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I supervisori musicali (music supervisor) e gli esecutivi musicali (music executive) non fanno parte, a rigore, dello stretto team del compositore, ma sono figure professionali alle dirette dipendenze della produzione. Possono essere stabilmente impiegati presso una casa di produzione o, nella esternalizzazione/delocalizzazione delle professionalità e dei servizi che caratterizza la realtà produttiva contemporanea, liberi professionisti, fre- elance assunti a contratto per uno specifico progetto. Il ruolo del supervisore riguarda principalmente i diritti concernenti i brani musicali pop che entreranno a far parte della colonna sonora (d’ora in avanti utilizzeremo il termine song10 – come è d’uso nella prassi

– per designare il brano musicale pop e distinguerlo così dalla musica che sarà di diretto appannaggio del compositore). Le mansioni di supervisori ed esecutivi possono in parte coincidere e giungono a maturazione con il mutato assetto produttivo new-hollywoodia- no, dai tardi anni Settanta11. In uno studio di produzione di grandi dimensioni lavora-

no (almeno) un executive e un supervisor, mentre in studi di dimensioni più modeste è l’executive a farsi carico di ognuno degli aspetti che ora prenderemo in considerazione. Non si tratta di figure creative, ma più marcatamente organizzativo-produttive, anche se alcuni dei compiti affidati loro richiedono una preparazione musicale e una competenza artistica non irrilevanti. Gli esecutivi sono intermediari tra il dipartimento di produzio- ne e il comparto musicale: curano tutti gli aspetti economici e organizzativi relativi alla musica mediando tra le esigenze e le disponibilità della produzione e quelle del com- parto musicale, supervisionando tutte le attività musicali del film, mettendo a punto, in collaborazione con il music contractor (cfr. infra, pp. 125 e ss.), il budget per le sessioni di registrazione, discutendo e finalizzando i contratti dei singoli professionisti del com- parto musicale, compositore incluso. Un esecutivo può assistere regista, produttore e, quando coinvolto, il music editor (cfr. infra, pp. 130 e ss.) nella scelta del compositore per il film (è dunque in stretto contatto con gli agenti dei compositori). In particolare su produzioni mainstream di serie B-Z o su produzioni TV, produttore ed executive sono voci ancora più influenti di quella del regista nella scelta del compositore. In questo caso l’esecutivo è coinvolto precocemente nel progetto, conduce incontri preliminari con il regista e con il produttore e può essere da questi incaricato di selezionare un composito- re per il film, scelta che può anche non avvenire per ragioni strettamente artistiche, ma sulla base di accordi “di mercato” tra agenzie e produzioni in relazione alle disponibilità del budget. L’executive si accorderà dunque con gli agenti rappresentanti dei composito- ri perché propongano uno o più nomi i cui costi ricadano in una determinata gamma, quanto a creative fee o a package deal12. Nel caso di progetti a budget elevato che coinvol-

gono registi e produttori di alto profilo, la scelta del compositore è raramente delegata all’executive ed è operata su criteri più squisitamente artistici, d’immagine o strategico- produttivi (si vedano in proposito, per un’interpretazione dei criteri di selezione, le ana- lisi di network discusse al Cap. 2).

Tra le mansioni tecnico-produttive, i supervisori ereditano ancora oggi il ruolo per cui nascevano in origine, da che la tecnologia del cinema sonoro ha consentito la rea- lizzazione del playback: la supervisione della musica in scena, vale a dire, di tutte quelle situazioni in cui singoli attori debbano cantare o danzare, o in scena siano presenti stru- mentisti, gruppi, band, complessi e orchestre. Il ruolo principale del supervisor consiste- va nella supervisione della sincronizzazione tra playback track13 e movimenti degli attori

e musicisti in scena (movimenti di danza, delle labbra, di strumenti e strumentisti). Le situazioni di musica in scena, soprattutto se frequenti – anche senza che il film apparten- ga nominalmente al genere del musical – prevedono un approccio produttivo che diffe- risce leggermente dal processo compositivo della musica in un film non esclusivamente musicale. Diverse le alternative tecniche che si rendono disponibili per il trattamento della musica in scena, principalmente: prerecording, set recording e postscoring14. Il pre-

recording (altrimenti definito dalla prassi playback recording o prescoring) è il metodo di gran lunga più impiegato. Anche in produzioni contemporanee, il nodo della musica in scena torna a mettere in questione un problema già sperimentato agli albori del cinema sonoro: la difficoltà di conciliare la discontinuità della macchina dell’immagine con la necessaria continuità delle nuove tecnologie del suono15.

Girare una scena implica una grandissima quantità di take, di angoli e riprese diffe- renti, tempi lunghissimi, ripetizioni estenuanti che rendono impossibile il mantenimen- to di una buona performance musicale per ogni take, a danno non solo della qualità, ma della stessa consistenza e uniformità dell’esecuzione. In questi casi si rende dunque necessario anticipare il processo di produzione della colonna musicale – prescoring ap- punto, mentre il processo canonico di realizzazione del commento musicale avviene a produzione ultimata, in postscoring – e riprodurre sul set, durante ogni ripresa e per ogni take, il playback della traccia originale:

Prerecording a variable tempo in the thirties was not too different from what might be done today, except that digital technology has greatly facilitated click preparation. For a vocal number in a classic musical, the singer and orchestra recorded the song, using a click film loop as the metronome. From that recording a cue track was dubbed with au- dible click for use as playback recording for the shooting stage. When the music retarded to a fermata, the click of course stopped, but two warning clicks were added just before the note that followed the fermata, returning it to tempo16.

Il ruolo del supervisor in relazione a questo procedimento è (ed è stato storicamente) quello di gestire la sincronizzazione in relazione al cue click17 della traccia di playback o

in relazione alla sola traccia senza cue click (frequentemente usata nella prassi contempo- ranea). I metodi oggi utilizzati per il prescoring, seppure gestiti via software, sono sostan- zialmente simili a quelli elaborati in epoca classica e messi a punto presso gli studi della MGM, che divennero il metodo di trattamento routinario per tutti gli episodi di musica in scena. Nel caso di Back to the Future (Ritorno al futuro, 1985, di Robert Zemeckis), ad esempio, per la scena in cui Martin (Michael J. Fox) suona in scena la chitarra elet- trica, prima il chitarrista coinvolto dal compositore Alan Silvestri registra in studio un assolo improvvisando su Johnny B. Goode (di Chuck Berry), poi un coach lavora a lungo con l’attore fino a simulare una perfetta performance sullo strumento. Per ogni take, Fox riprodurrà dunque sul set i movimenti, seguendo come guida la traccia preesistente.

Consideriamo il metodo opposto (postscoring), che prevedrebbe una post-sincroniz- zazione in studio sul tempo variabile della performance in scena; il che, come si può fa- cilmente immaginare, è estremamente dispendioso in termini di tempo ed energie. Le testimonianze insistono uniformemente sulla difficoltà di realizzazione di questo tipo di tecnica: gli strumentisti in studio sono costretti a doppiare il tempo della performance registrata in scena («chasing the original tempo») e sono necessarie prove estenuanti al

fine di ottenere un risultato credibile. Per queste ragioni il postscoring è di norma evita- to, ma può essere adoperato nel caso di grandi complessi musicali che si muovano sulla location: è ad esempio tipico che le bande vengano re-incise in postscoring. La tecnica è altresì obbligatoria in tutti in casi in cui la qualità della ripresa sonora non è stata o non può essere ottimale. Molto difficili da sincronizzare sono i casi in cui i musicisti sono pe- rennemente in scena: la migliore strategia di montaggio entrerà qui quasi certamente in conflitto con il postscoring, perché tenderà a ristrutturare la temporalità della sequenza, mentre la musica in scena obbliga a mantenere una stringente continuità nell’editing18.

Nel caso dei musical, o di film in cui danza e canto dal vivo hanno un peso consi- stente, un nutrito numero di specialisti musicali partecipa alla produzione ed entra in contatto con il compositore (una condizione sempre più rara): dai coreografi ai vocal coach per gli attori, dai musicisti ingaggiati per le prove ai compositori/arrangiatori assoldati al fianco del compositore principale per seguire il lavoro sul set e apportare eventuali modifiche.

Le mansioni originarie dei music supervisor e le competenze tecniche connesse a questo ruolo si vanno via via perdendo per una serie complessa di ragioni, non ultima una muta- zione radicale delle strategie produttive che fa sì che, parallelamente al tramonto del musi- cal classico e con una rottura ancor più radicale nei primi anni Ottanta, il mainstream – in cerca di una nuova immediatezza comunicativa e musicale – ammiccando a un pubblico di giovani e teenager infittisca le proprie collaborazioni con artisti pop-rock, fino a sancire la scomparsa delle orchestre sinfonico-leggere o delle grandi big band di scena. È un defi- nitivo divorzio di genere tra underscore e source music19: l’originaria continuità di sistema,

che permetteva di travasare strumentisti, maestranze e competenze compositive con una certa permeabilità dal commento musicale allo spettacolo della musica in scena, si spez- za20. Hollywood e Popland, sebbene gli scambi di arrangiatori e strumentisti non siano

infrequenti, sono da tempo due mondi con regole ed economie del tutto distinte. L’autentica ragione per cui conviene sposare il film a un successo commerciale pop è eminentemente produttiva: il legame tra un nuovo film e un nuovo successo discografico costituisce infatti una delle più efficaci strategie di promozione incrociata dei due prodotti (un fenomeno noto produttivamente, e anche in sede critica, sotto il nome di synergy)21.

I supervisori musicali si incaricheranno di stipulare gli accordi e ottenere la cosiddet- ta clearance, cioè l’autorizzazione all’uso di una canzone da parte della casa discografica titolare dei diritti di cantanti e/o della band coinvolta (o di grandi star del rock ormai scomparse e tutelate dagli eredi)22. La scelta avviene su proposta della regia, più spesso

della produzione, fatto che può essere facilmente compreso, dal momento che l’interes- se è specialmente strategico-promozionale. Il quadro è tuttavia più complesso, poiché alcune proposte sull’uso di un determinato brano possono essere istituite in base a pre- esistenti accordi di mercato tra case di produzione cinematografica e etichette discogra- fiche: indipendentemente dal film, la casa di produzione può aver contratto una serie di accordi per l’impiego di una gamma di artisti e di generi. Per il nuovo film si sceglie- rà dunque da una libreria di brani che hanno già ottenuto la clearance. La promozione reciproca genera una visibilità di così vaste proporzioni che importanti pressioni per l’impiego di un determinato brano o di un determinato artista possono essere esercitate sui produttori del film direttamente dai vertici di una major discografica. Per progetti di alto profilo, che contemplano il coinvolgimento di un artista del pop molto noto, la quantità di passaggi diplomatici e legali può essere complessa e gran parte del lavoro dei

supervisori musicali è oggi assorbito da questo compito. Le clearance sono di due tipi: c’è innanzitutto un sync right (diritto di sincronizzazione), che sancisce da parte dello studio cinematografico il diritto all’utilizzo della canzone nel film con il vincolo, in al- cuni casi, di specifiche modalità di utilizzo (minutaggio, sequenze in cui la song dovrà o potrà essere utilizzata). Il sync right è concesso mediante accordo con la casa discografica e con l’artista coinvolto. Esiste poi un secondo tipo di clearance che consente di utiliz- zare uno specifico master originale dell’artista (è il detentore dei diritti di master, cioè di regola la casa produttrice discografica, a concedere l’autorizzazione interpellato l’artista). Un esempio molto generico del tipo di negoziazione tra studio e casa di produzione di- scografica è fornito dalla seguente testimonianza del supervisore Daniel Allan Carlin23,

riportata da Davis24. Degno di nota è il totale assorbimento del ruolo in un intrico di

ragioni commerciali e diplomatiche, che paiono, a questo livello, quanto di più lonta- no da mansioni squisitamente creative o di rapporto con il film. L’unico fatto che pare interessare il nostro pragmatico supervisore è strappare un buon prezzo; d’altro canto, l’unico fatto che pare interessare le major è servirsi del film come strumento di compe- tizione per lo spazio aurale così come ciò che interesserà la casa di produzione dei futuri film cui è stata concessa una clearance è usare lo spazio aurale detenuto dalle major e dai suoi artisti per ottenere maggiore visibilità mediatica:

There is no law or rule about this stuff. You go to the publisher with hat in hand, and you say, «Here’s our movie, here’s our budget, and here’s how much money we have to spend. Can you help us out? ». And it depends. I mean if it’s a one-hundred-million-dollar mov- ie, they’re not going to give you the song for eight thousand. But if you make a three-mil- lion-dollar movie, and you can tell them is a labor of love for everybody, then they might say: «Here’s what I’ll do for you, I’ll make a deal if you use five of our songs, and I’ll give them to you for $ 6,500 each». And that way they get paid not only what I pay them for the songs, but then, when it goes on television, they get those residuals. Then it gets released overseas and gets more residuals. So they make up a package deal. The volume helps them, and it helps me too. And it also means that I’m not going to put in a compet- ing singer. I’m gonna have five of their songs, and it makes everybody’s life easier25.

È probabile che le cinque canzoni negoziate finiranno nel film, o meglio in un pac- chetto di film realizzati entro un dato intervallo di mesi. Una scelta che nel mainstream di medio budget viene imposta al regista e, a maggior ragione, al compositore, che si troverà a dover progettare forme di interazione con il brano pop o un passaggio dolce dal brano alle sezioni di underscore che lo seguono o lo precedono.

Se il secondo tipo di clearance non viene concessa, o è fuori portata per il budget dello studio cinematografico, occorrerà progettare un re-recording dello specifico brano, una re-incisione ex novo, che dunque non userà la voce dell’artista. Il coordinamento e l’orga- nizzazione di una re-incisione competono al supervisore musicale. È plausibile, ma non obbligatorio, che nel re-recording e nel nuovo arrangiamento venga coinvolto il composi- tore titolare del film, il quale tuttavia potrebbe non possedere le competenze necessarie a realizzare una re-incisione nello stile del brano prescelto. È prassi consueta che su sugge- rimento del compositore, più spesso su proposta del supervisor, vengano ingaggiati speci- fici artisti con cui re-incidere il brano. Il supervisor dovrà anche occuparsi di organizzare produttivamente – dunque di prevedere fasi, tempi e costi – queste sessioni particolari,

trovando un compromesso tra le disponibilità dei performer e del compositore (se coin- volto), nel frattempo autonomamente impegnato nella composizione dell’underscore.

In produzioni di altissimo profilo, un artista pop o una band rinomati possono essere ingaggiati per comporre brani ad hoc per il film. In alcuni casi, in realtà piuttosto rari, al solo artista e ai suoi arrangiatori sarà demandata l’intera produzione della musica per il film, ma è probabile che un compositore cinematografico sia comunque coinvolto nel pro- getto26 per la gestione di specifiche parti dell’underscore nei cui confronti gli arrangiatori

non hanno alcuna competenza drammaturgica. La soluzione più comune è che l’artista pop e i suoi arrangiatori lavorino di comune accordo con il compositore titolare del film (in questo frangente co-compositore) al fine di mantenere e progettare qualche forma di coerenza tra i brani pop e il resto della colonna musicale27. Il supervisore è responsabile di

tutto ciò che attiene coordinamento e produzione di questa parte dello score, che è – per ragioni tecniche e di possibilità nel calendario degli artisti – tenuta separata rispetto alle sessioni orchestrali o a quelle di routine del film. Le regole, le competenze e maestran- ze, la stessa struttura, ampiezza e acustica delle sale di incisione, il tipo di missaggio e di tecnologie per una buona incisione di un brano pop differiscono notevolmente da quelle necessarie a una buona incisione e missaggio orchestrale. Per questo motivo, nel progetto della recording session che coinvolge l’artista pop è possibile che venga affidata a un pro- duttore esterno la delega alla realizzazione dei brani e che assieme ai personali arrangiatori della casa discografica o dell’artista venga coinvolto il suo intero staff tecnico, dal recording engineer a uno studio di registrazione adatto allo scopo. Il supervisore musicale funge in questo caso da tramite tra il film e questo speciale segmento della produzione, garantendo che siano rispettati tempi, budget e specifiche artistiche della collaborazione discusse con produzione, regia e compositore titolare del film.

Il supervisore e gli executive musicali hanno egualmente in carico la produzione o la trattativa che concerne il soundtrack album, l’album della colonna sonora che è parte dell’indotto del film e ha regole produttive proprie, nonché vita per certi aspetti distinta dalle sorti produttive del film. Le questioni contrattuali-produttive legate al soundtrack album sono estremamente complesse, ma volendo fornirne una schematizzazione in re- lazione al ruolo del supervisore musicale, possiamo delineare almeno due situazioni. Nella prima è l’etichetta musicale della casa di produzione cinematografica che si inca- rica della produzione dell’album28. Le case di produzione detengono la maggior parte

dei diritti della musica prodotta dal compositore titolare del film, ma specifiche clausole regolano le royalty per l’album, che sono, non a caso, fonte di negoziazione tra compo- sitore e produzione all’atto della stesura del contratto. Ciò avviene in particolare se l’al- bum sarà una fonte di ricavi, vale a dire nel caso di blockbuster rilevanti, di progetti che coinvolgono popstar, di progetti d’autore o anche nel caso di musiche che – a distanza di anni dalla release ufficiale del film – vivono un successo di ritorno per le quali diventa economicamente vantaggiosa la redistribuzione della colonna musicale originale (se uti- lizzabile e se le clausole allora stipulate tra casa di produzione e compositore lo consento- no), oppure, quando praticabile29, una re-incisione. Il supervisore tratta, separatamente

rispetto alle clearance ottenute per il film, le autorizzazioni per la produzione o per la co-produzione della musica; stabilisce assieme ai produttori del film la migliore strategia dal punto di vista commerciale, il che contempla la scelta dei brani da inserire, sia tra quelli prodotti dalla popstar (che hanno solitamente la precedenza)30 sia tra brani cam-

colari”, tra quelli musicalmente più coerenti, che saranno alternati alle song della popstar coinvolta. Non è raro che vengano pianificati due album, una versione più commerciale in occasione del lancio del film e una successiva, un original soundtrack album (OST è l’acronimo che accompagna il titolo dell’album) composto esclusivamente da brani del compositore titolare con possibilità di estensioni, cioè di produzione di ulteriori CD con nuovi materiali nel caso di successi discografici rilevanti (dunque di brani precedente- mente non inclusi nel film o addirittura composti ex novo)31. La logica commerciale che

sta dietro la produzione del soundtrack album implica come conseguenza piuttosto na- turale le pressioni cui si è già fatto cenno (cfr. supra, Cap. 3): al compositore è richiesto di comporre con un orecchio al film e uno all’album. Conciliazione non sempre natu- rale, anche se questa contaminazione tra media differenti – e tra esigenze sintattiche e strutturali diverse della musica – ha le sue conseguenze drammaturgiche profonde. La logica dell’album fa sì che molti cue vengano rieditati, o che la medesima recording session generi, a partire da una stessa incisione, due mix profondamente differenti: uno pensato per il film, l’altro per l’album. Non è infrequente che alcuni cue vengano ritoccati pe- santemente o addirittura venga programmato un re-recording, a film concluso, probabil- mente in un’altra struttura produttiva, per l’espansione di alcuni segmenti in occasione del soundtrack album. Inoltre, come si è accennato, le tecniche di missaggio differiscono, fino a confliggere profondamente, se il mezzo finale sarà il missaggio del film oppure un