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Connettività e guida autonoma: analisi del mercato automobilistico attraverso le proprietà agentiche degli accessori

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in

“Marketing e Ricerche di Mercato”

Tesi di Laurea:

“Connettività e guida autonoma: analisi del mercato

automobilistico attraverso le proprietà agentiche degli accessori”

Candidato: Relatore:

Luca Di Mauro Daniele Dalli

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Sono i sogni a far vivere l’uomo. Il destino è in buona parte nelle nostre mani, sempre che sappiamo chiaramente quel che vogliamo e siamo decisi ad ottenerlo. (Enzo Ferrari)

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Sommario

Introduzione ... 1

Capitolo 1: Analisi dei Mercati ... 3

1.1) Il Mercato Mondiale di Autovetture ... 4

1.2) Il Mercato Europeo di Autovetture ... 6

1.3) Il Mercato Italiano di Autovetture ... 7

1.4) Il Mercato Italiano degli Smartphone e la Generazione Y ... 11

Capitolo 2: Internet delle Cose al servizio delle Automobili ... 15

2.1) Internet of Things e Big Data ... 15

2.2) Le Piattaforme per la Guida Autonoma: Vehicle to Everything ... 18

2.3) Le proprietà “agentiche” degli oggetti in rete ... 22

2.4) Critiche al sistema Vehicle to Everythink: The Dark Side ... 25

Capitolo 3: Strategie di sviluppo dei Business V2X ... 31

3.1) Pensare, Progettare, Governare ... 31

3.2) Scenari di Sviluppo ... 36

3.3) Monetizzazione dei Dati ... 38

3.4) Piani Energetici ... 41

3.5) Comunicazione e Marketing Relazionale ... 43

3.6) Il Car Sharing come alleato ... 46

Capitolo 4: Sviluppo della Ricerca ... 49

4.1) Il Modello di Ricerca ... 50

4.2) Le caratteristiche dei dati: gli Accessori ... 52

4.3) Le fonti: i Consumatori tra Atteggiamenti e Comportamenti ... 56

4.4) La Strategia di raccolta dei dati ... 58

4.5) Il Piano di Campionamento: la provincia di Grosseto ... 60

4.6) Il Piano di Campionamento: le caratteristiche degli Intervistati ... 63

Capitolo 5: Analisi dei risultati di Ricerca ... 65

5.1) Sezione I: Abitudini di Guida ... 67

5.2) Sezione II: Preferenze a bordo... 72

5.3) Sezione III: Previsioni Future ... 82

Capitolo 6: Conclusioni ... 87

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Allegato 1 – Intervista semi-strutturata ai Consumatori ... 91 Allegato 2 – Intervista semi-strutturata alle Concessionarie ... 95 Allegato 3 – Tabella degli Accessori ... 99

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Introduzione

Le nuove frontiere della tecnologia stanno spingendo il settore automobilistico a riprogettare se stesso, sia in termini di gestione dei business sia nella promozione di sistemi innovativi. L’esigenza nasce dalla difficoltà di ricavare nuovi profitti in un mercato ormai prossimo alla saturazione, messo a dura prova dalla recente crisi finanziaria dei subprime e da forme alternative di mobilità, come i servizi di sharing. Inoltre, l’incertezza dovuta alla scarsità e ai costi di estrazione, trasporto e vendita degli idrocarburi inducono le case automobilistiche a cercare nuove soluzioni per la produzione di veicoli spinti da fonti a basso impatto ambientale. Tra i vari marchi la scelta è stata, per forza di cose, di investire su powertrains elettriche in prospettiva futura, mentre la produzione di motori ibridi ha trovato consenso nei mercati attuali. Per adattarsi ai cambiamenti e non dipendere esclusivamente dal prezzo di vendita delle motorizzazioni, le case automobilistiche fanno da tempo ricorso alla promozione di accessori, con i quali è possibile ricavare un extra-guadagno rispetto al semplice commercio di veicoli. La difficoltà, in questo caso, sta nell’anticipare i desideri dei consumatori e dirottare le giuste somme d’investimento verso innovazioni che possano essere realmente acquistate dalle generazioni future. Lo scopo di questo studio è capire se ci siano delle caratteristiche in comune tra gli accessori di successo, al fine di indirizzare la produzione verso scelte d’investimento più efficaci ed efficienti. Da un punto di vista dei consumatori, invece l’obiettivo è di poter usufruire di innovazioni effettivamente utili ad assistere gli individui durante un viaggio e a soddisfare i relativi bisogni. Anche se la prima necessità dovrebbe riguardare la sicurezza in strada, si sono sviluppati una moltitudine di accessori volti a soddisfare tra i desideri più disparati. E le tecnologie sembrano introdurne di nuovi, perché nuove sono le generazioni a cui sono rivolte, a partire dai Millennials che, avendo un’età compresa tra i 18 ed i 38 anni circa, sono in procinto di acquistare un’automobile. I Millennials sono soggetti abituati all’utilizzo della rete e alle interazioni che questa può creare con gli esseri umani attraverso i dispositivi. Pertanto, gli accessori che entrano a far parte dei nuovi pacchetti in dotazione sui veicoli tengono conto di questi aspetti, rendendosi sempre più capaci di scambiare informazioni con chi è a bordo. In alcuni casi la loro possibilità di operare in piena autonomia, li rende persino invasivi da essere odiati

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e di conseguenza scartati nelle scelte d’acquisto. Si parla allora del grado di “agenticità” degli oggetti, cioè di situazioni in cui un dispositivo indipendente si comporta quasi come una persona, tanto è il modo di interagire con essa. A farne uso di accessori con forti proprietà agentiche è la nuova concezione futuristica di veicoli, denominati Vehicle to Everything (V2X), mezzi dotati di guida autonomia e dei più avanzati sistemi di infotainment. Una domanda sorge spontanea: questa sete di tecnologia potrà realmente aumentare il benessere degli individui o è solo un nuovo pretesto per vendere? Il rischio di condurre a forti deresponsabilizzazioni senza inficiare minimamente sui livelli di benessere delle persone è alto. La ricerca porrà il lettore di fronte alle principali questioni facenti parte il dibattito sull’impiego delle nuove tecnologie, allo scopo di renderlo partecipe di alcuni dilemmi. Allo stesso tempo si troverà a familiarizzare con concetti di marketing, mirati all’analisi di alcune pratiche di consumo.

I primi tre capitoli dell’elaborato introducono i temi principali, passando dall’analisi del mercato automobilistico alle più recenti teorie di marketing per lo sviluppo dei business. Il quarto capitolo è dedicato alla metodologia del caso di studio, mentre gli ultimi due sono rivolti all’analisi vera e propria.

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Capitolo 1: Analisi dei Mercati

Quando parliamo del mercato Automotive stiamo facendo riferimento all’incontro tra la domanda, composta da consumatori aventi la capacità di acquistare un automobile, e l’offerta, data da un’ampia gamma di attività d’impresa coinvolte nell’ideazione, nello sviluppo, nella produzione, nel marketing e nella vendita dei veicoli motorizzati. Queste organizzazioni vengono comunemente definite “Case Automobilistiche” perché si identificano in un Brand che delinea una product offering con caratteristiche uniche, alla quale si legano delle marche corrispondenti a modelli. Questi ultimi hanno una stretta connessione con i principi di segmentazione alla base della creazione dell’offerta, che con l’inarrestabile sviluppo delle tecnologie hanno portato l’ipersegmentazione dei mercati. Infatti, se in passato la distinzione tra i modelli aveva una classificazione legata alle funzionalità del bene (Berlina, Monovolume, Sportiva, etc.) e quindi di auto come prodotto, attualmente si distinguono i modelli considerandoli più in una logica di servizi1. E quindi si identificano non esclusivamente in base all’utilizzo ma anche agli aspetti intangibili (Berline, City Car, SUV, Crossover, Hatchback, 4x4, Supercar, etc.). Inoltre si possono incrociare i modelli con le differenti Powertrain ed applicare un’ulteriore classificazione in Benzina, Diesel, GPL, Ibride, Elettriche, etc.

E con l’avvento delle auto a guida autonoma?

Prima di affrontare i temi della ricerca inerenti alla guida autonoma ed alla digitalizzazione, in questo capitolo verranno trattati aspetti riguardanti l’andamento dei mercati operando una distinzione tra Mercato Mondiale, Europeo e più approfonditamente il Mercato Italiano dei veicoli. L’ultima parte del capitolo è dedicata al Mercato Italiano degli Smartphone, utile ai fini della ricerca.

Per descrivere i mercati automotive sono stati utilizzati insights forniti dall’Annual Report 2016, pubblicato da UNRAE (Unione Nazionale Rappresentanti Veicoli Esteri) il 26 giugno 2017. La sintesi statistica prende a riferimento dati che vanno da gennaio 2007 a dicembre 2016, quindi considera un periodo di 10 anni basando le informazioni su banche dati UNRAE, alimentate con informazioni del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell’ACI.

1“The Sage Handbook of Marketing Theory”, Maclaran, Saren, Stern, Tadajewski, Sage Pubns Ltd 2009,

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1.1) Il Mercato Mondiale di Autovetture

L’analisi del mercato globale permette di cogliere gli aspetti legati alla domanda potenziale e primaria, che definirei fondamentali per le basi di questa ricerca; anche se il focus della tesi è improntato sull’introduzione delle vetture di nuova generazione nel mercato italiano, inutile dire che difficilmente un Costruttore opera in un solo paese, anzi la produzione di veicoli è il risultato di un know-how internazionale. Ogni giorno migliaia di pezzi percorrono il globo per andare a costituire parti integranti di una vettura attraverso l’assemblaggio manuale, ma soprattutto di robot. Così pure i modelli raramente vengono venduti in solo paese; almeno questo vale per i gruppi automobilistici.

Nel 2016 le tecnologie sono state impiegate nella produzione mondiale di circa 72 milioni di auto, con una crescita del 5,1 % rispetto all’anno precedente e addirittura del 40,1 % se consideriamo il 2007 (Tabella 1).

Tabella 1: Produzione Mondiale di Autovetture per Paesi (in migliaia di unità) – Fonte:

2005/2009 ACEA - dal 2010 OICA

2007 2015 2016 % di crescita 2007-2016 EUROPA OCCIDENTALE 14.427,8 12.621,5 13.008,8 -9,8 % EUROPA ORIENTALE 5353,8 5873 6.169,3 +15,2 % NAFTA 6375,4 7.109,4 6.729,6 +5,5 % ASIA 21.916,5 40.316,2 43.877,7 +100,2 % SUDAMERICA 2.827,2 2.375,1 2.086,4 -26,2 % ALTRI 560,8 399 233,6 -58,3% TOTALE GENERALE 51.461,5 68.604,1 72.105,4 +40,1 %

Europa Occidentale (Austria, Belgio e Lussemburgo, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Norvegia, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera)

Un tasso di crescita così elevato in realtà è stato guidato dalla crescita economica del mercato cinese (Tabella 2) che dal 2007 al 2016 ha mostrato un +287,1 % per un totale di circa 24 milioni di veicoli prodotti nel 2016, vale a dire circa 2 milioni meno di Europa e Paesi NAFTA messi insieme.

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Tabella 2: Produzione di Autovetture in Asia (in migliaia di unità) – Fonte: 2005/2009 ACEA - dal 2010 OICA

2007 2015 2016

% di crescita 2007-2016

CINA 6.297,5 21.210,3 24.376,9 +287,1 %

COREA DEL SUD 1.040,4 1.553,7 1.553,8 +49,3 %

GIAPPONE 4.325,5 4.215,9 4.156,5 -3,9 %

INDIA 1.511 2.772,7 2.966,6 +96,3 %

ALTRI 4.411 6.378,1 6.421,4 +45,6 %

TOTALE GENERALE 17.586,2 36.110,7 39.445,2 +124,3 %

Parlando del valore monetario, l’Organizzazione Internazionale di Costruttori di Veicoli a Motore (OICA) stima un fatturato globale di oltre 2 trilioni di euro2, ritendo l’industria automobilistica il più grande motore della crescita economica nel mondo. L’OICA stima anche il coinvolgimento di persone ed investimenti dichiarando che per 60 milioni di veicoli prodotti si impiegano direttamente circa 9 milioni di persone e indirettamente più di 50 milioni, mentre gli investimenti ammontano a più di 84 miliardi di euro. E non bisogna tralasciare che le tecnologie impiegate giocano un ruolo chiave nelle altre industrie e nelle società arricchendo le entrate delle amministrazioni pubbliche di oltre 400 miliardi di euro. D’altro canto la tendenza all’automazione industriale, cavallo di battaglia dell’Industria 4.0, potrà creare 2 milioni di posti di lavoro ma al contempo eliminare 7 milioni di lavoratori3. E tra gli attuali dipendenti si prospetta una riqualificazione entro il 2020 (anno designato dai grandi gruppi automobilistici per il passaggio dal motore diesel all’elettrico), dove le abilità più ricercate saranno il problem solving, il pensiero critico e la creatività. Tutto ciò è incarnato dallo spirito di Tesla, l’azienda più innovativa al mondo: investendo 5 miliardi di dollari nella Gigafactory 1, Tesla ha l’obiettivo di produrre 500.000 auto all’anno attraverso l’impiego di 6500 dipendenti in oltre 455 mila metri quadrati di spazi operativi su più piani. Altro obiettivo è la produzione delle batterie per la casa, chiamate Powerwall, che abbinate ad un impianto con pannelli solari riescono a soddisfare tutte le esigenze domestiche di energia. Intanto nella produzione della Model 3 arrivano centinaia di licenziamenti giustificati in termini di valutazione delle performance annuali dei dipendenti.

2 1 Trilione equivale ad un miliardo di miliardi.

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Una domanda sorge spontanea: quali sono i volumi di vendita delle auto elettriche? Poiché i dati tendono ad essere discordanti per effetto della propaganda in atto, vorrei basarmi sulle statistiche rilevate da Alix Partners, che a mio avviso segue un metodo rigoroso, condiviso e continuo nel tempo. L’Istituto prende in considerazione veicoli elettrici a batteria (Bev), veicoli elettrici con celle a combustibile (Fcev) e veicoli elettrici ibridi plug-in (Phev) ed escludono gli ibridi (Hev) senza possibilità di collegamento. Il modello si basa su 2 indicatori: il primo è dato dal “numero di auto elettriche vendute” x “gamma elettrica senza supporto motore a combustione” mentre il secondo dal “numero di veicoli elettrici venduti” x (“gamma elettrica (senza supporto combustione motore / 500 km”) / “numero totale di automobili vendute”. I risultati dicono che nel Q2/2017 sono stati venduti 260.411 veicoli di cui 121.185 appartenenti al mercato cinese, con una quota di mercato che si attesta al 1,19 %. Tra i costruttori i tassi di produzione e vendita sono in crescita con Tesla che guida le vendite (21.746), seguita dal gruppo Renault/Nissan. Chi rimane indietro nella classifica è il gruppo PSA (Peugeot, Citroën, Opel, Vauxhall Motors, Faurecia, Dongfeng Peugeot-Citroën Automobiles, Autobutler.dk ApS), mentre FCA (FIAT, Alfa Romeo, Lancia, Maserati, Fiat Professional, Abarth, Jeep, Chrysler, Dodge, Ram Trucks, Mopar, SRT) occupa la 22esima posizione.

1.2) Il Mercato Europeo di Autovetture

Nel 2016 in Europa sono state immatricolate 15.139.844 autovetture con una crescita del 6,5 % rispetto all’anno precedente (14.209.369 immatricolazioni), ma ancora al di sotto dei volumi totalizzati nel 2007 (15.988.726 immatricolazioni). I volumi ripartiti tra i costruttori sono riportati nella Tabella 3, tenendo conto che alcuni autocarri immatricolati come “autovetture” ed inseriti nella comunicazione ufficiale del Ministero sono esclusi dal conteggio della metodologia UNRAE. Spicca su tutti il gruppo Volkswagen che oltre a far registrare il maggior numero di immatricolazioni, grazie anche alla fabbrica di Wolfsburg, domina in termini di apprezzamento dei modelli, nonostante lo scandalo sulla falsificazione delle emissioni dei motori diesel. Infatti tra i 10 modelli più venduti in Europa, il primo ed il terzo posto appartengono alla Casa Tedesca, mentre il secondo posto è un prodotto della Renault.

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Tabella 3: Immatricolazioni in Europa di Autovetture per gruppi

Gruppi e Marche 2007 2015 2016 % Quota di Mercato 2016 GRUPPO VOLKSWAGEN 3.166.731 3.455.176 3.568.974 23,57 % GRUPPO RENAULT 1.381.798 1.358.379 1.522.629 10,06 % GRUPPO PSA 2.052.029 1.480.879 1.472.927 9,73 % GRUPPO GM 1.544.594 945.719 996.083 6,58 % GRUPPO FIAT 1.248.844 872.056 995.257 6,57 % GRUPPO BMW 849.161 936.470 1.030.734 6,80 % GRUPPO DAIMLER 838.406 833.146 945.074 6,24 % GRUPPO TOYOTA 930.110 605.477 651.199 4,30 % GRUPPO JAGUAR LAND ROVER 126.105 180.828 221.788 1,46 % TOTALE GIAPPONESI 1.398.892 1.254.740 1.305.717 8,62 % TOTALE COREANE 582.588 869.039 959.957 6,34 % PORSCHE 45.717 68.332 71.149 0,47 % SAAB 84.016 137 - - CHRYSLER/JEEP/ DODGE 120.440 - - - ALTRE 77.485 49.687 64.864 0,43 % TOTALE GENERALE 15.988.726 14.209.369 15.139.844

Dati relativi all’Unione Europea 28 + Efta - i dati globali per Malta sono contenuti nella voce altre. Fino al 2009 contenuti nella voce Chrysler/Jeep/Dodge. – Fonte: Varie

Il gruppo FCA è presente al quarto posto con la Ford Fiesta, ma nessun modello Fiat emerge. Sicuramente è in parte dovuto alla scelta di concentrarsi sul mercato statunitense laddove il mercato italiano non è in discussione. Vorrei specificare che la percentuale della quota di mercato espressa in volumi di vendita non è un fattore così rilevante per tutti quei marchi che puntano alla distinzione e concentrano le risorse nell’aggiudicarsi un alto valore aggiunto da far pagare.

In generale a livello europeo l’andamento è positivo facendo registrare un +6.5% rispetto alle immatricolazioni 2015: anche fattori macroeconomici quali il PIL (+1 %), i consumi finali interni (+1,4 %) mostrano che l’Europa è in uscita dalla crisi.

1.3) Il Mercato Italiano di Autovetture

Gli Italiani hanno storicamente provato forte interesse per i motori: Marchi blasonati giocavano e tutt’ora giocano un ruolo importante nel mondo dei motori, sia nella vita

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quotidiana che nelle competizioni. Ferrari, Maserati, Alfa Romeo, Lamborghini e Ducati (inglobati nel gruppo Volkswagen), Aprilia, MV, Piaggio e designer come Pininfarina, Italdesign Giugiaro, Abart (per citarne alcuni) hanno contribuito a creare lo stile italiano. Per far comprendere meglio al lettore l’interesse che gli Italiani hanno avuto soprattutto per le quattroruote, vorrei elencare alcuni dati. Prima della Seconda Guerra Mondiale, anni in cui circolava la Fiat Topolino, vi era un auto ogni 330 abitanti, mentre alla fine degli anni ’50 questo rapporto passa a 1 ogni 200 abitanti. Inizialmente era il mezzo a due ruote a trainare lo scambio tra domanda e offerta, per il fatto che negli anni del “Boom Economico” una Vespa costava 90.000 lire (4 salari mensili) a fronte delle 590.000 lire (14,7 salari mensili) della Fiat 600. Nel 1954 si registravano circa 700.000 auto circolanti, mentre nel 2015 il parco circolante conta 35,8 milioni di vetture (la Fiat Panda è proposta al prezzo medio di 11.340 € corrispondente a 6 salari mensili). Al 31/12/2016 si attestano 36.420.000 vetture su un totale di circa 60, 6 milioni di abitanti, cioè 60 automobili ogni 100 abitanti. Parlando invece di chi solitamente immatricola una vettura, si può affermare che al 60 % sono maschi, ma nell’analisi decennale si nota come sia in corso una convergenza tra le quote maschili e femminili. Inoltre un 29 % appartiene alla fascia d’età 30-45 anni, mentre un 25,7 % alla fascia 46-55.

Quindi non dobbiamo stupirci se nel 2016 in Italia si registra un aumento del 15,9 % di immatricolazioni rispetto al 2015, con il potere d’acquisto in ripresa ed un conseguente aumento del reddito disponibile. Fautrici della ripresa sono anche la “legge Sabatini”4 finalizzata ad accrescere la competitività e migliorare l’accesso al credito delle micro-PMI per l’acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature, e la “legge di Stabilità” che contiene la disciplina del superammortamento5.

Ma vediamo nel dettaglio com’è suddiviso il parco circolante. Come precedentemente anticipato, dominano i modelli Fiat detenendo il 20,9 % delle quote seguiti dai modelli Volkswagen al 7,62 % e Ford al 6,81 %. Il Country of Origin Effect è sempre stato un fattore determinante del mercato tradizionale (lo confermano le prime posizioni di Fiat Panda e Fiat Punto dal 2007 al 2016 nella vendita ai privati), ma se confrontiamo le quote di mercato adottando una distinzione in base all’alimentazione la classifica assume un altro aspetto (Tabella 4).

4 Art. 2 del DL Fare (n. 69/2013)

5 Legge n. 208/2015. Con Legge di Bilancio 2017 (art. 1, co. 8, legge 232/2016) è stata disposta la proroga

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Tabella 4: Immatricolazioni in Italia di Autovetture per Alimentazione - Top Three

Privati – 10 anni dal 2007 al 2016

Benzina Diesel Metano GPL Ibride Elettriche

FIAT

PANDA FIAT PUNTO

FIAT PANDA FIAT PUNTO TOYOTA YARIS NISSAN LEAF FIAT

PUNTO FORD FIESTA

FIAT PUNTO FORD FIESTA TOYOTA AURIS RENAULT ZOE FIAT 500 VOLKSWAGEN GOLF FIAT MULTIPLA FIAT PANDA TOYOTA PRIUS SMART FORTWO Elaborazioni UNRAE su dati al 30/04/2017

Forse per cogliere al meglio i Trend del mercato italiano è opportuno isolare i soli dati relativi al 2016 (Tabella 5), poiché mostrano non solo i cambiamenti nelle scelte dei consumatori, ma indirettamente anche le scelte strategiche adottate dalle Case Automobilistiche in relazione allo sviluppo tecnologico del mercato. Si può notare come i motori diesel siano la scelta prediletta degli Italiani, di gran lunga sulle altre powertrain. Era inevitabile che di fronte ai rincari del prezzo del petrolio con conseguente aumento del costo della benzina e diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie, le scelte sarebbero ricadute su soluzioni alternative.

Tabella 5: Quote di Mercato in Italia di Autovetture per Alimentazione e relative

Classifiche 2016

A parità di condizioni le auto con motore diesel hanno un prezzo minore, garantiscono una maggior durata nel tempo, permettono una maggiore percorrenza per via dei consumi

Alimentazione 2007 2015 2016 BENZINA 40,57 31,21 32,81 BENZINA + ELETTRICA 0,14 1,62 2,09 BENZINA + ETANOLO 0,00 0,00 0,00 BENZINA + GPL 1,20 7,66 5,59 BENZINA + METANO 2,09 3,47 2,08 DIESEL 55,66 55,38 57,00 DIESEL + ELETTRICHE 0,00 0,04 0,03 ELETTRICHE 0,00 0,09 0,08 SOLO METANO 0,34 0,53 0,32

Top Ten Diesel 2016 FIAT 500 X FIAT 500 L RENAULT CLIO JEEP RENEGADE FIAT PANDA VOLKSWAGEN GOLF NISSAN QASHQAI RENAULT CAPTURE HYUNDAI TUCSON FORD FIESTA

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ridotti e soprattutto il prezzo del carburante è vantaggioso rispetto al benzina. Inoltre se prima si poteva parlare di una notevole differenza a livello prestazionale tra le due powertrain, le innovazioni in questo campo hanno portato i motori diesel a garantire anche un ottima coppia in termini di Newton/metri.

Di pari passo è il successo delle Crossover6, termine che significa “accavallare”, poiché è una vettura a cavallo fra due tipologie tradizionali. Ora la natura di ciò risale a diversi fattori tra i quali la versatilità, la compattezza delle dimensioni, l’abitabilità interna ed inoltre si riscontrano favori di un pubblico trasversale per età e sesso. In poche parole diesel e crossover hanno trovato un connubio perfetto in termini di flessibilità.

E in tutto ciò cosa centrano le auto elettriche?

Nel 2017 l’amministratore delegato del gruppo FCA, Sergio Marchionne, si era rivolto agli studenti dell’Università di Trento affermando che l’auto elettrica non fosse la soluzione per il futuro, mentre era di diverso parere sullo sviluppo delle auto a guida autonoma, previste nel giro di 10 anni. Eppure «l’aria cambia» ed al salone di Detroit 2018 non solo rilascia altre dichiarazioni, affermando che “nel 2025 la metà delle auto prodotte al mondo sarà elettrificata”, ma prevede che la prima supercar completamente elettrica sarà una Ferrari. Il CEO non è uscito di senno, anzi è perfettamente a conoscenza dell’arretratezza infrastrutturale in cui versa la rete stradale italiana ed è in attesa dello sviluppo di piani energetici coerenti con le questioni ambientali da parte del Governo. O dovremmo dire “era in attesa”, perché la mobilitazione degli altri Costruttori ha fatto uscire allo scoperto il gruppo FCA per non rimanere indietro. Nel 2015 Marchionne aveva cercato una partnership con Waymo (società di Google) ed Apple per la produzione di una self driving car, una Chrysler Pacifica. Ipoteticamente avrebbero avuto modo anche di trattare delle questioni legate ai motori elettrici, ma in ogni caso lo scontro con gli altri Brand è inevitabile.

Possiamo affermare di essere di fronte ad un vero e proprio cambio di paradigma trainato dalle promesse dei differenti gruppi automobilistici, sia in materia di guida autonoma, sia in materia di powertrain. Lo dimostra il decreto ministeriale sulla Legge di Bilancio 2018 firmato dal ministro Del Rio, che consente alle aziende di testare le auto a guida autonoma

6 Crossover: termine generico con il quale si identifica un particolare tipo di autovettura la cui carrozzeria

racchiude caratteristiche mutuate da due o più tipi di altre carrozzerie. Non va però confuso con un altro termine: Crossover SUV, che identifica invece un tipo di vettura ben preciso (spesso con carrozzeria station wagon che presenta caratteristiche, perlopiù estetiche, di uno Sport Utility Vehicle). Fonte: Wikipedia

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sulle strade italiane, nonché di investire sulla cablatura dell’intera rete stradale. È d’obbligo precisare che l’alimentazione di un veicolo e le modalità di guida non appartengono agli stessi concetti pertanto non sono una la conseguenza dell’altra, anche se è previsto che le self drive car possano avere motori elettrici.

Infatti se per alcuni Brand la strada è già intrapresa, per altri il futuro nel breve periodo è legato ai motori ibridi. Il solo fatto di abbinare prestazioni a sistemi di ricarica, attraverso un generatore e/o un impianto frenante, ha spinto alcuni ad investire in maniera consistente sulle tecnologie Hybrid. Sicuramente è indubbia la lotta nello stipulare accordi tra costruttori di veicoli, aziende di telefonia e cablaggio, società che si occupano di sistemi informatici e di mappatura, etc., per creare piattaforme tecnologiche su cui sviluppare la guida autonoma. Prima di occuparci del modo in cui vengono progettate le piattaforme tecnologiche e di come interagiscono con l’ambiente, è necessario analizzare il mercato degli Smartphone perché è la base della mobilità del domani.

1.4) Il Mercato Italiano degli Smartphone e la Generazione Y

Forse alcuni ricorderanno la comparsa del primo telefono cellulare personale nel mercato italiano, il Motorola Micro-Tac. Si parla del 1989, al tempo in cui i ponti radio si basavano su trasmissioni analogiche attraverso la rete RTMS (Radio Telefono Mobile di Seconda Generazione), nulla a che vedere con gli odierni sistemi digitali 4G. Per dare un’idea del progresso tecnologico, ogni ponte radio aveva 200 canali disponibili per le comunicazioni (192 per la fonia ed 8 di controllo), mentre l’attuale standard internazionale GSM (Global System for Mobile Communications) permette la connessione di 3 miliardi di persone in 200 Paesi. Nonostante ciò il successo di questo dispositivo era chiaro già all’epoca: in Italia il primo anno si registrano più di 100.000 abbonati ed in due anni si supera abbondantemente il mezzo milione di utenti. Nel 1999 avviene il sorpasso della telefonia mobile su quella fissa, nel 2000 gli utenti sono 42 milioni e nel 2004 superano il numero degli Italiani. Per descriverne il successo vorrei dare delle definizioni riportate nell’archivio storico di Telecom: il telefono cellulare è il bene tecnologico più “democratico”, in quanto è accessibile a tutti. Da bene di consumo “opzionale” è diventato un accessorio “personale”, anzi “obbligatorio” per l’attuale uso che se ne fa. Se si leggono le statistiche fornite da Audiweb, forse sarebbe più opportuno definirlo

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un’ossessione perché nel 2016 la media di ore passate su Internet è di 2 al giorno, di cui il 77,2 % generato dalla navigazione mobile (Grafico 1). E se andiamo a guardare le fasce di età che si connettono al mondo del web attraverso pc, smartphone e tablet, si parte già dai 2 anni fino ad arrivare all’anzianità. Comunque le quote maggiori sono raggiunte dai giovani tra i 18 e i 24 anni che dedicano l’84,1 % del tempo online alla navigazione mobile e dalle donne con l’83,5 %. A mio avviso la fascia d’età è un dato estremamente importante per il futuro del mercato automobilistico in Italia, perché in un arco temporale di 10-15 andranno a comporre il segmento di acquirenti più attivo.

Grafico 1: Distribuzione del Tempo Totale trascorso Online – Fonte: Total Digital

Audience Novembre 2016 – Audiweb powered by Nielsen

Parlando invece di quote detenute da parte dei primi 5 Brand nel 20177, Samsung comanda la classifica con il 37,5 % (seppur in calo), seguito da Apple (18,7%), e Huawei con il 16,3% che raddoppia il numero di utenti dell’anno precedente, quindi abbiamo Nokia ed LG. Dei 3,6 milioni di modelli venduti il 73,5 % si basa sul sistema Android, 18,7 % su Apple ed il 6,9 % su OS Microsoft (Grafico 2). Ma quando ci connettiamo cosa facciamo?

7 Fonte: “Tornano a crescere gli smartphone in Italia. Ecco chi vende di più”, Infodata, IlSole24Ore, 12

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Grafico2: Quota Sistemi Operativi nella Smartphone Audience Italiana – Fonte: Infodata,

IlSole24Ore

Il 93% degli utenti online ha navigato tra i siti e/o applicazioni della categoria “Search”, quasi il 90% tra i “General Interest Portals & Communities” e oltre l’80% degli utenti online ha visitato almeno un sito e/o applicazione tra le categorie “Internet tools / web services”, dedicati ai servizi e tool online (86%), “Member Communities” (85,6%) e “Video/Movies” (83%). Anche le categorie “Mass Merchandising” sono oggetto di interesse con circa il 75% degli utenti online, così come “Current Event & Global News” con il 65,4% degli utenti.

La Generazione Y è il motore del successo degli intelligence devices, un segmento di 11,2 milioni di persone nate tra i primi anni ’80 e i 2000. Sono la generazione delle tre C (Connected, open to Charge, Confident), quindi con caratteristiche di flessibilità ma anche di grandi incertezze sul futuro8. La loro arma è lo Smartphone perché racchiude tutti questi aspetti: è un bene dalla doppia personalità, sia time spending che time saving, che garantisce una connessione always on (24/7) e la condivisione di contenuti di tipo many to many. Ed in questo non è molto dissimile l’auto del futuro, un Vehicle to Everythink (V2X), cioè un mezzo capace di interagire con l’ambiente in una rete di dati e relazioni. Ovviamente un essere umano non può comunicare con un sistema telematico, a meno che non usi il suo smartphone. Perciò mi sento di non condividere le opinioni di M.J.Cohen e dello scrittore Lester Brown quando parlano di declino dell’interesse per

8 “Millenials! Chi Sono e che problemi hanno? Le parole di Simon Sinek”, Federica Penza, Sololibri.net, 4

marzo 2017 0,0% 10,0% 20,0% 30,0% 40,0% 50,0% 60,0% 70,0% 80,0% ANDROID APPLE MICROSOFT ALTRI BLACKBERRY 73,5% 18,7% 6,9% 0,8% 0,2%

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l’automobile da parte delle nuove generazioni. Lo scopo della ricerca è di sondare i fattori attraverso i quali questo interesse può essere ravvivato nella mente dei consumatori e di specificare in che modo i veicoli possano essere riqualificati. Nel prossimo capitolo verranno analizzate le strategie per la realizzazione delle piattaforme tecnologiche di supporto alle self driving car ed i possibili scenari che queste comportano, per poi addentrarci nei comportamenti di consumo che possono generare.

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Capitolo 2: Internet delle Cose al servizio delle Automobili

2.1) Internet of Things e Big Data

Internet of Things (IoT) è l’espressione che identifica la rete di dispositivi, sistemi e servizi interconnessi tra loro attraverso l’infrastruttura di Internet. Qualunque dispositivo che viene equipaggiato con un software che permetta lo scambio di informazioni sotto forma di dati con altri dispositivi connessi, può entrare a far parte della rete. Quindi dal punto di vista teorico non è detto che l’oggetto in questione debba essere esclusivamente una cosa inanimata, ma anche un essere vivente. Animali, piante e persone possono entrare a far parte di un sistema di tracciabilità dei dati, l’importante è il rispetto di due requisiti: il primo è il possesso di un indirizzo IP che consente l’identificazione univoca sulla Rete, mentre il secondo è la capacità di scambiare dati senza bisogno dell’intervento umano9. Lo scopo è quello di ottimizzare la vita in termini di efficienza ed efficacia dei sistemi produttivi e delle attività socio-economiche, in un’ottica ecosostenibile.

Più specificatamente l’oggetto si rende attivo attraverso l’identificazione a radio frequenza (Rfid) o Codici QR, in una mappa elettronica tracciata sulla base del mondo reale. Per questo un sistema IoT si costruisce parallelamente e reciprocamente ad motore di ricerca semantica, in modo che ogni tipo di dato (html, immani, suoni, video, file, etc.) possa essere ricollegato ad un agente. Ciò permette di costruire reti di relazioni sempre più elaborate del semplice collegamento ipertestuale, con la possibilità di attuare ricerche sempre più evolute da parte della search engine.

Facendo un esempio per riassumere le nozioni appena descritte, ipotizziamo che un veicolo elettrico a guida autonoma con a bordo una famiglia stia esaurendo la carica. Immediatamente il dato passa dalla batteria alla centralina attraverso la connessione ed entra in risparmio energetico. Contemporaneamente viene tracciata una rotta verso la colonnina per la ricarica e grazie alla connessione in rete di altri veicoli sul tragitto, il sistema stima le condizioni di traffico ed i tempi di percorrenza del tratto, optando per la via migliore. Mentre il veicolo è sul tragitto un passante attraversa di colpo la strada, a quel punto i sensori posti nella parte frontale dell’auto rilevano il pericolo e frenano. Nello

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stesso tempo un accumulatore sottrae l’energia generata dall’impianto frenante per ricaricare la batteria o per utilizzarla nella ripartenza del veicolo. In tutto ciò i membri della famiglia che sono a bordo vivono l’esperienza in maniera diversa. I genitori che temono di fare tardi a lavoro non si devono preoccupare perché il sistema ha già inviato le informazioni ai loro capi ufficio. I figli che invece stavano guardando la tv prima di andare a scuola sono adirati, perché la modalità a risparmio energetico dell’auto gli ha interrotto la visione del programma. La famiglia, soddisfatta o meno, può continuare a vivere la giornata, così come il pedone.

L’esempio appena descritto può sembrare una storia di fantascienza tratta da qualche film o dai libri di Asimov, e in effetti lo è stato fino a poco tempo fa. Ora non è altro che un esempio di piattaforma tecnologica per la guida autonoma, che molte aziende provenienti da diversi settori stanno progettando e testando a fronte di elevati investimenti.

Secondo la società statunitense Gartner al momento ci sono oltre 5 miliardi di dispositivi connessi (per uso pubblico e privato) ed è previsto un aumento esponenziale, di oltre 20 miliardi, portando il rapporto Iots/Persone a 4/1. Sì perché non è solo il settore automotive a pensare in grande, ma la filosofia che ne è alla base è condivisa dai più disparati settori (in campo medico, sportivo, industriale, agricolo, etc.). Questo crea una complessità nella pianificazione, progettazione e controllo che le imprese si trovano a fronteggiare, causata dal volume di informazioni stipate nei centri di raccolta dati. IBM prova a fare un quadro di quella che è la nuova visione dell’uomo (Figura 1). Dietro questo semplice schema si nascondono problematiche che in parte verranno trattate nel prosieguo della tesi, ma che per larga parte necessitano ancora di risposte. A primo impatto il sistema presenta alcune caratteristiche che possono essere considerate punti di forza o di debolezza a seconda dell’interlocutore:

- un solo soggetto può avere il controllo di una grande quantità di dati, ma anche di dispositivi operando semplicemente online;

- ad un’azione compiuta da un processo a monte si contrappone una reazione a valle; - l’architettura deve essere progettata in modo che tutti i soggetti della rete possano interagire (quindi definire i data store e gli standard di connessione);

- ogni soggetto ha bisogno di un’autenticazione per passare da uno stato offline ad uno online, in modo da garantire la sicurezza della rete (che sia umano o meno).

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Figura 1: Human view of Internet of Things - Fonte: X-Force Research and

Development, “IBM X-Force Threat Intelligence Quarterly 4Q 2014,” Novembre 2014.

Come detto sono molti gli argomenti discussi, soprattutto in materia di sicurezza e diritto della privacy (i temi verranno trattati nel sottocapitolo “Critiche all’Iot”). Ma c’è un aspetto in particolare che crea più incertezze ed è tipico dell’Industria 4.0: il posto di lavoro. Lo schema proposto da IBM mette indirettamente in risalto la capacità aumentata di futuro lavoratore, che potrebbe svolgere le mansioni tipiche di più specializzazioni. Quindi si potrebbe evolvere un “Neo Capitalismo” dove la ricchezza si accentra ancor più nelle mani di pochi, mentre ai soggetti esclusi da questa economia non resta che occuparsi del mondo offline. Con la popolazione mondiale in continua crescita e l’aumento dei soggetti che non oltrepassano la soglia di povertà (fissata ad 1,90 dollari giornalieri) le preoccupazioni sono una realtà imminente. Ma se c’è una cosa che ci ha insegnato il Capitalismo (ed anche Marx era d’accordo) è la sua capacità evolutiva, di adattamento nel tempo. Per questo sono fiducioso non tanto nella riqualificazione delle mansioni propagandata dalle aziende (perché non tutti potranno essere messi al servizio dell’IT), quanto per la redistribuzione della ricchezza per mezzo di altre tecniche. Prevedere queste tecniche ancor prima di sviluppare il modello IoT è un compito estremamente arduo.

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2.2) Le Piattaforme per la Guida Autonoma: Vehicle to Everything

Vehicle to everything (V2X) è l’identificativo utilizzato per descrivere il sistema di scambio di informazioni tra un veicolo e qualsiasi altro oggetto che possa entrarne in contatto. A seconda della natura dell’oggetto si possono individuare differenti sottoinsiemi di sistemi comunicativi: Vehicle-to-Infrastructure (V2I), Vehicle-to-vehicle (V2V), Vehicle-to-Pedestrian (V2P), Vehicle-to-device (V2D) and Vehicle-to-grid (V2G). I sistemi si basano su canali di comunicazione wireless a corto e medio raggio (DRSC) dedicati specificatamente all’uso delle auto e, per questo, nel rispetto di standard e protocolli stabiliti. Aprendo una breve parentesi, vorrei precisare l’importanza di avere uno spettro wireless dedicato per lo sviluppo della sicurezza e l’efficienza del traffico, che corrisponde ad una frequenza stabilita. Per Stati Uniti, Europa ed Australia questa è fissata a 5,9 GHz, mentre per il Giappone lo scambio dati è a 5,8 Ghz. Ciò comporta un probabile adeguamento delle tecnologie giapponesi nel momento in cui si trovino ad interagire con gli altri paesi, nonché dei costi da sopportare.

In un’ottica di valore o di benefici per il consumatore, i sistemi sopraelencati possono essere raggruppati in tre macro-aree10: Safety-Oriented, Convenience-Orienter e Commercial-Oriented. Nella prima ci sono tutte le applicazioni che monitorano l’ambiente ed assistono il conducente del veicolo nel prevenire eventi o potenziali pericoli. Nella seconda, lo scopo dei sistemi è di garantire l’efficienza nella circolazione dei veicoli e di conseguenza, di massimizzare la gestione del traffico e dei consumi. Nella terza, quella delle applicazioni Commercial-Oriented, l’imperativo è di soddisfare il consumatore attraverso il miglioramento della produttività e dell’intrattenimento durante il viaggio. Quindi le macro-aree presuppongono un gran numero di applicazioni volte ridurre drasticamente il numero di incidenti e le emissioni di CO2, di diluire il traffico, di intrattenere, di effettuare pagamenti, etc. Poiché elencarle tutte sarebbe controproducente, anche solo per il fatto che le applicazioni vengono aggiornate o sostituite, vorrei comunque riportare delle tabelle che raggruppano 16 tecnologie di base individuate in uno studio di Emmelmann, Bernd e Kellum, effettuato nel 2010. Con lo scopo di dare ordine al fenomeno in corso, lo studio classifica le applicazioni attraverso

10“Vehicular Networking: Automotive Applications and Beyond”, Emmelmann M., Bernd Bochow, C.

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un nome, un acronimo ed una descrizione che volontariamente non traduco per evitare distorsioni nel significato delle espressioni (Tabella 6, Tabella 7, Tabella 8).

Tabella 6: Applicazioni Safety-Oriented

Acronimo Nome Descrizione

SVA Stopped or Slow Vehicle Advisor

A slow or stopped vehicle broadcasts warning messages to approaching vehicles while it is slow/stopped. Approaching vehicles notify their drivers of the slow/stopped vehicle. EEBL Emergency

Electronic Brake Light

A vehicle braking hard broadcasts warning messages to approaching vehicles during the hard braking. Approaching vehicles notify their drivers of the hard braking event. PCN V2V Post

Crash Notification

A vehicle involved in a crash broadcasts warning messages to approaching vehicles until the crash site is cleared. Approaching vehicles notify their drivers of the crash.

RHCN Road

Hazard Condition Notification

A vehicle detecting a road hazard (e.g. a pothole or ice) broadcasts warning messages to vehicles within the affected region. Approaching vehicles notify their drivers of the hazard.

RFN Road

Feature Notification

A vehicle detecting an advisory road feature (e.g. sharp curve, steep grade) broadcasts warning messages to approaching vehicles, which notify their drivers of the advisory road feature.

CCW Cooperative Collision Warning

A vehicle actively monitors kinematics status messages that are broadcast from other vehicles in its neighborhood to warn the driver of potential collisions.

CVW Cooperative Violation Warning

A roadside unit actively broadcasts signal phase, timing and related information to approaching vehicles. The vehicles use this information to warn drivers of potential signal violations.

Le applicazioni riassunte in questo schema (ed nei seguenti) fanno effettivamente parte dei sistemi in cui stanno investendo le aziende coinvolte nella progettazione di auto a guida autonoma, ma anche di alcuni dispositivi già in circolazione su alcune vetture. L’inarrestabile corsa alla connettività da parte dei vari automotive brands sta caratterizzando il mercato perché le tecnologie sono sinonimo di vantaggio competitivo. In previsione futura è fondamentale sviluppare le applicazioni V2X in termini di efficienza ed efficacia, in modo da poter mostrare attraverso la product offering il valore aggiunto del proprio Brand. In termini concreti significa entrare a far parte delle opzioni di scelta d’acquisto del consumatore e la possibilità di ricavare maggiori profitti.

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20 Tabella 7: Applicazioni Convenience-Oriented

Acronimo Nome Descrizione

CRN Congested Road Notification

A vehicle detects road congestion and broadcasts the information to other vehicles in the region so that other vehicles can use the information for alternate route and trip planning.

TP Traffic Probe

A probe vehicle aggregates traffic probe information by actively monitoring kinematics status messages that are broadcast from other vehicles and transmits this information through roadside units to a traffic management center.

TOLL Free Flow Tolling

A vehicle entering a highway toll gate receives a beacon from the toll gate’s roadside unit. The vehicle establishes unicast communication with the toll gate roadside unit and an E-payment transaction is completed for toll payment. This enables roadway and congestion pricing via non-stop tolling.

PAN Parking Availability Notification

A driver looking for an available parking facility drives the vehicle within communication range of a Parking Availability Notification roadside unit. The vehicle sends a request to the roadside unit for a list of nearby parking locations, and the roadside unit responds with a list of parking locations and availability. The vehicle may sort responses according to distance from the current location, and presents a list showing available parking lots within a certain geographical region to the driver.

PSL Parking Spot Locator

A vehicle entering a parking area or structure sends a request to the Parking Space Locator roadside unit for a list of open parking spaces. The roadside unit sends a list of open spaces and an optional map to the vehicle, and the vehicle notifies the driver of their locations.

Sicuramente ci saranno delle applicazioni che rimarranno più impresse nella mente dei consumatori e che accresceranno maggiormente il suo benessere, così come altre che saranno scarsamente percepite. Tutto dipende dal grado di coinvolgimento emotivo che queste tecnologie hanno per un soggetto. Infatti, se pensiamo alle applicazioni safety e convenience-oriented, probabilmente queste andranno a far parte di quelle caratteristiche tecnico-funzionali di un veicolo, percepite o meno come set base (cioè a cui un consumatore non vuole rinunciare). Invece le applicazioni commercial-oriented potrebbero essere di maggior interesse per chi si occupa di marketing perché individuano optional di maggior distinzione, per via delle caratteristiche evocative ed emotivo-simboliche. Sicuramente la decisione di comprare un’automobile fa parte di un processo

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d’acquisto ben ponderato rispetto alle pratiche routinarie, quindi il tempo dedicato a questa fase è di gran lunga maggiore e l’attenzione nella ricerca delle informazioni è massima. Allora il vantaggio competitivo si baserà non solo sul mix di caratteristiche della product offering, ma anche sulla communication mix adeguata (Pubblicità, Pubbliche Relazioni, Promozioni, Direct Marketing, Forza Vendita, etc.)

Le possibili strategie da adottare in ottica di medio-lungo termine, sia nel campo del marketing strategico sia di quello operativo, saranno più approfonditamente trattate nel terzo capitolo.

Tabella 8: Applicazioni Commercial-Oriented

Acronimo Nome Descrizione

RVP/D Remote Vehicle Personalization/ Diagnostics

When a vehicle is within communication range of the driver’s home, the driver may initiate a wireless connection of the vehicle to the home network and download (or upload) the latest personalized vehicle settings. This allows drivers to personalize their vehicle settings remotely. Also, when a vehicle is within the service bay at a dealership, the driver may initiate a wireless connection between the vehicle and the dealer service network in order to upload the latest vehicle diagnostics information and download any new updates.

SA Service

Announcement

Businesses (e.g. a fast food restaurant) may use roadside infrastructure to announce services to vehicles wirelessly as they pass within communication range. A vehicle may inform its driver of the services based on the driver’s subscription or request for such information.

CMDD Content, Map or Database Download

When a vehicle is within proximity of a home or hot-spot, the driver may initiate and connect wirelessly to the home network or hot-spot so that the vehicle can download content (e.g. maps, multimedia or web pages) from the network to the hard drive radio/navigation system.

RTVR Real-time Video Relay

A vehicle may initiate transmission of real-time video that may be useful to other drivers in the area (e.g. a traffic jam scene). Other vehicles may display this information to their drivers and also relay the real-time video via multi-hop broadcasts in order to extend the range of the communicated information to other vehicles or roadside units.

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2.3) Le proprietà “agentiche” degli oggetti in rete

Il termine “Internet of Things” è stato coniato da Kevin Ashton durante una presentazione presso Procter & Gamble nel 1999. Dieci anni dopo lo stesso autore scrive un articolo su RFID Journal per specificare che non si sarebbe mai immaginato lo snaturamento del suo appellativo da parte di altri nel corso del tempo. Il significato originario doveva riguardare il mettere le capacità della Rete al servizio dell’uomo e non di sostituirsi ad esso. Infatti Ashton ribadisce di non confondere il mondo reale con il virtuale, anche se quest’ultimo, basandosi su dati provenienti dall’essere umano, si occupa sempre più di idee che di cose11. Ed è proprio questa sua convinzione ad essere messa in discussione dalle tecnologie IoT, cioè dovremmo ancora optare per una distinzione tra mondo virtuale e reale? Quale natura avrebbero le interazioni create dagli oggetti che agiscono indipendentemente dal controllo umano? E quindi che rapporto avrebbe l’uomo con tali oggetti (o potenzialmente con le “intelligenze artificiali”)?

Le domande sono lecite perché le discipline che studiano i legami tra uomo e oggetto hanno un approccio dinamico, quindi modificano gli schemi conoscitivi in base alle scoperte più recenti (storicamente sono oggetto di studio dell’economia, della sociologia e dell’antropologia). Facendo un breve excursus delle teorie12 in merito al consumo degli oggetti, cercherò di tracciarne i tratti salienti per capire se attualmente siamo di fronte ad un nuovo cambio di paradigma.

I primi studi sul ruolo degli oggetti non avevano nulla di empirico e identificavano il consumo dei beni di lusso come motore della società (Voltaire 1764). Illuministi e fisiocratici riconoscevano il ruolo fondamentale nella comunicazione e nel processo di costruzione dell’identità sociale (seppur relegata a chi poteva permettersi di consumare), messi poi in ombra dalle scuole di pensiero Classica, Neoclassica e Marxiana. Con i primi studi economici il consumo degli oggetti perde la funzione di creatore di logiche sociali ed entra nell’ottica di produzione. Adottando approcci diversi, i tre filoni di pensiero utilizzano un modello razionale nel definire le logiche sottostanti i comportamenti di consumo, senza prendere in considerazione i processi al di fuori della mera mercificazione degli oggetti. Con J.M. Keynes cambia il punto di vista, dove non è più

11 “That’s Internet of Things’thing”, Kevin Ahston,RFID Journal, 22 June 2009 12 “La sociologia dei consumi”, P. Corrigan, Franco Angeli Milano 2010

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l’offerta a creare domanda ma viceversa, ed il reddito diventa il motore dell’economia attraverso il consumo di oggetti. Ma l’ottica rimane sempre miope, escludendo i rituali e le pratiche sociali. Un primo vero cambiamento si ha quando sociologi, e successivamente antropologi, si occupano dello studio della cultura di consumo. Il primo ad individuare dei meccanismi di distinzione sociale attraverso l’uso degli oggetti è Veblen. Il consumo per Veblen non è solo un atto di soddisfazione dei bisogni, ma un meccanismo di creazione di status symbol, fortemente legato all’interazione sociale (il consumo come agire sociale diventerà la base delle successive analisi). Successivamente con Baudrillard gli oggetti non saranno più slegati tra loro, ma faranno parte di un sistema di simboli creato inconsciamente dall’individuo per differenziarsi. Qui gli oggetti assumono significato all’interno di una rete, fatta di connessioni neurali piuttosto che di algoritmi, della quale il soggetto non è a conoscenza. Anche con Bourdieu non viene messa in risalto la creatività umana, pur identificando le capacità delle persone nella costruzione dell’habitus (corrisponde allo “stile di vita”) attraverso il proprio capitale economico, sociale e culturale. È con l’antropologa Mary Douglas che il consumo assume la valenza generale di linguaggio e sistema d’informazione delle caratteristiche della società. Gli individui sono quindi consapevoli delle pratiche di consumo e dei processi di costruzione sociale della realtà attraverso gli oggetti. Sono le persone a dare un senso all’oggetto attraverso pratiche d’inclusione o di esclusione nella rete da loro creata. E sul come avviene questo trasferimento reciproco di significati tra i beni e le persone è McCracken ad ipotizzarlo, attraverso i rituali di consumo. L’antropologo canadese ne individua 4 tipi:

 Rituali di possesso: intrapresi dal proprietario del bene per appropriarsi dei significati di tale bene;

 Rituali di scambio: scambio di oggetti con un certo significato. L’obiettivo è che il ricevente condivida con chi dona il significato e proprietà del bene;

 Rituali di mantenimento: possono mantenere o rafforzare i significati che il consumatore trae dal possesso e dall’uso dei beni;

 Rituali di svestizione (pulizia-riarredo): svuotano i beni dal loro significato originario (vendita o regalo di un oggetto o nuovo proprietario).

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I beni hanno quindi un carattere che va al di là della valenza commerciale ed un oggetto preso singolarmente è privo di significato. Così vale anche per gli oggetti che ospitano le piattaforme digitali? Vale per tutti o solo per quelli online?

Con la sua pubblicazione intitolata “The Cultural Biography of Things: Commoditization as a Process”, Kopytoff descrive gli oggetti come entità dotate di una biografia ed in grado di modificare i comportamenti umani con la loro presenza. Qui non si parla di ruolo passivo, come un riflesso della personalità infusa dal soggetto su una cosa inanimata, ma di una capacità dell’oggetto di influire in un’ambiente spazio-temporale. Ad esempio pensate ai movimenti del dito sullo schermo del vostro smartphone, o al tempo che impieghereste a svolgere qualsiasi attività senza di esso. Senza dubbio non è l’oggetto che vi sta costringendo ad intraprendere tali comportamenti, eppure sembra generarsi una sorta di attrazione. Almeno fino a quando non decidete che quel bene debba uscire dalla vostra sfera d’interesse ed attuate pratiche di re-mercificazione. Cioè il bene diventa nuovamente una cosa senza personalità (da buttare o scambiare) e può essergli attribuito più facilmente un valore. Esiste anche un’altra pratica in cui l’oggetto conserva la sua biografia e continua a svolgere un ruolo attivo: il dono. In questo caso attraverso un linguaggio di codifica una persona intende trasferire dei significati ad un’altra, con annesse tutte le distorsioni dovute alla decodifica da parte del ricevente. Ma il vero problema non è di classificare l’insieme dei comportamenti che le persone intraprendono verso gli oggetti. Il dilemma è che la tecnologia sta avanzando così velocemente che le stesse persone non sono abituate alle nuove interazioni che si creano con i beni. In ogni innovazione che viene prodotta gli individui aggiungono sempre più aspetti personali e ciò comporta non solo una confusione dei sensi, ma anche la difficoltà ad attribuire valore economico all’oggetto. Quando Microsoft ed Apple hanno dato una voce ai loro sistemi operativi attraverso Cortana e Siri, hanno anche dato la possibilità alle persone di fortificare i legami con i propri dispositivi. Nel peggiore dei casi queste pratiche (concretamente significa parlare, interagire con lo smartphone, il pc, l’automobile, la casa, etc.) potrebbero parificare le emozioni provate verso gli oggetti con quelle verso un altro essere vivente. Allo stesso tempo possiamo affermare che le pratiche non sono identiche per tutti i soggetti e non coinvolgono allo stesso modo ogni oggetto. Dipendono infatti dalla sensibilità della persona e dalla capacità invasiva di un oggetto di entrare nella sua sfera d’interesse. Contestualizzando quanto appena detto con la tecnologia

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impiegata sui nuovi veicoli, nulla vieta di pensare che alcuni soggetti potrebbero preferire di trascorrere più tempo con la propria auto che con i suoi pari. Infatti, il network in cui entrano a far parte le persone in questione potrebbe offrire esperienze più appaganti. Ciò significa che tutti gli agenti al di fuori della rete perdono importanza per un determinato lasso di tempo. Le reti online hanno delle analogie con i sistemi di oggetti creati da un individuo, ma anche delle differenze rilevanti. Entrambi permettono le interazioni tra agenti ed ogni soggetto/oggetto che opera offline perde momentaneamente la sua funzione fino alla sua reintegrazione nella stessa rete/sistema (o in altri network). Però se il sistema è una creazione del soggetto, la rete invece può operare indipendentemente dall’inclusione o esclusione del soggetto. Questa differenza sostanziale porta l’oggetto ad essere caratterizzato dalla rete, ma anche ad essere un protagonista del network finché resta collegato. In altri termini se l’oggetto ha un determinato peso all’interno di un sistema, in una rete online potrebbe acquisire un peso maggiore. Perciò un individuo connesso alla rete non proverà più le stesse emozioni che percepiva in un sistema da lui creato, ma si troverà con molta probabilità in una situazione diversa, dove gli oggetti, agendo in parte al di fuori del suo controllo, potrebbero diventare amici/nemici. Riassumendo, il mio pensiero è che le nuove tecnologie porteranno ad una nuova interazione tra persone e beni, differente da quella finora teorizzata, ma questa avverrà solo con gli oggetti online. La distinzione tra mondo reale e virtuale continuerà ad esistere, con una piccola eccezione: ogni volta che l’uomo si collega alle rete online si trova nella situazione di unire regole appartenenti a mondi differenti, creando un “portale”. Paradossalmente, l’uomo preoccupato di tenere distinti i due mondi e di essere surclassato dalle intelligenze artificiali è anche il creatore dei suoi timori.

2.4) Critiche al sistema Vehicle to Everythink: The Dark Side

Le critiche che vengono rivolte alle piattaforme per la guida autonoma riflettono l’andamento delle funzioni alla base dei modelli di comunicazione online, cioè sono esponenziali e virali. I motivi sono tra i più disparati, in parte per la natura dell’oggetto in questione, in parte per la confusione che si crea intorno a determinate tematiche. Nel tempo si è quindi sviluppato un mix tra critiche fondate su basi concrete ed accuse che sfociano nel complottismo. Sicuramente le piattaforme coinvolgono un numero così

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grande di attori e di interessi in gioco che spesso risulta difficile trovare accordi. Basti pensare che le stime del potenziale economico delle tecnologie IoT possano passare dagli attuali 3,9 trilioni di dollari agli 11,1 trilioni nel 2025 (McKinsey Group 2015). Vuol dire spartirsi circa l’11 % dell’economia mondiale, per questo la corsa è tanto accanita così come lo sono le critiche.

Ma vediamo qual è effettivamente il “lato oscuro” del sistema V2X.

La prima critica riguarda la sicurezza delle piattaforme, sia in termini di infrastrutture sia di privacy dei dati. L’affidabilità delle auto a guida autonoma è il punto di partenza di ogni sviluppo ed investimento, poiché risulta difficile sperare di commercializzare un prodotto che rechi danno al consumatore stesso. Anche se sono in commercio prodotti che permettono forme di autolesionismo (vedi alcool, tabacco, armi), queste non fanno parte delle caratteristiche ricercate nel bene automobile. “Sicurezza” è sempre stata la parola d’ordine di molti brand e di slogan pubblicitari, per tale motivo alcune figure del mondo automobilistico dichiarano che i margini di errore nei driverless systems sono infinitesimali. Dichiarazioni che sono state più volte smentite dai fatti in cui è coinvolta l’azienda pionieristica di Elon Musk: prima l’incendio di una Model X scaturito dal pacco batteria e poi lo schianto di un veicolo con Autopilot inserito. Sull’ultimo incidente il fondatore della Tesla si difende accusando la rete stradale californiana di non disporre delle adeguate misure di sicurezza lungo la tratta in cui percorreva il veicolo.

Vorrei aprire una breve parentesi in riferimento all’Autopilot perché anticipa un’altra critica legata più ai metodi informativi che all’infrastruttura stessa. Il sistema che ha causato lo schianto del veicolo in realtà non è un dispositivo per guida autonoma, ma per guida assistita, quindi non permette al conducente di distogliere l’attenzione dalla strada. Eppure il messaggio presente sul sito affermava «Guida autonoma disponibile sulla tua Model S»13. Sembra quindi che il conducente sia stato beffato dalla pubblicità ingannevole del suo prodotto, e ciò mette in risalto il ruolo centrale del venditore. Tornando ai problemi legati all’infrastruttura, questi non riguardano soltanto l’affidabilità dei sistemi di guida, ma l’intera rete. Ad esempio dei sensori difettosi potrebbero non individuare l’esaurimento della carica delle batterie, lasciando i passeggeri nel bel mezzo della carreggiata. Disagi e situazioni di pericolo devono essere quindi scongiurati

13 “Si fida troppo dell'Auto Pilot e la Tesla si schianta sul camion dei pompieri”, Simonluca Pini,23 gennaio

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attraverso la progettazione della rete, in modo che ogni elemento difettoso possa essere rimpiazzato provvisoriamente da un altro. Ad esempio un pilota di Eurofighter Typhoon si trova quotidianamente a guidare un veicolo che di meccanico ha ben poco perché è un computer a tenere in volo l’aereo. Detta così, sembrerebbe che la vita del pilota sia aggrappata alla probabilità (in realtà molto bassa) di non avere guasti. Forse non tutti sanno che l’areo è dotato di altri computer collegati alla centralina che in caso di guasti sostituiscono le funzioni del principale, quasi azzerando le probabilità di incidenti. Lanciare quindi precocemente sul mercato un veicolo che non dispone dell’adeguata infrastruttura di supporto è praticamente un suicidio non solo per l’azienda, ma per l’intera piattaforma. Il secondo problema sempre legato alla sicurezza è la Cyber Security, ed è anche la più grande preoccupazione. La protezione dei dati rimane la sfida lanciata dai consumatori verso gli operatori economici e per larga parte ancora irrisolta. L’accesso ai dati permette azioni differenti di cybercrime tra le quali frodi, hacking, spionaggio, manipolazioni di mercato attraverso forums e social networks, etc. Ne sono un esempio le violazioni di dati attraverso il social network Facebook da parte dell’ente Cambridge Analytica per finalità non consentite. Ma quando si parla di veicoli a preoccupare non sono tanto le pratiche di marketing quanto la sicurezza stradale, perché se una piattaforma viene hackerata si può prendere il controllo anche del veicolo. Inutile dire che le connessioni tra i dispositivi in rete devono prevedere codici, password e sistemi di criptografia invulnerabili. In questa direzione si sta muovendo, ad esempio, l’azienda BlackBerry con il pacchetto Jarvis14. In pratica Jarvis permette di proteggere i veicoli connessi attraverso la scansione in tempo reale di tutti i componenti software dell’auto. Il suo utilizzo inoltre è offerto secondo il servizio pay-as-you-go, cioè in base ad una specifica destinazione e a fronte di un pagamento. Al momento è difficile pensare che esista una rete inviolabile ameno che non sia la stessa rete a creare le sue difese. Scartando quest’ultima ipotesi perché prematura, è compito delle autorità ridurre al minimo gli atti illeciti attraverso la prevenzione, nuovi obblighi e sanzioni. Come si evince dalla prima critica, il tempo gioca un ruolo chiave: la fretta di portare a termine un progetto così avanzato tecnologicamente rischia di generare costi che si sarebbero potuti evitare.

14 “BlackBerry presenta Jarvis, la piattaforma per la sicurezza della guida autonoma”, Gabriele Congiu,

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Vorrei concludere l’analisi sulle dinamiche relative alla sicurezza informatica con un aneddoto. Durante i miei studi universitari in Russia ho avuto la fortuna di partecipare ad una lezione impartita da un consulente di un’azienda che si occupa di sicurezza informatica a livello mondiale. Le sue dimostrazioni sul quanto sia facile per un hacker violare un sistema mi avevano turbato tanto che non resistetti nel porgli una domanda. Esistono dei metodi per evitare ogni tipo di attacco? Con mia sorpresa mi fece notare che la risposta era piuttosto semplice, cioè di rimanere offline. Con questo non vorrei far credere al lettore che ho una visione pessimista sul futuro delle piattaforme a guida autonoma, ma solo chiarire che al momento non esiste alcun sistema inviolabile.

La seconda critica affronta il problema della qualità della vita in termini di ecosostenibilità e di benessere psicofisico, in particolare come la connettività e la guida autonoma possano cambiare gli stili vita di una società.

Innanzitutto vorrei sfatare il falso mito che le auto elettriche (visto che è la motorizzazione scelta per le auto del futuro) producano indirettamente più emissioni di auto a benzina. Anche Sergio Marchionne aveva espresso il dubbio durante un intervento all’Università di Trento, poiché 2/3 terzi dell’energia elettrica viene ricavata da combustibili fossili. Dopo accurate stime è stato verificato dalla Banca Mondiale che l’energia elettrica è prodotta per il 40% da carbone, per il 20 % da combustibili fossili meno inquinanti e per il restante 20 % da fonti più pulite15. Le percentuali sono ancora più incoraggianti viste in chiave futura, poiché si presume una crescita rilevante delle fonti rinnovabili. Quindi il falso mito sulle emissioni di CO2 riguarda più interessi politico-economici che affermazioni scientifiche. Non solo le auto elettriche sono meno inquinanti, ma, se equipaggiate della guida autonoma, dovrebbero ridurre lo stress dei passeggeri grazie ai sensori di controllo del traffico. Inoltre la powertrain silenziosa e ad emissioni zero va a beneficio non solo dei passeggeri ma anche dell’ambiente esterno, che godrebbe sicuramente di un’atmosfera depurata dallo smog e dai rumori. D’altro canto si può ipotizzare un cambiamento drastico dello stile vita. Se da un lato la riduzione degli incidenti porta ad un risparmio di vite e costi per l’assistenza sanitaria, dall’altro la sedentarietà che questo modello può portare introduce altre problematiche. Una vettura che si occupa di tutto lasciando i passeggeri comodi sui sedili ad occuparsi dei propri

15 “Le auto elettriche inquinano alla fine come quelle a benzina, come dice Marchionne?”, AGI,

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interessi, non incentiva di certo l’attività motoria. Anzi il piacere di vivere un ambiente che, per certi aspetti, replica le comodità della casa, può portarci a voler trascorrere più tempo in auto. Ed aumentare i momenti di sedentarietà a discapito dell’attività motoria non fa che aprire il campo alle malattie ed alle cattive abitudini. Già l’avvento di Internet e dei display ha minato le capacità visive e le preferenze sugli hobby; se poi nell’arco delle 24 ore aumentano i momenti di contatto con la rete, è facile immaginare un peggioramento delle condizioni di vita senza un’adeguata educazione. Quindi, riassumendo quanto appena detto, il nuovo modello sostiene da un lato un miglioramento del benessere psicofisico, mentre per certi versi lo riduce. L’equazione, che sembra seguire il postulato di Lavoisier («Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma»), in realtà è positiva per due motivi: il primo è che a risentirne dei benefici è anche la Terra e non solo gli esseri che ci vivono, andando ad incrementare la funzione di benessere; il secondo è che l’adozione di pratiche corrette può evitare può evitare l’annullamento dei benefici. In linea di massima l’introduzione delle driverless cars presenta a mio avviso un rapporto in termini di benefici maggiore di 0.

La terza critica è prettamente economica e si sofferma sul destino delle Assicurazioni, della logistica (tir, taxi, autubus, etc.), delle scuole guida, insomma di tutte le attività che girano intorno alla concezione di guida. Partendo dalle Assicurazioni, si prevede una riduzione del costo delle polizze dovuta al calo degli incidenti, ma nel complesso i guadagni potrebbero essere sostanziali. A fronte di una spesa annuale (seppur ridotta) per la responsabilità civile obbligatoria, le Assicurazioni ne possono sicuramente trarre vantaggio grazie alla forte riduzione dei costi dovuta ai risarcimenti. Tutto sta nel regolamentare la disciplina in materia di incidenti, perché ad esempio il codice della strada italiano non prevede ancora casistiche che coinvolgono passeggeri proprietari di veicoli a guida autonoma. Mentre i servizi assicurativi assistono ad un evoluzione del fenomeno, altre attività economiche sono messe in forte discussione. La paura che sistemi di guida autonoma tolgano il lavoro ad una grande quantità di persone è concreta. D, esempio il brand Volvo Trucks si sta equipaggiando di tecnologie di trasporto senza autista per migliorare l’efficienza dei sistemi logistici. Non è solo la guida autonoma a spaventare, ma anche i sistemi di car sharing sempre più evoluti. Ne sono un esempio i brand Nissan e Smart che hanno messo in pratica dei servizi di condivisione delle vetture,

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