2.2 LA NATURA DEL RISCHIO SISTEMICO 31
2.2.4 La spirale del Margine 41
La spirale delle perdite, tuttavia, non è esclusivamente dovuta all’effetto delle fluttuazioni dei prezzi dei suoi beni sul mercato. Un altro elemento che entra in gioco è la cosiddetta “spirale del margine” (anche detta spirale del taglio), che rinforza l’effetto della spirale delle perdite in quanto costringe le istituzioni finanziarie a ridurre il loro tasso di indebitamento. In particolare, se le perdite subite ammontano a X, essa dovrà tendenzialmente ridurre il proprio grado di indebitamento di X volte. I margini quindi determinano implicitamente il massimo grado d’indebitamento che un’istituzione può sopportare.
L’entità dei margini adottati si impenna nei periodi di forte depressione dei prezzi sui mercati e conducono così ad una progressiva e generalizzata restrizione dei finanziamenti. Secondo Brunnermeier e Pedersen (2009) vi è la creazione di un circolo vizioso, in cui margini e tagli più elevati costringono ad un abbattimento dell’indebitamento e a ulteriori vendite di beni, il che aumenta ulteriormente i margini e forza ancora di più le vendite, come descritto dalla FIGURA 2.6.
FIGURA 2.6: La spirale del Margine (Fonte: “The Fundamental Principles of Financial Regulation”, Geneva Reports
on the World Economy 11, Preliminary Conference Draft, 2009)
Quando il prezzo dei beni cade si ha un incremento nelle misure di rischio (per esempio il già citato Valore al Rischio), il che porta non solo a margini di aggiustamento più alti e a maggiori costi di finanziamento esterno, ma riducono anche il desiderio di sopportare il rischio da parte delle banche. Gli organi di gestione del rischio costringono gli operatori di mercato a diminuire l’indebitamento delle loro posizioni. Ma quando molti operatoti abbattono l’indebitamento in un contesto instabile, la liquidità evapora in maniere drastica28. Gli effetti della spirale delle perdite e della spirale dei margini/tagli coesistono, amplificando il processo di default dell’istituzione e anche l’eventuale propagazione delle conseguenze a
livello sistemico. Durante il declino entrambi i meccanismi spingono gli investitori indebitati a sciogliere le loro posizioni, causando maggiori perdite e margini più elevati, restringendo così gli standard relativi alla concessione del credito, che a loro volta incrementano i problemi di finanziamento. Entrambe le spirali guidano così al processo pro-ciclico descritto dalla figura precedente.
Una manifestazione pratica della spirale del margine può essere documentata con riferimento alla situazione delle banche d’investimento americane nel 200729. Il grafico in FIGURA 2.7
rappresenta il diagramma di dispersione costruito plottando, rispettivamente in ascissa e in ordinata, la media pesata dell’indebitamento e del valore totale delle azioni, osservati su base trimestrale, delle cinque maggiori banche d’investimento dell’epoca (Bear Stearns, Goldman Sachs, Lehman Brothers, Merrill Lynch e Morgan Stanley).
FIGURA 2.7: Diagramma di dispersione costruito plottando, rispettivamente in ascissa e in ordinata, la media
pesata dell’indebitamento e del valore totale delle azioni, osservati su base trimestrale, delle cinque maggiori banche d’investimento dell’epoca (Bear Stearns, Goldman Sachs, Lehman Brothers, Merrill Lynch e Morgan Stanley).
Fonte: SEC; Adrian and Shin (2007)
29 ADRIAN e SHIN (2007), "Liquidity and Leverage”, Journal of Financial Intermediation.
L’analisi di questo grafico permette di capire meglio le dinamiche delle decisioni finanziarie degli intermediari. L’ipotetica bisettrice del quadrante (quindi la retta che parte dall’origine degli assi con un angolo di 45° rispetto agli assi cartesiani) indica la serie di punti in cui il valore dell’ equity resta invariato. Al di sopra della linea vi è un incremento dell’equity, al di sotto c’è invece una diminuzione. Ogni retta con pendenza uguale a 1 indica una crescita costante dell’equity, e la sua intercetta sarà pari al tasso di crescita del capitale proprio.
Nel diagramma di dispersione in figura 7 la pendenza è molto vicina a 1, il che implica che l’equity cresce mediamente ad un tasso costante. Pertanto, l’equity sembra avere il ruolo della variabile determinate, e ogni aggiustamento del tasso d’indebitamento avviene attraverso l’espansione e la contrazione di bilancio, piuttosto che attraverso l’incremento o la retribuzione del capitale proprio. Il grafico dunque evidenzia come la spirale delle perdite e quella dei margini si rafforzino a vicenda. La pro-ciclicità dell’ indebitamento fa si che la risposta delle curve di domanda e di offerta alla variazione nel prezzo dei beni possa amplificare lo shock iniziale. Si consideri ad esempio un aumento nel prezzo delle attività detenute da operatori di mercato e intermediari con un certo livello di indebitamento. L’aumento del prezzo rafforza i bilanci degli attori considerati, perché il valore netto di un soggetto indebitato cresce al crescere della proporzione delle sue attività totali. Quando la posizione di quel soggetto si rafforza, l’indebitamento automaticamente scende. Dal momento che gli intermediari vogliono evitare di possedere un’ equity troppo elevato (per esempio perché il tasso di retribuzione del capitale proprio diventa troppo basso), tenteranno di ripristinare l’indebitamento. Uno dei modi per farlo sarà quello di prendere a prestito più capitale esterno, e di usare i profitti per ulteriori attività (per esempio azioni) uguali a quelle già possedute.
Nel complesso comunque ottenere nuovi capitali o diminuire il volume di attività implica degli aggiustamenti anche per chi concede il credito. Se procurarsi capitale è notoriamente difficile in condizione di mercati depressi, vendere beni non è molto più facile. Quanto detto finora, infatti, evidenzia come chi concede credito tenda ad aggiustare il grado d’indebitamento inizialmente intervenendo sulla dimensione di bilancio, lasciando il valore dell’equity invariato, e solo successivamente attraverso azioni dirette sul valore del capitale proprio.