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L’ordinamento forestale regionale della Toscana tutela 8 specie e 6 generi di piante, riportate in elenco al comma 1, art. 12 del Regolamento forestale 48/R del 8 Agosto 2003. L’articolo del regolamento reca il titolo “Tutela della biodiversità” e pone limitazioni al taglio delle specie in elenco se di dimensioni e con diffusione inferiore ai limiti stabiliti al comma 1 (vedi testo articolo riportato). In presenza di una maggior diffusione delle specie in oggetto (superiore alle 20 piante ad ettaro), l’articolo ne disciplina le modalità di taglio, uniformabili a quelle previste per tutte le altre specie e per forma di governo e tipo di trattamento, eccetto per quanto concerne il rilascio di almeno una pianta ad ettaro da destinare ad invecchiamento indefinito. La tutela giuridica non è sufficiente a garantire l’effettiva conservazione e la valorizzazione ecologica e produttiva delle specie in oggetto, ponendo delle limitazioni generiche al taglio ma non indicando modalità di esecuzione dello stesso che tengano conto delle esigenze ecologiche di ciascuna di esse.

La condizione di sporadicità deriva da esigenze ecologiche e stazionali che limitano la competitività di una determinata specie in ambienti particolarmente adatti a specie più ubiquitarie e meno esigenti, come le specie “sociali” dominanti nella composizione specifica delle varie tipologie forestali.

La modifica del regolamento con l’introduzione di un capo specificatamente dedicato alla disciplina della selvicoltura d’albero, attualmente non prevista dall’ordinamento regionale, è uno degli obiettivi del Progetto PProSpot. Nell’ambito dell’azione 8 sono state realizzate delle tavole rotonde di concertazione tra i possibili soggetti interessati (amministratori locali, tecnici preposti al rilascio delle autorizzazioni, professionisti, ricercatori), per arrivare ad un testo di proposta di modifica e /o integrazione che tenga conto delle difficoltà oggettive relative all’applicazione delle tecniche selvicolturali ad albero, sia di tipo normativo (richiesta e rilascio delle autorizzazioni) che ti tipo tecnico (modalità di intervento e controllo). Il regolamento prevede la possibilità di andare in deroga alle prescrizioni previa richiesta di specifica autorizzazione (autorizzazione in deroga) presso gli enti competenti (unioni dei comuni, provincie) (art. 13, comma 7). Ciò nonostante permangono problemi di tipo conoscitivo legati alla scarsa conoscenza e competenza nell’ambito della selvicoltura d’albero e di progettazione per i professionisti incaricati di redigere il progetto da allegare alla richiesta di autorizzazione. Il problema principale nel normare gli interventi di selvicoltura d’albero è legato alla mancanza di

informazioni sul comportamento delle specie classificate come sporadiche in contesti forestali come quello regionale. Non se ne conosce la potenzialità di risposta agli interventi e ancora meno quali siano le modalità e le intensità ottimali con cui eseguirli.

Partendo dal presupposto che sia la diffusione che le caratteristiche dendrometriche di queste specie in alcune formazioni regionali risultano di significativo interesse, se ne deduce l’esistenza di condizioni ecologiche idonee allo sviluppo in grado di supportarne la valorizzazione sia ecologica che produttiva, quindi l’adozione delle tecniche delle selvicoltura d’albero che si basa su presupposti funzionali a perseguire tali scopi.

Restano da definire i dettagli tecnici quali modalità e intensità d’intervento in rapporto alle capacità di riposta. La sperimentazione oggetto della tesi si pone come obiettivo quello di creare una dataset contenente tutte le informazioni utili a monitorare nel tempo la risposta agli interventi realizzati allo scopo, in contesti forestali diversi per tipologia, stadio evolutivo e forma di governo.

Indicazioni di massima che consentano di disciplinare genericamente la selvicoltura d’albero a livello normativo sono facilmente desumibili dallo studio dell’ecologia delle singole specie e dall’osservazione dell’ambiente di crescita. L’approccio è diverso per quanto concerne invece gli aspetti di dettaglio e la necessità di acquisire informazioni sulle singole specie mediante un’adeguata sperimentazione e il monitoraggio successivo delle dinamiche di crescita e di competizione. Necessità, quest’ultima, funzionale ad ottenere una base conoscitiva, sperimentalmente valida, a supporto della gestione forestale e quindi dei tecnici che opereranno le scelte selvicolturali.

Oltre alla tutela normativa dell’art. 12 la Regione Toscana negli ultimi anni si è interessata al tema della valorizzazione ecologica e produttiva delle specie sporadiche finanziando un manuale tecnico, prodotto dall’ex ARSIA (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione in Agricoltura), a supporto della legge forestale regionale. Il volume “La selvicoltura delle specie sporadiche” (Mori P. et al., 2007 op.cit.) rientra in una collana di manuali tecnici indicati dalla Regione come riferimento per la redazione dei progetti obbligatori nei casi di richieste di autorizzazione per interventi in deroga al regolamento, ovvero nei procedimenti amministrativi legati a interventi non codificati dalla norma.

Per favorire l’adozione delle tecniche di selvicoltura d’albero, è stata prevista anche una forma di finanziamento all’interno della misura 122 del PSR 2007-2013. La misura prevede la

possibilità di accesso a contributo pubblico per la realizzazione di interventi finalizzati alla valorizzazione economica delle foreste, tra i quali sono previsti anche quelli di selvicoltura d’albero. Di fatto l’applicazione della misura risulta molto limitata e nel corso delle tavole rotonde di cui si è accennato in precedenza, è emerso che la ragione principale è legata alla difficoltà dei soggetti competenti a rilasciare autorizzazioni in deroga per tipi di intervento in merito ai quali non hanno conoscenze precise, pur avendone facoltà. La possibilità di concedere autorizzazioni in deroga non sottrae l’amministrazione competente dal rischio di denuncia per danno ambientale e alla conseguente apertura di contenziosi. Di qui la convinzione, piuttosto unanime, di dover introdurre dei riferimenti normativi espliciti a garanzia della proprietà, dei progettisti e delle amministrazioni.

3.1 DIFFUSIONE DELLE SPECIE FORESTALI SPORADICHE IN TOSCANA

I dati dell’inventario forestale regionale (Hofmann et al., 1998) stimano in 145 milioni di esemplari la consistenza degli individui appartenenti a specie forestali sporadiche all’interno della superficie forestale regionale (1.151.539 ha, INFC 2008). Le specie sporadiche rappresentano il 4.5% degli alberi presenti nelle foreste toscane (3.5 miliardi).

L’analisi dei dati dell’inventario mette in evidenza le notevoli differenze tra le specie sia nella densità che per diffusione tra gli strati inventariali (Mori e Pelleri, 2012). Per quanto concerne la densità si passa dai 32 milioni di esemplari dell’acero campestre ai 27 mila dell’albero di giuda o ai 32 mila del tasso. Alcune specie hanno una notevole plasticità ecologica e compaiono in molti strati inventariali: di nuovo l’acero campestre, che è la specie più ubiquitaria, si ritrova in 31 dei 45 strati inventariali, seguito dal ciliegio e dai sorbi (28) e dall’olmo campestre (27). Anche la forma di governo incide sulla diffusione che nelle fustaie (14% della superficie forestale regionale) è pari al 9.6%, mentre nei cedui produttivi (60% della superficie forestale regionale) arriva al 76.6% e nei boschi con funzione protettiva (7.7%) al 12.4%. Tra gli strati inventariali le specie sporadiche sono maggiormente diffuse nei cedui di cerro produttivi, che pur essendo solo il 13.3% della superficie forestale rilevata dall’IFR, comprendono il 30% di tutte le piante di sporadiche, appartenenti a 20 delle 28 specie tutelate; seguono i cedui di castagno produttivi con 18 specie, i cedui di carpino nero produttivi e le fustaie di altre specie produttive con 17 specie.

Di seguito si riporta l’elenco delle specie forestali sporadiche trattate nell’ambito del progetto e la consistenza numerica stimata dall’inventario forestale regionale.

Ciavardello (Sorbus torminalis (L.) Crantz.) Sorbo domestico (Sorbus domestica L.) Sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia L.) Sorbo montano (Sorbus aria ( L.) Crantz.

L’inventario forestale regionale raggruppa tutte le specie del genere Sorbus in un’unica categoria, pertanto non è possibile discriminare la consistenza numerica delle singole specie. In totale i sorbi risultano 20.818.701.

Acero campestre (Acer campestre L.) 32. 037. 240 Acero trilobo (Acer monspessulanum L.) non censito Acero di monte (Acer pseudoplatanus L.) 5. 278. 920

Maggiociondolo (Laburnum anagyroides Medik.) 6. 212. 859 Ciliegio (Prunus avium L.) 12. 877. 337

Pero (Pyrus piraster L.) 5. 856.373 Agrifoglio (Ilex aquifolium L.) 1. 109. 122

3.2 TESTO INTEGRALE DELL’ART. 12 RT48/2003

Art. 12

Tutela della biodiversità

1. In occasione dei tagli boschivi devono essere preservate dal taglio le piante sporadiche delle seguenti

specie, quando presenti con densità inferiore a venti piante ad ettaro per singola specie, e aventi diametro

maggiore di 8 centimetri:

Acer sp.pl. aceri

Cercis siliquastrum L.di Giuda albero di Giuda Fraxinus excelsior L.maggiore frassino maggiore Fraxinus oxycarpa Bieb. ex Wildossifillo frassino ossifillo

Laburnum anagyroides Medicuslo maggiociondolo Malus sp.pl. melastri

Prunus avium L. ciliegio Pyrus sp.pl. perastri Quercus suber L sughera

Sorbus sp.pl sorbi Tilia sp.pl. tigli Ulmus sp.pl. olmi

e, senza limitazione di diametro: Ilex aquifolium L. agrifoglio

Taxus baccata L. tasso

2. L’elenco delle specie di cui al comma 1 può essere integrato dalla comunità montana per i territori di propria

competenza e dalla provincia per i restanti territori, in relazione a motivate esigenze di tutela delle specie sporadiche caratteristiche di particolari habitat vegetazionali.

3. In occasione dei tagli boschivi è consentito il dirado selettivo dei soggetti di minore sviluppo e peggiore

conformazione, entro un massimo di un terzo dei soggetti presenti, ove tali piante siano presenti in gruppi

della stessa specie.

4. In occasione dei tagli boschivi è consentito il taglio delle piante di cui al comma 1 per scadenti condizioni

fitosanitarie o per raggiunta maturità, previa verifica della presenza di rinnovazione; con specifica autorizzazione è ammesso il taglio delle piante di cui al comma 1 per necessità di stabilità idrogeologica o per altre motivazioni particolari valutabili dall’ente

competente.

5. Qualora le piante delle specie di cui al comma 1 siano presenti con densità di venti o più piante ad ettaro per singola specie, le stesse sono trattate con le modalità

previste alle sezioni II e III al pari delle altre specie presenti.

6. In tutti i tagli di superficie uguale o superiore ad un ettaro, deve essere rilasciata almeno una pianta ad ettaro da destinare ad invecchiamento indefinito per ogni ettaro di bosco tagliato. Gli esemplari da rilasciare sono quelli di maggior diametro presenti sulla superficie interessata

dal taglio.

7. L’ente competente può autorizzare deroghe alle disposizioni dicui al comma 6 in casi particolari e su

motivata richiesta.

8. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 6 non si applicano ai tagli a buche o a strisce di cui all’ articolo 33, ai tagli a raso delle fustaie di cui all’ articolo 37 e ai tagli di