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SOLUZIONE TRACCIA 6

Cassazione civile, sez. II, 03/05/2018, (ud. 23/11/2017, dep.03/05/2018), n. 10486

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con atto di citazione del 10/7/2008 la s.r.l. Impresa Costruzioni F.F. conveniva in giudizio, avanti al Tribunale di Trento, il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) eretti sulla p.lla (OMISSIS), chiedendo: la costituzione, in favore del nuovo edificio da erigere sulle particelle di sua proprietà (p.lle (OMISSIS)), delle servitù di elettrodotto, acquedotto, gas, telefono ed internet;

in subordine, la condanna dei convenuti a prestare il proprio consenso, e/o comunque ordinare l'esecuzione dei lavori per la posa in opera dei sottoservizi di acqua, energia elettrica, gas metano, telefono ed internet nel sottosuolo della p.lla (OMISSIS), determinando le eventuali indennità; previa dichiarazione dell'esistenza dei diritti intavolati di passo e di allacciamento del collettore della fognatura, la condanna dei convenuti ad acconsentire l'esercizio del passo, a piedi e con veicoli, su tutto il cortile e a tollerare l'allacciamento delle acque bianche e nere;

l'ordine di tollerare l'allacciamento temporaneo ad uso cantiere ai contatori dell'energia e dell'acqua. A sostegno della domanda, deduceva di aver presentato in data 8/8/2008 la domanda di concessione edilizia per la realizzazione di un edificio residenziale e di essere titolare, in forza di un titolo convenzionale, del diritto di servitù di passo e di allacciamento alla fognatura sul cortile della p.lla (OMISSIS) dei convenuti; rilevava, quanto ai sottoservizi, che essendo l'area già gravata per intero dalle predette servitù, si sarebbe trattato di un mero aggravio di servitù già esistenti.

Costituendosi in giudizio, i convenuti eccepivano la prescrizione per non uso della servitù di passo e di allacciamento fognario; evidenziavano, quanto alle servitù di elettrodotto e di acquedotto, che il percorso individuato dall'attrice non era il meno gravoso per i fondi serventi, essendovi altre soluzioni, interessanti i fondi dei vicini, più brevi e meno dannose;

contestavano in diritto la stessa possibilità di costituire servitù coattive atipiche. Chiedevano, quindi, il rigetto delle domande e formulavano, a loro volta, domanda riconvenzionale diretta ad accertare l'insussistenza e/o la prescrizione delle servitù di passo e di allacciamento alla rete fognaria.

In causa intervenivano 54 condomini, svolgendo le medesime argomentazione e domande formulate dagli originari convenuti.

Con sentenza n. 738/11 depositata in data 13/9/2011, il Tribunale di Trento dichiarava prescritte per non uso le servitù di passo e di allacciamento alla rete fognaria; dichiarava inammissibile la domanda di servitù di passo coattiva; rigettava le domande di servitù di elettrodotto, acquedotto, gas, telefono ed internet, nonchè la domanda di autorizzazione al

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collegamento temporaneo alle utenze di parte convenuta.

Avverso detta decisione la s.r.l. Impresa Costruzioni F.F. proponeva appello, lamentando: 1) l'erroneo accoglimento dell'eccezione di prescrizione della servitù di passo e della servitù di allacciamento fognario; 2) l'erronea pronuncia di inammissibilità, per tardività, della domanda di servitù coattiva di passo; 3) il rigetto delle domande di collegamento elettrico e all'acquedotto; 4) l'erroneo rigetto della domanda di temporaneo allacciamento del cantiere ai contatori dell'energia e dell'acqua del condominio; 5) l'eccessività delle spese liquidate.

Nel costituirsi, il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), nonchè, con separato atto, i 54 condomini intervenuti nel giudizio di primo grado, chiedevano il rigetto del gravame e proponevano, a loro volta, appello incidentale.

La Corte di Appello di Trento, con sentenza del 9.1.2013, in parziale riforma della sentenza impugnata, rigettava le eccezioni di prescrizione per non uso delle servitù di passo a piedi e con mezzi meccanici e di allacciamento alla rete fognaria a carico della p.lla (OMISSIS) ed in favore delle p.lle (OMISSIS), confermando nel resto la pronuncia, il tutto sulla base, per quanto ancora qui rileva, delle seguenti considerazioni:

1) con riferimento all'eccezione di prescrizione, per non uso, della servitù di passo tavolarmente iscritta, premesso che, trattandosi di eccezione in senso proprio, la prova dei fatti su cui essa si fondava doveva essere data dagli appellati e che trattavasi di servitù discontinua, le deposizioni rese dai testi indicati dai convenuti non escludevano che dei passaggi, sia pure sporadici, vi fossero comunque stati, passaggi, peraltro, confermati dal teste P. ed indirettamente comprovati dalla nota del Comune di Trento del febbraio del 2003 (con la quale era stato ordinato alla società di rimuovere dal fondo il materiale depositato e le opere abusivamente realizzate - consistenti in un box prefabbricato ad uso ufficio);

2) la presenza di automezzi parcheggiati, trattandosi di un ostacolo meramente occasionale, aveva al più reso più incomodo l'esercizio della servitù, restando comunque uno spazio sufficiente per transitare con mezzi di normali dimensioni;

3) in relazione all'eccezione di prescrizione per non uso della servitù di allacciamento fognario, alla stregua della descrizione contenuta nel tavolare, la servitù era stata costituita in favore di un edificio ancora da costruire (ex art. 1029 c.c., comma 2), con la conseguenza che la prescrizione avrebbe potuto iniziare a decorrere solo nel momento in cui l'edificio fosse stato realizzato. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il (OMISSIS), sulla base di quattro motivi. L'Impresa Costruzioni F.F. s.r.l. ha resistito con controricorso. Il (OMISSIS), A.L. + altri non hanno svolto difese.

In prossimità dell'udienza il ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell'art. 2697

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c.c. (secondo interpretazione conforme al principio di cd. vicinanza della prova), art. 88 c.p.c.

e art. 116 c.p.c., comma 2 e art. 24 Cost. (in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la corte territoriale rigettato la sua eccezione di prescrizione per non uso delle servitù di passo intavolate senza considerare che, sulla base del principio di riferibilità o vicinanza dei mezzi di prova, l'onere probatorio circa l'avvenuto esercizio della servitù sarebbe dovuto gravare sul titolare del relativo diritto e che la collocazione del materiale sarebbe potuta risalire anche a diversi decenni prima, non incidendo, per l'effetto, sull'intervenuta prescrizione.

1.1. Il motivo è inammissibile.

Il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione della fattispecie astratta di una norma di legge e, perciò, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, con la conseguenza che il ricorrente che presenti la doglianza è tenuto a prospettare quale sia stata l'erronea interpretazione della norma in questione da parte del giudice che ha emesso la sentenza impugnata, a prescindere dalla motivazione posta a fondamento di questa (Cass., Sez. L., sentenza n. 26307 del 15 dicembre 2014, Rv. 633859). Al contrario, se l'erronea ricognizione riguarda, come nel caso di specie, la fattispecie concreta, il gravame inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass., Sez. 5, sentenza n. 8315 del 4 aprile 2013, Rv. 626129).

In ogni caso, l'orientamento consolidato di questa Corte, dal quale non v'è ragione per discostarsi, ritiene che l'eccezione di estinzione della servitù per prescrizione può essere proposta soltanto dal titolare del fondo servente, ossia, in accordo con i principi generali, da colui a favore del quale la prescrizione matura (Sez. 2, Sentenza n. 2789 del 02/02/2017).

Invero, in tema di prescrizione delle servitù (art. 1073 c.c.), la ripartizione dell'onere della prova va risolta applicando il generale principio secondo cui, essendo quella di prescrizione una eccezione in senso proprio (art. 2939 c.c.), la prova dei fatti su cui l'eccezione si fonda (art. 2697 c.c., comma 2) deve darsi da chi l'ha proposta con la dimostrazione che il titolare della servitù non l'ha esercitata per almeno un ventennio (Sez. 2, Sentenza n. 6647 del 12/06/1991).

Da ultimo, la doglianza sarebbe priva del connotato della decisività, atteso che, anche a voler condividere l'assunto del ricorrente (che, però, come si vedrà, è infondato) secondo cui, nel caso di specie, dovrebbe trovare applicazione il principio di vicinanza della prova, non considera che, alla stregua della motivazione resa dalla corte d'appello (cfr. pag. 15 della sentenza), non è stata valorizzata solo l'irrilevanza delle deposizioni rese dai testimoni di parte convenuta, ma altresì la prova in positivo fornita dall'attrice a sostegno dell'esercizio della servitù di passo. Prova positiva sostanziatasi nella deposizione del teste P. ("per accedere al deposito di materiali ed attrezzatura "... transitavano sulla p.ed. (OMISSIS). Transitavano

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anche con mezzi e a piedi"") e nella nota del Comune di Trento del febbraio del 2003, dalla quale ultima era desumibile che vi era stato in precedenza almeno un passaggio sul piazzale del Condominio Genziana per condurre il materiale necessario per realizzare il box.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell'art. 1074 c.c., nonchè l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), per non aver la corte di merito considerato che le servitù intavolate a carico del cortile del Condominio Genziana erano due (una sul lato est della p.lla (OMISSIS) per una lunghezza di mt. 3 ed un'altra sulla parte più esterna del cortile) e che, alla luce delle fotografie del cortile, la servitù di passo nelle aree più esterne dello stesso era preclusa (impossibilità di fatto) dalla stabile presenza di veicoli.

2.1. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

In primo luogo, in violazione del principio di autosufficienza, il ricorrente omette di trascrivere, almeno nei loro passaggi maggiormente significativi, la documentazione e le deposizioni testimoniali dalle quali, a suo dire (cfr. pag. 15 del ricorso), la corte locale avrebbe dovuto evincere l'impossibilità di fatto dell'esercizio della servitù di passaggio.

In secondo luogo, è da escludere la violazione dell'art. 1074 c.c., atteso che la corte trentina ha, con valutazione immune da censure, rilevato, desumendolo proprio dalle fotografie in atti, che la presenza di automezzi parcheggiati, trattandosi di un ostacolo meramente occasionale, aveva al più reso maggiormente incomodo l'esercizio della servitù, restando comunque uno spazio sufficiente per transitare con mezzi di normali dimensioni (cfr. pag. 16 della sentenza impugnata).

Per quanto concerne l'aspetto motivazionale, la doglianza sottopone alla Corte - nella sostanza - profili relativi al merito della valutazione delle prove, che sono insindacabili in sede di legittimità, quando - come nel caso di specie - risulta che i giudici di merito hanno esposto in modo ordinato e coerente le ragioni che giustificano la loro decisione (cfr. pagg. 15-16 della sentenza), sicchè deve escludersi tanto la "mancanza assoluta della motivazione sotto l'aspetto materiale e grafico", quanto la "motivazione apparente", o il "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili", figure queste - manifestazione di violazione di legge costituzionalmente rilevante sotto il profilo della esistenza della motivazione - che circoscrivono l'ambito in cui è consentito il sindacato di legittimità dopo la riforma dell'art.

360 c.p.c., operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, fermo restando che l'omesso esame di elementi istruttori - ai sensi del nuovo testo dell'art. 360 c.p.c., n. 5, non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 e 629831). Senza tralasciare che parte ricorrente ha omesso di indicare - come sarebbe stato suo onere - il "fatto storico" il cui esame sarebbe stato omesso,

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il "dato" (testuale o extratestuale) da cui esso risulterebbe esistente, il "come" e il "quando"

tale fatto fosse stato oggetto di discussione processuale tra le parti, nonchè la sua "decisività", essendosi limitato a proporre una lettura alternativa delle risultanze istruttorie.

Va, comunque, ribadito che la corte territoriale non ha omesso di considerare le rappresentazioni fotografiche e di valutare se la presenza di veicoli parcheggiati impedisse il passaggio.

3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta l'omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio (con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per non aver la corte locale considerato a) che l'Impresa F. avrebbe dovuto dimostrare di essere passata sul cortile della p.lla (OMISSIS) per accedere al suo fondo dominante (e non solo per accedere al suo magazzino nel condominio), b) che la lettera del Comune di Trento non attestava quando i materiali erano stati collocati nè quando erano stati rimossi, c) l'esistenza di due servitù di passo intavolate a carico del cortile e d) la circostanza, desumibile dalla fotografie in atti, che il tratto dove sarebbe dovuto avvenire il passaggio risultava stabilmente occupato da veicoli.

3.1. Avuto riguardo alle censure sub c) e d), le stesse sono identiche a quelle già sollevate con il secondo motivo, alla cui analisi, pertanto, si rinvia, non senza evidenziare che la circostanza dell'esistenza di due servitù di passo è di per sè irrilevante.

Per quanto concerne la prima doglianza, da un lato, non essendovene cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente avrebbe dovuto indicare con precisione in quale fase e con quale atto processuale l'avesse sollevata; dall'altro, la corte locale non ha omesso di considerare il fatto, avendo, sia pure incidenter tantum, evidenziato (cfr. pag. 15 della sentenza) che, sì come accertato dal c.t.u., per accedere "al fondo" si doveva "in ogni caso e necessariamente passare dal piazzale del (OMISSIS)".

Da ultimo, con riferimento al secondo profilo, in base alla ripartizione dell'onere della prova (cfr. il primo motivo), sarebbe dovuto essere il condominio a dimostrare il fatto estintivo rappresentato dal non uso ultraventennale. In ogni caso, la decisione sul punto della corte di merito non si fonda esclusivamente sull'elemento presuntivo desumibile indirettamente dalla nota del Comune, ma anche sulla deposizione del teste P. che, avendo effettuato una perizia giurata nel 1993 avente ad oggetto i luoghi di causa, ha confermato il transito, sia a piedi che con i mezzi meccanici, da parte dell'attrice sul cortile insistente sulla p.lla (OMISSIS) (cfr.

pag. 15 della sentenza).

4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell'art. 1029 c.c., R.D. 28 marzo 1929, n. 499, art. 2, artt. 9 e 12 Legge Tavolare e art. 112 c.p.c. (con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la corte locale considerato che l'efficacia costitutiva del diritto di servitù di allacciamento al collettore fognario non poteva verificarsi al momento futuro in cui l'edificio sarebbe stato costruito, ma solo con l'intavolazione, che nel caso di specie risaliva al 1976; l'erronea, a suo dire, interpretazione del

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vincolo intavolato (in difformità dalla sua descrizione risultante dal libro fondiario, che prevedeva una servitù intavolata in favore di una particella fondiaria - e non di un edificio -), l'erronea qualificazione del diritto intavolato (essendo intavolabili solo diritti reali) e l'ultrapetizione rispetto all'avversa domanda di accertamento di diritto reale (avendo la parte attrice invocato l'accertamento di un diritto reale intavolato, e non di un rapporto obbligatorio).

4.1. Il motivo è fondato, per quanto di ragione.

A differenza dell'ipotesi prevista dell'art. 1029 c.c., comma 1 (costituzione di una servitù per un vantaggio futuro), in cui essendo esistenti tutti gli elementi necessari per la costituzione della servitù (fondo dominante, fondo servente, salva la utilitas in quanto connessa con la futura destinazione o utilizzazione del fondo dominante), la servitù viene ad esistenza immediatamente, la convenzione di cui dell'art. 1029 c.c., comma 2, diretta alla costituzione di una servitù a favore o a carico di un edificio da costruire, dà luogo alla costituzione di un rapporto obbligatorio suscettibile di tramutarsi in un rapporto di natura reale soltanto al momento in cui l'edificio è costruito. Mentre i diritti fondati su quel vincolo, finchè esso rimane di natura obbligatoria, si prescrivono secondo le norme ordinarie in materia di obbligazioni, decorrendo la prescrizione dal momento costitutivo del vincolo stesso (e cioè dalla data della convenzione) e non dalla costruzione dell'edificio (Sez. 2, Sentenza n. 2432 del 02/02/2011), il termine di prescrizione per non uso del diritto di servitù inizia a decorrere dal momento della realizzazione dell'edificio.

Nel sistema tavolare, l'efficacia costitutiva dell'intavolazione non afferisce alla quantità o estensione materiale del diritto, che può essere accertata con adeguata prova, non avendo, a tal fine, l'iscrizione tavolare nè valore vincolante, nè effetto ostativo ad una diversa ricostruzione del contenuto oggettivo del diritto reale (Sez. 2, Sentenza n. 23958 del 22/10/2013).

La natura costitutiva dell'iscrizione rileva, poi, ai fini dell'opponibilità ai terzi, oltre che per escludere che il diritto di proprietà e gli altri diritti reali sui beni immobili si possano acquistare per atti tra vivi per effetto del consenso legittimamente manifestato, in mancanza dell'iscrizione nel libro fondiario (Sez. 1, Sentenza n. 12382 del 11/06/2005). Invero, nel sistema pubblicitario immobiliare vigente nei territori ex austroungarici, poichè l'iscrizione nei registri tavolari dei diritti reali di origine convenzionale assolve ad una funzione costitutiva, acquisendosi la proprietà e gli altri diritti reali su beni immobili esclusivamente con l'iscrizione di un titolo idoneo nel libro fondiario, deve necessariamente escludersi l'opponibilità di vincoli reali all'acquirente di un immobile nei casi in cui la loro esistenza non risulti dai suddetti registri (Sez. 2, Sentenza n. 4970 del 02/03/2010).

Da quanto precede deriva che non è escluso, in presenza di un diritto intavolato, accertarne la natura e l'estensione in modo difforme rispetto a quanto risulta dall'iscrizione tavolare, ben potendo emergere che i diritti tavolati, benchè iscritti in modo formalmente corretto, siano

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sostanzialmente inesistenti o diversi o meno ampi. In quest'ottica, premesso che il diritto intavolato risulta (cfr. pag. 19 del ricorso) indicato con precisione quanto a contenuto ed estensione (luogo segnato con tinta rossa), l'iscrizione non precluderebbe la possibilità di accertare la eventualmente differente natura del diritto stesso.

D'altra parte, non è configurabile il vizio di ultrapetizione, atteso che l'attrice ha chiesto la condanna dei convenuti a tollerare l'allacciamento delle acque bianche e nere (cfr. pag. 10 della sentenza impugnata).

Per quanto, però, l'efficacia costitutiva dell'iscrizione tavolare (o intavolazione) non afferisca anche alla quantità o estensione materiale del diritto, non avendo a tali fini l'iscrizione valore vincolante nè ostativo ad una diversa ricostruzione del contenuto oggettivo del diritto dominicale o degli altri diritti reali, è pur vero che il R.D. 28 marzo 1929, n. 499, art. 2, prevede espressamente al primo comma che: "A modificazione di quanto è disposto dal codice civile italiano, il diritto di proprietà e gli altri diritti reali sui beni immobili non si acquistano per atto tra vivi se non con la iscrizione del diritto nel libro fondiario".

Da ciò deriva che, avendo l'iscrizione tavolare, sia pure con i distinguo sopra indicati, valenza costitutiva, oggetto dell'iscrizione stessa giammai avrebbe potuto essere un diritto obbligatorio, ma solo un diritto sin da subito reale.

E' orientata in tal senso Cassazione civile, sez. 2, 31/10/2005, n. 21198, secondo cui l'efficacia costitutiva dell'iscrizione nel libro fondiario - cosiddetta intavolazione - riguarda solamente i diritti reali immobiliari trasferiti per atto negoziale tra vivi.

Le altre doglianze si rivelerebbero infondate:

5. In definitiva, il ricorso è meritevole di accoglimento limitatamente al quarto motivo e per quanto di ragione.

La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con riferimento al motivo accolto e la causa rimessa, anche per la pronuncia sulle spese del presente grado di giudizio, ad altra sezione della Corte d'Appello di Trento.

PQM P.Q.M.

La Corte rigetta i primi tre motivi del ricorso, accoglie, per quanto di ragione, il quarto, cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente grado di giudizio, ad altra sezione della Corte d'Appello di Trento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2018

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7) USUCAPIONE ED ATTI DI MERA TOLLERANZA DEI COEREDI.

Traccia parere.

Mevia incardinava giudizio dinanzi al Tribunale di Brindisi affinchè fosse dichiarato per usucapione l'acquisto degli immobili siti nel Comune Brindisi alla via Zeta. In particolare l'attrice evidenziava che i beni in esame risultavano intestati a Tizia (suocera di Mevia) e che, dal 1978 e continuativamente anche dopo il decesso di Tizia avvenuto nel 1989, gli immobili erano stati utilizzati esclusivamente dall'attrice e dal coniuge Sempronio, senza alcuna opposizione degli eredi e dei loro successori e ciò fino alla proposizione del giudizio.

Costituendosi in giudizio, i convenuti avevano contestato la domanda, asserendo che gli immobili erano stati abitati anche da altro erede fino al 1999 e che comunque l'attrice e Sempronio avevano utilizzato i beni per ragioni di ospitalità e in virtù del vincolo di parentela con la proprietaria; che anche dopo il decesso di Tizia, essi avevano occupato l'immobile senza compiere atti di interversione e per mera tolleranza degli altri eredi.Pertanto, i convenuti avevano chiesto di respingere la domanda e di procedere alla divisione dell'asse ereditario.

In primo grado, il Tribunale di Brindisi ha rigettava la domanda di usucapione, asserendo che Mevia e Sempronio non avevano appreso il bene in via originaria ed autonoma ma avevano iniziato ad occuparlo quali detentori: dapprima quali ospiti della Tizia e quindi, dopo la morte di quest'ultima, per mera tolleranza degli altri eredi.

Il candidato, assunte le vesti di difensore di Mevia, rediga parere pro verotate in merito alla

Il candidato, assunte le vesti di difensore di Mevia, rediga parere pro verotate in merito alla