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Via Ercolanense, l’accesso alla città

Nel documento Pompei L'immagine della strada (pagine 47-68)

“Questa Porta, che è meno antica delle altre, non esisteva ne’primi anni di Pompei,

e forse fu aperta al giungere della colonia sullana, per rendere più facili le comunicazioni tra gli abitanti della città e quelli del pago adiacente. Posta sull’alto della collina, che qui supera il livello del per mtr. 41.93, essa è priva di baluardi esteriori, ed ha due androni divisi tra loro, ciascuno con tre archi formanti altrettante porte, la media per i carri, le laterali meno ampie destinate ai pedoni: delle quali porte le più interne erano chiuse con valvae di legno, e le esterne tenevano, nella maggiore un tabulato pensile discendente dall’alto, nelle minori un cancello di ferro. Costruita in mattoni con intonaco privo di ornati, allorché fu scoverta serbava ancora qualche avanzo delle molte epigrafi dipinte sullo stucco, o tracciate dai passanti con lo stilo; ma ora quasi nulla ne rimane, e qualche picciolo frammento tuttavia superstite, non offre particolarità meritevoli di essere ricordate”.

G. Fiorelli, Descrizione di Pompei.129

Via dei Sepolcri: storia degli scavi

L’ingegnere Roque Joaquín de Alcubierre scoprì la via dei Sepolcri il 23 marzo 1748, con l’aiuto dell’abate Giacomo Martorelli e degli ingegneri Karl Jakob Weber e Francisco la Vega, questi ultimi con il compito di curare i giornali di scavo (figg. III.1.1 e III.1.2); non essendovi ancora la consapevolezza che vi fosse un’intera città sepolta e che si trattasse Pompei, si ipotizzò che la strada scoperta appartenesse all’antica Stabiae. Nel 1749 e dal 1762-1775 viene esplorata interamente la cosiddetta Villa di Cicerone: questa era costruita su diverse terrazze e si affacciava con alcune tabernae sulla via principale, che era appunto la via dei Sepolcri; alla fine del ’700 la villa fu però reinterrata completamente. Nel frattempo vengono

129 Fiorelli, 1875, 75-76. “Porta Ercolanese (14 sett.-12 ott. + 11 apr.-28 lgl. + 29 lgl.-11 nov.

scoperte le due strade esterne a cui conduce porta Ercolano: la Superior, più antica, e la Inferior, cronologicamente più recente. Altri due complessi abitativi vengono scoperti negli anni 1771-1775: il primo, davanti alla Villa di Cicerone, è detto Villa delle Colonne a Mosaico; l’altro, denominato Villa di Diomede (figg. III.1.3 e III.1.4), si colloca più avanti lungo la strada: il nome fu dato arbitrariamente alla villa grazie ad un’iscrizione trovata sulla tomba ad essa prospiciente. Le prime indagini archeologiche sono state condotte nei pressi della porta, poiché i terreni all’esterno appartenevano ai padri Celestini di Sant’Annunziata, restii a concedere

il permesso di scavo (fig. III.1.5).130

Nel 1764 si scava la zona più a sud rispetto alla strada, vicino alla Villa di Cicerone, dove viene scoperto un cippo con un’epigrafe voluta da Titus Suedius

Clemens, militare di età Flavia, che curò la restituzione di alcuni terreni dai privati

alla città.131 Questo e altri cippi erano collocati lungo il pomerium, in più copie,

all’esterno di ogni porta (ne sono stati trovati a porta Vesuvio, porta di Stabia, porta Nocera e porta Marina); grazie a questa scoperta si ebbe la prima attestazione archeologica che menzionava la città e si capì così che si stava portando alla luce la

città di Pompei e non quella di Stabiae.132

Nel 1769 viene scoperta la tomba di Mammia, che fu subito smontata e trasportata al nuovo museo di Portici, annesso al palazzo reale; fu nuovamente riportata a Pompei e rimontata negli anni successivi durante gli scavi di archeologi francesi, che stavano indagando lungo il lato sinistro di Porta Ercolano. Questa tomba diventò un punto di riferimento per molti studiosi, che più volte la ritrassero nei loro disegni. Nel 1799 si assiste ad un momento di interruzione dei lavori durante gli eventi relativi alla Repubblica Napoletana; già nel 1806 Giuseppe Bonaparte, ora a capo del regno napoleonico, acquista i terreni dai Celestini e continua gli scavi. I francesi lavorano fino al 1811, quando è rinvenuta una delle tombe più

130 Corti, 1963, 126-162. Zevi 1981, 9-13. Kockel, 1983, 4-6.P.P.M. disegnatori e pittori, 1995, 51-

52. Pesando, 2006, 250-267. Gutiérrez, 2016, 79-84.

131 EX AUCTORITATE IMP(ERATORIS) CAESARIS VESPASIANI AUG(USTI) LOCA

PUBLICA A PRIVATIS POSSESSA T(ITUS) SUEDIUS CLEMENS TRIBUNUS CAUSIS COGNITIS ET MENSURIS FACTIS REI PUBLICAE POMPEIANORUM RESTITUIT [CIL X 1018]. Trad. d. A. “Su autorizzazione dell’imperatore Cesare Vespasiano Augusto, il tribuno Tito Suedio Clemente, conosciute le circostanze e stabilite le misure, restituisce luoghi pubblici, posseduti da privati, all’amministrazione pubblica dei Pompeiani”.

monumentali, quella delle Ghirlande (Nord 6); anche Gioacchino Murat si interessa poi agli scavi: egli è il primo a promuovere il restauro e la copertura dei monumenti rinvenuti con tettoie. Negli stessi anni, il momento della scoperta viene talora messo accuratamente in scena, in un clima di entusiasmo e viva attenzione del pubblico: è il caso, ad esempio, del cosiddetto Vaso Cammeo, posto all’interno della omonima tomba ad altare (Nord 8), dove Carolina Bonaparte, moglie di Murat, fu la prima ad entrare (fig. III.1.7). Dal 1813 si riportano alla luce le tombe ad altare della zona sud (fig. III.1.6), come quella di Naevoleia Tyche o Sud 22 (fig. III.1.9). Dal 1829 si iniziano a sostituire i cippi e le lastre riportanti le varie iscrizioni, che confluivano nel Regio Museo di Portici, con dei calchi, che spesso, come notò l’archeologo Valentin Kockel, non erano delle misure giuste e non erano posti nelle sedi originarie; anche i restauri spesso risultavano inaccurati: come quello della tomba ad altare di Umbricius Scaurus (Sud 16), che era stata ricostruita in modo erroneo e in realtà riproduceva le dimensioni originali e le cornici della tomba ad altare di

Numerius Festius Ampliatus (Sud 17), ricollocata qui nel 1813 (fig. III.1.8).133

Nel ’900, dopo nuovi scavi a livello dell’accesso cittadino, Amedeo Maiuri scopre un più antico basamento della porta di Ercolano, spostato più a ovest, e capisce che l’ingresso era stato ricostruito nella posizione attuale, in un momento ancora imprecisato della sua storia; infatti, come si sarebbe notato in seguito, i piloni della

porta non corrispondevano al tracciato viario (fig. III.1.10).134

Via dei Sepolcri: l’immagine della strada

Fin dall’inizio degli scavi, la topografia della strada fu suddivisa, secondo un criterio di praticità, in tre sezioni longitudinali, ripartizione che si continuerà a seguire durante questa descrizione (fig. III.1.1) La prima sezione, che si può definire pomeriale, è compresa nei 100 piedi fra le mura e le due parti della strada pomeriale vera e propria parallele ad esse; la seconda inizia dopo l’intersezione e arriva grosso modo a comprendere le prime due ville, quella di Cicerone e quella delle Colonne a Mosaico, con edifici annessi; infine, la terza sezione corrisponde all’ultima parte

133Corti, 1963,162-196. Zevi 1981, 15-17. Kockel, 1983, 4-6. 134 Maiuri, 1951, 38 e 78. Corti, 1963, 196-236.

della strada (via Inferior) e giunge sino alla villa di Diomede e al ‘triangolo’

all’incrocio delle due vie, che contiene alcune sepolture.135

La prima sezione inizia a porta Ercolano o porta Salis (figg. III.1.11, III.1.12, III.1.13, III.1.14, III.1.17, III.1.20 e III.1.21), che è costituita da un ampio passaggio al centro per i carri, originariamente sovrastato da un arco, ormai crollato, e da due piccoli archi posti ai lati per i pedoni (figg. III.1.15 e III.1.16). Questo passaggio ne rimpiazzò uno più antico, che si trovava leggermente spostato più a sud ovest; ciò si può dedurre dal fatto che i piloni degli archi, incombenti sulla strada, non sono più in linea con essa. Il pilone più a sud occupa parte della carreggiata (fig. III.1.19), che viene quindi a restringersi, determinando uno spostamento del tracciato del marciapiede, mentre quello a nord (fig. III.1.18) sembra occupare la linea originale della strada ma con una certa dissimmetria e con un lieve restringimento della carreggiata, che suggerisce un senso di angustia. Qual è il motivo di questa ricostruzione? Un’ipotesi conduce all’epoca dell’assedio di Silla, nell’89 a.C., durante la Guerra Sociale. I lanci delle catapulte dell’assedio, avvenuto proprio in questo tratto, avrebbero distrutto la porta, che dunque può essere stata ricostruita

intorno all’80 a.C., con la fondazione della colonia sillana.136

Un altro possibile motivo della ricostruzione è legato al traffico. Infatti, in età imperiale, fuori porta Ercolano si trovava un suburbio, il cosiddetto Pagus

Augustus, formato da una necropoli e da alcune grandi ville, risalenti per la gran

parte al II sec. a.C. Questa presenza non è inusuale, anche fuori dalle altre porte troviamo strutture o insediamenti suburbani: a Porta Nocera vi è una necropoli lungo la strada, a Porta Marina, durante l’età imperiale, vengono costruite le Terme

Suburbane, proprio vicino al mare, la cui acqua era usata per le piscine.137 Il

governo locale cercò di regolamentare la costruzione di strutture considerate abusive; i privati, infatti, nel tempo, tendevano ad occupare lo spazio pubblico fuori da quattro porte; anche presso Porta Vesuvio si trovava una piccola necropoli. I diversi eterogenei insediamenti probabilmente potevano essere considerati indesiderati, perché rendevano il traffico in entrata troppo gravoso per una città così

135 Kockel, 1983, 11-14.

136 Lo Cascio, 1996, 111-123. Zevi, 1996, 125-138. Van Tilburg, 2015, 59. Pesando, 2006, 7-9. 137 Jacobelli, 1992, 221-229. Van Andringa, 2013, 16-820.

piccola e densa di abitazioni. Questo disagio era avvertito soprattutto a nord, dove l’afflusso di merci poteva essere consistente: qui si allargò l’inefficiente passaggio per non creare un’ulteriore collo di bottiglia, come già a Porta Marina. La strada è chiamata, con un riferimento alla destinazione funzionale degli edifici che vi si affacciano, “Via delle Tombe”. Oltre ad essere frequentata da un traffico su ruote, era anche meta di molti pedoni. Tutto ciò si può capire grazie ai marciapiedi ininterrotti, che si trovano fino alla fine della strada, e ad alcuni sedili, che si

andranno ad analizzare in seguito.138

Come si è già inteso, questa prima delle tre sezioni in cui è stata divisa la strada è la più a ridosso delle mura ed è parte integrante del pomerium, confine sacro che delimitava e definiva una città, area consacrata agli dei e inviolabile (fig.

III.1.22).139 Nella zona, che corrispondeva a 100 piedi romani, circa 30 m, era

proibito erigere edifici o monumenti di carattere privato, a meno che non si ottenesse un permesso formale per poter occupare il terreno, come per la costruzione delle terme Suburbane, fuori porta Marina; alcuni terreni venivano poi dati in concessione dal governo cittadino a persone particolarmente meritevoli all’interno della comunità, che potevano così essere onorate post mortem con un

sepolcro in una zona visibile lungo la strada.140

Incontriamo la prima tomba a sud della porta, collegata ad essa da un tratto di muro (figg. III.1.23 e III.1.24); essa appartiene all’augustalis Marcus Cerrinius

Restitutus (Sud 1), che forse fu il padre di M. Cerrinius Vatia, candidato alla carica

di edile nell’età flavia; per questo motivo si può affermare che la tomba è di epoca tardo neroniana, o flavia. Il sepolcro è incassato all’interno del muro stesso di collegamento: è formato da una bassa nicchia voltata, con due file di sedili all’interno che si aprono, esternamente, sui due lati della tomba; questa particolare disposizione si può intendere come un invito del defunto ai passanti a riposarsi all’ombra, con la possibilità di osservare la vita della strada. Sulla parete di fondo vi è una rappresentazione dello stesso defunto, di cui rimane solo il petaso, il

138 Van Tilburg, 2015, 60.

139 Zanker, 1993, 133-134. Foss, 2009, 645. 140 Van Tilburg, 2015, 60.Kockel, 1983, 11-14.

cappello di Ermes, protettore dei commerci: per Paul Zanker si tratta di un’apoteosi

personale come consecratio in forma deorum, con una lastra iscritta.141

Sul lato della strada, opposto alla tomba di M. Cerrinius Restitutus, sorge il sepolcro ad altare, contrassegnato come Nord 1, appartenente a due individui tuttora sconosciuti (fig. III.1.25): venne costruito attorno al 20 a.C. e, cavo all’interno, appartiene ad una tipologia introdotta solo dalla seconda metà del I sec. a.C. La camera sepolcrale è ad un livello più basso rispetto alla carreggiata, non è pavimentata e si poteva chiudere grazie ad un blocco mobile; attorno probabilmente

si estendeva un’area verde, poiché sono state trovate tracce di platani.142

A sud, il marciapiede, oltrepassata la porta, acquisisce nel primo tratto una larghezza maggiore rispetto a quello precedente; a quest’altezza si colloca la prima tomba, che risulta meno prossima alla via rispetto alle successive; dopo la tomba il marciapiede si restringe notevolmente lasciando spazio ad alcuni sepolcri più monumentali: il primo che si trova è la schola di Aulus Veius o Sud 2 (fig. III.1.26). Si tratta di un monumento onorario, a emiciclo, sopraelevato rispetto alla strada e costituito da un sedile con spalliera, con i due braccioli scolpiti a forma di cuscini terminanti a zampa leonina. Nel punto centrale dell’emiciclo si può scorgere ancora una base, su cui poggiava o una colonna o un altare: sopra a questo elemento, probabilmente, trovava posto l’urna con le ceneri del defunto. L’onore di un simile sepolcro spettava solo alle famiglie di spicco della città, ma rispetto al modello più comune di una tomba ad altare il monumento è molto più modesto; doveva risultare comunque di particolare effetto il fatto che il ceto dirigente offrisse ai concittadini il proprio sepolcro come confortevole sedile. I gradini, particolarmente consumati, dimostrano quanto questo emiciclo fosse frequentemente usato come luogo di riposo; la posizione del sedile offriva un doppio vantaggio: l’opportunità di poter abbracciare l’intero traffico cittadino con lo sguardo, essendo il sepolcro collocato più in alto rispetto al piano stradale, e quella di poter socializzare con altre persone,

141 Kockel, 1983, 47-50. De Vos, 1982, 231. CIL X 994. Clauss, Epigraphik-Datenbank: M.

CERRINIVS RESTITVTVS AVGVSTAL. LOC. D.D.D. Pesando, 2006, 249.

data la sua forma funzionale a questo scopo. Sul basamento della colonna, al centro

dell’emiciclo, sono state iscritte le cariche del defunto ottenute in vita.143

Collocata oltre la prima schola, si può vedere la tomba ad altare appartenente al

duumvir Marcus Porcius (Sud 3): questa risale ad un periodo compreso fra l’80 e il

60 a.C. e appartiene alla tipologia più antica del tipo e, di conseguenza, risulta priva della camera interna (fig. III.1.27). È decorata con un fregio dorico a patere e bucrani. Probabilmente il defunto era il viticoltore M. Porcius, uno degli homines

novi arricchitisi in seguito all’avvento di Silla, divenuto poi un magnate molto attivo

nel settore edilizio nei primi decenni dopo la deduzione romana: contribuì

all’edificazione dell’Odeion e dell’anfiteatro.144

Chiude la serie un terzo monumento: il sepolcro a schola della sacerdos publica

Mammia (Sud 4), addetta al culto di Venere; una particolarità della storia di questa

famosa tomba è che fu spostata a Portici, nel museo, e successivamente riportata in loco, come annotato nel diario del periodo francese degli scavi: “1785 6 Gennaio - Si rimette nel suo antico sito il sedile di piperno coll’iscrizione della Sacerdotessa

Mammia, che ne fu tolto a’ 2 agosto 1763, e mandato al R. Museo di Portici”.145

Assomiglia alla schola precedente come struttura e decorazioni, tranne che per un particolare: l’iscrizione con la dedica alla defunta corre lungo tutta la spalliera, invece di essere incisa su di un basamento al centro dell’emiciclo e conserva

l’accesa rubricatura (figg. III.1.28 e III.1.29).146

Infine, sempre all’interno dell’area del pomerio troviamo un ultimo sepolcro, della tipologia a più piani, appartenente alla famiglia degli Istacidi (Sud 5), della

fine del sec. I a.C.147 Questa tomba non è direttamente a contatto con la strada, ma

è sul retro della schola di Mammia (fig. III.1.30); si può raggiungerla con un percorso che parte dal tratto sud della via pomeriale e, tortuosamente, oltrepassando

i recinti 4 C e 4 B, arriva alla sua base (figg. III.1.31, III.1.32, III.1.34 e III.1.36).148

143 Kockel, 1983, 51-52.CIL X 996. Clauss, Epigraphik-Datenbank: A VEIO M F IIVIR I D ITER

QVINQ TRIB MILIT AB POPUL EX D D. Pesando, 2006, 249.

144 De Vos, 1982, 232. Kockel, 1983, 55-57. Pesando, 2006, 249-250. Hagen, 2016, 43-44. 145 Fiorelli, Pompeianarum antiquitatum historia (Vol. 1), 167. Kockel, Die Grabbauten, 57-58. 146 Hagen, 2016, 54. Kockel, 1983, 54-59.Clauss, Epigraphik-Datenbank: MAMIAE P F

SACERDOTI PVBLICAE LOCVS SEPVLTVR DATVS DECVRIONVM DECRETO [CIL X 998]. Pesando, 2006, 250.

147 Kockel, 1983, 67. Hagen, 2016, 44-45. De Vos, 1982, 234. 148 Kockel, 1983, 64.

Il monumento è importante, all’interno del contesto stradale, poiché agisce da quinta scenografica della via. I primi scavi della tomba risalgono al 1769-70, con il ritrovamento di alcune stele, di erme e di ben diciotto statue della gens Istacidia; nel 1788 i lavori riprendono e viene liberata la rampa d’accesso. Con gli interventi di A. Maiuri il sepolcro non sembra emergere del tutto isolato, anzi appare quasi collegato alla tomba di Mammia, mentre in antico la prospettiva risultava diversa: esso si ergeva al centro di una terrazza quadrangolare con un parapetto ad archetti (fig. III.1.33), decisamente isolato rispetto all’altro sepolcro. Grazie ad un’incisione di Piranesi possiamo vedere come poteva apparire: era costituito da una base con colonne doriche e tuscaniche, sovrastata da un monoptero corinzio con una possibile terminazione conica (fig. III.1.35). A fine ’800 l’archeologo tedesco August Mau ricostruì il monumento come lo si può vedere tuttora; l’unico elemento originale è l’alto podio, in opus caementicium e blocchetti di tufo con semicolonne

addossate alle pareti.149 Lo studioso si basò sull’incisione di Piranesi (fig. III.1.37),

ma unì elementi appartenenti ad altre tombe per la sua anastilosi: per fare un esempio, i capitelli del monoptero risultano troppo grandi per appartenere a questo sepolcro; infatti sono di quello a più piani N 4, la cosiddetta Tomba della Pigna. Il risultato finale della collocazione di questa accozzaglia di elementi è che la tomba

si è abbassata di alcuni metri.150

Questa area della necropoli si pone ad est rispetto ad una seconda area delimitata dalla via pomeriale, che corre appunto lungo la linea del pomerium e forma quasi un incrocio con la via dei Sepolcri all’altezza della schola di Mammia, che si trova a sud est rispetto ad esso, mentre l’altare Nord 1 si colloca a nord est dell’incrocio. A nord est i basoli della pavimentazione si uniscono, e le due strade sembrano essere senza soluzione di continuità. A sud ovest, invece, vi è una particolarità, che potrà essere utile per capire il motivo della successiva biforcazione della strada dei Sepolcri e della ricostruzione della porta di cui si è parlato in precedenza. All’altezza della schola di Mammia una linea netta, creata dalla diversa collocazione delle lastre, divide a metà le due strade; questo si può spiegare solo in un modo: i tempi di costruzione delle strade sono diversi, e la via principale, cioè

149 Mau, 1908, 431.

via dei Sepolcri, risulta essere più recente, poiché la pavimentazione è stata ricostruita.

La seconda area sepolcrale (fig. III.1.38), posta ad ovest, comprende a sud la Villa

di Cicerone (figg. III.1.39),151 di cui non sappiamo quasi nulla, se non che è

costruita su diverse terrazze e ha lungo la facciata, antistante la via Ercolanense, una lunga fila di dieci negozi di cui ormai restano solo i muri divisori (fig. III.1.40).

Questa fu scavata nel 1749 e sepolta di nuovo nel 1763.152

Partendo dalla via pomeriale, a nord, le prime due tombe che incontriamo sono ad altare: la prima appartiene all’edile T. Terentius Felix Maior ed è completamente

distrutta;153 la Nord 3, all’incrocio fra le due strade, risale all’80 – 60 a.C., quindi

alla fase più antica di appartenenza della tipologia, ed è a base piena.154 (Fig.

III.1.41) La tomba Nord 4, o della Pigna, di fine I sec. a.C., è una struttura a più piani; il nome particolare deriva da un probabile coronamento a forma di pigna con foglie di acanto, non più visibile oggi sulla tomba (fig. III.1.43). Come già detto in precedenza, i suoi capitelli ora adornano la tomba degli Istacidi. Kockel la riconduce a questa struttura per due motivi: per emulazione, come si vedrà in seguito, della tomba Nord 6 delle Ghirlande, e a causa della presenza di un muro

trasversale interno, probabile rinforzo dei piani superiori (fig. III.1.42).155

La tomba seguente, completamente distrutta, apparteneva a N. Curtius N. F.

Spurianus (fig. III.1.44).156 Svetta comunque su tutte le altre la tomba delle Ghirlande (Nord 6, figg. III.1.45, III.1.46, III.1.47 e III.1.48), che costituisce il primo caso conosciuto di sepolcro a più piani, risalente all’80 – 60 a.C. Si può notare che la struttura è formata da un basamento quadrangolare, molto alto, in tufo e basalto, creato attorno ad un nucleo in opus caementicium e decorato ai lati con lesene e ghirlande a nastro tubolare (da cui il sepolcro deriva il nome). Nella parte anteriore della base vi è in alto un’iscrizione in marmo con una cornice dorica, reintegrata completamente durante il restauro; la cornice decorata a tralci e i

151 Richardson, 1989, 244-245. 152 Pesando, 2006, 250. Moorman, 2009, 435-456. 153 Kockel, 1983, 115-117. Pesando, 2006, 250. 154 Kockel, 1983, 117-118. De Vos, 1982, 234. 155 Kockel, 1983, 122-125. Pesando, 2006, 156 Kockel, 1983, 125-126.

capitelli non sono di produzione locale: provenivano forse da una bottega neoattica di Neapolis o Puteoli, se non addirittura dalla Grecia. La “porta” è un’apertura ottocentesca, che fu scavata per cercare una camera interna in realtà inesistente. Al secondo piano probabilmente vi era un’edicola, con la superficie della parete di fondo dipinta con figure femminili, probabilmente muse, che suonano la cetra (fig.

Nel documento Pompei L'immagine della strada (pagine 47-68)

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