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Farmaci Biologic

SPONDILO-ARTRITI SIERO NEGATIVE

Le spondilo-artriti sieronegative, caratterizzate dalla assenza nel siero del FR, sono un gruppo eterogeneo di malattie reumatiche infiammatorie, caratterizzate da segni clinici che le distinguono dall’ AR. Tra questi sono caratteristici: il coinvolgimento infiammatorio dello scheletro assiale (colonna vertebrale e articolazioni sacro-iliache), l’artrite asimmetrica, le entesiti e la presenza di altre condizioni nosologiche non reumatiche come la psoriasi, le malattie infiammatorie intestinali, le infezioni (uretrite, cervicite) e le uveiti. Sono classificate tra le spondilo- artriti sieronegative: la Spondilite Anchilo sante (SA), l’Artrite

Psoriasica (AP), le artriti para-infettive e la Sindrome di Reiter (SR), le Artriti Enteropatiche (AE). Alcune forme di spondilo-artrite, spesso

osservate nelle fasi precoci, non possono essere classificate tra le forme descritte per assenza di elementi anamnestici, laboratoristici o radiologici tipici e vengono quindi definite Spondiloartriti Indifferenziate . La prevalenza di queste malattie, complessivamente considerate, è simile a quella dell’ AR ed è maggiore nei paesi nordici. A differenza dell’AR non incidono maggiormente nel sesso femminile, sono parimenti rilevabili nei due sessi ed esordiscono in soggetti più giovani (picco di incidenza nella terza decade). Nonostante non siano note le cause delle spondiloartriti croniche, la patogenesi è determinata dalla rottura dell’equilibrio tra produzione di citochine pro-infiammatorie rispetto a quelle anti-infiammatorie. Ciò è dimostrato dalla efficacia clinica dei nuovi farmaci biologici anti-Tumor Necrosis Factor alfa (TNFalfa) nella SA e nella AP.

La aggregazione familiare dei casi, i rapporti con determinate infezioni e la stretta associazione con l’antigene HLA B27, fanno ipotizzare la presenza di una predisposizione genetica allo sviluppo delle artriti sieronegative.

Il problema maggiore di queste malattie, specialmente delle spondiliti senza artrite periferica, è rappresentato dalla diagnosi tardiva.

L’anamnesi contribuisce in modo fondamentale al raggiungimento della diagnosi. In presenza di dolore persistente a riposo con rigidità al risveglio del rachide lombare che migliora con il movimento, entesite o oligoartrite periferica non possono essere trascurati elementi anamnestici quali la presenza o la familiarità per psoriasi, le caratteristiche dell’alvo (diarrea), pregresse infezioni mucose urogenitali e infiammazioni oculari. Tra gli esami di laboratorio possono contribuire ad avvalorare il sospetto diagnostico di spondilo-artrite il riscontro di elevazione degli

indici di flogosi come PCR e del fenotipo HLA B27.

Gli esami radiologici convenzionali possono dimostrare le tipiche calcificazioni e ossificazioni sindesmofitiche del rachide, il rimaneggiamento sacroileitico e gli esiti di entesiti periferiche. Nelle fasi precoci di malattia questi esiti sono tuttavia non ancora osservabili con la radiologia convenzionale. Risultano quindi preziose le informazioni derivanti dalla ecografia dei tendini e del loro sito di inserzione osseo (entesi) e, per le sacro-iliache, la dimostrazione in RM di edema

dell’osso sub-condrale a testimonianza di sacroileite.

La diagnosi differenziale delle spondilo-artriti sieronegative comprende numerose e frequenti malattie reumatiche che possono coinvolgere il rachide e le articolazioni periferiche (tabella 3 ).

Ad eccezione delle forme para-infettive (SR), le spondilo-artriti sieronegative tendono alla cronicizzazione e all’instaurarsi di progressiva disabilità sostenuta dalla spondilite tendente alla anchilosi e al possibile intervento di erosioni e deformazioni articolari, specie nella forma psoriasica. Le entesiti e le tenosinoviti che caratterizzano queste condizioni sono generalmente meno sensibili alla azione dei corticosteroidi e dei convenzionali farmaci anti- reumatici (Mtx, Sulfasalazina, Ciclosporina, Lnf) rispetto all’AR. Risultano clinicamente più efficaci, rispetto all’AR, FANS che non sono tuttavia in grado di modificare il decorso del danno anatomico osteo-articolare. La rieducazione funzionale e l’adozione di abitudini di vita che comprendano la costante esecuzione di esercizio fisico sono indispensabili per conservare la funzionalità del rachide.84

Spondilite Anchilosante

La SA è tra le spondiloartriti la patologia più comune e con il decorso più severo. La SA è una malattia reumatica infiammatoria cronica che coinvolge prevalentemente il rachide e le articolazioni sacroiliache. Tale condizione è responsabile di dolore lombare, rigidità e progressiva riduzione della capacità funzionale del rachide con gravi conseguenze sugli aspetti socio-economici. 85

Nel gruppo delle malattie reumatiche infiammatorie, la SA è la diagnosi più comune dopo l’AR. La sua prevalenza è stata a lungo sottostimata. La SA e le Spondiloartriti Indifferenziate sono i sottogruppi più comuni nei paesi occidentali, con una prevalenza compresa tra 0.2 e 1.2 %.86 La SA ha un'incidenza 3 volte maggiore nel sesso maschile ed esordisce in

genere in soggetti giovani con età compre sa tra i 20 e i 40 anni. È 10-

20 volte più frequente in parenti di primo grado di pazienti con SA, rispetto alla popolazione generale e l'aumentata prevalenza dell'antigene tissutale HLA-B27 nei bianchi o HLA-B7 nei neri, suggerisce una predisposizione genetica, benché fattori ambientali possano svolgere un ruolo determinante nell’esordio. Si stima che il rischio potenziale di sviluppare la SA, per individui con HLA-B27 positivi, è di circa il 20%.

E’ la patologia umana con la più forte associazione mai descritta con un antigene HLA: esso è rilevabile inoltre il 90% dei pazienti portatori di SA.

Quadro Clinico

Il sintomo d'esordio più frequente è la lombalgia, prevalentemente notturna durante il riposo, che migliora con il movimento, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia.

Il paziente descrive il dolore lombare come “fastidio”, “peso”, “fasciatura”, “senso di costrizione” di intensità variabile e mal localizzato. Raramente il dolore è “acuto” o “trafittivo”. Nella maggior parte dei casi il dolore è irradiato alla natica e comunque in una vasta zona del bacino. Esso è espressione di un processo flogistico che, a partenza dall’osso sub-periosteo, si estende alle entesi e ai punti di ancoraggio delle strutture ligamentose delle sacro-iliache e dei corpi vertebrali.

Il sonno è spesso disturbato dal dolore e il paziente è costretto ad alzarsi e a compiere movimenti di estensione e flessione del rachide. Talvolta con il movimento ottiene una tale riduzione del sintomo che il sonno può essere ripristinato.

Il miglioramento del dolore con il movimento è un elemento distintivo rispetto alle forme degenerative del rachide e dalle discopatie, dove viceversa il movimento e lo sforzo possono rappresentare elementi scatenanti o peggiorativi del dolore.

La scarsa intensità del dolore, la difficoltà ad una traduzione verbale univoca del sintomo e della sede, i frequenti periodi di spontaneo miglioramento che sono possibili all’esordio e la sottovalutazione del sintomo per la sua grande prevalenza nella popolazione generale, sono i principali responsabili della diagnosi tardiva della SA.

Nelle fasi più evolute della SA la persistenza del processo flogistico si estende a tratti sempre più estesi della colonna e si instaurano

calcificazione e ossificazione delle strutture ligamentose e delle entesi con conseguente irreversibile danno della anatomia del rachide. Oltre al dolore si verifica quindi una progressiva alterazione della postura del rachide che diviene ipomobile su tutti i piani con riduzione della escursione in flessione, estensione, torsione e lateralità. La limitazione di questi movimenti viene misurata con opportuni tests a scopo diagnostico e per valutarne le modificazioni durante la terapia medica e riabilitativa.

Figura 18: manovre diagnostiche

Il mantenimento di una postura in flessione o inclinata in avanti migliora la lombalgia e lo spasmo dei muscoli paraspinali, pertanto, è comune una cifosi di vario grado. Il paziente viene ad assumere un caratteristico atteggiamento posturale, a seconda del grado di coinvolgimento della colonna. Caratteristiche sono, nel coinvolgimento cervicale, la lateralità dello sguardo e la rotazione di spalle e tronco quando il paziente si deve volgere indietro, a suggerire la scarsa capacità di estensione e torsione del collo, o la iperflessione dell’anca a rachide immobile nel tentativo di cogliere un oggetto da terra. Spiccano la rettilineizzazione del rachide lombare e cervicale con cifosi dorsale.

Figura 19:manovre diagnosti che

Nei casi in cui si verifica un interessamento diffuso delle strutture costo- vertebrali e/o costo-sternali si può ridurre l’espansibilità toracica con conseguente dispnea e ridotta adattabilità respiratoria allo sforzo. Nelle fasi molto evolute di SA si possono manifestare complicazioni neurologiche come radicoliti o sciatalgie da compressione, fratture o sublussazioni vertebrali, la sindrome della “cauda equina” (impotenza funzionale, incontinenza urinaria notturna, diminuzione dello stimolo alla minzione e alla defecazione, assenza dei riflessi achillei). Oltre al coinvolgimento assiale possono essere manifeste, fin dall’esordio, particolarmente nei bambini e nelle donne, localizzazioni flogistiche periferiche delle strutture articolari o periarticolari. In una minor parte dei casi il coinvolgimento artritico periferico può manifestarsi clinicamente in anticipo rispetto all’impegno assiale. Sebbene in misura minore rispetto alle altre spondiloartriti sieronegative può essere rilevata una mono-oligo-artrite asimmetrica che in genere coinvolge grandi articolazioni, come il ginocchio o la tibio-tarsica. Caratteristicamente si tratta di una tenosinovite ove spicca il coinvolgimento flogistico della entesi e del tendine. La “tallonite” con tendinite dell’achilleo è di frequente riscontro ed è rilevabile clinicamente e con ecografia. La tendenza alla ossificazione dei punti di inserzione tendinea, osservabile con tradizionale radiologia, può contribuire all’orientamento diagnostico.

In circa 1/3 dei pazienti sono riscontrabili manifestazioni sistemiche che variano da ricorrenti episodi di irite acuta, abitualmente autolimitantesi (uveite anteriore) e raramente tanto gravi da danneggiare la vista, a

sintomi aspecifici come febbricola e astenia, perdita di peso e anemia, generalmente ipocromica-microcitica secondaria alla flogosi cronica. Raramente l’uveite anteriore può precedere i sintomi articolari o essere già manifesta all’esordio.

Assai meno comuni le manifestazioni cardiovascolari tra cui l’insufficienza aortica, rari episodi di angina, pericardite e anomalie di conduzione all'ECG. L'interessamento polmonare è molto raro (fibrosi del lobo superiore) .

Diagnosi

La diagnosi di una forma conclamata di SA in fase flogistica e che abbia già determinato le tipiche alterazioni morfologiche sacroileitiche e del rachide non è difficoltosa. Le caratteristiche del dolore, la tipica postura del paziente, la presenza dell’antigene HLA B27 e l’incremento degli indici di flogosi, quali la VES e la PCR, accanto alla dimostrazione radiologica dei tipici sindesmofiti simmetrici e della calcificazione del ligamento longitudinale anteriore, rendono univoca la diagnosi. Tuttavia in questa fase di malattia il danno anatomico instauratisi è irreversibile e la disabilità conseguente solo parzialmente recuperabile.

Il problema fondamentale della SA è rappresentato dalla diagnosi tardiva. Al fine di perseguire la diagnosi precoce si rende necessario realizzare un patto di comportamento che, a partire dal paziente, coinvolga il medico di medicina generale e tutte le altre figure assistenziali cui il malato riferisce i primi sintomi. Questa malattia va portata, al pari di altre condizioni reumatiche, ad essere conosciuta, almeno nella sua esistenza perché possa essere sospettata all’emergenza. Una buona pratica clinica suggerirebbe di avvalorare i segni clinici dolore persistente, anche se episodico, del rachide, del bacino posteriore e dei talloni, avviando un percorso che passi dalla valorizzazione dell’anamnesi (familiarità o presenza di psoriasi, caratteristiche dell’alvo, concomitanza di infezioni, dolore a riposo, miglioramento con il

movimento) alla esecuzione di semplici ed economici esami di laboratorio e strumentali. Il livello di allerta dovrebbe essere maggiore

nei soggetti più giovani ove questi sintomi difficilmente sono ascrivibili

con elevata probabilità alle più frequenti patologie degenerative del rachide. Nei soggetti con meno di 40 anni che lamentano rachialgia ricorrente o tendinite recidivante è facilmente ed economicamente ricercabile la presenza di indici laboratoristici di infiammazione (VES

e PCR). Al sospetto diagnostico dovrebbe conseguire il riferimento allo

specialista che provvederà alla accurata rilevazione del grado di coinvolgimento del rachide e delle articolazioni periferiche, procedendo inoltre alla diagnosi differenziale. La ricerca del fenotipo HLA B27 e le indagini strumentali radiologiche, per la conferma diagnostica, rappresentano il secondo livello specialistico dell’approccio diagnostico. La radiologia si conferma importante nella determinazione della diagnosi della SA.

Le alterazioni radiologiche, specie in fase avanzata della malattia, sono tipiche e comprendono quadri di sacroileite mono o bilaterale, erosioni e sclerosi ossea reattiva (opacità dell’osso subcondrale) che risulta generalmente più evidente sul versante iliaco dell’articolazione. Caratteristiche dello scheletro assiale sono le alterazioni determinate dalla flogosi degli strati superficiali dell’anulus fibrosus, nelle sedi di inserzione ai margini dei corpi vertebrali con induzione di una sclerosi ossea reattiva (“angoli splendenti”) ed il conseguente riassorbimento osseo (erosioni). Al termine di questo processo il corpo vertebrale tende ad assumere l’aspetto della vertebra “squadrata” (radiogrammi in proiezione latero-laterale); pertanto si assiste alla graduale formazione di “ponti” ossei intervertebrali chiamati sindesmofiti. Alterazioni di tipo infiammatorio coinvolgono spesso anche le articolazioni interapofisarie che a loro volta vanno incontro ad anchilosi; il tutto può essere complicato dalla ossificazione dei legamenti interspinosi. Nel loro complesso, queste modificazioni, sono responsabili dell’anchilosi completa della colonna (“colonna a canna di bambù”) che si manifesta

soprattutto in pazienti con spondilite di lunga durata (oltre 7 anni) ed in stretta dipendenza all’aggressività della malattia stessa. L’osteoporosi della colonna, sebbene compaia più frequentemente in pazienti malati da lungo tempo, si può anche sviluppare nelle fasi precoci. Il coinvolgimento flogistico delle articolazioni costo-vertebrali può determinare una riduzione della mobilità della gabbia toracica con deficit restrittivo della meccanica respiratoria, documentabile con prove spirometriche di funzione respiratoria.

La sacroileite, spesso bilaterale, è la localizzazione flogistica che compare nelle fasi più precoci di malattia. Con la radiologia convenzionale una sacroileite iniziale non è riconoscibile. La RM si è dimostrata superiore, nelle fasi iniziali di sacroileite, nell’evidenziare il tipico edema dell’osso subcondrale, ad avvalorare il sospetto clinico del dolore tipicamente irradiato alla natica e al dolore acuto evocato dalla pressione sulle rime articolari.87 Posta la diagnosi di SA, lo studio ecografico, del cuore può dimostrare le alterazioni dell’anulus della valvola aortica.

Terapia

La costante esecuzione di un corretto esercizio fis ico e l’impiego di FANS rappresentano l’approccio più corretto alla gestione del malato con SA.88 Gli esercizi fisici, impartiti mediante programmi educazionali, devono essere eseguiti dal paziente quotidianamente.

L’indometacina, il diclofenac, l’ibuprofene, il ketoprofene, il naprossene e gli inibitori selettivi della COX-2 sono, tra i FANS, i più efficaci e maggiormente utilizzati. Le molecole appartenenti a questa grande famiglia di farmaci sono ragionevolmente tutte utilizzabili, a dosaggi variabili, nel tentativo di conservare un accettabile rapporto tra efficacia e i potenziali (e/o reali) effetti tossici.

L’impiego dei corticosteroidi e DMARDs, quali la Sulfasalazina, il Mtx e la Lnf, vengono impiegati nelle forme maggiormente aggressive ed

evolutive, con importante componente flogistica, nonostante molti studi controllati non ne abbiano dimostrato la capacità di interferire con l’evoluzione del danno spondilitico, a differenza di quanto osservato nella AR. I DMARDs sono maggiormente attivi nelle forme di SA con coinvolgimento artritico periferico.

La terapia della SA si è arricchita di nuovi farmaci come per AR, che si stanno dimostrando in grado di sopprimere la flogosi e prevenire l’evoluzione del danno articolare. Tali farmaci sono gli stessi dell’AR: la prima di queste molecole, sintetizzate mediante tecniche di biotecnologia genetica, è Ifx, un anticorpo monoclonale chimerico (uomo/topo) che lega selettivamente il TNFalfa solubile rendendolo inattivo. Vi sono evidenze che l’impiego di Ifx nelle fasi iniziali del processo spondilitico, come la sacroileite dimostrata in RM, può determinare una reversione dell’edema osseo subcondrale, a testimonianza di una regressione del danno flogistico. Oltre a Ifx sono (come già trattato per AR) disponibili altri farmaci biologici anti TNFalfa: Etanercept che è il recettore antagonista del TNFalfa e beta, e Adalimumab, altro anticorpo monoclonale. Anche per queste molecole vi sono forti evidenze sulla loro efficacia nella SA aggressiva.

Artrite Psoriasica

L' AP è una malattia reumatica infiammatoria cronica associata alla psoriasi. Viene classificata con le spondiloartriti sieronegative (assenza del FR) e presenta una vasta eterogeneità del tipo di presentazione, decorso e articolazioni colpite. In un elevato numero di casi il coinvolgimento erosivo poliarticolare, al pari di quanto osservato nell’AR, è responsabile di disabilità e riduzione della qualità di vita. Nei soggetti con persistente quadro infiammatorio anche la aspettativa di vita è ridotta rispetto alla popolazione generale. L'eziologia è sconosciuta. A differenza della SA e delle forme reattive para-infettive non vi è una stretta associazione con l’antigene HLA B27 che è più frequente nei

malati di AP con coinvolgimento spondilitico. L’AP si manifesta in circa il 5 – 30 % dei malati di psoriasi (1) e, nella popolazione generale, la sua prevalenza è sottostimata, soprattutto perché AP può essere diagnosticata in soggetti “sine psoriasi”, ma con familiarità di primo grado con portatori di psoriasi. Il picco di incidenza è tra i 20 e i 40 anni senza distinzione tra i sessi. 89

Quadro clinico

In oltre il 75% dei casi l’insorgenza della psoriasi precede quella dell’artrite. In un paziente con psoriasi il rischio di sviluppare AP è maggiore se ha familiarità per AP, se la psoriasi è estesa e se è localizzata anche alle unghie e se è presente l’antigene HLA B27 o B7.90 In base al tipo e alla localizzazione del coinvolgimento infiammatorio articolare vengono classicamente distinti diversi tipi di AP. La variante più frequente è quella simil-reumatoide, a differenza di quanto ritenuto in passato, dove si osserva una poliartrite simmetrica che coinvolge le piccole articolazioni delle mani e dei piedi (3). A differenza dell’AR sono frequentemente colpite le articolazioni interfalangee distali.

In queste sedi, prevalentemente nei pazienti che presentano onicopatia psoriasica, si possono osservare erosioni e deformazioni che sono clinicamente e radiologicamente difficili da distinguere dalla variante erosiva dell’osteoartrosi. La dattilite, con tumefazione in toto di un dito per il coinvolgimento infiammatorio delle strutture periarticolari ed edema linfatico, è una manifestazione caratteristica della AP. Anche le grandi articolazioni sono spesso coinvolte in modo asimmetrico e con importante componente tenosinovitica ed entesitica. Sempre a distinzione dell’AR sta il possibile coinvolgimento infiammatorio del

rachide e delle articolazioni sacroiliache.

Rispetto alla AR i pazienti co AP lamentano rigidità mattutina meno prolungata e il dolore è ridotto e più sensibile ai FANS. La ridotta

componente algica dell’AP,91 rappresenta un elemento di

sottovalutazione del quadro clinico e ritardo diagnostico. Si possono osservare forme con mutilazioni articolari e deformità di grado evoluto (dita a cannocchiale) decorse in modo paucisintomatico. Si ritiene che questo tipo di evoluzione del danno sia sostenuto da un processo flogistico che induce denervazione e conseguente ridotta percezione del dolore. Frequente è la monoartrite di ginocchio, responsabile di un elevato numero di manovre chirurgiche ortopediche sia diagnostiche (biopsia sinoviale) sia terapeutiche (sinoviectomia). Nei soggetti con AP sono frequenti le entesiti, multiple o isolate. Il coinvolgimento del tendine di Achille, la fascite plantare, la flogosi delle inserzioni muscolo- tendinee pelviche sono frequenti. Inoltre in molti soggetti (variante con spondilite) sono evidenti sacroileite e spondilite, con i relativi sintomi e segni. A differenza della Spondilite Anchilosante Idiopatica il

coinvolgimento delle sacro-iliache è spesso asimmetrico.

Va ricordata una rara variante dove l’ associazione fra psoriasi pustolosa palmo-plantare e una forma articolare distinta, caratterizzata dal coinvolgimento della parete toracica anteriore oltrechè da iperostosi spinale e osteomielite sterile multifocale la fa definire sindrome SAPHO (Sinovite, acne, pustolosi, iperostosi e osteomielite).

In alcuni soggetti con AP può esservi coinvolgimento oculare (congiuntivite, iridociclite), come in altre spondilo-artriti.

L’esordio dell’AP è generalmente subdolo e il decorso variabile tra forme persistenti e forme con artrite episodica. Un esordio acuto di severa psoriasi con artrite deve indurre alla esecuzione di tests per l’esclusione di infezione da HIV.

Diagnosi

La presenza di psoriasi, anche minima (localizzazione al cuoio capelluto o pitting ungueale) o familiarità per tale malattia vanno ricercate in ogni soggetto, soprattutto giovane, che presenti artralgia, artrite, rachialgia, entesite o tendinite. Non vi è correlazione tra il tipo di psoriasi e il tipo e grado di coinvolgimento articolare. Quando è evidente artrite delle interfalangee distali, è presente psoriasi ungueale nella maggior parte dei casi. La dattilite singola può generare confusione diagnostica differenziale con infezioni della falange distale o con l’artrite gottosa o pseudo-gottosa. La diagnosi differenziale con la gotta è talvolta difficile perché l’uricemia può dimostrarsi moderatamente incrementata nei malati di psoriasi. In questo caso la necessità di dimostrare l’assenza dei cristalli di acido urico o di pirofosfato di calcio nel liquido sinoviale può rappresentare una importante indicazione all’artrocentesi diagnostica. L’aspetto delle mani del soggetto con AP che coinvolge le IFD induce difficoltà diagnostico-differenziale con l’osteoartrosi delle mani. Sono evidenti noduli e deviazioni della falange ungueale che clinicamente sono sovrapponibili ai quadri artrosici. In questi casi anche la interpretazione radiologica può essere difficoltosa, specie nella distinzione con la variante erosiva dell’ osteoartrosi. In quest’ultima forma le erosioni sono generalmente centrali, mentre nella forma psoriasica sono laterali sulla epifisi iuxta-articolare della falange

intermedia e centrali in quella distale a configurare la classica immagine

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