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CAPITOLO I: LA GENESI DELLO ZARATHUSTRA

7. Una primissima interpretazione

«“Non abbiamo ancora tempo per Zarathustra” – questa è la loro obiezione; ma che vale un

tempo che non ha tempo per Zarathustra?».

F. NIETZSCHE, Così parlò Zarathustra

La vicenda legata alle interpretazioni dello Zarathustra in rapporto ad una possibile conoscenza approfondita da parte di Nietzsche dei testi avestici e della vita del ‘profeta’ tramandata dalla tradizione persiana, era iniziata subito dopo la sua morte (1900). Nel 1901 Otto Gramzow pubblicava un primo commentario in cui venivano dedicate numerose e dettagliatissime pagine al rapporto di stretta vicinanza che si stabilisce tra lo Zarathustra di Nietzsche e quello della storia. Non si tratta di mere coincidenze.145 La vita dell’adoratore di Mazdā, i pericoli in cui incorre, i sogni che scandiscono premonizioni durante il clou dell’affermazione del suo messaggio, sono per il critico un chiaro ed inequivocabile segno che può e deve essere spiegato solo prendendo le mosse dai numerosi e approfonditi studi del filosofo sulle religioni e sullo zoroastrismo. Entrambi sono viandanti e si trovano anche nella tradizione storica rappresentazioni simboliche fondate su figure animali, come anche il sacrificio del miele che farà da titolo ad uno specifico capitolo dell’opera nietzscheana.146 Quasi facendo eco a quanto Nietzsche aveva appuntato nel 1885 sostenendo che «la sua [dello Zarathustra] comprensione […] presuppone un tale lavoro filologico, e più che

143 EFN: V, [903] A Heinrich Köselitz < Sils-Maria, 8 settembre 1887>, pp. 447-448.

144 C. G. JUNG, Lo Zarathustra di Nietzsche. Seminario tenuto nel 1934-39, op. cit., p. 6 e n. 5.

Za III: (Della virtù che rende meschini § 2), p. 196.

145 O. GRAMZOW, Kurzer Kommentar zum Zarathustra, op. cit., p. 92. 146 Ivi, pp. 72-94.

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filologico, quale nessuno oggi può impiegarvi, per mancanza di tempo»,147Gramzow spiegava che quando per la prima volta lesse l’opera provò l’intima sensazione che doveva avere molto influito su Nietzsche un opposto mondo ideale: «La domanda su un influsso della figura del persiano e dell’Avestā non si lascia respingere (abweisen)», scriveva, sebbene fosse costretto a precisare: «Gli altri lavori non mi lasciavano tempo di studiare l’antichità storica iranica e l’Avestā allo scopo della comparazione, così mi rimase sempre un fondo (Rest) incompreso che rimaneva nel libro di Zarathustra».148 La linea interpretativa di Gramzow incoraggiava quindi a porre in rilievo quello che il critico svizzero vedeva come l’elemento centrale negli interessi filosofici e critico-filologici di Nietzsche: lo studio delle religioni e delle loro reciproche interazioni e sovrapposizioni concettuali, simboliche e linguistiche. Tuttavia, già qualche anno dopo, in un altro, molto più noto, commentario sullo Zarathustra Hans Weichelt, richiamandosi agli aspetti che distanziano in modo sostanziale le due figure,149 sosteneva che i parallelismi con lo Zarathustra avestico indicati da Gramzow, che ad ogni modo ammetteva la iniziale natura intuitiva delle sue ricerche, fossero un «povero raccolto» (Ertrag).150 Sosteneva che le affinità rilevate non fossero in nulla riconducibili alla sola religione persiana dell’antico Zoroastro. Obbiettava, tra l’altro, che anche nella leggenda cristiana si trovassero corrispondenze raffigurative tra uomini e animali151 e che il sacrificio col miele fosse presente anche nel culto greco non rappresentando, in tal modo, un dato specifico da riportare alla tradizione di Zoroastro.152

Da queste supposizioni discendeva naturalmente la negazione del presupposto di indagine sul quale Gramzow basava la sua deduzione ed i suoi primi ragionamenti in merito. In modo antitetico rispetto all’argomentazione dialettica da questi avanzata, Weichelt sostenne che Nietzsche volesse solo proporre un opposto dell’immagine storica,153

con la conseguenza di porre in secondo piano l’ipotesi di studi approfonditi sulla storia delle religioni.154

Alla domanda di Weichelt che sente di dovere ridimensionare la parentela tra la due figure, richiamandosi all’intento dichiarato da Nietzsche in Ecce homo di proporre un opposto, si potrebbe obiettare, prendendo le parti della primissima “intuizione” gramzowiana, che per delineare in modo corretto l’opposto di un qualunque oggetto o concetto, sempre che fosse stato unicamente questo l’obiettivo realmente perseguito, bisognava conoscere approfonditamente e nel dettaglio ciò che riguarda la figura originale e di partenza, pena fuoriuscire da un qualunque rapporto con ciò che si nomina e viene

147 OFN: VII, III, 38 [15], p. 298. 148

O. GRAMZOW, Kurzer Kommentar zum Zarathustra, op. cit., p. 73 [t.d.a.]. 149 V. H. WEICHELT, Zarathustra-Kommentar, op. cit., p. 293.

150 Ivi, p. 293 [t.d.a.].

151 Tra le fonti di Nietzsche sulla simbologia e il ruolo degli animali nello zoroastrismo: F.C

REUZER, Symbolik, op. cit., vol. 1, p. 720.

152 V. H. WEICHELT, Zarathustra-Kommentar, op. cit., p. 292. Si veda: infra, Cap. III, § 11. 153 V. H. WEICHELT, Zarathustra-Kommentar, op. cit., p. 293.

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esplicitato. Questa conclusione, del “rapporto zero”, è quella cui l’odierna critica continua sovente ad attestarsi, evidentemente sulla scorta dell’impostazione data da Hans Weichelt155 al primissimo dibattito in merito. Dibattito, questo, che appare per lo più influenzato da un superificale approfondimento da parte di molta “critica”156

ma, come vedremo non da parte di Nietzsche, delle diatribe inerenti l’evoluzione degli studi filologici sull’Avestā. Ciò rischia di lasciare nell’indifferenza una questione che, per il resto nemmeno Weichelt chiudeva del tutto nel momento in cui, rimandando ad un confronto con le tesi di R. M. Mayer, faceva menzione della allora recente pubblicazione dell’Avestā da parte del «giovane orientalista Duperron»157

e della sua prima apparizione in una traduzione tedesca nel 1778. Proprio l’edizione dei testi persiani che, come sarà mostrato, Nietzsche troverà ripetutamente citata e commentata nel primo volume della Simbolik di Friedrich Creuzer. Tuttavia Weichelt sente di dover subito bilanciare la sua apertura,158 asserendo che «ai tempi di Nietzsche nessuno (niemand) in Europa “credeva” a Zoroastro».159 In conclusione faceva riferimento alle critiche di Drews all’interpretazione di Gramzow, per il quale, come per Havenstein,160 non era da riscontrare «nessun rapporto (Zusammenhang) tra la religione di Zoroastro e lo Zarathustra di Nietzsche: questi ha assorbito (übernhemen) solo il nome del fondatore della religione persiana».161 L’ipotesi di Gramzow veniva così scartata e Zarathustra diveniva, per Weichelt, lo spunto per un vago riferimento ad una istintiva forza etica (Triebkräfte) che viene opposta ad una forma specifica della morale, connessa alla tensione di una delle antinomie della psiche (Psyche), che crescerebbe in Nietzsche in ragione degli insuccessi esteriori, conducendolo ad una sorta di processo di auto-idealizzazione (Selbstidealisierung).162 In tal modo il percorso che poteva legare lo scritto di Nietzsche ai suoi studi storico-filologici sullo Zoroastrismo sarebbe rimasto nell’ombra, come anche i numerosi appunti nei quali si esprime una condanna aperta e chiara dell’antisemitismo e un elogio del carattere ebraico (che sembra per altro richiamare in più parti la sua passione per l’Oriente persiano), e la sua critica ad un tempo costruttiva e tagliente dell’idea nazionalistica.163

155 Ibidem. 156

Anche sull’etimo «Goldstern», cui Nietzsche fa riferimento «con particolare soddisfazione», e che, per inciso, appartiene alla tradizione persiana trasmessa in Europa grazie alle ricerche di Anquetil-Duperron, Hans Weichelt si sofferma sul riferimento tardivo di Nietzsche alla stessa sottolineando come, a suo avviso, questa sia per altro «un’etimologia che tuttavia gli esperti respingono». Ivi, p. 294. Si veda: infra, Cap. II, § 10.

157

V. H. WEICHELT, Zarathustra-Kommentar, op. cit., p. 29.

158 Cfr. H. MEHREGAN, Zarathustra im Awesta und bei Nietzsche-Eine vergleichende Gegenüberstellung, in Nietzsche- Studien, op. cit. pp. 291-292 n. 3.

159 V. H. WEICHELT, Zarathustra-Kommentar, op. cit., p. 293 [t.d.a]. 160

Ibidem.

161 Ibidem [t.d.a].

162 Ivi, pp. 293-294 [t.d.a].

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Al rappresentante dell’ateismo attivo che molti continuano ancor oggi a vedere in Nietzsche, senza sondare a fondo le ragioni della sua dialettica spirituale,164 forse mal si addiceva una ricognizione vastissima, puntuale ma anche gaia e spassionata, di tradizioni sacre che non richiamassero in toto alla sua predilezione diretta e apparentemente funzionale, per il “selvaggio” Dioniso165 e per una Grecità166 pensata come unica culla della scienza e scaturigine di ogni passione per il sapere e per il sacro. Come ricorda Paul Valadier è d’obbligo sottolineare come nello Zarathustra la figura di Dioniso non compaia affatto, se non in trasparenza e in simbolo, mentre un ruolo di primo piano è affidato a quella di Cristo. Si noti come, tuttavia, l’interpretazione in chiave dionisiaca del testo risulti giustificata a posteriori, da quanto scriveva lo stesso Nietzsche in Ecce homo.167 In ragione di un appunto a margine di alcune stesure preparatorie del secondo e terzo libro dell’opera, dal titolo, poi cancellato da Nietzsche, Il sacro riso di Zarathustra, possiamo ipotizzare come, per altro verso, l’assenza del nome del dio greco, possa essere intesa anche come voluto artificio comunicativo. Subito dopo un plesso narrativo che confluirà nel capitolo Dei grandi eventi, nel quale Zarathustra contende con il «cane di fuoco»,168 rifiutando il disprezzo di chi vuol rovesciare (umstürzen) ogni cosa,169 veniva descritta una scena nella quale sarebbe dovuto comparire «Dioniso su di una tigre: il cranio di una capra e una pantera».170 Mentre Arianna sognante «abbandonata dall’eroe»171 vedeva in sogno il «sovra-eroe»172 (Über-Helden). Al termine veniva aggiunta l’annotazione, sicuramente successiva, «tacere del tutto Dioniso!».173

Questi appunti preparatori risalgono all’estate del 1883. Nel luglio di quell’anno, dopo una breve sosta a Bellagio, tornato per la seconda volta a Sils-Maria, Nietzsche lavora alla stesura del secondo libro dello Zarathustra.174 Arianna, come testimonia la parte conclusiva del capitolo Dei sublimi,

164 Ad. es. MA: § 292, p. 201.

165 P. VALADIER, Nietzsche e la critica radicale del cristianesimo, op. cit., p. 508 e ss. Un’interpretazione di Zarathustra

in chiave marcatamente dionisiaca è, ad esempio, quella di Gilles Deleuze. Cfr. G. DELEUZE, Nietzsche, a c. di G. Franck, trad. it. di F. Rella, SE, Milano 1997. p. 45. In una certa continuità con questa scia ermeneutica pare collocarsi anche lo studio italiano di Benedetta Zavatta sul Così parlò Zarathustra. Si veda: B. ZAVATTA, La potenza

dell’immagine. Metafora e simbolo in “Così parlò Zarathustra”, AIEP Editore, Repubblica di San Marino 2001, p. 16 e

75.

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Hans Weichelt propone riflessioni di tutt’altro tono e spessore rispetto a questo filone di studi da parte di Nietzsche: Ad es. V. H. WEICHELT, Zarathustra-Kommentar, op. cit., pp. 294-300.

167 EH: IX, § 6, pp. 102 e ss.

168 Anche il «cane di fuoco» esemplifica una variante dell’immagine avestica del «cane d’acqua»: Cfr. O. GRAMZOW, Kurzer Kommentar zum Zarathustra, op. cit., p. 92. Si veda V. H. WEICHELT, Zarathustra-Kommentar, op. cit., pp. 292- 293.

169 Za II: (Dei grandi eventi), p. 152. Questo plesso argomentativo di Nietzsche, tra gli altri, denota una dinamica

trasfigurativa, ma stavolta posta in relazione ai poteri temporali e spirituali.

170

OFN: VII, I, II, 13 [1], p. 92 [t.d.a.].

171 Ibidem [t.d.a.].

172 Ibidem. [t.d.a.]. Per la nostra proposta di traduzione del prefisso tedesco «über» si veda: infra, § 11. 173 OFN: VII, I II, 13 [1], p. 92.

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Questo periodo è caratterizzato dall’acuta disputa che coinvolge, tramite alcune presunte rivelazioni di Elisabeth, Nietzsche, Lou Salomè e Paul Rée e documentata dai famosi scambi di comunicazioni incrociate: TRIANGOLO DI LETTERE. Carteggio di Friedrich Nietzsche Lou Von Salomè e Paul Rée, a c. di E. Pfeiffer, Adelphi, Milano 1999. Anche rispetto a questo periodo la documentazione pervenuta risulta lacunosa. Il 5 Settembre 1885 Nietzsche parte per

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nel quale ritroviamo la stessa forma espressiva dell’arrivo in sogno del «sovra-eroe»,175

diviene metafora e segreto dell’anima, elemento che Jung nei suoi seminari centrerà come punto di partenza concependola nel suo rapporto dinamico con la parte maschile della psiche, l’Animus, e che Ludwig Klages vedrà come autentico terreno di conquista dell’esplorazione filosofica e psicologica di Nietzsche.176

Qui si canta di una bellezza che per l’eroe, il tetro e solenne uomo sublime, è la cosa più ardua da raggiungere, e di una potenza che diviene bellezza177 nel suo discendere «nel visibile», di una volontà che può raggiungere la stessa «bellezza» solo se non è «volontà violenta»:178

Sì, o sublime, per te verrà il momento di essere anche bello e di specchiarti nella tua stessa bellezza.

Allora l’anima ti rabbrividirà di brame divine; e persino nella tua vanità sarà adorazione!

Questo è infatti il segreto dell’anima: solo quando l’eroe l’ha lasciata, le si avvicina, in sogno, – il sovra-eroe.179

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