Il gap dell’IVA56 è stimato con il metodo top down, confrontando le grandezze IVA potenziali con quelle dichiarate al fisco. Le prime sono ricavate rendendo coerenti i dati di Contabilità nazionale con la normativa tributaria, le seconde impiegano i dati provenienti dalle dichiarazioni fiscali e dai flussi di finanza pubblica. Le informazioni su cui si fondano le elaborazioni possono essere provvisorie o parziali rispetto alle ultime due annualità pubblicate.
La stima dell’IVA potenziale si ottiene utilizzando i dati relativi a consumi e investimenti (sia pubblici sia privati), depurandoli da tutte le transazioni che non rimangono incise dal tributo57 (connesse in gran parte ai fenomeni derivanti da erosione), così da ottenere una base imponibile potenziale. Applicando a quest’ultima le corrispondenti aliquote di legge si calcola il gettito potenziale. Tale gettito è messo a confronto con l’adempimento spontaneo dei contribuenti agli obblighi fiscali, ricostruito a partire dalle informazioni sul gettito IVA di competenza, ossia dall’imposta effettivamente generata dal sistema economico a seguito delle transazioni gravate dal tributo nel periodo di riferimento. Il gettito di competenza economica si fonda, prevalentemente, sui flussi coinvolti nella gestione di cassa del tributo, evidenziati della Tabella 3.D.1. Nella prima colonna è indicata l’IVA lorda da adempimento spontaneo58, che rappresenta l’imposta dovuta versata all’Erario a seguito delle transazioni effettuate sul mercato nazionale e quelle derivanti dalle importazioni.
56 Per la descrizione della metodologia si rimanda alle note metodologiche. Per approfondimenti si veda D’Agosto et al. (2013, 2014, 2016).
57 Nell’ambito delle transazioni escluse si annoverano quelle riferite ai beni e i servizi illegali ad esclusione del contrabbando di tabacchi per il quale esiste un equivalente mercato legale.
58 L’ammontare in oggetto esclude gli introiti derivanti da attività di accertamento e controllo e non comprende le somme versate per condoni e sanatorie.
TABELLA 3.D.1: FLUSSI CHE CONCORRONO ALLA FORMAZIONE DEL GETTITO IVA DI COMPETENZA. ANNI 2012-2017 (MILIONI DI EURO)
Anni IVA lorda IVA competenza
economica Stock crediti Variazione stock
crediti IVA effettiva di competenza (IVAEC)
(1) (2) (3) (4) (5)
2012 115.234 93.457 38.536 -1.719 95.176
20131 112.273 90.992 35.910 -2.626 93.618
2014 114.490 93.473 34.456 -1.454 94.927
20152 119.376 97.422 35.309 853 96.570
2016 124.336 99.013 36.161 852 98.161
20173 129.574 103.151 40.683 4.522 98.629
Fonte: elaborazioni Agenzia delle entrate.
1 L’aliquota standard passa dal 21% al 22% (1 ottobre 2013).
2 Introduzione dello split payment ( 1 gennaio 2015).
3Allargamento dello split payment (luglio 2017).
Il gettito IVA è al lordo delle rettifiche indotte dai rimborsi e dalle compensazioni. Tenendo conto di queste correzioni e dell’aggiustamento dovuto allo slittamento tra il criterio di competenza giuridica e quello economico dell’imposta, si giunge all’IVA di competenza economica (colonna 2). Con il termine stock di crediti (colonna 3) si definisce l’ammontare di crediti che il contribuente può traslare all’anno di imposta successivo a quello della dichiarazione, indicato nell’apposita riga del quadro IVA. La variazione dello stock di crediti, quindi, misura il credito IVA non portato in detrazione nelle liquidazioni periodiche, né richiesto in rimborso e compensazione.
Per avere una rappresentazione dell’IVA effettiva di competenza (IVAEC) (colonna 5) coerente con i criteri di contabilizzazione dei Conti nazionali (utilizzati nel metodo top down), è necessario sottrarre all’IVA di competenza economica (colonna 2) la variazione dello stock di crediti (colonna 4).
In base alle norme adottate in sede comunitaria, l’aggregato considerato per il calcolo dei flussi di finanza pubblica è quello dell’ IVA di competenza economica59, colonna 2 della tabella 3.B.1, e non l’IVAEC, colonna 5. Quindi, al fine di effettuare delle comparazioni internazionali del tax gap dell’IVA, si utilizza la prima definizione invece che la seconda60. Nel medio periodo, le stime effettuate con i due diversi aggregati di gettito, tendono a coincidere, pur presentando degli sfasamenti temporali che possono assumere un’entità rilevante.
L’analisi in serie storica di IVAEC mette in luce una brusca flessione, -1,6%, nel 2013, imputabile anche al perdurare della fase economica negativa del ciclo. Segue, nel 2014, un incremento dovuto sia all’effetto dell’innalzamento dell’aliquota standard, dal 21% al 22%, sia all’uscita dalla fase recessiva. La dinamica positiva del gettito continua nel 2015 e nel 2016, rispettivamente +1,7% e +1,6%, sospinta, oltre che dal ciclo favorevole, anche dall’introduzione dello split payment.
Nel 2017, si assiste ad una marcata divergenza tra IVA di competenza economica e IVAEC: con la prima che aumenta del 4,2%, mentre la seconda presenta una dinamica piuttosto contenuta (+0,5%). Ciò è dovuto al fatto che lo stock di crediti cresce di 4,5 miliardi di euro, importo che rappresenta l’incremento massimo rispetto ai valori precedenti della serie storica. Tale variazione è in parte fisiologica e riconducibile al provvedimento relativo all’estensione dello split payment alle società partecipate della Pubblica amministrazione e a quelle quotate nel FTSE MIB61. La serie
59 La procedura è quella definita in sede comunitaria in accordo con il regolamento SEC95 e successive modificazioni.
60 Si veda CASE (annate varie).
61 Il provvedimento è entrato in vigore a partire dal mese di luglio.
dello stock di crediti ha subito, quindi, per effetto dell’estensione dello split payment, un break strutturale nel 2017, che la porrà su livelli significativamente superiori a quelli dei periodi precedenti. A partire dal 2018, tale shock sarà acquisito e non provocherà più differenze così significative tra le dinamiche dell’IVAEC e quelle dell’IVA di competenza economica.
Dai flussi IVA, applicando una opportuna aliquota desunta dalle dichiarazioni fiscali, si ottiene la base imponibile dichiarata dai contribuenti (BID), mentre la base potenziale (BIT) si calcola utilizzando i dati di Contabilità nazionale, che includono al loro interno l’economia sommersa62. Sottraendo alla base potenziale (BIT) quella dichiarata (BID) si ottiene una misura della base imponibile sottratta agli obblighi di legge (gap di base IVA).
Per avere una misura più accurata dell’impatto che il gap ha sui saldi di finanza pubblica, lo stesso può essere misurato in termini di imposta. Applicando alla BIT le aliquote di legge è possibile calcolare l’imposta potenziale che sarebbe generata dal sistema in assenza di evasione (IVAT). Sottraendo a quest’ultima l’IVAEC risulta agevole quantificare l’ammanco per le casse dello Stato, cioè l’IVA non versata (IVANV), ovvero il vero e proprio gap IVA. Dal rapporto tra IVANV e IVAT si ottiene un indicatore di compliance relativo all’imposta, che comprende sia l’imposta non dichiarata correttamente al fisco sia la parte dichiarata e non versata.
La Tabella 3.D.2 riporta le stime delle diverse misure di compliance calcolate per gli anni 2012-2017. Rispetto all’edizione precedente della Relazione, le stime63 delle ultime due annualità sono revisionate per incorporare gli aggiornamenti nelle fonti dei dati impiegati, in particolare della componente dei consumi delle famiglie e quella dei costi intermedi della Amministrazioni pubbliche e quelli delle imprese.
TABELLA 3.D.2: GAP IVA (IPOTESI SENZA CONSENSO, IN MLN DI EURO) E RAPPORTI RISPETTO AL POTENZIALE (PROPENSIONE IN %) E AL PIL. ANNI 2012-2017.
Aggregato Tipologia 2012 2013 2014 2015 2016 2017
Gap IVA in mln di euro
(IVANV)
Non dichiarato 27.881 26.614 27.338 25.442 26.236 27.054
Dichiarato e non
versa-to 1 8.432 8.424 9.253 9.519 9.816 10.122
Totale non versato 36.312 35.038 36.591 34.961 36.051 37.176
Gap IVA
Fonte: elaborazioni Agenzia delle entrate.
1 dati desunti dai controlli automatici ai sensi dell’art. 54 bis del D.P.R. 633/72.
Nell’intervallo 2012-2017 la media del gap in valore è pari a 36 miliardi, il valore minimo, circa 34,9 miliardi, viene raggiunto nel 2015. Nel 2017, l’ammontare del gap per l’IVA è di circa 37 miliardi, con una crescita di circa un miliardo rispetto all’anno precedente.
Per avere una misura della compliance occorre considerare la propensione a non versare l’imposta, ossia il rapporto tra gap e imposta potenziale (Tabella 3.B.2). Tale indicatore oscilla
62 Esistono due stime della base potenziale, a seconda dell’ipotesi che si formula sulle modalità di realizzazione dell’evasione IVA: con consenso, tra venditore ed acquirente, e senza consenso, ovvero il venditore fattura regolarmente all’acquirente e poi non versa l’IVA. Per motivi di confrontabilità con analoghe stime effettuate in ambito europeo, nel testo sono presentati unicamente i risultati relativi all’ipotesi senza consenso. Si veda: Fiscalis tax gap Project Group (2016).
63 Per approfondimenti si veda l’appendice A.1.
tra 27,8% (2014) e 26,6% (2015). Nel 2015, il rapporto tra gap e imposta potenziale esprime la riduzione più rilevante del periodo considerato, pari a -1,2 punti percentuali. Nell’anno successivo, sostanzialmente, si mantiene il guadagno acquisito nell’anno precedente e la propensione aumenta lievemente (+0,28 punti percentuali).
Il 2017 merita una menzione particolare: la propensione a non adempiere l’imposta, calcolata utilizzando IVAEC, rivela un ulteriore lieve peggioramento rispetto al 2016 (+0,5 punti percentuali), pur rimanendo comunque al di sotto del valore del 2014. Se nel calcolo fosse stata utilizzata l’IVA di competenza economica, il segno sarebbe stato invertito. Si sarebbe registrato un sensibile miglioramento della compliance, con una riduzione della propensione di circa due punti percentuali. Ciò implica che i flussi di bilancio pubblico hanno beneficiato, nel 2017 di un extra-gettito dovuto alla riduzione del gap per l’IVA, ma che tale effetto, in termini di effettiva competenza economica si registrerà negli anni seguenti.
Mediante l’impiego di informazioni amministrative è possibile distinguere, nell’ambito del gap complessivo, la componente ascrivibile alla specifica intenzione di non dichiarare l’imposta dalla componente riconducibile, almeno in parte, ad errori nell’interpretazione delle norme o a carenze di liquidità (contribuenti che dichiarano di dover pagare l’imposta ma non effettuano il versamento). Quest’ultima è derivata dagli esiti controlli automatici effettuati, dall’Agenzia delle entrate su tutte le dichiarazioni presentate, ai sensi dell’articolo 54-bis del Decreto del Presidente della Repubblica 26 Ottobre 1972, n. 633. Attualmente i dati, disponibili in versione pressoché definitiva, riguardano gli anni 2012-2015, mentre quelli riferiti al 2016 e al 2017 sono stimati in ragione della dinamica del gap complessivo. Il valore dei mancati versamenti è pari a 8,4 miliardi nel 2012 e 2013 e cresce progressivamente negli anni successivi, raggiungendo i 9,5 miliardi nel 2015. La quota dei mancati versamenti sul gap complessivo oscilla tra il 23,2% del 2012 e il 27,2% del 2015.
Per valutare quanta parte dell’ammontare dei beni e servizi prodotti nell’economia in ciascun anno rappresenta il mancato gettito IVA, il gap dell’IVA viene espresso in termini di PIL (riga 3 Tabella 3.B.2): il rapporto è pari al 2,3% nel 2012, negli anni successivi tende a ridursi, nel 2015 e 2016 è pari al 2,1% mentre nel 2017 è pari al 2,2%.
In analogia con le quelle nazionali, le stime territoriali64 del gap dell’IVA sono effettuate utilizzando i dati di Contabilità nazionale disaggregati su base regionale e alcuni specifici dati dichiarativi che consentono un’opportuna articolazione del gettito relativo. Per identificare una misura regionale del gap dell’IVA, sia il gettito teorico sia quello gettito di competenza sono ripartiti territorialmente. In questa articolazione occorre tenere conto di due aspetti importanti, il concetto di IVA correlata al luogo di consumo e di IVA riferita alla sede legale dell’impresa.
Mentre il gettito teorico emerge, e quindi viene stimato, laddove la spesa viene effettuata, quindi per luogo di consumo, l’imposta viene versata sul territorio, laddove l’impresa ha la sede legale.
Per poter effettuare un confronto opportuno tra le due grandezze territoriali si utilizza il quadro VT della dichiarazione IVA che contiene informazioni sull’articolazione del gettito dichiarato per la regione dove è stata effettuata la spesa. Dal raffronto tra le grandezze teoriche e quelle effettive derivano i livelli di gap dell’imposta e della sua propensione.
La Tabella 3.D.3 riporta la disaggregazione del gap dell’IVA per macro ripartizione territoriale, sia in valore assoluto, sia in termini di propensione. I dati presentati sono la media degli anni 2012-201665. Dall’osservazione della distribuzione territoriale del gap dell’IVA risulta che alle regioni del Nord è ascrivibile il 54% dell’ammontare complessivo, circa 18 miliardi di euro, mentre è ascrivibile alle regioni del Centro e del Sud-Isole il restante 46%. La percentuale più alta del gap, il 34% (poco più di 12 miliardi di euro), si osserva nel Nord Ovest, mentre sia alle
64 Per approfondimento sul metodo si veda D’Agosto, Marigliani Pisani 2014.
65 Le stime sono coerenti con la serie del GAP IVA rilasciata nell’edizione 2018. Le annualità a cui si riferiscono i dati di contabilità nazionale territoriali sono pubblicate l ’anno seguenti a quello cui si riferiscono i dati nazionali.
regioni del Nord Est (sette miliardi di euro), sia all’area del Centro Italia (poco più di sette miliardi), è ascrivibile il 20% del gap. Nel complesso, l’Italia meridionale esprime un quarto del gap nazionale, di cui circa l’8% (2,8 miliardi di euro) nelle Isole e il rimanente 17% nelle altre regioni del Sud, per un valore di sei miliardi.
L’esame della distribuzione territoriale della propensione al gap dell’IVA rilascia una mappatura della compliance diversa rispetto a quella esposta in precedenza. Ciascuna delle aree del Centro Nord esprime una propensione al di sotto della media nazionale del periodo (27,1%):
solo il Nord Ovest ci si approssima, con il 27%, mentre il Nord Est esprime il 25,1% e Centro il 24,3%. La linea di demarcazione è piuttosto netta. Infatti, nel Meridione la propensione a non adempiere l’imposta supera di ben oltre quattro punti percentuali la media nazionale. Le Isole esprimono una propensione del 31,6%, mentre le altre regioni del Mezzogiorno del 32,4%.
TABELLA 3 D.3: GAP IVA PER RIPARTIZIONE TERRITORIALE IN LIVELLI (IPOTESI SENZA CONSENSO, IN MLN DI EURO) E RISPETTO AL POTENZIALE (PROPENSIONE IN %), MEDIA 2012-2016
Ripartizione Territoriale GAP IVA mil di euro Ripartizione territoriale
del GAP IVA Propensione al GAP IVA
NORD OVEST 12.234 34,4% 27,0%
NORD EST 7.086 20,0% 25,1%
CENTRO 7.231 20,4% 24,3%
SUD 6.098 17,2% 32,4%
ISOLE 2.866 8,1% 31,6%
ITALIA 35.516 100,0% 27,1%