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Una strada nascosta: vicolo di Tesmo

Nel documento Pompei L'immagine della strada (pagine 85-99)

“Questa che chiamo l’ultima Regione di Pompei, rinchiusa fra i due cardini ed i due decumani della città,… Essendovene scoverte tre sole isole dal lato occidentale, la medesima non può designarsi con un nome che la distingua dalle altre…”

G. Fiorelli, Descrizione di Pompei.267

Vicolo di Tesmo: storia degli scavi

Nell’agosto del 1852 gli scavi effettuati da Giuseppe Fiorelli portarono alla luce il lato occidentale dell’Insula 1 della Regio IX, procedendo nell’esplorazione della facciata verso nord, lungo via di Stabia, a partire dall’incrocio con “via dell’Anfiteatro”, primo nome dato a via dell’Abbondanza; il vicolo di Tesmo, pur essendo immediatamente a est dell’Insula (fig. III.3.1), rimase tuttavia, in quel momento, ancora inesplorato. Dall’angolo che l’Insula crea con via di Balbo, l’archeologo continuò gli scavi verso sud, svuotando gli edifici con una puntuale raccolta dei materiali rinvenuti. Dal 1855 per alcuni anni i lavori subirono un’interruzione e vennero ripresi solamente nel 1866 con Giuseppe Volpi, che portò alla luce la casa di Epidio Rufo (IX.1.20), attribuita inizialmente a Suedius Clemens

a causa di un’epigrafe trovata sulla facciata della bottega adiacente.268 Si iniziò poi

a scavare lungo il vicolo di Balbo, che separa le due insulae della IX regione, puntando verso est. All’inizio del 1867 i tre lati dell’Insula 1 che non si affacciano su vicolo di Tesmo e almeno due lati della 2, all’angolo di via di Stabia con vicolo di Balbo, erano scoperti; mancava ancora da liberare tutta l’area ad est di via di Stabia. A marzo, con ben trenta operai al giorno e dieci carri, si iniziò finalmente a scavare il vicolo di Tesmo; nel maggio del 1867 l’Insula 1 era completamente scoperta. Negli anni successivi viene concluso lo scavo della strada, mettendo in sicurezza gli edifici e tutte le strutture emerse. Per quanto riguarda l’area a est del

267 Fiorelli, 1875, 366.

vicolo, soprattutto quella relativa all’Insula 7, essa è rimasta fino ad oggi inesplorata: solo le facciate e gli ambienti più esterni, che si affacciano lungo il

vicolo di Tesmo, sono visibili.269

L’area del vicolo di Tesmo fu probabilmente edificata nel IV sec. a.C. durante la dominazione sannitica, quando la città espandendosi a oriente raggiunse le dimensioni attuali e il cardo e il decumano furono stabiliti rispettivamente lungo

via di Stabia e via dell’Abbondanza.270 Il vicolo, meno edificato e quindi meno

angusto rispetto alle dimensioni successive, fu per molti anni considerato arteria di primaria importanza per la circolazione interna, fino a quando in epoca romana la strada fu bloccata (vd. cap. 1, Traffico Cittadino). A causa della riduzione della carreggiata la via perse la sua importanza fino ad essere considerata secondaria, diventando in gran parte percorso pedonale; era stato bloccato al traffico il tratto dietro alle terme, da via di Nola all’incrocio con un primo vicolo (senza nome) anch’esso chiuso al traffico in direzione ovest, verso via di Stabia, ma lasciato aperto al transito veicolare nella sua sezione est, che conduce a via del Centenario; vicolo di Tesmo fu infine chiuso al traffico anche nell’ultimo tratto in direzione sud, con un blocco di pietra posto al centro della sede stradale all’incrocio con via di

Balbo.271

Vicolo di Tesmo: l’immagine della strada

Il vicolo di Tesmo si estende parallelamente a via di Stabia, incrociando quasi al centro via dell’Abbondanza, e appare come una prosecuzione di via del Citarista, strada che parte dalla cinta muraria, a est di porta di Stabia, e arriva fino a via di Nola. L’accesso al vicolo, fra due botteghe poste in via dell’Abbondanza, è sormontato oggi da un architrave ligneo, che sostiene i brandelli di un muro superiore (fig. III.3.2): probabilmente questo è ciò che resta di un corridoio che univa i piani superiori delle due abitazioni poste ai lati del vicolo. Al centro della strada vi è una pietra per l’attraversamento pedonale, assai funzionale in rapporto ai due marciapiedi laterali, che appaiono piuttosto alti rispetto al livello della

269 Corti, 1963, 196-236. Zevi, 1981, 16-18. Gallo, 2001, 5-7. 270 Van Tilburg, 2015, 57.

carreggiata; questa mantiene tuttora, per quasi tutta la lunghezza della via, solchi

molto profondi destinati al transito dei carri.272

Il lato est dell’Insula 1, ovvero il suo retro, che costeggia sul lato sinistro la parte

iniziale del vicolo, è povero di ingressi: ne troviamo solo due.273 All’interno del

primo vi era una stalla (IX.1.28), che apparteneva al liberto Thesmus come si deduce

dall’iscrizione (fig. III.3.3): L. ALBVCIVM AED. THESMVS. LIBERT. ROG.274 Il

secondo è invece un ingresso principale (IX.1.29), che introduce ad un atrio secondario della casa di M. Epidius Sabinus (IX.I.22), con l’accesso principale

rivolto verso via dell’Abbondanza.275 Davanti all’abitazione troviamo un secondo

passaggio pedonale (figg. III.3.5, III.3.6 e III.3.7).

Sul lato destro della strada, sempre nella sua parte iniziale, sorge l’Insula 7 (figg. III.3.4 e III.3.5). La prima entrata (IX.7.14), molto piccola e poco evidente, appartiene ad un edificio non ancora portato alla luce. Successivamente, si apre sulla via una cella meretricia (IX.7.15), parte di qualche struttura tuttora sepolta, di cui appare, fino al primo piano, solo la facciata. Esattamente di fronte all’abitazione IX.1.29, sull’altro lato della via, si scorge la casa di A. Virnius Modestus o Casa del Cavallo Troiano (IX.7.16), così denominata dalla scena rappresentata in un affresco trovato all’ingresso, ora conservato a Napoli come la maggior parte degli affreschi

pompeiani;276 essa è stata dissepolta esclusivamente nella parte dell’atrio (fig.

III.3.6). Subito dopo l’ingresso principale si apre un accesso secondario (IX.7.17),

che introduceva tramite scalini al piano superiore (fig. III.3.7).277 Poco prima della

leggera curva creata dall’allargamento dell’area occupata dall’Insula 7, a partire dalla bottega IX.7.18, quasi sporgente sulla via, vi è per un breve tratto un ampliamento della sede del marciapiede, che crea un piccolo spiazzo, occupato però

sul lato della strada dalla fontana numero 39 (fig. III.3.8).278 Essa è caratterizzata

da quattro blocchi appoggiati uno sull’altro, che si reggono vicendevolmente (tipo

272 Corti, 1963, 17-35 e 65-100. 273 P.P.M. VIII, 1998, 956-1044.

274 Della Corte, 1965, 176. Eschebach, 1993, 404. 275 Eschebach, 1993, 402.

276 Id. Museo Archeologico Nazionale di Napoli: 120176.

277 Della Corte, 1965, 176-177. Eschebach, 1993, 433.P.P.M. IX, 1999, 782-814.Bragantini, 2015,

345.

5): sulla sommità della lastra che guarda verso la strada fu scavata una canaletta longitudinale per il deflusso dell’acqua, con il foro di scarico alla base lungo lo stesso asse. Dietro al pilastrino da cui la fonte fuoriusciva, decorato a protome taurina, non vi è più la pietra di protezione per la fistula. Sul lato della strada la fontana presenta infine, come consueto, un cippo, rozzamente scolpito, per

protezione contro il passaggio dei carri.279 Successivamente, superato l’angolo

creato dall’allargamento dell’Insula, si trova appunto la bottega IX.7.18, davanti al vicolo di Balbo (fig. III.3.10), che mette in comunicazione il vicolo di Tesmo con

via di Stabia;280 sorge proprio qui, al centro dell’incrocio, il pilastrino litico che

segna la chiusura delle due strade: nella parte del lastricato circostante il cippo si interrompe momentaneamente il solco ovest sulla carreggiata di vicolo di Tesmo, mentre ad est rimane ancora, tra l’altro molto profondo (fig. III.3.9); il vicolo di Balbo è invece completamente privo di solchi. Si crea così una netta linea di distacco fra i due vicoli, che lascia intendere come il lastricato del vicolo di Tesmo sia stato lasciato, dopo l’incrocio, com’era precedentemente alla nuova situazione veicolare, mentre quello del vicolo di Balbo, fu completamente rifatto, probabilmente nel momento in cui fu posto il blocco stradale. Dopo l’incrocio, proseguendo lungo l’Insula 7, incontriamo la casa dello Specchio (IX.7.19): essa fu chiamata così per il ritrovamento di un pezzo di vetro blu-nero nei pressi

dell’entrata (fig. III.3.11).281 L’ area dell’abitazione si estende per oltre

centocinquanta metri quadrati e lascia spazio a più di dieci stanze. All’interno della

domus si conservano resti di intonaco colorato alle pareti; altri sono andati perduti

dopo lo scavo, come l'affresco raffigurante Diana, con la testa coronata di foglie, insieme a un pavone; predomina in questi affreschi il Terzo Stile. Sulla lunga facciata esterna della casa rimangono ancora lacerti d’intonaco. La strada procede fino ad una terza pietra di attraversamento pedonale posta poco più avanti. La successiva abitazione è chiamata casa degli Archi o di Caprasius Felix e Fortunata (IX.7.20): la prima denominazione è data dal fatto che il colonnato del peristilio presenta delle giunzioni ad arco fra le colonne, la seconda è stata dedotta dai nomi del presunto proprietario e della sua consorte incisi sulle bollae di anfore per il vino

279 Nappo, 2002, 93-97.

280 Eschebach, 1993, 434.

rinvenute all’interno (figg. III.3.12 e III.3.13).282 Davanti alla facciata, lungo il cordolo del marciapiede fu scavata una canaletta di scolo.

Dal lato opposto del vicolo di Tesmo l’Insula 2, a nord della 1 e di fronte della 7, si estende fra il vicolo di Balbo e un vicolo senza nome: lungo la parete si aprono pochi ingressi, due dei quali appartengono ad altrettante case ad atrio. Nella prima, quella di Q. Brittius Balbus (IX.2.17), un breve corridoio d'ingresso ci introduce all’atrio, attorno al quale si aprono diverse stanze, tra cui i cubicoli con resti delle

decorazioni a stucco e intonaco.283 Poco oltre, nella zona del giardino, si aprono il

triclinio ed un ambiente ad esedra; del peristilio restano solo due colonne con tracce di decorazioni in stucco e un puteale al centro. La seconda abitazione, la casa di

Curvius Marcellus e Fabia (IX.2.18), presenta un atrio con impluvium in marmo e

pareti che conservano ancora resti di decorazioni pittoriche in giallo, rosso e nero (fig. III.3.14); superato il tablino accediamo da un alto al giardino, dove sono presenti i resti delle basi delle colonne e di un larario, e dall’altro alla cucina, dove

si osserva ancora il focolare e una latrina.284 Al lato destro dell’entrata si trovavano

tre iscrizioni elettorali.285

All’angolo nord ovest dell’Insula 7, dove vicolo di Tesmo incrocia una via senza nome, che a ovest prosegue con via degli Augustali e ad est avanza solo per un piccolo tratto fino a una collina in cui non sono ancora stati effettuati scavi, troviamo la grossa caupona di Tertius (IX.7.22), che si affaccia con un ampio bancone verso lato nord dell’angolo, denotando l’importanza di una strada ancora

da studiare (fig. III.3.15);286 sul lato ovest vi è invece un’entrata posteriore sul

vicolo di Tesmo (IX.7.21), proprio di fronte all’Insula 2, che termina con un’ultima entrata (IX.2.19), in prossimità dell’incrocio; questa viene considerata come accesso secondario all’abitazione IX.2.21, che ha l’entrata principale verso la via

282 Della Corte, 1965, 177. Eschebach, 1993, 434-435. P.P.M. IX, 1999, 824-864. 283 Eschebach, 1993, 409. P.P.M. IX, 1999, 41-57.

284 Boyce, 1937, 81. Eschebach, 1993, 409. P.P.M. IX, 1999, 58-81.

285 P . PAQVIVM . PROCVLVM . II . VIR . I . D . [CIL IV 3618]; MARCELLVS . ROG. [CIL IV

3619]; M FANIVS RVFVS. [CIL IV 3622]. Della Corte M., 1965, 176.

senza nome.287 Sulla superficie del lastricato si vedono ancora i solchi molti profondi per i carri, che seguono l’andamento del vicolo.

Superato l’incrocio, a sinistra inizia l’Insula 3, con la grossa panetteria

denominata di A. Vettius Caprasius Felix (IX.3.19);288 essa presenta l’ingresso

principale sulla via senza nome e l’ingresso secondario (IX.3.20) lungo il vicolo di Tesmo (fig. III.3.16), con un sedile in pietra posto a destra, dove probabilmente i clienti potevano aspettare il loro turno per ricevere il pane; sopra di esso vi è a

sinistra un’iscrizione rossa.289All’angolo opposto inizia l’Insula 6 con l’entrata

posteriore di una fullonica (IX.6.1), lungo il vicolo di Tesmo (fig. III.3.16).290 Le

scale dell’ingresso successivo (IX.6.2) appartengono alla domus di P.F.L. (IX.6.3), la cui entrata principale è poco più avanti (fig. III.3.17); questa è così chiamata poiché al suo interno venne ritrovato un anello che aveva incise le lettere iniziali di

un nome sconosciuto.291 L’abitazione è composta da un atrio con scarsi resti

dell’impluvium, sul quale si aprono diverse stanze; si procede quindi verso il tablino ed il giardino, con al centro una vasca e due triclinia ai lati nord e sud. All’interno della diverse stanze restano scarse decorazioni parietali; è andata quasi del tutto perduta la pavimentazione del vestibolo, di cui rimangono poche tracce in cocciopesto con tessere bianche. Continuando il cammino verso nord, lungo i due lati del vicolo incontriamo alcune strutture che sono state distrutte da una bomba nel settembre del 1943; la conflagrazione ha devastato anche la pavimentazione del marciapiede. Rimangono i muri laterali e i pavimenti di due edifici dell’Insula 3 (IX.3.21 e IX.22), probabilmente adibiti a deposito della panetteria di A. Vettius

Caprasius Felix (figg. III.3.17 e III.3.18).292 Ai due estremi del muro restante che chiudeva sulla strada il deposito, troviamo altre due pietre di passaggio poste sulla carreggiata. La casa di Piramo (IX.6.4), situata sul lato opposto, nell’Insula 6, è stata esplorata nel 1878; anche questa abitazione subì la devastazione bellica (figg. III.3.18 e III.3.19): l’esplosione causò la distruzione dell'atrio e di quattro

287 Eschebach, 1993, 409-410. P.P.M. IX, 1999, 82-96. 288 Eschebach, 1993, 418. P.P.M. IX, 1999, 348-363.

289 Clauss M., Epigraphik-Datenbank: A • VETTIVM • CAPRASIVMFELICEM. AED. V. A.

SACR. P. P. VICINI. ROGANT [CIL IV 3687]. Della Corte, 1965, 178.

290 Eschebach, 1993, 426. Flohr, 2013, 25, 77, 189-191, 213, 252, 294-295 e 395. 291 Eschebach, 1993, 426-427. P.P.M. IX, 1999, 736-746.

camere.293 Si conservano resti superstiti di colonne appartenenti al giardino, nel

quale sorgeva un larario.294 La casa di Oppius Gratus (IX.6.5), che vediamo come

ultima abitazione dell’Insula 6 prima dell’incrocio successivo, era in fase di restauro al momento dell'eruzione del Vesuvio, come deduciamo dal fatto che la maggior parte delle pareti erano prive di intonaco: l’ipotesi è inoltre confermata dal ritrovamento di numerosi strumenti utilizzati per i lavori di ristrutturazione (fig.

III.3.19).295 La pianta dell’edificio presenta varie stanze disposte attorno all’atrio,

con un impluvium in tufo, dal quale si accede al tablino, al giardino con resti del peristilio ed al triclinio, all'interno del quale furono ritrovati gioielli, monete e tre

statuette in bronzo di divinità e alcuni oggetti, nel 1937.296 L’abitazione è collegata

alla casa di Piramo tramite un passaggio interno, aperto nel muro del peristilio. All’altezza delle Insulae 3, a sud-ovest, e 6, a sud est, il vicolo di Tesmo incrocia un altro vicolo, a cui non è stato attribuito alcun nome (fig. III.3.20), che nella sua parte occidentale, lungo l’Insula 3, fu bloccato sia all’inizio, sia al suo sbocco in via di Stabia (fig. III.3.21): all’inizio o con le pietre prima usate per il passaggio pedonale o con le pietre laviche che proteggevano l’angolo del marciapiede della successiva Insula V, che furono spostate in modo da ostruire la via; verso via di Stabia, invece, unendo i marciapiedi laterali con blocchi di tufo. Lungo l’Insula 6 questa stradina continua a est fino a interrompersi del tutto all’incrocio con il vicolo del Centenario (fig. III.3.22), che a sua volta nel lato sinistro prosegue a nord verso via di Nola, mentre nel lato destro rimane ancora sepolto.

L’ultimo tratto di vicolo di Tesmo, delimitato da un passaggio pedonale formato da una sola pietra, subito dopo l’incrocio, è il più stretto di tutti, poiché metà della carreggiata è stata invasa nel suo lato ovest dalle Terme Centrali e dall’attiguo

marciapiede, ricostruiti dopo il terremoto;297 sempre nella parte ovest del lastricato

la struttura termale ha anche occultato il solco stradale.

293 Eschebach, 1993, 427. P.P.M. IX, 1999, 747-764. 294 Boyce, 1937, 86.

295 Boyce, 1937, 86. Eschebach, 1993, 427.

296 Le statuette e gli oggetti in bronzo si trovano tuttora al Museo Archeologico di Napoli e sono:

un Mercurio con petaso, caduceo e borsa (id. 115554); due Lari (id. 115555-56); due braccialetti decorati in pasta verde vitrea (id. 118270-71); un porta inchiostro ottagonale (id. 115614).

297 De Vos, 1982, 206-209. Richardson, 1989, 286-289. Eschebach, 1993, 419-421. Pesando, 2006,

Ai lati di quest’ultimo tratto sorgono a est l’Insula 5 e a ovest l’Insula 6. Lungo la 5 (figg. III.3.23 e III.3.24) si aprono solo tre ingressi; dietro il primo vi è oggi solo un ambiente chiuso (IX.5.20), mentre il secondo (IX.5.21) corrisponde a una porta di servizio che introduce nella casa di Giasone (IX.5.18), la quale ha la sua

entrata principale nella facciata volta a sud.298 Questa abitazione ha restituito un

gran numero di affreschi, che furono staccati in larga parte in epoca borbonica per entrare a far parte della collezione privata reale (ora nel Museo Archeologico di

Napoli); da uno di essi la casa prende il suo nome convenzionale.299 La domus è

molto ampia, estendendosi complessivamente per circa quattrocento metri quadrati e comprendendo quattordici stanze, oltre all'atrio e al giardino, ma è disposta secondo un impianto piuttosto irregolare. Infine, il terzo ingresso (IX.5.22) ci immette sul retro della casa di Achille (IX.5.2), chiamata anche Casa dello

Scheletro o casa di Stronnius, portata alla luce nel 1877.300Qui vi sono conservati

ancora in situ alcuni affreschi.301

L’ ultima Insula sul lato ovest del vicolo, la 4, è costituita da un unico edificio: le Terme Centrali, edificate dopo il terremoto del 62 d.C. e affacciate sul retro verso il vicolo di Tesmo; qui esse presentano due ingressi secondari, ricavati su un muro ininterrotto: il primo conduce all’area di servizio “t”, che contiene all’interno una fornace e un giardino, divisi tra loro da un muro (fig. III.3.23); il secondo conduce all’area di servizio “u”, la quale immette in un piccolo peristilio, da cui parte un

corridoio che porta all’apodyterium (fig. III.3.24).302

Il vicolo di Tesmo finisce così con una strettoia che introduce nel primo tratto di via di Nola (fig. III.3.25), quasi a testimoniare la sua immediata perdita di importanza dopo la decisione di innalzare in questo luogo le Terme Centrali, con il riordino urbanistico conseguente alle distruzioni del terremoto. Sul lastricato al

298 Eschebach, 1993, 425-426. P.P.M. IX, 1999, 670-719. Bragantini, 2015, 51-54.

299 P.P.M. IX, 1999, 684-697.Bragantini, 2015, 228-240. Gli affreschi sono: Fedra (id. 114322),

Medea che medita di uccidere i bambini (id. 114321), Afrodite e Paride (id. 114320), Giasone e Pelia (id. 111436).

300 Eschebach, 1993, 422. P.P.M. IX, 1999,370-402.

301 P.P.M. IX, 1999, 393. Alcuni affreschi sono: Arianna insieme a Dioniso e a un sileno, di Venere

con un ariete e, nei pressi del giardino, di Efesto che porge l’armatura ad Achille; mentre l’affresco con Achille ed Ulisse a Sciro (id. 116085) fu staccato e trasportato a Napoli, dove si trova tuttora.

302 De Vos, 1982, 206-209. Richardson, 1989, 286-289. Eschebach, 1993, 419-421. Pesando, 2006,

termine del vicolo si possono ancora osservare i solchi per i carri, che curvano a ovest lungo via di Nola (indicando anche qual era la possibile direzione del flusso del traffico).

La visione complessiva di questo vicolo fa intuire come in esso vi fossero nello stesso momento sia domus di persone non eccessivamente agiate, come le abitazioni di Curvius Marcellus e Fabia (IX.2.18), la casa dello Specchio (IX.7.19) o la casa di P.F.L. (IX.6.3), poiché la via era pur sempre secondaria, sia magazzini, cellae

meretriciae, stalle e ingressi di servizio ad abitazioni più importanti come la domus

di M. Epidius Sabinus (IX.1.22). Inoltre, la chiusura del vicolo, dopo il terremoto, lo relegò a strada pedonale. Quest’intervento deve avere avuto una duplice conseguenza sull’aspetto della strada e la vita che vi si svolgeva, soprattutto nelle ore notturne: da una lato la zona doveva risultare più tranquilla, non essendoci più il passaggio notturno dei carri e non avendo troppe botteghe, dall’altro, sempre durante la notte, poteva essere abbastanza pericoloso passeggiare attraverso la strada, avendo perso la sicurezza delle più grandi e aperte vie della città.

Vicolo di Tesmo: i marciapiedi

Il cordolo del marciapiede del primo tratto di vicolo di Tesmo, lungo il retro dell’Insula 1, è di tipo C2, “omogeneo”, in tufo. In questo parte l’unica particolarità degna di nota è la rampa di accesso alla stalla, che interrompe la sua continuità (fig. III.3.3). Il piano di calpestio del marciapiede è totalmente rifatto (figg. III.3.5, III.3.6 e III.3.7). L’angolo con vicolo di Balbo è protetto da due blocchi di pietra

lavica (fig. III.3.9).303

Sul lato opposto, l’Insula 7 ha il cordolo del marciapiede di tipo A3, “quasi omogeneo”; esso è formato quasi completamente da blocchi di tufo nel primo tratto, che va da via dell’Abbondanza alla fontana n° 39 (figg. III.3.4, III.3.5 e III.3.6), preceduta da piccoli conetti di lava posti sulla carreggiata appoggiati al cordolo: le loro funzioni non sono ancora del tutto chiare (fig. III.3.7), in quanto essi potrebbero aver avuto lo scopo di delimitare la larghezza della carreggiata nel quadro di una procedura di terminatio, o quello di contribuire alla coesione e alla solidità della

303 Saliou, 1999, 211-215.

pavimentazione e delle cordonature o anche quello di proteggere, come paracarri, le cordonature dei marciapiedi da eventuali urti o infine, secondo un’ipotesi già superata, potrebbero aver avuto la funzione di montatoi per salire sui cavalli. Questa sistemazione è, in ogni caso, tanto accurata da sembrare che abbia potuto svolgere

anche un ruolo estetico.304 Superata la fontana, i blocchi tufacei furono sostituiti da

pietre laviche di colore grigio – azzurro, che terminano al cambio di proprietà, dove

Nel documento Pompei L'immagine della strada (pagine 85-99)

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