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CAPITOLO I: LA GENESI DELLO ZARATHUSTRA

13. Sulla profezia

«Chi profetizza, invece, parla agli uomini per

loro edificazione, esortazione e conforto».

1 CORINZI, 14, 3.

Un aforisma del quarto libro de La gaia scienza chiarisce con una similitudine le immagini utilizzate da Nietzsche nel suo descrivere il carattere profetico: la nube, i lampi, la tempesta, il giogo in mezzo a due mari. La profezia, solitamente invidiata in modo erroneo come «una bella “dote”»,347

trova la sua reale possibilità di esplicazione, neldolore e nelle più acute sofferenze:

Voi non lo sentite, che gli uomini profetici sono uomini molto sofferenti: pensate soltanto che sia loro concessa una bella «dote», e ben volentieri vi piacerebbe averla anche voi –, ma vorrei dirlo con una similitudine. Quanto devono soffrire gli animali per l’elettricità dell’atmosfera e delle nubi! Vediamo che certe specie di essi hanno una facoltà profetica per quanto riguarda il tempo, per esempio le scimmie […]. Ma noi non pensiamo che i loro dolori siano per essi profetici! Quando un’intensa elettricità positiva per l’influsso di una nuvola che si avvicina e che è ben lontana dall’essere visibile, si trasforma in elettricità negativa, e si va preparando un

341 Za III: I sette sigilli (Ovvero: il canto «sì e amen» § 1), p. 269. 342 Za III: I sette sigilli (Ovvero: il canto «sì e amen» § 1), p. 269. 343

Ad es. MA II: VM, § 408, p. 129.

344 Ad es. Za II: (Dei saggi illustri), p. 117; Za II: (Dei poeti), p. 148.

345 «Eraclito viene a porre una distinzione fondamentale tra uomini mediocri e uomini che per la conoscenza diventano

dèi. Non che egli ne faccia due classi separate che non ammettono passaggi tra loro; fedele alla sua concezione della continuità (Xunón), per cui gli opposti si trasformano l’uno nell’altro, concede anzi che tutti gli uomini possano diventare dèi […]». G. COLLI, Filosofi sovrumani, a c. di E. Colli, Adelphi, Milano 2009, p. 41. La differenza relativa tra uomini mediocri e “uomini superiori” si struttura complementarmente a quella tra «risvegliati» e «dormienti»; altra assonanza tematica con lo Zarathustra. Si veda: ERACLITO, Dell’Origine, op. cit., [ad es. Fr. 94], p. 159.

346

«Volontà d’amore: è accettare di buon grado anche la morte. Questo io vi dico, codardi! Ma il vostro sbirciare da castrati vuol persino chiamarsi ‘contemplatività’! E ciò che si lascia palpare da occhi codardi, dovrebbe essere battezzato ‘bello’! […]». Za II: (Della conoscenza immacolata), p. 140.

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cambiamento del tempo, questi animali si comportano come se un nemico si stesse avvicinando e si organizzano per la difesa o per la fuga […].348

I simboli scelti si mostrano in consonanza con la spiegazione dei fenomeni elettromagnetici ed energetici che si scatenano nell’atmosfera in preparazione di un cambiamento repentino del tempo e la cui anticipazione dolorosa a livello percettivo, già per alcuni animali, viene esperita come la presenza incombente di un «nemico di cui già sentono la mano».349

Il sovrauomo,350 nella sua relazione descrittiva con il lampo e il fulmine, è al contempo metafora e oggetto di una profezia la cui simbologia esplicativa viene sovente presentata in stretta relazione con l’elemento aereo “cielo-nubi” come nell’instaurazione di un contatto col divino351

presupposto nella definizione foucaultiana del “profeta”:

[…] Ma dov’è il fulmine (der Blitz) che vi lambisca con la sua lingua! Dov’è la demenza (Wahnsinn) che dovrebbe esservi inoculata?

Ecco il vi insegno il sovrauomo egli è quel fulmine e quella demenza!352

Come chiariscono Jean Chevalier e Alain Geerbrandt, «il fulmine è, in senso generale, il simbolo dell’attività celeste, dell’azione trasformatrice del cielo sulla terra; è anche associato alla pioggia, che rappresenta l’aspetto nettamente benefico di tale azione».353

Nel ventunesimo Fargard dell’Avestā ritroviamo una importante invocazione sacrale delle nubi, perché scendano dall’alto del cielo sulla terra in forma di «gocce, migliaia di gocce»,354

in quanto elemento risanatore sia in senso etico-morale che naturale. L’acqua che scende dal cielo è difatti simbolo atto a denotare le potenze in grado di «distruggere la morte […] la malattia che uccide, […] la morte che uccide».355 Ciò che consegue è un rinnovamento della vita356 e della terra (Welt) poiché, come traduceva questo Fargard dell’Avestā Kleuker ai tempi di Nietzsche, «la pioggia risana tutto nuovamente».357

348 FW: IV, §. 316, pp. 226-227. 349

FW: IV, § 316, p. 227.

350 «[…] Solitamente non usciamo dall’animalità, noi stessi siamo gli animali che sembrano soffrire insensatamente. Ma

vi sono attimi in cui noi comprendiamo ciò: allora le nubi si squarciano e vediamo che noi, e con noi tutta la natura, aspiriamo all’uomo come a qualche cosa che sta alto, sopra (über) di noi […]». SE: § 5, p. 48. KSA: 1/378.

351

R. GUÉNON, Simboli della scienza sacra, op. cit., p. 157.

352 Za: (Prologo § 3), p. 7.

353 J. CHEVALIER, A. GHEERBRANT, Dizionario dei simboli, op. cit., p. 469.

354 A. ALBERTI (a c. di), Avestā, op. cit., (Yu[va]tdēvdāt, Fargard 21, 2. ), p. 553. Cfr. J. F. KLEUKER (Hrsg.), Zend- Avesta. Zoroasters Lebendiges Wort, op. cit., vol. 2, pp. 383-384. Cfr. ISAIA, 55, 10-11; OSEA, 6, 3;

355 A. ALBERTI (a c. di), Avestā, op. cit., (Yu[va]tdēvdāt, Fargard 21, 2), p. 553.

356 J. F. KLEUKER (Hrsg.), Zend-Avesta. Zoroasters Lebendiges Wort, op. cit., vol. 2, p. 283. 357«[…] der Regen macht allles wieder gut». Ibidem [t.d.a.].

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Nella simbologia dei fenomeni atmosferici è presente anzitutto l’allusione al movimento catabatico- discendente e di collegamento tra l’elemento sovraterreno (celeste-divino) e quello umano. Lo scatenarsi dei fenomeni temporaleschi, legati alle immagini del lampo, del tuono e delle gocce di pioggia, determina un collegamento con l’idea della discesa dell’elemento celeste e della possibilità dell’elevazione nella partecipazione diretta e terrena a ciò che riguarda il celeste. Nietzsche si serve più volte358 dell’immagine della tempesta, ma un brano del capitolo Del leggere e dello scrivere merita particolare attenzione, in quanto vi vengono esplicitate le immagini eraclitee e cristiane riguardanti l’elevazione e dell’umiliazione,359

l’innalzamento e l’abbassamento,360 mediante la lente esplicativa dello star sopra (über) il livello comune di coscienza ed esistenza dei molti. Il sovrauomo, adesso tornato alla sua solitudine, può veder sotto di sé le tempeste dei più:

Io non ho più sentimenti in comune con voi: questa nube, che io vedo sotto di me, questa pesante cupezza, di cui rido, – proprio questa è la vostra nube temporalesca.

Voi guardate verso l’alto, quando cercate elevazione. E io guardo in basso, perché sono elevato. Chi di voi è capace di ridere e, insieme, di essere elevato?

Chi sale sulle vette dei monti più alti, ride di tutte le tragedie, finte e vere.361

La dimensione di elevatezza viene così associata al carattere giocoso362 e, proprio per questo, profondo della vita, in un passaggio nel quale viene esplicata la tensione dionisiaco-eraclitea nello stesso momento in cui si dà rilievo ad un assunto tipicamente cristiano.363 La “nube cupa” assurge questa volta ad immagine della triste e violenta stoltezza comune (Dummheit) che non può che vedere nella gravida condizione generativa una potenziale minaccia.364

Zarathustra, in quanto «primo psicologo dei buoni»,365 individua quasi zoroastrianamente la «condizione di esistenza»366 del comune carattere farisaico nella menzogna (Lüge).367 In Ecce homo leggiamo:

358

Ad es. «Troppo grande era la tensione della mia nuvola: di mezzo alle risate dei fulmini voglio scagliare in basso raffiche di grandine. Possente si leverà il mio petto, possente soffierà la sua tempesta sopra i monti: così troverà sollievo […]». Za II: (Il fanciullo con lo specchio), p. 93.

359 LUCA, 18, 14. 360

«via in alto via in basso una sola la medesima». ERACLITO, Dell’Origine, op. cit., [Fr. 98], p. 165.

361 Za I: (Del leggere e scrivere), p. 40.

362 Sul tema del gioco in Nietzsche si veda: B. ZAVATTA, Il mondo del gioco e il gioco del mondo in Friedrich Nietzsche, in Insomnia. Online philosophical journal of the University of Urbino “Carlo Bo”, pp. 1-19. Si veda anche:

E. FINK, Oasi del gioco, trad. it. di A. Calligaris, Raffaello Cortina Editore, Milano 2008, p. 15 e ss.

363 Cfr. LUCA, 14-11; ivi, 18, 14.

364 Za III: (Di antiche tavole e nuove § 26), p. 250 [t.d.a.]. In tale luogo preferiamo rendere il tedesco Dummheit con stoltezza piuttosto che con il corrente «scempiaggine». KSA: 4/266.

365

«Zarathustra, il primo psicologo dei buoni, è – di conseguenza un amico dei malvagi. Se una specie di uomini della

décadence si è innalzata al rango di specie suprema, ciò è potuto avvenire solo a spese della specie loro opposta, la

specie degli uomini forti e sicuri della vita. Se l’animale d’armento brilla nello splendore delle più pure virtù, l’uomo eccezionale deve essere per forza degradato a malvagio. Se la falsità pretende ad ogni costo che la sua ottica sia

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Zarathustra non permette dubbi su questo punto: egli dice che proprio la conoscenza dei buoni, dei «migliori» è stato ciò che gli ha dato l’orrore per l’uomo in genere; questa sua avversione gli ha fatto spuntare le ali per «librarsi in volo su lontano tempi futuri», egli non nasconde che il

suo tipo di uomo, relativamente un tipo sovrumano (übermenschlicher), è sovrumano

(übermenschlich) proprio in rapporto con i buoni, e che i buoni e i giusti chiamerebbero diavolo (Teufel) il suo sovrauomo (Übermenschen).368

L’inversione delle valutazioni fa sì che la vera immane «bontà»369

sovrumana venga scambiata per impulso demoniaco, mentre i violenti impulsi malvagi vengono considerati cose “buone e giuste”. Se vi è un futuro per l’uomo e la sua naturale solarità, questo riposa proprio sulla possibilità di oltrepassare la norma che stabilisce se stessa370 e la propria mediocrità e violenza come ordine naturale delle cose:

Quante cose in questo momento si dicono estremamente malvagie, che sono larghe appena dodici piedi e lunghe tre mesi! Ma un giorno verranno al mondo draghi più immani.

Infatti, perché al sovrauomo (Übermenschen) non venga a mancare il drago che è degno di lui, il

sovra-drago (Über-Drache): a questo scopo, deve ancora dardeggiare molto sole ardente sul

turgore della foresta vergine.371

Il fulmine si scatena all’orizzonte tracciando linee spezzate che, nel bagliore improvviso, infrangono la netta demarcazione del confine-limite tra cielo e terra. Le nubi e la pioggia indicano il fatto ad esso antecedente e successivo, sostanziato anch’esso dal tradursi delle variazioni e degli equilibri energetici in un caduta dall’alto in basso che evoca l’immergersi del celeste nel terreno. Fatto, quest’ultimo, che richiama l’idea kenotica cristiana, ripresa da tutte le teologie

chiamata “verità” l’uomo propriamente veritiero lo troveremo sotto i nomi peggiori». EH: XIV, § 5, p. 132. In tal senso, vista l’inversione imperante delle valutazioni, non stupisce che il Cristo di Nietzsche, sia un altro distruttore della morale, nemico dell’ordine costituito garantito dal potere farisaico dei “buoni” e, conseguentemente, un amico dei “malvagi”. Cfr. OFN: VII, I, I, 3 [1] 67, p. 53.

366 EH: XIV, § 4, p. 130. 367

EH: XIV, § 5, p. 132.

368 EH: XIV, § 5, p. 132. KSA: 6/370. Cfr. Za II: (Dell’accortezza verso gli uomini), pp. 168-169 [t.d.a.]. 369 Za II: (Dell’accortezza verso gli uomini), p. 168.

370 Ad es. M. HEIDEGGER, Che cosa significa pensare? trad. it. di U. Ugazio e G. Vattimo, Sugarco Edizioni, Varese

1996, p. 74 e ss.

371 Za II: (Dell’accortezza verso gli uomini), p. 168 [t.d.a.]. KSA: 4/185. È da porre in risalto come Nietzsche in questo

luogo introduca il tema delle “cose dette malvagie”, plesso di riflessione che se rapportato allo specifico capitolo della terza parte dal titolo Delle tre cose malvagie, svela la sua connessione con l’insegnamento zoroastriano.

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dell’incarnazione,372

ma in Nietzsche anche al movimento opposto del fondersi del terreno all’abissale cielo nel suo anelito a corrispondere al divino:

Oh cielo su di me, puro! fondo! Baratro di luce! Nel contemplarti fremo di desideri divini gettarmi alla tua altezza - questa è la mia profondità! Calarmi nella tua purezza – questa è la mia innocenza! […].373

Nel Prologo di Zarathustra, come anche nel capitolo Prima che il sole ascenda dal quale abbiamo tratto il breve incipit sopra riportato, Nietzsche presentava queste immagini e metafore:

Io amo tutti coloro che sono come gocce grevi, cadenti a una a una dall’oscura nube incombente sugli uomini: essi preannunciano il fulmine e come messaggeri periscono.

Ecco, io sono un messaggero (Verkündiger) del fulmine e una goccia greve cadente dalla nube: ma il fulmine si chiama sovrauomo.374

Il fulmine, fa notare Guénon, svolge una importantissima funzione sia nel simbolismo tibetano (vajra) che nella mitologia classica, nella quale, oltre che rappresentare l’idea della «paternità divina»,375 in quanto arma e principale attributo di Zeus Pater o Ju-piter, raffigura l’onnipotenza del dio supremo.376 Dal punto di vista mitologico ha, a sua volta, un proprio correlato simbolico nelle pietre cadenti (betili),377 i meteoriti di origine neolitica, nella scure di Pietra di Parashu Rama e nel Martello di Thor: «L’ascia di pietra è la pietra che spezza e che fende, e perciò rappresenta il fulmine; questo simbolismo risale d’altronde a un epoca estremamente remota, e spiega l’esistenza di altre asce, chiamate dagli archeologi “asce votive”».378

372 Per una recente prospettiva filosofica non strettamente fenomenologica si veda: M. HENRY, Incarnazione. Una filosofia della carne, trad. it. e cura di G. Sansonetti, SEI, Torino 2001.

373

Za III: (Prima che il sole ascenda), p. 191. In questi motivi dello Zarathustra, come attesta una breve sentenza contenuta in Al di là del bene e del male, riecheggia un critica alla morale metafisica di Kant: «Il saggio come astronomo. – Fintantoché continuerai a sentire le stelle come un “di sopra di te” (Über-dir), ti mancherà sempre lo sguardo dell’uomo della conoscenza». JGB: IV § 71, p. 71. KSA: 5/86. Cfr. I. KANT, Critica della ragion pratica, trad. it. di F. Capra, a c. di S. Landucci, Laterza, Bari 2003, [289], p. 353.

374 Za: (Prologo § 4), pp. 9-10 [t.d.a.].

375 R. GUÉNON, Simboli della scienza sacra, op. cit., p. 157.

376 Ad es. ESIODO, Teogonia, in Opere, a c. di A. Colonna, Utet, Torino 2011[59-92], p. 65. Si veda: J. CHEVALIER, A.

GHEERBRANT, Dizionario dei simboli, op. cit., p. 469. Qui viene rimarcato anche come la sacertà del fulmine in tutte le mitologie comporti la consacrazione di ciò che da essi viene colpito.

377 «Il “betilo” era una “pietra profetica”, una “pietra parlante”, cioè una pietra che rendeva oracoli, o accanto alla quale

erano resi oracoli, grazie alle influenze spirituali di cui essa era il supporto; e l’esempio dell’Onphalos di Delfi è a questo proposito assai caratteristico. I “betili” sono quindi essenzialmente pietre sacre, ma non tutte di origine celeste, tuttavia è forse vero che, almeno simbolicamente, l’idea di “pietra caduta dal cielo” poteva in qualche modo esservi legata». R. GUÉNON, Simboli della scienza sacra, op. cit., p. 156.

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Come visto, Foucault definiva il tipo di veridizione profetica in parziale contrapposizione al carattere parresiastico del dire. Se questo si caratterizza per il suo fine etico-pratico379 immediato, capace di farsi carico nell’assoluta chiarezza e franchezza della propria rischiosa380

posizione di verità, la modalità di veridizione profetica faceva dell’enigma381

il più adatto suo strumento esplicativo. Lo Zarathustra di Nietzsche corrisponde, anche da quetopunto di vista, a questa tipologia narrativa. Le sollecitazioni enigmatiche, filtrate dalla irreale ma rivelativa dimensione del sogno, vi occupano un ruolo preminente. La possibilità del ritorno incessante di tutte le cose,382 nell’enigma proposto nello Zarathustra, viene descritta anche mediante la metafora della pietra scagliata che deve ricadere su se stessa,383 segnando, in un continuum di intrecci simbolici e di immagini dove un elemento conduce ad altro e questo ad altro ancora, l’idea di una circolarità infinita di significazione. L’evocazione della «pietra filosofale»384

richiama al plesso mitologico- religioso della luce,385 del fulmine386 e della tempesta387 la quale, a sua volta, riporta l’interpretazione sulla modalità rivelativa di un dire-il-vero inteso come ispirazione profetica. Questa attinge da una medianità che si può, non senza dolore, istituire nell’empatico e creativo contatto tra cielo e terra, passato e futuro, umano e sovrumano, cui l’immagine conseguente388 dell’arcobaleno rappresenta la pacificata e multicolore realizzazione:389

379 «[…] Il parresiasta non predice l’avvenire. Rivela e svela, certamente, ciò che l’accecamento degli uomini non può

percepire, ma non solleva il velo del futuro. […]. Il parresiasta non aiuta gli uomini a superare in un certo modo ciò che li separa dal loro avvenire, in funzione della struttura ontologica dell’essere umano e del tempo. Li aiuta nella loro cecità su loro stessi, su quello che sono non in virtù di una struttura ontologica ma in conseguenza di errori, distrazioni o dissipazioni morali, disattenzioni, vigliaccherie e arrendevolezze». M. FOUCAULT, Il coraggio della verità, op. cit., p. 27.

380

Ivi, pp. 23-27.

381 Ivi, p. 40.

382 Si veda anche: Za III: (Il convalescente § 2), pp. 259-260.

383 Za III: (La visione e l’enigma § 1), p. 182. Nell’immagine del «cadere» è implicata la lotta contro lo «spirito di

gravità»: l’arcinemico di Zarathustra.

384 «O Zarathustra, pietra filosofale, pietra lanciata da fionda, tu che frantumi le stelle! Hai scagliato te stesso così in

alto, ‒ ma ogni pietra scagliata deve cadere». Za III: (La visione e l’enigma), p. 181

385 «In verità, egli diceva ai suoi discepoli, non passerà molto tempo e verrà questo lungo crepuscolo. Ahimè, come

potrò portare in salvo la mia luce! Che non rimanga soffocata in tutta questa mestizia! Essa deve rilucere per mondi lontani e per notti ancora più lontane! […]». Za II: (L’indovino), p. 155-156. Cfr. GIOVANNI, 14, 19.

386 Cfr. ERACLITO, Dell’Origine, op. cit., [Fr. 9], p. 50. 387 Za III: (La visione e l’enigma § 1), p. 181.

388

Si veda R. GUÉNON, Simboli della scienza sacra, op. cit., p. 334.

389 Si veda: GENESI, 1, 1-30; ivi, 2, 1-4. Cfr. Za III: (Il convalescente § 2), p. 254-256. «L’arcobaleno è spesso il simbolo

del ponte fra cielo e terra ed esprime sempre e in tutte le regioni una unione, le relazioni, tra cielo e terra. […] Spesso è riprodotto nella tradizione cristiana come segno che l’ira divina si è placata e che è stata stipulata una nuova alleanza, che si apre una nuova strada per una nuova creazione protetta dalla divina benevolenza […]». J. CHEVALIER, A. GHEERBRANT, Dizionario dei simboli, op. cit., pp. 94-96. Si veda: GENESI, 9, 12-17. L’arcobaleno rimanda, da un punto di vista numerologico, al numero 7 in virtù dei suoi colori che in ogni tradizione custodiscono un significato ed un differente rimando teologico o dottrinale. J. CHEVALIER, A. GHEERBRANT, Dizionario dei simboli, op. cit., p. 95. Il numero sette, evocato da Nietzsche più volte in Zarathustra, rievoca sia temi apocalittici come anche i «sette giorni» della creazione divina narrata in apertura del libro biblico della Genesi. Questo svolge un ruolo preminente, in quanto raffigurazione numerica della realtà divina, anche nella tradizione indo-ariana, buddhista e, come sarà mostrato, nel corpus teologico-dottrinale dello Zoroastrismo. Infra, Cap. III, § 2.

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A coloro che creano, che mietono il raccolto, che celebrano la festa voglio accompagnarmi: a loro voglio mostrare l’arcobaleno e tutti i gradini del sovrauomo.390

L’arcobaleno, la cui immagine è assimilabile a quella del ponte, traccia un percorso semicurvo come quello del cammino che il protagonista391 percorre in similitudine con quello “apparente” del sole. Come osserva Annemarie Pieper, l’arcobaleno è anche immagine del sovrumano, del movimento dell’andare oltre ed evidenzia il possibile sanarsi dell’abisso scavato tra anima e corpo, spirito e materia, uomo e sovrauomo.392 Zarathustra non denota unicamente la sua forma di esistenza mediante lo star-sopra (über) le forme più basse di vita, ma è impegnato anzitutto a superare e vincere (übervinden) la sua stessa modalità di esistenza giungendo anche al di sopra di se stesso.393 Tale aspetto rivela anche il carattere introspettivo394 ed esortativo dello scritto. Le valutazioni ritrascritte in opposizione alla superficialità più diffusa sono al contempo oggetto di applicazione autocritica. Il solitario Nietzsche questiona anche la propria specifica forma di esistenza ed auspica, strutturando in tal modo una dialettica inclusiva nei confronti del lettore, un ulteriore oltrepassamento:

Tu però Zarathustra, hai voluto vedere il fondo ed il sottofondo di tutte le cose: e questo ti obbliga a salire al di sopra di te stesso (über dich selber steigen) – sempre più in alto, finché anche le tue stelle si trovino al di sotto (unter) di te.395

Nell’opera l’elemento autocritico viene esplicitato nel questionamento sospensivo del proprio atteggiarsi di fronte a se stessi ed alle proprie credenze valoriali e viene enucleato nella descrizione

390 Za: (Prologo § 9), p. 18 [t.d.a]. Si veda anche: Za I: (Del nuovo idolo), p. 54. 391

A. PIEPER, «Ein Seil geknüpft zwischen Thier und Übermensch», op. cit., pp. 91-92.

392 Ivi, p. 91.

393 Za II: (Della vittoria su se stessi), pp. 129-132. Klages rileva come il tema della vittoria su se stessi era esplicato in

una delle letture giovanili di Nietzsche: il Rāmājana. L. KLAGES, Nietzsche. Le sue conquiste psicologiche, op. cit., p. 231 n. 8. Si veda: J. FIGL, Nietzsche und die Religionen, op. cit., pp. 111 e ss. Ad es. SG: I, p. 259 n. p. 524. Ritroviamo

parimenti esposta e discussa l’idea del conseguire la “vittoria su se stessi” sia nelle Leggi di Platone che nel cartesiano

Discorso sul metodo: PLATONE, Le leggi, trad. it. di F. Ferrari e S. Poli, BUR, Milano 2007, I, 626e 1 – 627a 4, pp. 88- 89; CARTESIO, Discorso sul metodo, trad. it e note di M. Renzoni, Mondadori, Milano 1993, p. 25.

394

«Tutto il mio Zarathustra è un ditirambo alla solitudine, o, se qualcuno lo ha capito, alla purezza (Reinheit)… E non alla pura follia, per fortuna. – Chi ha occhio per i colori lo chiamerà adamantino (diamanten). – La nausea per l’uomo, per la «gentaglia» (Gesindel) è stata sempre il mio più grande pericolo […]». EH: I, § 8, pp. 30-31 [t.d.a.]. L’evocazione del diamante associata alla purezza ci conduce ad un nuovo rimando simbolico al fulmine e alla pietra filosofale: «La durezza del diamante, il potere di scalfire, tagliare sono messi particolarmente in rilievo nel Buddhismo tantrico dove il vajra, fulmine e diamante è il simbolo della potenza spirituale inalterabile e invincibile. Secondo l’etimologia dell’equivalente tibetano dorje, è la regina delle pietre. Esso è simbolo di chiarezza e irraggiamento, rappresenta la linea tendente dell’Illuminazione, il vuoto e l’indeterminato; è anche “la natura propria identica alla natura del Buddha: ciò che non cresce e non decresce è il Diamante, insegna il patriarca zen Hui-nȇng». J. CHEVALIER,

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