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2. Studi di interpretazione basati sui corpora

2.2 I corpora in interpretazione: gli studi svolti

2.2.4 Studi di interpretazione basati sui corpora: lo stato dell’arte

Nel corso del workshop intern azionale Corpus -based Interpreting Studies: The State of the Art, tenutosi a Forlì il 7 e l’8 maggio 2015 , sono stati presenta ti gli ultimi studi sull’interpret azione basati sui corpora. Tra le varie presentazioni si citano qui quelle che hanno approfondito delle problematiche simili o collegate a quella delle stringhe nominali complesse , oggetto di studio di questa rice rca.

Bart Defrancq e Koen Plevoets (Università di Ghent) ha nno presentato un intervento dal titolo: Over-uh-load. The occurence of uh(m) bet wee n ele ments of compounds during in terpre ting. Si tra tta di uno studio sul le pause piene provocate dal carico cognitivo . È stato fat t o un confronto tra discorsi interpreta ti e spontanei in due corpora. Il primo è il corpus di interpretazione dell’Università di Ghent, formato da discorsi interpr eta ti in francese, spagnolo e neerl andese al Parlamen to europ eo dal 2006 al 2008. Nello specifico, è stato st udiato il sottocorpus dei discorsi fr ancesi e le loro interpretazioni in neerlandese. Il secondo corpus, quello di riferimento per il discorso spontaneo, è il sottocorpus di dibattiti politici dello Spoken Dutch Corpus.

I ricercato ri hanno studiato con modelli statistici gli elementi dei test i originali che permettono di prevedere la presenza di pause piene ( uh(m)) nei testi interpretati a livello di frase e a livello lessicale. Hanno studiato la velocità, la densità lessicale, i numeri e i gruppi di tre o quattro parole ricor renti. La densità lessicale sia del testo originale che di quello interpreta to è l’unica cara tte ristica che è risultat a fortem ente collegata a un numero m aggiore di uhm nel testo interpretato . Una scoperta qualitativa interessante è che alcuni uh(m) compaiono tra gli elementi di una parola composta , di solito nel limite morfologico tra gli elemen ti della ste ssa [1]

Onderzoeks-u h-gelde n – rese arch -uh-funds [1] Probabilmente l’ora tore o l’interpr ete f a nno una pausa piena per ch é stanno pensando a quale pa rola dire per conc luder e il sintagma. Dallo studio emerge ch e gli interpreti che traducono verso il neerlandese producono molti più uh(m) degli oratori francesi e olandesi . Un’ulteriore analisi si è poi concentra ta sul fatto che gli orato ri (ma non gli interpreti) fanno p au se piene p er co rreggere degli errori di pronuncia in mezzo a p arole composte [2]:

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Fundu- uhm-mentalisme – Fundu -uhm-mentalism [2] Inoltre, le parole composte sono spesso formate da una parola associata a una sigla, a un nome proprio e a un numero. I risu ltati suggeriscono che la presenza di uh(m) nel discorso spontaneo è lega ta principalmente a pro blemi di reali zzazione fonetica del messaggio e di pianificazione del discorso, mentre n ei discorsi interpretati le pause piene dipendono dalle limitazioni dell a memoria di lavoro dell’interprete . I ricercatori sospettano, inoltre, che gli interpreti evitino le parole composte . Non ce ne sono molte in francese e i dati mostr a no che gli interpreti evitano di usare parole composte in neerlandese e traducono letteralmente le strutture francesi .

Miličević, Ferraresi e Bernardini (Università di Belgrado e Università d i Bologna) hanno presentato un int erv ento sul confronto tr a l’uso delle collocazioni nei testi interpretati e tradotti rispetto al loro uso nei testi originali del corpus intermodale E PTIC (European Parliament Translation and Interpreting Corpus) . Questo è un corpus multimodale che associa le trascrizioni dei discorsi interpretati e originali di EPIC con le corrispondenti versioni tradotte e i rispettivi testi originali . Ogni testo è al lineato a livello della frase sia con la traduzione corrispondente che c on il testo originale nell’altra modalità (scritto/orale).

I termini candidati ad essere colloca zioni sono i bigrammi , cioè coppie di parole che posso essere contigue [3] oppure non co ntigue [4] :

Serious op tion [3]

Deadline for the launch [4]

I modelli lessicali sono simili tra l’italiano e l’ inglese ad eccez ione del modello nome + aggettivo , che è presente solo in italiano . Due corpora di riferimento (itWac e ukWac, Baro ni et al. 2009) so no stati utilizzati per calcolare i livelli di associazione lessicale dei bigrammi estratti dai quattro corpora di lingua tradotta. Sono sta te estra tt e 150 col locazioni da analizzare manualmen te per ogni corpus tra i bigrammi con almeno tre occorrenze nei corpora di riferimento e con livelli di associazione in EPTIC superiori alla media . Gli autori hanno proposto una cate gorizzazione per le collocazioni che sono mantenute o inserite nei testi tradotti o interpretati . Sono state identificate delle categorie, quali cambiamento di registro (verso l’alto o verso il basso) , modifiche volte ad usare collocazioni,

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cambiamenti di significato più o meno marc ate (es. contrazioni, chiarimenti, espansioni e generalizzazioni). Dallo studio emerge che si a i t radut to ri che gli interpreti man tengono le collocazioni dei testi ori ginali e ne aggiungono di nuove , a volte cambiando il significato del testo originale. Gli interpreti verso l’inglese sono gli unici che aggiungono più co llocazioni di quante ne mant enga no. Sia i traduttori che gli interpre ti alzano il registro e aggiungono spiegazioni quando traducono verso l’italiano, mentre abbassano il registro e sono più sintetici traducendo verso l’inglese.

Pignataro , Baselli e Macagno (IULM e SSLM “A. Macagno”) hanno presentato un poster sulla realizzazione di un corpus di ELF ( English as a Lingua Franca) da utilizzare come supporto alla didattica in interpretazione . L’uso dell’inglese come lingua franca è se mpre più comune negli ambiti specialistici e di solito interpretare un ora tore non madrelingua è più impegnativo rispetto a un oratore madr elingua inglese. Visto che i t esti inglesi pronunciati da oratori non madrelingua negli ambiti specialistici sono molto diffusi, vale la pena includerli nei programmi dida ttici di inte rpret azione. È sta to condotto uno studio con 9 studenti della IULM e della SSML “A. Macagno” nelle lezioni di interpretazione da ll’inglese in italiano . C’è stata un fase preliminare per testa re la conoscenza lessicale degli studenti, una fase didattic a di tr e inc ontri pratici di interpr etazione sul te ma della chirurgia a ultrasuoni e un test conclusivo per testare la conoscenza lessicale degli studenti nell’interpretazione simultanea. Il proseguimento dello studio si è voluto concentrare sulle strutture semanticamente dense, cioè i sintagmi nominali preceduti da modificatori e le parole composte . Queste strutture sono piuttosto frequenti nei testi specialistici e difficili da gestire anche per degli interpreti professionisti .

Rita Cappelli ha presenta to l’interve nto Los t in interpretin g…or maybe n ot – Strings of nou ns a s a c hallenge for simultaneou s interpr eter s working fr om Polish into Italian. Lo studio di Cappelli (2014) è volto ad analizzare le strategie usate da interpreti esperti per supera re le difficoltà specifiche della combinazione linguistica polacco > italiano . La st udiosa ha svolto un’analisi contrastiva e un sondaggio con 12 interpreti delle Istituzioni europee. In questa prima fase è emerso che le lunghe stringhe di sostantivi costi tuiscono una delle difficoltà maggiori per gli interpreti e Capp elli ha scelto di creare un corpus ad hoc per studiare la tr aduzione di questa struttura dal p olacco all’italiano. Il corpus è formato da 313 discorsi pronunciati in polacco al Parlamento euro p eo nel 2009 e

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nel 2011 e dalle rispettive int erpre ta zioni in italiano. Le caratteristiche di base di una stringa di sostantivi sono state così definite: nome + due nomi al genitivo + aggettivo o nome + tre nomi al genitivo . Le stringhe sono state estra tte e la loro traduzione in italiano è stata classificata secondo i criteri di Wadensjö (1998) : close, subs tituted, reduce d, expande d e zero renditions, a cui è stata aggiunta la categoria divergent rendition (Amato e M ack, 2011) .

I dati mostrano che g li interpreti ce rcano di riprodurre tutti gli elementi delle stringhe (34% di close r endition s ). Il numero di zero r endition s e di e xpanded renditions è basso (8%), mentre quello di divergent (7%) e di substitu ded (2%) renditions è irrilevante. Il 41% delle rese sono reduced r endition s , ma d i fatto la maggior parte d egli elementi omessi non influenza il contenuto del m essaggio; l’omissione di elementi deducibili è, dunque, una valida str ategia da applicare nell’interpretazione dal polacco all’italiano. Questo corp us, il primo per questa combinazione linguistica, ha lo scopo di fornire materiale di studio e linee guida sia per gli studenti che per i docen ti.