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Le nuove tecnologie stanno avendo un grande impatto non solo sul modo di vivere dei consumatori, e quindi dal lato della domanda, ma anche sui modelli di produzione, trasformando le attività d’impresa in business digitali. Fondamentale in queste situazioni è non farsi sopraffare dagli eventi, ma al contrario anticipare e dominare le situazioni attraverso delle prospettive strategiche. Significa adoperare una visione di medio-lungo periodo guidata dalle attività gestionali che tengano conto dell’ambiente interno ed esterno al business scelto. Quindi tramite attività analitiche, decisionali e di controllo si dirige il processo di creazione del valore e la comunicazione di quest’ultimo. Questo capitolo si prefigge l’intento di analizzare le strategie di sviluppo che sottendono il mercato automotive e le possibili scelte operative in previsione delle innovazioni introdotte o da introdurre. Inoltre si terrà maggiormente in considerazione l’attività di marketing, non perché ritenga tale disciplina superiore alle altre, ma semplicemente per due motivi: il primo riguarda la formazione personale e quindi non vorrei addentrarmi in ambiti distanti dalle mie conoscenze, mentre il secondo sta nel fatto che il Marketing generalmente inteso si occupa di integrare, e di conseguenza affrontare, le differenti discipline finalizzate a governare le relazioni di scambio.

3.1) Pensare, Progettare, Governare

L’industria automobilistica è in preda a forti cambiamenti dovuti alla concreta possibilità di sviluppare veicoli V2X, che coinvolgono tra i più disparati settori ed operatori messi in comunicazione attraverso la connessione di rete. Finora la produzione di auto, rappresentata da una complessità di processi automatizzati e manuali, si è basata sul modello introdotto da Henry Ford, la catena di montaggio. Nel tempo, questo sistema di produzione basato sull’assemblaggio dei componenti si è evoluto, esternalizzando in maniera controllata alcune fasi del processo. Il paradigma sembra però cambiare spinto da nuove forze provenienti da un economia a «costo marginale quasi zero». Mi riferisco al sistema economico teorizzato da Jeremy Rifkin, nel quale le tre infrastrutture chiave, e cioè comunicazione, energia e trasporti, sono digitalizzate per essere integrate in piattaforme IoT. Significa adottare un modello in cui i costi delle tre infrastrutture citate

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possono essere drasticamente ridotti grazie al collaborazione tra imprese e consumatori e all’adozione di fonti rinnovabili, della stampa 3D, della sharing economy, del crowdfunding, etc. Se da un lato i nuovi modelli di produzione basati sul Commons collaborativo16 prospettano una maggiore efficienza, dall’altro lasciano aperti forti dubbi sul controllo di creazione del valore e dei drivers (intesi come fenomeni). In particolar modo come le case automobilistiche possono rimanere competitive di fronte alla crescente pressione da parte dei nuovi player tecnologici?

Il timore è che gran parte degli sforzi non vengano ripagati, e che i profitti derivanti dalla domanda primaria vengano divisi non solo tra i partner ed i tradizionali concorrenti, ma anche tra i competitors al di fuori del sistema dei trasporti. In realtà, da tempo l’automobile non soddisfa più il mero bisogno di trasporto e lo dimostra il fatto che sia sempre più accomunata ai servizi, per le esperienze di consumo che offre. Ciò significa che cresce il numero di beni/servizi sostituti, poiché gli stessi bisogni possono essere soddisfatti in diversi modi. Allora, in un mercato che da molti è stato definito disruptive, la miglior soluzione diventa quella di riprogettare il business delle automobili partendo da una nuova analisi finalizzata ad intraprendere scelte strategiche ed operative. Partendo dalle basi, la società di consulenza Gartner Insights ha ripreso il processo di creazione dei business per riadattarlo allo sviluppo di tecnologie IoT (Figura 2).

Figura 2: Processo di sviluppo di un IoT Business – Fonte: “Leading the IoT, Gartner

Insights on How to Lead in a Connected World”, Gartner Insights, pag. 9

16 Commons collaborativo: modello di organizzazione della vita economica che, in contrapposizione al

Capitalismo, propugna un’economia di scambio e condivisione di beni, servizi e conoscenze al servizio della comunità, anche in maniera gratuita.

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Dietro alla realizzazione del processo descritto dalla figura 2, che apparentemente sembra integrarsi pacificamente alla Catena del Valore di Porter, si cela un’organizzazione estremamente dinamica e collaborativa. Nel 1985, i 9 processi (5 primari e 4 di supporto) teorizzati da Porter nel suo scritto “Competive Advantage: Creating and Sustaining Superior Performance” non potevano tenere conto dell’importanza che avrebbe avuto Internet nella vita di tutti i giorni. Seppur il modello di Porter rimane una valida fonte di guida, il processo descritto da Gartner Insights mette in evidenza una delle caratteristiche principali della rete, cioè la sua capacità di rimanere aggiornata. Concretamente significa che bisogna mettere in piedi una struttura flessibile, tale da poter reagire prontamente di fronte agli aggiornamenti che il mercato, ma soprattutto la rete riservano. È un sistema in cui l’integrazione tra tutti i soggetti coinvolti non può rimanere relegata ai libri di marketing, ma deve essere la fonte di creazione di vantaggio competitivo. E l’unica soluzione è adoperare un’adeguata struttura aziendale, possibilmente in collaborazione con gli stakeholders, affinché la grande mole d’informazioni non sovraccarichi un solo ufficio. Immaginando che per la produzione dei V2X si adotti l’impostazione tradizionale, si può facilmente ipotizzare che il CIO (Chief Information Officer, manager responsabile della funzione aziendale d’informazione tecnologica e comunicazione) si trasformi in un soggetto a tutto tondo. Il CIO of Everything, così definito dai ricercatori, potrebbe essere più paragonato ad un automa che ad una persona, poiché dovrebbe occuparsi di tutte le attività in rete dell’azienda. Si parla di tenere sotto controllo la produzione automatizzata, la sicurezza dei sistemi informatici, la gestione dell’infotainment, le attività di customer service, le operazioni bancarie online, etc. Per questo sono convinto che per governare i processi di sviluppo dell’industria automobilistica, la figura del CIO debba realmente corrispondere ad un Sistema Operativo, un’intelligenza artificiale che gestisce il cloud attraverso la supervisione di tecnici esperti della rete. Il «Cyber CIO», se così si può definire, potrebbe rappresentare il cervello dell’azienda, un attore che permette il coordinamento delle aree funzionali in maniera per niente invasiva. Come mostra la Figura 3, immagino il Cyber CIO come una fonte di dati a cui si ha accesso attraverso codici identificativi, capace di ricevere informazioni ed elaborare previsioni. Risulta così un supporto continuamente aggiornato ed integrato al nuovo modello di sviluppo aziendale. Ma come dovrebbe funzionare l’organigramma?

34 Figura 3: Cyber CIO integrato in un Organigramma

In un’ipotetica organizzazione a matrice con orientamento al marketing, gli attori delle diverse aree funzionali possono immettere dati o attingere ad informazioni attraverso un codice che permettere di compiere azioni solo per le funzioni abilitate. Ad esempio, attraverso queste restrizioni si può evitare che un addetto alla manutenzione dei macchinari possa leggere documenti riservati all’alta direzione, così come un manager dell’area finanziaria possa manomettere l’erogazione di energia agli impianti. Inoltre il Cyber CIO deve essere più che un semplice cloud a cui attingere, quanto piuttosto una entità a cui chiedere consigli per prendere decisioni più rapidamente possibile. Se un sistema di questo tipo fosse realmente adottato, gran parte delle attenzioni dovrebbero essere rivolte verso la sicurezza per evitare pratiche scorrette o lesive all’impresa. Una situazione delicata potrebbe essere quella di trovarsi di fronte a dati contrastanti perché immessi da più soggetti. Se queste informazioni fossero semplicemente convertite in stringhe da leggere, ne risulterebbe difficile una consultazione. Probabilmente la miglior soluzione è che il Cyber CIO possa elaborare stime sulla ricezione dei dati, adottando le pratiche statistiche per la riduzione degli errori di campionamento ed escludendo quelle informazioni che sembrano altamente improbabili.

Riassumendo il modello attraverso un esempio, immaginiamo che il gruppo FCA introduca un nuovo veicolo. In base ai dati immessi dalle aree funzionali il Cyber CIO

Direzione Direzione project manager Prodotto 1 Prodotto 2 Prodotto 3

Produzione Ricerca &

Sviluppo Finanza Risorse Umane

Marketing Operativo

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stima la fattibilità del progetto in modo che la direzione possa assumere decisioni. Una volta adottato un percorso si mette in atto il piano operativo e la funzione del Cyber CIO non si esaurisce, anzi accresce d’importanza. Man mano che l’ufficio acquisti provvede agli ordini, attraverso il software monitora in tempo reale l’utilizzo dei beni di cui l’azienda è già in possesso. I robot iniziano ad assemblare i nuovi componenti e si hanno i primi dati sui tempi e costi di produzione. La direzione finanziaria al tempo stesso inserisce i margini di spesa consultabili dai vari uffici, mentre supervisiona altre attività di sua competenza. Inoltre gli uffici che si occupano delle vendite inviano informazioni sui proventi ottenuti dai modelli attualmente sul mercato, mentre nell’area marketing ci si occupa di analisi attraverso metriche. Intanto, nel consiglio d’amministrazione che è in riunione, i manager accendono i loro pc (o tablet o smartphone), immettono i codici identificativi e prendono parte alla discussione mentre interpretano i dati elaborati dal Cyber CIO. Improvvisamente si verifica una interruzione in una delle fabbriche a causa di un guasto, oppure dall’area marketing arrivano dati poco incoraggianti sulle recensioni in merito ad un determinato accessorio utilizzato sui veicoli in circolazione. Il software riceve gli aggiornamenti e calcola nuove previsioni consultabili dai soggetti coinvolti. Il Cyber CIO non sta però monitorando esclusivamente l’attività interna all’azienda, ma anche le informazioni immesse dai partner (come Google) o da altri soggetti esterni (come una segnalazione dalla rete stradale per malfunzionamenti delle colonnine elettriche), che possono interagire con l’uso dei codici. In questo modo è garantita la continuità dell’attività aziendale ed un risparmio notevoli di costi di gestione. Si può notare come il Cyber CIO abbia bisogno di una progettazione e di un centro di controllo in cui tecnici informatici risolvono ogni tipo di problematica, dalle manutenzioni per blackout agli aggiornamenti di potenziamento del software o della rete. Se il modello appena descritto possa sembrare complesso e difficilmente realizzabile, vorrei far presente che esistono già da diversi anni dei centri di elaborazione dati basati su principi simili, come la rete di computer impiegata dai ricercatori del CERN di Ginevra per indagare la fisica delle alte energie attraverso gli acceleratori di particelle. Quindi ritengo che il successo di questo modello (o di uno schema simile) possa derivare più dall’interesse nel collaborare che dall’infattibilità della sua adozione.

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3.2) Scenari di Sviluppo

Precedentemente sono state descritte le linee guida per rinnovare un’attività volta alla produzione di veicoli, in modo da riorganizzare l’impresa sulla base delle nuove tecnologie al fine di trovare un equilibrio tra efficienza ed efficacia nella creazione di valore. Ora, concentriamo invece l’attenzione sui possibili scenari che si profilano per il mercato automobilistico attraverso i futuri obiettivi. Premetto che fare una previsione sugli scenari futuri è sempre difficile e non permette di raggiungere una completa esaustività. In ogni caso, grazie all’esperienza e alle interviste rivolte ai manager delle varie case automobilistiche, alcune società di consulenza si sono cimentate nel trarre delle conclusioni. Un modello che racchiude le possibili evoluzioni del mercato attraverso i nuovi drivers è quello delineato da Deloitte nel report intitolato “The Future of the Automotive Value Chain, 2025 and beyond” (Figura 4).

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Lo schema prevede 4 situazioni incrociando il grado d’impiego delle tecnologie con la capacità di controllo da parte degli operatori economici. Leggendo i quadranti come in un diagramma cartesiano, questi vengono denominati: “Data and mobility manager”, “Stagnant car market”, “The fallen giant”, “Hardware platform provider”.

Data and mobility manager (I). Nella situazione in cui il mercato si sia evoluto secondo questa prospettiva, l’industria automobilistica ha scelto di dotarsi delle auto a guida autonoma connesse alle piattaforme digitali, sfruttando a pieno le efficienze derivanti dalla rete. Inoltre le case automobilistiche hanno mantenuto la capacità di controllare il mercato attraverso la gestione degli standard e dell’offerta di prodotto. La connettività è in questo caso una variabile di differenziazione ed i servizi offerti forniscono la possibilità di attrarre nuovi clienti e creare un rapporto di fedeltà al marchio. Ai concorrenti entranti non resta che adeguarsi alle regole definite dagli OEMs17 ed occupare mercati di nicchia. Stagnant car market (II). È il caso in cui gli OEMs sbarrano la strada a qualsiasi player tecnologico per mantenere una situazione privilegiata e adottare politiche di lobbing. È anche il caso meno auspicato dai consumatori perché le aziende impongono una product offering per niente innovativa e con prezzi tutt’altro che competitivi. Inoltre l’impiego di una infrastruttura poco funzionale mantiene alto il rischio di incidenti. Le imprese che vogliono entrare a far parte del mercato sono costrette a dotarsi di ingenti capitali per contrastare le situazioni di oligopolio; occupare una posizione di nicchia non garantisce una permanenza sicura.

The fallen giant (III). Ci troviamo nella situazione opposta al I quadrante, dove l’impiego delle piattaforme digitali ha perso d’interesse ed i veicoli rimangono principalmente un mezzo di trasporto. Poiché il mercato si sta avvicinando alla saturazione, le aziende puntano a massimizzare i processi per ottenere ancora dei margini di profitto. La perdita d’interesse da parte dei consumatori si riflette sull’offerta, che punta a rendere l’auto una commodity attraverso accordi con nuovi entranti (ad es. Uber). In questo caso è vero che i prezzi si riducono, ma il suddetto mercato si indirizza verso un probabile collasso.

17 Original Equipment Manufacturrer (letteralmente Produttori di Apparecchiature Originali). Azienda che

si basa sull’assemblaggio di componenti provenienti da fornitori, sui quali appone il proprio marchio. L’azienda che impiega questo procedimento per realizzare prodotti finiti viene definita solitamente «casa madre». Fonte: Wikipedia.it

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Hardware platform provider (IV). Il quarto quadrante prevede una condizione alla quale le case automobilistiche non vorrebbero mai sottostare, cioè dove i nuovi players hanno annientato i modelli tradizionali. Gli OEMs si vedono costretti a fornire prodotti white- label per i colossi della rete ed i margini sono divisi tra tutti i soggetti. L’unico modo per la case automobilistiche di giocare un ruolo rilevante è sfruttare a pieno l’immagine del marchio e promuovere una product offering di livello superiore.

In conclusione il futuro delle case automobilistiche, così come le conosciamo, dipenderà da fattori che in parte sono nelle mani degli stessi costruttori ed in parte provengono dagli IT-players. La mia opinione è che non verrà intrapresa un’unica via, ma che gli scenari appena descritti possano coesistere seppur in contesti differenti. Ad esempio, osservando gli accordi che i produttori di veicoli stanno stringendo con i colossi informatici, potrebbero svilupparsi dei veicoli fortemente legati al brand ed al contempo prodursi auto white-label per la condivisione di determinate tecnologie. Oppure, lo sviluppo dell’infotainment sulle automobili potrebbe essere inglobato in mercato oligopolistico per la promozione di software premium e restare concorrenziale per le applicazione di base. L’attività di marketing è chiamata ancora una volta a gestire le innumerevoli possibilità che i mercati attuali e nuovi possono offrire, per questo i prossimi argomenti verteranno su alcune delle tecniche da mettere in atto per la massimizzazione dei profitti.

3.3) Monetizzazione dei Dati

In base all’evoluzione del mercato automobilistico esistono numerose pratiche gestionali e di marketing per portare avanti i business con successo e mantenere così dei margini di profitto. Bisogna però far presente che qualunque sia lo scenario, si prospetta un aumento dei ricavi per quelle aziende che sapranno sfruttare al massimo le opportunità derivanti dalla rete, cioè dalla monetizzazione dei dati. Anche se ci trovassimo nella situazione in cui i veicoli a guida autonoma avessero difficoltà a svilupparsi, la connettività all’interno delle auto rimarrebbe una certezza su cui puntare. E questo perché le case automobilistiche si trovano già in concorrenza sulla dotazione dei propri veicoli di dispositivi connessi, per garantire sicurezza ed intrattenere i passeggeri. Da tempo, l’assetto strutturale adottato da tutti gli operatori del settore è quello del click and mortar,

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espressione usata per connotare le imprese che operano sia online che offline. Le aziende che sono attive in entrambi i fronti trovano un equilibrio di business nell’affiancare il marketing digitale al sistema tradizionale, per aumentare i punti d’incontro tra il brand ed i consumatori, ed inoltre sfruttare vecchie e nuove pratiche manageriali. Nel mercato automotive ne sono un esempio i car configurator, dei software che permettono la personalizzazione del veicolo attraverso la combinazione di elementi funzionali ed estetici. Tuttavia i punti di contatto attraverso la rete non si creano esclusivamente per aiutare nella scelta dei prodotti, ma si manifestano in generale nella comunicazione multidirezionale tra tutti gli stakeholders. Il volume dei dati che vengono scambiati online risulta quindi una fonte di guadagno per le imprese che hanno la capacità di controllarlo, destinato a crescere in maniera esponenziale nel giro di pochi anni. Quali sono quindi le pratiche da adottare per sfruttare queste informazioni e quali gli strumenti per registrarle? I sensori di cui i veicoli ne fanno largamente uso sono una prima risposta al metodo di stoccaggio delle informazioni. Avete mai provato fastidio quando parte l’avviso acustico della cintura non allacciata? Se volete far smettere temporaneamente quel suono assordante basta sollevarvi dal sedile, così da non far rilevare il vostro peso da un sensore posto sotto di voi. Ora mettetevi nei panni di un’azienda che sta lavorando alla progettazione di nuovi materiali per aumentare il comfort degli interni di un’auto; grazie alla corretta taratura di quel sensore può registrare l’esatto peso dei passeggeri e, attraverso delle stime, creare degli standard ergonomici. I sensori possono registrare non solo il vostro peso, ma anche lo stile di guida del conducente, i tragitti che percorre un veicolo e tutte le azioni che vengono svolte all’interno dell’abitacolo. Con queste informazioni teoricamente si possono ricostruire gli stili di vita inerenti al periodo di utilizzo del veicolo ed attuare una segmentazione della domanda in base alle abitudini. Questi sono tutti dati che un’impresa può sfruttare sia per la promozione di nuovi modelli/allestimenti, sia per la vendita di pacchetti d’informazioni a terzi, nel rispetto delle normative sulla privacy. Un ulteriore metodo di stoccaggio deriva dall’utilizzo dei dispositivi per l’infotainment, con la differenza sostanziale che questi dati sono raccolti dai partner digitali e non dalla casa automobilistica. In questo caso, in base al potere contrattuale la miglior soluzione sarebbe la concessione dell’installazione degli apparecchi in cambio di royalties. La paura per molti brand è che questo potere si possa sbilanciare in maniera incontrollata verso i colossi della rete, come previsto nel secondo

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scenario. Questo perché le aziende d’infotainment basano la creazione di valore sul mix delle 3 C (Content, Commerce, Community). Le preoccupazioni stanno nel fatto che, nella fase d’acquisto di un’auto, i clienti possano interessarsi maggiormente agli accessori multimediali che non alle caratteristiche del veicolo stesso. Non è un dato inusuale che gli accessori acquisiscano un peso rilevante nella fase di scelta per l’acquisto di un prodotto. Ciò introduce un’altra problematica legata alla manifestazione di switching costs che portano al fenomeno di lock-in. Il fenomeno si crea ogniqualvolta uno o più soggetti sono intrappolati nell’utilizzo di una tecnologia potenzialmente inferiore rispetto alle alternative, poiché cambiarla sarebbe svantaggioso in termini di costi fissi. Con il controllo dei dispositivi multimediali, aziende come Apple, ad esempio, potrebbero imporre una dotazione completa delle apparecchiature presenti nell’abitacolo per motivi di compatibilità. Quindi, gli switching costs si potrebbero creare non solo per gli utenti che usufruiscono dei dispositivi iOS, ma anche per gli automotive brands che devono acquistare ed installare l’intero pacchetto. Altri ricavi che possono derivare dalla gestione dei dati e difficilmente controllabili esclusivamente dalle case automobilistiche

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