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Premessa

Di fronte all’ampiezza e alla complessità, strutturale e cronologica, del patrimonio culturale in- ternazionale (e italiano in particolare), alle necessità di analisi, studio e valorizzazione di singoli monumenti o complessi, tanto quanto delle opere d’arte mobili in essi contenute, e ai beni imma- teriali, spesso studiosi, tecnici e operatori dei beni culturali di ogni genere (dai curatori di musei ai redattori delle call dei Programmi Quadro della Comunità Europea) si trovano di fronte a un altrettanto complesso dedalo di possibilità operative e decisionali.

Quale la migliore tecnica di ricerca per comprendere le vicende architettoniche e umane che han- no condotto all’attuale aspetto di una struttura, ovvero alla sua totale scomparsa? Quale l’approccio più proficuo per indagarne la natura, le vestigia e il futuro? E quale, infine, la via mi- gliore di comunicare i risultati di tali scelte operative, per esportare cioè, anche al di fuori dalle proverbiali stanze dei bottoni la conoscenza acquisita tramite questi procedimenti?

La risposta a ognuna di queste domande non è – né potrà mai essere – univoca, come singolare sarà sempre ciascun caso esaminato dallo storico dell’arte, dall’archeologo o dal curatore di una pinacoteca, tuttavia esistono delle best practices ormai consolidate (o quantomeno riconosciute come tali e raccolte in documenti programmatici come la Carta di Londra) che consentono di raggiungere, o avvicinare, la già citata “massimizzazione del godimento conoscitivo”98 di un be- ne di interesse culturale.

Non è questa la sede per avviare un’indagine esaustiva sui metodi di ricerca in archeologia, in storia dell’arte o in architettura, ma, analizzando alcuni tra i lavori più significativi realizzati ne- gli ultimi quindici anni realizzati con l’apporto – preponderante, se non addirittura esclusivo – della CG, e quindi dei progressi tecnologici (puramente computazionali o estetici che fossero) compiuti dall’ICT e sfruttati per le più svariate necessità di studio e comunicazione, potremo quanto meno tentare di valutare se la convergenza digitale, che ha investito anche il settore dei beni culturali, ha effettivamente portato vantaggi in termini di efficacia nella ricerca, nella didat-

98 Eco et al, 1988.

tica e, appunto, nella comunicazione, e se questo processo abbia o meno avuto ricadute concrete sulle società contemporanee99.

Esistono alcune tendenze che possono essere messe in luce dividendo i casi di studio in categorie, e analizzando in ciascuna di esse gli esempi più significativi, quelli cioè che hanno messo in luce i vantaggi dell’applicazione delle best practice, o, al contrario, quelli che hanno mostrato le mag- giori criticità. I casi di studio saranno perciò suddivisi come segue.

I primi tra i progetti descritti di seguito sono stati sviluppati dal Dipartimento di Beni Culturali – quello sulla chiesa di Santa Maria in Porto Fuori come parte di questa ricerca –, e verranno utiliz- zati per descrivere nel dettaglio gli approcci, i metodi e le soluzioni tecniche più diffuse nell'am- bito della comunicazione digitale del patrimonio.

A seguire si discuterà di un gruppo di lavori sviluppati da altre realtà omologhe (Università, enti di ricerca e musei), e, tra questi, una sezione a parte sarà dedicata a quei progetti, finanziati dal Sesto (2002 – 2006), Settimo (2007-2013) e dall'attuale (2014-2020) Programma Quadro dell'U- nione Europea – Horizon 2020 – in cui la CG abbia avuto un ruolo di rilievo per comprendere come, nel corso del tempo, anche in una prospettiva più ampia, sia variata la percezione dell’utilità e dell’importanza di questo tipo di strumenti.

Infine saranno portati alcuni esempi di progetti sviluppati su iniziativa privata, da singoli cittadini o appassionati.

Il grado di approfondimento sarà direttamente relazionato alle informazioni reperibili (il che ri- manda implicitamente, caso per caso, alle problematiche relative alla sostenibilità dei progetti) e, al termine dell'esposizione di ciascun progetto, sarà presentata una breve analisi SWOT (Stren- ghts, Weaknesses, Opportunity, Threats)100 utile a sintetizzarne punti di forza, debolezze struttura-

li, opportunità di sviluppo e rischi, nonché a valutare complessivamente quali siano, in una pro- spettiva più ampia, gli aspetti più rilevanti emersi ad oggi dall'uso della grafica 3D nell'ambito dei beni culturali.

99 In sitografia saranno forniti gli indirizzi web di ulteriori progetti, utili a completare il quadro delineato

nelle prossime pagine.

100 L’analisi SWOT è una tecnica in uso negli Stati Uniti sin dagli anni sessanta. A causa della mancanza di

una pubblicazione di riferimento, non è chiaro chi ne sia l’ideatore. Sull’origine, sull’utilizzo, e sugli sviluppi dell’analisi SWOT in anni recenti si veda Helms et al. 2010.

Capitolo 3.1

I progetti del Dipartimento di Beni Culturali101

Nel corso degli ultimi cinque anni, numerosi progetti del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna si sono avvalsi di tecnologie multimediali per lo studio e la comunica- zione del patrimonio, locale e nazionale.

Questo percorso, contrassegnato da una profonda interdisciplinarità, ha consentito la collabora- zione di numerosi docenti afferenti a diverse discipline, ognuno dei quali ha intravisto, nell’uso mirato dell’informatica, un mezzo per migliorare le metodologie della propria ricerca e un veico- lo ottimale per la sua disseminazione.

Il crescente interesse verso tale approccio ha inoltre consentito la nascita di uno specifico labora- torio, il FrameLAB, cui si riferiscono i casi di studio di seguito presi in esame. L’articolato studio sul contesto tardoantico della “Piazzetta degli Ariani”, e la ricostruzione della chiesa medievale di Santa Maria in Porto Fuori, rappresentano gli estremi cronologici delle esperienze sviluppate dal FrameLAB grazie al coinvolgimento di numerosi storici, storici dell’arte, musicologi, paleografi e filologi, e consentiranno di mostrare, in prospettiva critica, il percorso di ricezione delle best practice delineate con la Carta di Londra e i Principi di Siviglia, percorso che poi riprenderemo nell’analisi di ulteriori esperienze nazionali e internazionali.

101 Il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna ha da tempo intrapreso un percorso di

evoluzione nella modalità di sviluppo delle proprie ricerche. Si tratta di un Dipartimento che ospita docenti afferenti a discipline anche piuttosto lontane tra loro, ma che sempre più spesso affrontano i casi di studio in un’ottica profondamente interdisciplinare.

Un numero sempre maggiore di progetti dipartimentali prevede il coinvolgimento delle tecnologie informatiche per la comunicazione, e, fra esse, la CG ha spesso assunto un ruolo importante, tanto nella fase di studio quanto in quella di disseminazione dei risultati.

Questo processo ha portato alla nascita, nel 2015, di uno specifico laboratorio, il FrameLAB (precedentemente Laboratorio Fotografico e Multimediale), che nel corso degli ultimi anni ha partecipato all’elaborazione di ricostruzioni tridimensionali, video, tour virtuali interattivi di oggetti e contesti di interesse storico, spesso confluite in eventi e mostre. Qui si presentano due di questi casi, che ne rappresentano in qualche modo anche gli estremi temporali. La Casa di Nostra Donna verrà utilizzato per approfondire gli aspetti più tecnici legati all’uso della CG, mentre si è scelto di inserire La “Piazzetta degli Ariani” in quanto progetto di ampio respiro che consentirà di ragionare sul valore dell’interdisciplinarità. Altri progetti sviluppati da o con la partecipazione del FrameLAB possono essere visionati all’url: framelab.unibo.it

Capitolo 3.2

Santa Maria in Porto Fuori (RA)102

FIG.2 Elaborazione grafica per la mostra sulla memoria della chiesa di Santa Maria in Porto Fuori.

Il primo progetto preso in esame è la ricostruzione digitale della chiesa di Santa Maria in Porto Fuori (Ravenna).

Il progetto è frutto della collaborazione tra professionalità e istituzioni differenti, e consentirà una prima panoramica sulle tecniche più comuni di creazione e impiego delle ricostruzioni digitali di edifici di interesse storico-artistico, attraverso una riflessione sull’iter conoscitivo e divulgativo che ha consentito a un luogo di culto scomparso di “risorgere” – se pur solo digitalmente– dalle proprie ceneri, ed essere (ri)scoperto tanto dalla comunità degli esperti dei beni culturali quanto

dal pubblico più vasto degli appassionati di cultura medievale e rinascimentale, presentandosi ad essi con una nuova interezza formale e un’immediatezza percettiva che in alcun altro modo, e secondo nessun approccio più tradizionale, avrebbe più potuto essere ugualmente apprezzata103.

Il progetto di ricostruzione digitale di Santa Maria in Porto Fuori si è sviluppato nel biennio 2015-16, secondo una rimodulazione costante della propria prospettiva dettata dalle continue, nuove suggestioni, offerte dalle ricostruzioni, trasformandosi da puro case study finalizzato all’analisi dell’apparato iconografico della chiesa, a laboratorio di utilizzo della Computer Grafi- ca per la creazione di percorsi museali e la comunicazione web.

Si è trattato di un lavoro complesso e articolato, che, proprio per il coinvolgimento di differenti professionalità (e conseguentemente di differenti aspettative e obiettivi), sarà utile alla valutazio- ne critica dei risultati ottenuti e delle scelte effettuate.

Capitolo 3.2.1