• Non ci sono risultati.

L A STRUTTURA E LA FORMA DELL ’ ATTO DI DESTINAZIONE

L’ANALISI DEGLI ATTI DI DESTINAZIONE DI CUI ALL’ART 2645-TER C.C.

3. L A STRUTTURA E LA FORMA DELL ’ ATTO DI DESTINAZIONE

Acclarati il carattere sostanziale dell’art. 2645-ter c.c. e la portata dell’effetto segregativo prodotto dall’applicazione di tale norma, è necessario svolgere qualche osservazione con riguardo ad ulteriori aspetti fumosi della fattispecie in esame.

Innanzitutto, il legislatore nulla dice con riguardo alla struttura degli atti di destinazione. Senza dubbio, essi posso farsi rientrare nel

genus dei negozi giuridici, in quanto manifestazione di una volontà

diretta a produrre effetti giuridici95. Ciò su cui, invece, ci si interrogata è

se l’atto di destinazione costituisca un atto unilaterale o un contratto. A tal riguardo può ritenersi che, nel silenzio dell’art. 2645-ter c.c., il negozio di destinazione possa assumere le vesti di un atto tanto unilaterale quanto bilaterale96.

L’atto di destinazione può qualificarsi come negozio giuridico unilaterale allorché il disponente dichiari e sottoponga i propri beni al vincolo di destinazione – i cui effetti si producono nella sfera giuridica

95 DE NOVA G., Esegesi dell’art. 2645-ter c.c., in AA. VV., Atti notarili di destinazione di

beni: art. 2645-ter c.c. Atti del Convegno di Milano del 19 giugno 2006,

(www.scuoladinotariato dellalombardia.org).

96 In tal senso, FALZEA A., Riflessioni preliminari, in Bianca M. (a cura di), La trascrizione

86

del disponente medesimo – assumendo su di sé gli obblighi di gestione in favore dei beneficiari (destinazione statica). Nello specifico, in tale ipotesi ci troveremmo dinanzi ad un atto unilaterale recettizio – volto a salvaguardare la volontà del beneficiario rispetto alle decisioni assunte da un soggetto terzo –, il quale, essendo l’effetto obbligatorio dell’atto di destinazione previsto espressamente dall’art. 2645-ter c.c., può pacificamente essere annoverato tra le promesse unilaterali senza che venga violato, come invece sostenuto da parte della dottrina97, il

principio della tipicità sancito dall’art. 1987 c.c. Dalle caratteristiche appena descritte, la fattispecie in esame potrebbe essere accostata alla figura del trust autodichiarato, con il quale un soggetto può dichiararsi

trustee rispetto ad una determinata massa di beni, della quale egli non

perde la titolarità.

Diversamente, qualora il disponente imponga il vincolo su un gruppo di beni di cui conserva la titolarità, ma per i quali affidi la gestione ad un terzo (destinazione dinamica), la destinazione può trarre origine da un atto avente forma contrattuale. In particolare, il contratto

97 GAZZONI F., Osservazioni sull’art. 2645 ter, cit., p. 165 e ss., secondo cui il negozio di

destinazione previsti dall’art. 2645-ter c.c. dovrebbe avere struttura contrattuale, proprio in virtù del fatto che la diversa configurazione dell’atto di destinazione sopra ipotizzata violerebbe il principio di tipicità delle promesse unilaterali sancito dall’art. 1987 c.c.

87

così realizzato ed il trasferimento che ne consegue trovano la propria giustificazione causale nella causa fiduciae, la quale conferisce piena legittimazione all’effetto traslativo prodotto in favore del fiduciario98.

Altro punto sul quale la dottrina ha tentato di fare chiarezza concerne la forma dell’atto di destinazione. L’art. 2645-ter c.c. prevede, infatti, che possano essere trascritti i negozi di destinazione che rivestano la forma dell’atto pubblico; ciò pone pertanto il dubbio se il particolare requisito formale sia richiesto dalla norma in esame al solo fine della trascrizione degli atti di destinazione – i quali, dunque, potrebbero essere considerati validi anche in mancanza della forma solenne, seppur non opponibili ai terzi – o se esso sia invece prescritto ad

substantiam, al fine di conferire validità a detti atti.

Non è condivisa da chi scrive la tesi secondo cui la forma pubblica sarebbe richiesta ai soli fini della trascrivibilitá del negozio giuridico di destinazione, e questo per un duplice motivo. Il primo è che non si spiegherebbe per quale ragione la norma de qua non faccia menzione alcuna della possibilità che l’atto in esame possa avere la forma di una scrittura privata autenticata o giudizialmente accertata, la quale sarebbe invece sufficiente ai fini della trascrivibilitá. Se il

98 Così, LA PORTA U., Destinazione di beni allo scopo e causa negoziale, Napoli, 1994, 42

88

legislatore avesse voluto prescrivere la forma solenne ad transcriptionem, avrebbe potuto senz’altro prevedere anche le due modalità appena richiamate. Il secondo motivo è legato alla natura intrinseca della forma pubblica prevista ad substantiam, la quale mira in generale ad assicurare, nel modo più sicuro possibile, la chiara volontà delle parti dell’atto, nonché la validità e l’efficacia dello stesso, al fine superiore di proteggere le parti medesime ed i terzi99. Tale finalità può ritenersi

sottesa anche alla scelta dell’atto pubblico con riguardo alla fattispecie in esame e alla sua preferenza rispetto alla già richiamata scrittura privata, autenticata o giudizialmente accertata, se si considera l’importanza che assume – nell’ambito della separazione patrimoniale realizzata ai sensi dell’art. 2645-ter cc. – la tutela non solo delle parti dell’atto di destinazione, ma anche degli interessi dei terzi creditori.

Inoltre, la scelta della forma solenne quale requisito di validità di una fattispecie di separazione patrimoniale non è una novità, se si considera che essa è richiesta dall’art. 167 c.c. anche per la costituzione del fondo patrimoniale100. Pare, dunque, ragionevole ritenere, sulla base

99 Negli stessi termini si esprime PETRELLI G., La trascrizione degli atti di destinazione, in

Riv. dir. civ., 2006, II, 163 ss., il quale, tuttavia, la previsione della forma pubblica ad transcriptionem.

100 QUADRI R., L’art. 2645-ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, cit., 1725, n.

89

delle considerazioni sinora esposte, che la forma dell’atto pubblico sia prescritta dall’art. 2645-ter c.c. ad substantiam.

In ultimo, va evidenziato come nel testo dell'art. 2645-ter c.c. non vi sia alcun riferimento alla forma testamentaria. Nonostante il silenzio del legislatore, gran parte della dottrina ritiene che anche il patrimonio separato di cui alla norma in esame possa costituirsi, al pari del fondo patrimoniale, per testamento, scindendosi, tuttavia, al proprio interno tra quanti ritengono che la clausola testamentaria di destinazione debba avere la forma dell'atto pubblico e quanti, al contrario, sostengono la piena irrilevanza del tipo di testamento utilizzato al fine di imporre il vincolo di destinazione. I sostenitori della prima tesi101 fondano le

proprie argomentazioni sulla particolare funzione svolta dalla forma solenne nel garantire la pubblica fede, in virtù dell'intervento del notaio, nonché la certezza con riguardo alla successiva circolazione dei beni destinati. Con riguardo, invece, alla seconda posizione succitata102, si è

affermato che, nel rispetto della piena autonomia testamentaria del disponente, nessun limite formale si porrebbe alla costituzione mortis

causa del patrimonio separato ai sensi dell'art. 2645-ter c.c., come

dimostrato dal fatto che anche la fondazione – la quale rappresenta una

101 Tra questi, PETRELLI G., La trascrizione degli atti di destinazione, cit., 165.

102 Si veda, a tal riguardo, QUADRI R., L’art. 2645-ter e la nuova disciplina degli atti di

90

chiara forma di destinazione di un patrimonio ad uno scopo specifico – può essere costituita con testamento olografo.

4. L’OPPONIBILITÀ, GLI EFFETTI E LA DURATA DEL VINCOLO DI