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Gli “strumenti” di prevenzione della corruzione: il Piano Nazionale Anticorruzione e il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione

1.2 Sistemi di compliance anticorruzione: la Legge 190/

1.2.1 Gli “strumenti” di prevenzione della corruzione: il Piano Nazionale Anticorruzione e il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione

A livello nazionale la CIVIT - Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle Amministrazione Pubbliche- individuata come prima Autorità per la corruzione e poi trasformatasi in ANAC, ha approvato con delibera n.72 dell’11 settembre 2013, sulla base del documento predisposto dal Dipartimento della Funzione Pubblica (DFP)26 il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) che contiene il dettaglio degli adempimenti a carico dei soggetti destinatari. Tra i soggetti che concorrono all’attuazione della strategia di prevenzione della corruzione a livello nazionale ci sono anche le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici economici e i soggetti di diritto privato in controllo pubblico, responsabili dell’introduzione e dell’implementazione delle misure previste dalla Legge e dal Piano Nazionale Anticorruzione. La funzione principale del PNA è quella di assicurare l’attuazione coordinata delle strategie di prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, elaborate a livello nazionale e internazionale in modo da mettere a punto strumenti di prevenzione mirati e sempre più incisivi. La strategia nazionale, che si esplica per mezzo del Piano, persegue 3 obiettivi strategici:

- ridurre le opportunità che si manifestino casi di corruzione; - aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione;

- creare un contesto sfavorevole alla corruzione.

La struttura del Piano è sviluppata in 3 sezioni27:

- esposizione degli obiettivi strategici e delle correlate azioni che devono essere adottate a livello nazionale;

26 Operante nell’ispettorato per la funzione pubblica per il coordinamento e la verifica delle attività in materia di organizzazione e

funzionamento delle pubbliche amministrazioni.

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- illustrazione della strategia di prevenzione e delle misure obbligatorie da attuarsi a livello decentrato per mezzo dei Piani Triennali su cui l’ANAC svolge un’azione di vigilanza sullo stato di attuazione per mezzo del sistema integrato di comunicazione per la Pubblica Amministrazione;

- indicazioni riguardanti le modalità di trasmissione dei dati.

Il PNA è correlato dagli allegati e dalle tavole sintetiche contenenti le misure che le amministrazioni debbono applicare e le tempistiche. È necessario infatti analizzare il PNA nel suo complesso comprensivo sia di tavole che di allegati. In particolare gli allegati presenti con il Piano Nazionale Anticorruzione (2013), che servono per adottare, in riferimento a tutte le amministrazioni, adeguati Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione sono:

Allegato 1: Soggetti, azioni e misure finalizzati alla prevenzione della corruzione; Allegato 2: Le aree di rischio (comuni/ obbligatorie);

Allegato 3: Elenco esemplificativo delle misure ulteriori; Allegato 4: Elenco esemplificativo di rischi specifici; Allegato 5: La valutazione del livello di rischio;

Allegato 6: I principi per una efficace gestione del rischio (da UNI ISO 31000 2010). A livello decentrato infatti, ogni amministrazione pubblica definisce un Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione (PTPC) 28, che sulla base delle indicazioni presenti nel PNA, effettua l’analisi e valutazione dei rischi specifici di corruzione e conseguentemente indica gli interventi organizzativi volti a prevenirli.

Secondo il Piano Nazionale Anticorruzione 2013 (il primo ad essere approvato dopo l’introduzione della Legge 190/2012) il PTPC29 rappresenta lo strumento attraverso il quale l’amministrazione sistematizza e descrive un processo, articolato in fasi tra loro collegate concettualmente e temporalmente, che è finalizzato a formulare una strategia di prevenzione del fenomeno. In esso si delinea un programma di attività derivante da una preliminare fase di analisi che, in sintesi, consiste nell’esaminare l’organizzazione, le sue regole e le sue prassi di funzionamento in termini di possibile esposizione al fenomeno corruttivo. Ciò deve avvenire ricostruendo il sistema dei processi organizzativi, con particolare attenzione alla struttura dei controlli ed alle aree sensibili nel cui ambito possono, anche solo in via teorica, verificarsi episodi di corruzione. In questo contesto il PTPC si deve confermare come un documento di concreta

28 In base all’art. 1 comma 5 della Legge 190/2012.

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pianificazione di attività e obiettivi, inserito nell’ambito della pianificazione complessiva dell’ente, e non come uno dei tanti documenti redatti come mero adempimento formale.

Gli enti pubblici economici, le società a partecipazione pubblica e gli altri enti di diritto privato in controllo pubblico devono nominare un responsabile per l’attuazione dei propri Piani triennali di prevenzione della corruzione, al quale è affidato anche il compito di vigilanza, di contestazione e di segnalazioni previsti dall’art. 1530 del d.lgs. n. 39 del 2013.

Nonostante la normativa concentri la responsabilità per il verificarsi di fenomeni corruttivi (art. 1, comma 12, L. n. 190) in capo al Responsabile Prevenzione della Corruzione31, tutti i dipendenti delle strutture coinvolte nell’attività amministrativa mantengono, ciascuno, il personale livello di responsabilità in relazione ai compiti effettivamente svolti; l’attività del Responsabile Corruzione deve essere strettamente collegata e coordinata con quella di tutti i soggetti presenti nell’organizzazione dell’amministrazione. Come previsto dal Piano Nazionale Anticorruzione, ciascuna Società deve infatti identificare un solo Responsabile Prevenzione della Corruzione ma può individuare dei referenti che svolgono, nelle proprie aree di competenza, attività informativa nei confronti del responsabile e di costante monitoraggio sull’attività svolta dal personale e sul rispetto delle misure previste dal Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione.

Il Responsabile Prevenzione della Corruzione (RPC) svolge comunque un ruolo attivo in riferimento al Piano Triennale e i compiti principali affidati in capo a questa figura sono32:

- predisporre il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, entro il 31 gennaio di ogni anno;

- verificare l’efficace attuazione del PTPC e la sua idoneità al perseguimento dei risultati nello stesso previsti, nonché proporre modifiche dello stesso quando avvengono significative violazioni, o mutamenti dell’organizzazione aziendale; - verificare, con il dirigente competente, l’effettiva rotazione degli incarichi per lo

svolgimento delle attività nel cui ambito viene riscontrato un elevato rischio di commissione reato corruzione;

30Capo VII – Vigilanza e sanzioni- Art 15 : “Vigilanza sul rispetto delle disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità

nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto privato in controllo pubblico”

31Responsabile individuato ai sensi del comma 7, art. 1 della Legge 190/2012. 32Compiti del RPC citati nel comma 10, art.1 della Legge 190/2012.

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- predisporre azione di formazione ed individuare il personale da inserire nel programma di formazione;

- definire procedure adeguate per selezionare e formare i dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione;

- svolgere le attività previste dalla Legge 190/2012 e dal D.Lgs 39/2013 in base agli obblighi di trasparenza e in materia di incompatibilità e inconferibilità degli incarichi;

- redigere e trasmettere all’organo di indirizzo entro il 15 dicembre di ogni anno, una relazione annuale sulle verifiche ed attività svolte e pubblicarla sul sito internet istituzionale nella sessione “società trasparente”.

In conclusione per non incorrere in sanzioni derivanti dalla commissione di un illecito corruttivo, l’RPC deve dar prova di aver predisposto33, prima della commissione del fatto, il PTPC e di aver osservato le prescrizioni contenute nella Legge, nonché di aver vigilato sul funzionamento e sull’osservanza del Piano.

Come precedentemente detto, tutte le attività sopra esposte sono svolte con il supporto dei responsabili delle varie aree, al fine di garantire un tempestivo e regolare flusso delle informazioni e in modo da gestire il contenuto delle segnalazioni dalle varie aree aziendali.

1.2.2 Caratteristiche dell’implementazione del Piano Triennale di Prevenzione