare per una taglia di accumulo che rappresenti un buon compromesso tra una gestione del sistema che garantisca bassi consumi in termini di energia primaria e costi di acquisto non troppo elevati. Ad occhio, tale scelta ricade sul volume di 10 m3, questa potrebbe essere anche una taglia facilmente reperibile in termini commerciali. Effettuata la scelta della taglia, è possibile trovare il valore della temperatura di set-point stagionale che garantisca il minimo utilizzo di energia primaria non rinnovabile. Si ricorda che per l’accumulo ‘caldo’ e per le taglie delle pompe di calore sono stati scelti i valori minimi tra quelli analizzati, ovvero rispettivamente 5 m3 e 25 kW.
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Scelti tutti i parametri di dimensionamento, resta da definire la temperatura di set- point stagionale alla quale gestire l’accumulo ‘freddo’. La figura seguente mostra gli effetti di questo parametro sulla funzione obiettivo.
Fig. 7.8 Effetti legati alla temperatura stagionale di gestione dell'accumulo 'freddo'
Si sceglie, quindi, una temperatura di set-point stagionale di 20 °C in quanto consente di conseguire maggiori risparmi rispetto alla configurazione di benchmark (layout 3). 15 20 25 30 35 8.4 8.45 8.5 8.55 8.6 8.65 8.7x 10 4 Set-point TS1 k W h En primaria NR
96 Dynamic set-point : gestione settimanale del set-point dell’accumulo ‘freddo’
Come appena visto, analizzati gli effetti della temperatura di set-point sull’utilizzo di energia primaria non rinnovabile complessiva dell’impianto, sarà possibile individuare, una volta stabilita la taglia dell’accumulo, quale sia la temperatura stagionale che consenta di ottenere i maggiori benefici indotti dall’utilizzo del layout proposto. Una gestione della temperatura dell’accumulo ‘freddo’ a set-point fissato per tutta la stagione invernale, seppur rappresentando una soluzione semplice, non consente di utilizzare al meglio le due pompe di calore che si interfacciano con gli accumuli per la produzione di ACS.
Per comprendere a fondo la dinamica del sistema occorre fare riferimento alle temperature delle sorgenti termiche. L’accumulo ‘caldo’, che rappresenta il pozzo termico del sistema di generazione composto dalle due pompe di calore e dall’accumulo ‘freddo’, ha una temperatura piuttosto costante nelle ore in cui viene caricato. Per quanto riguarda invece l’aria esterna, la vera sorgente termica del sistema, quest’ultima è caratterizzata da una temperatura che varia molto sia su base stagionale che su base giornaliera.
Tenere il set-point fisso su un determinato valore stagionale non consente, dunque, di gestire al meglio il sistema di generazione costituito dalle pompe di calore e dall’accumulo ‘freddo’. Se da un lato, infatti, la pompa acqua/acqua lavorerebbe ad efficienze piuttosto costanti, dall’altro si avrebbero condizioni abbastanza aleatorie per il funzionamento della pompa aria/acqua date dalle variazioni termiche della sorgente aria. Nelle ore in cui la temperatura dell’aria esterna è particolarmente bassa, si avranno grossi assorbimenti elettrici della pompa di calore aria/acqua che lavorerebbe a bassa efficienza, mentre nelle ore più calde (soprattutto nei mesi più miti) l’efficienza della pompa sarebbe limitata dalle condizioni imposte sui valori massimi di COP.
Si rende, quindi, necessaria una gestione a set-point variabile che tenga conto della variazione stagionale della temperatura della sorgente aria. La soluzione proposta nel presente lavoro di tesi consiste nella determinazione, settimana per settimana, di una