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Solferino: la nascita della Croce Rossa

Il dolore e la sofferenza, insieme alla malattia, hanno da sempre colpito l’uomo tanto da essere considerate parti inscindibili della natura uma- na. Da tempo immemorabile poi, in nome di nobili principi, alcuni uomini hanno assistito e curato altri uomini, nel tentativo di consolarli e di alleviare le loro pene.

Così, attraverso i secoli, lentamente, si sono consolidati degli usi di umana pietà che poi hanno preso il nome di “diritti dell’uomo”(1). Nel passato, pur esistendo l’aspirazione ad un riconoscimento dei dirit- ti dell’uomo, sia in pace che in guerra “le azioni umane” erano una ra- rità e il detto di Pirro, lex nulla capto parcit aut poenam impedit, è stato molto più applicato di quello di Seneca: quod non vetat lex, hoc vetat fieri pudor.

I “medici” si sono sempre rivolti verso l’uomo sofferente cercando di alleviarne la pena ( vedi giuramento di Ippocrate ). Molti sono stati una specie di vocati contro i mali dell’umanità, in particolare nei dramma- tici periodi di guerra e di pestilenza. Il ferito, il malato, il moribondo hanno ricevuto dalla figura del medico, “attenzione”al fine di una cura e di una guarigione. Il diritto alla vita quindi compare come il primo e sicuramente per secoli l’unico dei diritti umani, che ha trovato nel me- dico il suo propugnatore.

Pur riconoscendo questa priorità e con la convinzione che dal primo, il diritto alla vita, siano stati pian piano codificati tutti gli altri, dobbia- mo prendere atto che purtroppo lo stato di belligeranza e il soldato fe- rito sono stati per millenni l’esempio più tragico della barbarie umana. Infatti per secoli e secoli le condizioni dei feriti sui campi di battaglia non hanno suscitato alcun interesse e il mestiere stesso di soldato è così de- scritto da Pierre Boissier, uno dei più grandi storici della Croce Rossa Internazionale, prima di concludere la sua vita tragicamente:

Il est fréquent de penser que rien n’a été ou ne pouvait être pire que la con- dition prolétarienne durant la première moitié du dix-neuvième siècle. Ce n’est pas vrai. Il y avait les soldats ! Dans les casernes anglaises et françaises la mortalité atteignait un taux deux fois supérieur à la moyenne de l’ensemble de la population. Et ceci en temps de paix, alors que tout était sain et sim- ple ! Mais que se passait-il alors sur les champs de bataille en temps de guer- re? Statistiquement, bien que nous soyons aux débuts de leurs utilisations, il a été démontré que pour chaque soldat tué par l’ennemi sept ou huit mour- raient par imprudence, négligence et stupidité ! En fait, les armées tuaient elles-mêmes leurs propres hommes. Il y avait, alors, que très peu de médecins ou d’aides-soignants et à peu près aucun matériel médical ou médicament pour soigner un tant soit peu les blessés et les grands nombre de malades. Pour vous donner une idée, dans l’armée française, la proportion de vétérinaires était de quatre virgule cinq pour mille chevaux alors que pour les hommes, la proportion de médecins était de zéro virgule huit pour mille!

È per questo che a nostro avviso H.Dunant, il fondatore della CR si colloca come un gigante al centro della Storia e la divide in due parti: prima dell’ avvento della Croce Rossa e dopo la nascita della stessa (ot- tobre 1863).

È pur vero che la grande idea del Buon Samaritano era nell’aria e che certo non nacque dall’oggi al domani, è pur vero che ciò che si firmò a Ginevra ( agosto 1864) coronò un periodo di incubazione lunghissimo dove il medico nasce sacerdote e soltanto in epoca storica diviene tale; è pur vero che, almeno a nostro avviso, è da questo personaggio, il medi- co, che si piega sul dolore umano e ne diviene servitore, che nascono i grandi sentimenti umanitari, come dai religiosi, sempre in anticipo ri- spetto al pensiero laico, nasce l’impulso alla pietà suscitato dalle stesse miserevoli condizioni (anche in epoca moderna, si pensi a San Camillo De Lellis e ai suoi Camilliani, a San Vicendo de Paoli e le suore della Carità, le prime assistenze e i primi pietosi durissimi e rischiosissimi “interessamenti” furono di religiosi). Ma è altrettanto vero che la prima grande idea laica umanitaria nasce con Henry Dunant e si chiama Cro- ce Rossa: fu il primo diritto scritto a favore dei deboli nelle condizioni

di guerra.

Potremmo quindi dire, senza togliere nulla al Grozio, che da lì nacque realmente lo ius in bello o più propriamente quello che oggi si chiama “diritto internazionale umanitario”.

Mondo antico (1)

Nella nostra trattazione per ragioni di brevità daremo solo alcuni flash. Per il mondo greco basti considerare il passaggio Iliade – Odissea e la grande tragedia storica di Eschilo, Sofocle ed Euripide.

I Greci

Nell’epoca mitica l’eroe è terribile nella sua grandezza e nella sua fero- cia, la virtù per eccellenza è quindi la forza guerriera e la supremazia fi- sica. Questo è il diritto riconosciuto sul campo di battaglia. Quindi la guerra è soprattutto distruzione e non conquista e dominazione, ci vor- ranno secoli per arrivare a questo. L’epoca mitica ed eroica è sempre un passo avanti rispetto alla buia barbarie dei periodi preistorici, ma è da considerarsi solo un lento periodo di transizione verso la civiltà. I greci non pensano a conquistare Troia ma a distruggerla, a trucidarne gli abi- tanti e a maledirne il suolo. Anche la servitù era riservata solo a donne e bambini. Achille sacrifica dodici prigionieri sul rogo di Patroclo, la morte del nemico spesso non è soddisfazione sufficiente per il vincitore. Quan- do Achille uccide Ettore tutti i greci vogliono immergere la propria lancia nel martoriato corpo dell’eroe!

Unica terribile consolazione è riavere il corpo dell’ucciso, dice Andro- maca di Ettore: “Ahimè tu giaci nudo presso le navi dei greci. I vermi ti divorano, dopo che i cani si sono satollati della tua carne..” D’altronde Ettore aveva fatto lo stesso con il cadavere di Patroclo trascinato via “ ..per essere dato in pasto ai cani”.

Nell’Odissea l’animo “si addolcisce”, così Ulisse parla ad Euriclea durante la strage dei Proci: “Nutrice trattieni la gioia nel cuore e non elevare grida di trionfo. È cosa empia infierire contro i morti!”

Nell’epoca storica soprattutto attraverso la grande tragedia greca, Eschilo, Sofocle ed Euripide, sorge il sentimento che non è onorevole infierire sul corpo del nemico morto. Sul corpo di Aiace Ulisse, opponendosi alla morale antica ( Agamennone e Menelao ) che vorrebbe il cadavere del- l’eroe pasto degli uccelli marini, così si esprime verso Teucero, fratello di Aiace: “ e ora dico che sono tanto amico d’ Aiace, come ero suo ne- mico in vita”.

Sofocle dice che l’odio deve cessare davanti alla tomba. Si affaccia un nuovo senso del diritto: il vincitore ha dei doveri verso il vinto. Ed Eu- ripide: “secondo le leggi della Grecia intera la morte del prigioniero è una macchia per colui che la provoca!” Curare però addirittura i soldati malati o feriti della parte avversa, questo non lo si poteva richiedere! I romani

I Romani nella loro grande praticità ed organizzazione in epoca impe- riale saranno fondatori di una vera e propria sanità militare ( non in epoca repubblicana dove i soldati si dovevano assistere reciprocamente). Secondo Polibio i comandanti tenevano in gran conto i medici militari e li accompagnavano spesso nelle visite ai feriti ed ai malati. Publio Cornelio Tacito negli Annales (Libro1 cap.71) parla della “pietà” di Germanico che visitava gli infermi, li incoraggiava e li premiava con soldi personali propria pecunia.

Spazzianus nell’Historia Augusta dice che Adriano amava visitare i sol- dati infermi in Hospitiis e che l’imperatore Aureliano ordinò, dopo una battaglia navale, che i medici delle triremi romane assistessero anche i feriti nemici!

Anche i gladiatori avevano i loro medici e il grande Galeno ( 129 – 201 d.C.) fu uno di questi.

Se esistevano sicuramente i medici castrensi, cioè dell’accampamento, per le prime cure, furono poi istituiti i medici dei valetudinaria che erano veri e propri ospedali militari. Di questi ne conosciamo bene tre quello di Vindonissa (oggi Windisch ) Svizzera, quello di Castra Vetera ( oggi Xanten ) Germania e quello di Inchutu·hil Scozia. I medici che eserci- tavano nei valetudinaria erano detti medici clinici. C’erano anche poi una

specie di farmacisti Optiones valetudinarii e Curator operis armarii e di infermieri militari soldati i Contubernales. I medici della cavalleria e della marina avevano dignità di nomi propri: i primi venivano chiamati me- dici alae equitum, i secondi duplicarius cioè in pratica che ricevevano paga doppia. Concludendo come al solito i Romani erano molto ben orga- nizzati ed efficienti quando si occupavano di un problema. Tutto que- sto scomparirà con la caduta dell’impero e l’avvento dei secoli bui. Certo che per i feriti di parte avversa ed i prigionieri di guerra le cose non cambiano. Germanico, dopo aver sconfitto i germani, farà fare ai suoi arcieri il tiro al piccione con i barbari che si sono rifugiati sugli al- beri (Tacito – Annali). E Cesare farà decapitare Vercingetorige, un eroe per il suo popolo, dopo averlo condotto in catene dietro il carro del suo trionfo e dopo averlo fatto marcire sei anni nelle terribili carceri di Roma. Vercingetorige era un prigioniero di guerra che si era spontaneamente consegnato a Cesare per risparmiare alla sua gente ulteriori tormenti! Facciamo qui un grande salto e tralasciamo mille anni e più dove sol- tanto la Chiesa, gli ordini religiosi ed alcuni grandi personaggi, per es. Luigi XIV con Les Invalides, hanno saltuarie e personali attenzioni alle sofferenze dei soldati ed arriviamo a Napoleone “il grande”.

Mi piace tuttavia ricordare i Cavalieri ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, ora di Malta, monaci guerrieri che per primi nelle bat- taglie curano i feriti di entrambe le parti. Alla battaglia dei Corni di Hattin (1187) il grande Saladino lascia in vita i Cavalieri di San Gio- vanni perché curavano i feriti cristiani e mussulmani.

Le guerre napoleoniche (2-3)

La sanità militare francese di Napoleone I è rappresentata da due gran- di nomi Jean Dominique Larrey ( 1766 – 1842 ), chirurgo in capo pri- ma della guardia consolare e poi della Guardia imperiale, e Pierre Fran- cois Percy de Gray ( 1745 – 1825 ), chirurgo in capo della Grande Armè. Alla fine dei circa dieci anni napoleonici la Grande Armè avrà lasciato sui campi di battaglia un milione di morti, il nemico forse il doppio! Non

siamo ancora alle cifre della 1° guerra mondiale, ma la falcidie è note- vole.

La sera dopo la battaglia di Austerlitz Napoleone percorrendo il campo di battaglia impose il silenzio ai suoi ufficiali per sentire il lamento dei feriti, accanto ad ogni ferito fu lasciato un soldato di guardia perché potesse essere ritrovato; tutti i francesi ricevettero prima della notte un minimo di assistenza. I russi no. Da Austerlitz Napoleone stesso dettò l’assegnazione delle pensioni agli orfani e alle vedove.

Dai tempi dei Romani il concetto di un servizio di Sanità ufficiale e distaccato presso gli eserciti non era più esistito.

Ad integrazione di quanto detto prima si può citare nel 1597 il Sully che all’assedio di Amiens istituì un servizio di Sanità. Louvais rafforzò la sanità militare francese e la cintura delle fortezze di Vauban fu raddop- piata da una cintura di ospedali militari. Louvais soleva dire: “ Noi re- cuperiamo i soldati disputandoli alla cancrena ed alla febbre tifoide. Tuttavia la grave pecca del sistema stava sempre lì: non si poteva portar soccorso ai feriti sul campo di battaglia! Un famoso editto di Luigi XIV prescriveva che le ambulanze si dovevano tenere a un miglio dal campo di battaglia e potevano intervenire solo a fatti d’arme compiuti. Si deve a Louvais anche la dipendenza del servizio medico dall’Intendenza , questo per salvarlo dalle speculazioni privatistiche. D’altra parte ciò ha fatto sì che attraverso i secoli successivi i medici ed i chirurghi militari sono stati visti dai servizi logistici come scocciatori che sapevano solo lamentarsi contro le disfunzioni e le disonestà degli ufficiali di Intendenza. Anche nella Grande Armè i commissari di guerra non vollero mai dare un cavallo ai medici e ai chirurghi e mai Napoleone volle riconoscerli come ufficiali pari grado agli ufficiali d’arma. L’imperatore dopo la pace di Tilsit ribadisce: niente riforma del Corpo di Sanità militare, eccetto per quello che concerne la Guardia, nessun chirurgo o medico deve pre- tendere il rango di ufficiale.

Certo che i medici militari spesso erano “facce da banditi calabresi”( secondo Stendhal), ubriaconi, ladri, ecc. Reclutati fra i medici senza successo e senza speranza, erano malpagati, disprezzati e licenziati alla fine di ogni campagna. I portaferiti non esistevano. Solo Larrey otten-

ne per i sanitari della Guardia il posto fisso. Larrey a 14 anni andò ad imparare la chirurgia presso lo zio Alexis Larrey, primario chirurgo del- l’Ospedale di Saint-Joseph de la Grave, a 15 anni è sottoaiuto cioè sa fare i salassi, i clisteri e piccole medicazioni chirurgiche. A 20 anni si laurea con una tesi sulla carie ossea, va a Parigi a piedi e da lì ottiene un posto di chirurgo maggiore sulla fregata Vigilante. Ma il mare non fa per lui, soffre troppo il mal di mare; torna a Parigi e diviene aiuto chirurgo del grande Desault ( 1744 – 1795 ). Dopo essersi visto soffiare il posto di aiuto primario a Les Invalides da un raccomandato di ferro, diviene ri- voluzionario e marcia sulla Bastiglia. Poi si arruola nell’Armata del Reno. Alla battaglia di Spira inventa l’ambulanza volante: con qualche corag- gioso infermiere, infrangendo gli ordini, va sul campo di battaglia e salva più di quaranta feriti. Viene richiamato, il generale Custine, al quale Larrey si presenta sporco di sangue e di fango, gli intima: “Signor Lar- rey avete violato il regolamento soccorrendo i feriti nel campo, vogliate considerarvi all’arresto fino a nuovo ordine” e poco più tardi “ Signor Larrey in nome dell’umanità che avete dimostrato, vi nomino primo aiutante maggiore”. Era l’inizio della sua brillante carriera! L’organizza- zione della Guardia sarà esemplare: ambulanze volanti, ospedali da cam- po smontabili. Tuttavia il numero degli addetti ai lavori e la resistenza dell’Intendenza obbligano spesso Larrey e i suoi uomini ad arrangiarsi come nei tempi eroici. La guardia comunque è la “creatura” più amata da Napoleone tanto che ai suoi medici verrà concesso, su richiesta di Larrey, il posto fisso.

Per Percy che non era della Guardia la vita fu più dura anche se la sua figura giganteggia per l’efficienza del suo servizio e le sue intuizioni pro- fetiche.

Il padre di Percy era chirurgo militare e aveva detto: “ piuttosto di ve- dere uno dei miei figli finire chirurgo militare lo strozzerei ! Farai l’in- gegnere.” Eppure il piccolo Pierre la vocazione l’aveva nel sangue e a 28 anni con una carriera eccezionale era chirurgo maggiore nel reggimen- to di cavalleria del Bercy. È un chirurgo brillante e valoroso, viene feri- to tre volte. Egli è il primo che inizia la lotta contro l’Intendenza, chie- de autonomia per il servizio sanitario ma è un profeta inascoltato: lo

scontro è ancora alla moda oggi!

Le sue ambulanze sono buffe, dette wurst , sono carri tipo quelli da scor- ridori della prateria, tirati da quattro cavalli che portano otto chirurghi e otto aiutanti più il materiale proprio sul campo di battaglia, là dove sono più necessari. Solo che spesso l’Intendenza non li fornisce e non li arreda.

Un’altra idea innovativa di Percy è che le ambulanze e gli ospedali de- vono avere un segno di riconoscimento per poter essere riconosciuti neutrali. Inoltre i feriti del nemico dovrebbero essere soccorsi come i “nostri”e poi resi alle rispettive armate. Sono idee che rimarranno ina- scoltate e sulla carta fino all’arrivo di H.Dunant ed oltre.

Il generale Moreau, conquistato da queste nobili idee scrisse al generale austriaco Kary per preporgli una convenzione. La risposta fu negativa: “Neutralizzare gli ospedali significa intralciare le operazioni militari!” Percy fu un precursore anche in materia di igiene e la sua memoria Del- la salute delle truppe della Grande Armè, ha fatto altrettanto bene quan- to il suo bisturi.

Nel 1806 fu nominato chirurgo in capo della Grande Armè. Anche a quel rango Percy è infaticabile, va a cercarsi i medici che gli mancano sem- pre tra i civili del luogo e tra i nemici prigionieri; impiega le donne del- le varie città come preparatrici di bende, tutte cose che ritroveremo poi nelle nostre guerre risorgimentali.

Stimato moltissimo dall’Imperatore, riceve un legato di 100.000 fran- chi come “l’uomo più virtuoso che io abbia mai conosciuto”.

Tuttavia si era ancora molto lontani da una organizzazione seria e ciò che ci ha lasciato scritto Percy sulle condizioni dei feriti è tremendo. Ampu- tazioni su amputazioni e se non si amputava la cancrena e l’emorragia uccidevano senza pietà: Dopo Jena il diario di Percy parla di seghe ac- quistate da artigiani e coltelli e scalpelli di fortuna. Percy visita i suoi feriti negli ospedali improvvisati di terra: “Questa mattina quei disgraziati erano ancora nella sporcizia, in mezzo agli escrementi di chi non si po- teva alzare, braccia e gambe tagliate, cadaveri insanguinati, un orribile concime prodotto dalla poca paglia sulla quale sono sdraiati. Non si sa come abbiano potuto resistere fino ad ora. Eppure i miei amputati vanno

abbastanza bene”. E poi ancora: “A due ore da Naumburg abbiamo in- contrato convogli di carri sui quali vennero caricati circa 1800 feriti fran- cesi e prussiani che avevano passato le due notti precedenti in un villag- gio. Quegli infelici sono restati la notte dal 17 al 18 sui carri, gridando per la sete e riempiendo l’aria con i loro gemiti”.

La storia dei feriti della Grande Armè non è stata mai scritta, ma gli ap- punti di Percy stimolano a farlo. Nonostante questi orrori, qualcosa è cambiato in meglio rispetto ai secoli precedenti.

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