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Sussidiarietà orizzontale e nuovi strumenti per la gestione dei beni pubblici urbani a fruizione collettiva

149 Capitolo quarto

Nuovi strumenti per la gestione dei beni pubblici urbani a fruizione collettiva

1. Sussidiarietà orizzontale e nuovi strumenti per la gestione dei beni pubblici urbani a

150 dei casi laconici e privi proprio di chiari riferimenti.

Come è noto, la riforma del titolo V della parte II Cost, operata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha introdotto nella carta costituzionale il principio di sussidiarietà, oltre che come criterio per la distribuzione delle funzioni amministrative tra i diversi enti territoriali (sussidiarietà verticale) – in tal senso principio di riferimento anche per il concreto esercizio delle competenze non esclusive dell’Unione europea a partire dall’entrata in vigore del trattato di Maastricht - altresì con riguardo ai rapporti tra organizzazioni pubbliche, cittadini e relative formazioni sociali nello svolgimento di attività di interesse generale (sussidiarietà orizzontale).

L’art. 118, u.c., Cost. stabilisce infatti che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.

La dottrina che si è occupata del tema si è soffermata, più o meno diffusamente, sulle radici filosofiche e politiche419, anche molto risalenti nel tempo, della nozione di sussidiarietà cui il principio si riferisce, tra le quali sono considerate di maggior rilevanza, da un lato, quella

“individualistico-libertaria” riconducibile al pensiero politico liberale, dall’altro, quella

“solidaristico-comunitaria” riconducibile alla dottrina sociale della Chiesa cattolica420.

Semplificando al massimo, la nozione liberale della sussidiarietà si fonda sull’idea della prevalenza della libertà del singolo rispetto all’organizzazione statale e sulla conseguente delimitazione delle funzioni dello Stato a quanto strettamente necessario a consentire il libero dispiegarsi delle individualità e a garantire la convivenza tra le stesse. In tale quadro l’intervento dello Stato, al di fuori di quelle che sono le sue competenze specifiche ed esclusive e dunque non esercitabili dai privati, è sussidiario nel senso che si realizza solo laddove l’iniziativa autonoma del singolo si dimostri non sufficiente.

In ambito cattolico, invece, la nozione di sussidiarietà si rinviene nella dottrina sociale della Chiesa ed in particolare nell’Enciclica Quadragesimo anno del 1931, in cui Papa Pio XI, celebrando i quarant’anni dalla Enciclica Rerum Novarum, si sofferma sulla “ricostruzione

419 Su questo vedi in particolare P.DURET, La sussidiarietà orizzontale: le radici e le suggestioni di un concetto, in Jus, 1, 2000.

420 In questo senso, in particolare, A.ALBANESE, Il principio di sussidiarietà orizzontale: autonomia sociale e compiti pubblici, cit., p. 59 ss; vedi anche L.GRIMALDI, Il principio di sussidiarietà orizzontale, cit., p. 39, il quale si sofferma anche su una terza “sorgente” del principio di sussidiarietà, riconducibile alla critica dello Stato accentrato ed insieme alla valorizzazione del decentramento poste dalla “teoria del federalismo (la quale segue direttrici analoghe a quelle proprie del pensiero liberale classico, ma, a differenza di quello, recupera ulteriori valenze del principio stesso, quali, ad esempio, il profilo ‘positivo’ e la propensione per una articolazione multilivello dei poteri”.

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dell’ordine sociale”421. L’Enciclica, partendo dalla condanna dell’individualismo, dell’impoverimento della vita sociale e dello statalismo per cui “restano di fronte quasi soli gli individui e lo Stato”422, sostiene la necessità di una riforma delle istituzioni che lasci in primo luogo ai singoli e poi alle articolazioni sociali minori lo svolgimento dei compiti cui sono in grado di provvedere autonomamente per affidare all’autorità statale “le parti che a lei sola spettano perché essa solo può compierle: di direzione cioè, di vigilanza, di incitamento, di repressione, a seconda dei casi e delle necessità”423. L’ordine sociale delineato nell’Enciclica, secondo il principio di sussidiarietà, pur essendo connotato dalla riaffermazione del ruolo dei corpi intermedi, parte comunque dal riconoscimento della centralità dell’individuo, rispetto al quale, le

“minori e inferiori comunità” svolgono una “funzione suppletiva” che a sua volta, seppur in ultima istanza, è svolta anche dall’autorità statale424.

Nelle due nozioni, quella liberale e quella afferente alla dottrina sociale della Chiesa, la sussidiarietà rileva dunque come principio per la determinazione degli ambiti di intervento spettanti rispettivamente all’individuo, alle formazioni sociali o al potere pubblico, con riguardo specifico ai campi che non sono di esclusiva competenza di quest’ultimo. Inoltre la sussidiarietà si presenta sempre in due accezioni, una negativa, in base alla quale il potere deve astenersi dall’intervenire ogni qualvolta gli individui e le organizzazioni sociali siano in grado di assolvere autonomamente determinati compiti; una positiva, in forza della quale ove gli individui e le

421 Per una riflessione sul principio di sussidiarietà nel pensiero cattolico, anche oltre l’Enciclica Quadragesimo Anno, vedi E.TOSATO, Sul principio di sussidiarietà dell’intervento statale, in ID., Persona, società intermedie e Stato.

Saggi, Giuffrè, Milano, 1989.

422 Lettera Enciclica Quadragesimo anno, punto 79. Occorre, naturalmente, tener presente il particolare momento storico in cui l’Enciclica si colloca “a cavallo tra l’esperienza liberale, connotata da un forte individualismo politico, sociale e, persino, spirituale, da una parte, e l’evoluzione di uno statalismo crescente, ormai segnato dalla deriva totalitaria fascista, dall’altra”, L.GRIMALDI, op. cit., p. 35.

423 In particolare, secondo l’Enciclica Quadragesimo anno: “80. …. siccome è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l'industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare. Ed è questo insieme un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società; perché l'oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già distruggerle e assorbirle.

81. Perciò è necessario che l'autorità suprema dello Stato, rimetta ad associazioni minori e inferiori il disbrigo degli affari e delle cure di minor momento, dalle quali essa del resto sarebbe più che mai distratta ; e allora essa potrà eseguire con più libertà, con più forza ed efficacia le parti che a lei solo spettano, perché essa sola può compierle; di direzione cioè, di vigilanza di incitamento, di repressione, a seconda dei casi e delle necessità. Si persuadano dunque fermamente gli uomini di governo, che quanto più perfettamente sarà mantenuto l'ordine gerarchico tra le diverse associazioni, conforme al principio della funzione suppletiva dell'attività sociale, tanto più forte riuscirà l'autorità e la potenza sociale, e perciò anche più felice e più prospera la condizione dello Stato stesso”.

424 A.ALBANESE, op. cit., p. 65.

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formazioni sociali non siano invece in grado di soddisfare i propri bisogni il potere pubblico interviene a loro sostegno425.

Se quelli appena richiamati, seppur soltanto per accenni, sono i riferimenti culturali e concettuali strettamente essenziali per delineare una nozione, la cui “proteiforme ricchezza semantica”426 e la conseguente carica di ambiguità sono state oggetto di ampie trattazioni, cui si rinvia nuovamente, non pare difficile immaginare le diverse interpretazioni e le accese discussioni che hanno accompagnato il cammino parlamentare verso l’introduzione del principio nella Costituzione italiana427, stante anche la necessità di pervenire a formulazioni e interpretazioni compatibili con i principi fondamentali della Costituzione, in particolare con l’art. 2 e con l’art.

3, c. 2, oltre che con altre norme costituzionali inerenti ai diritti sociali dei cittadini428.

Ne è risultata una formulazione che esprime una “declinazione almeno apparentemente debole”429 del principio di sussidiarietà orizzontale e, come avviene per le restanti norme legislative facenti riferimento al principio430, non consente di considerare l’intervento pubblico

425 Vedi A.ALBANESE, Il principio di sussidiarietà orizzontale: autonomia sociale e compiti pubblici, cit., pp.

66-67.

426 “In verità, il significato ed, ancor più, il contenuto, propri della sussidiarietà hanno assunto nel tempo una molteplicità di forme e valenze, spesso anche pregne di enfatizzazioni ideologiche, tali da rendere estremamente problematico ogni tentativo di ingabbiarne il telaio concettuale in semplici formule definitorie che abbiano la pretesa di risultare esaustive o, almeno, realmente soddisfacenti. Non a caso la riflessione scientifica contemporanea non solo ha unanimemente e costantemente evidenziato, sul piano lessicale, la polisemia insita nel lemma sussidiarietà, ma ha anche riscontrato, sul piano ermeneutico, la necessità di declinarne al plurale le diverse estrinsecazioni, potendo ogni tentativo di ricondurne ad unità la proteiforme ricchezza semantica correre il rischio di risultare approssimativo, se non proprio incoerente”, L.GRIMALDI, Il principio di sussidiarietà orizzontale, cit., p. 21.

427 Il riferimento è anzitutto alle diverse posizioni politiche registrate in seno alla Commissione bicamerale per le riforme costituzionali, c.d. Commissione D’Alema, per le quali si rinvia anzitutto ad A.POGGI, Comunicazione al seminario Astrid, cit., pp. 1-2; vedi anche L.GRIMALDI, op. cit., p. 155 ss.

428 Tema che ha impegnato in particolare la dottrina giuridica e per cui si rinvia alla bibliografia citata nelle note del presente capitolo.

429 Così V.CERULLI IRELLI, Sussidiarietà, cit.

430 Come è noto, il principio, seppur con riferimento principale alla sua accezione verticale e in particolare al riparto di competenze amministrative tra Stato, Regioni ed enti locali, era evocato in norme legislative precedenti la riforma del titolo V, parte II Cost. Si rammenta anzitutto l’art. 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa”, che tra i principi per il conferimento delle funzioni amministrative a regioni ed enti locali pone anzitutto il principio di sussidiarietà secondo il quale la generalità dei compiti e delle funzioni amministrative sono attribuiti, nell’ordine, ai comuni, alle province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, escluse soltanto le funzioni incompatibili con quelle medesime dimensioni. La stessa disposizione aggiunge che le responsabilità pubbliche sono attribuite all’autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati “anche al fine di favorire l'assolvimento di funzioni e di compiti di

153 come assolutamente residuale o eccezionale431.

In ogni caso l’art. 118, u.c. Cost. “stabilisce per la prima volta il principio che le attività di interesse generale non sono monopolio dei pubblici poteri ma possono essere svolte anche da privati”432 e impone433 allo Stato e agli enti territoriali di “favorire” l’iniziativa autonoma dei singoli e delle loro formazioni sociali per lo svolgimento di quelle attività “sulla base del principio di sussidiarietà”434. Il principio enunciato nell’art. 118 si fonda dunque, come sottolineato dal Consiglio di Stato, sull’idea che “lo Stato e ogni altra Autorità pubblica proteggono e realizzano lo sviluppo della società civile partendo dal basso, dal rispetto e dalla valorizzazione delle energie individuali, dal modo in cui coloro che ne fanno parte liberamente interpretano i bisogni collettivi emergenti dal ‘sociale’ e si impegnano direttamente per la realizzazione di quelle che sulla base di tale parametro sono avvertite come utilità collettive, come esigenze proprie della comunità di cui fanno parte”435. Lo stesso Consiglio di Stato ha inoltre specificato che il principio di sussidiarietà orizzontale è un principio giuridico, oltre che politico, “invocabile innanzi al giudice amministrativo come parametro di proporzionalità e ragionevolezza … ai fini – di determinazione dei confini tra sfera pubblica e sfera privata”436.

Le attività di interesse generale, cui si riferisce la norma costituzionale, sono quelle non

rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità” (art. 4, c. 3, lett. a). Occorre poi rammentare l’art.

3, c. 5, d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” secondo il quale “I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali”.

431 Vedi A.ALBANESE, Il principio di sussidiarietà orizzontale …, cit., p. 77, che, tra l’altro parla di paradosso dell’ordinamento italiano, sottolineando che “il principio di sussidiarietà viene riproposto comunemente come parola d’ordine che impone la necessità di una riduzione dell’intervento pubblico a favore delle organizzazioni sociali quando esse siano in grado di soddisfare autonomamente i bisogni dei cittadini, laddove i diversi testi che richiamano espressamente tale principio nella nostra legislazione più recente prevedono sempre una attribuzione di competenze ai soggetti pubblici (ridefinendo il livello territoriale in cui devono essere esercitate) e al tempo stesso indicano loro un modo concreto di esercitarle, anche attraverso il sostegno e la valorizzazione dei soggetti privati” (ivi, p. 78).

432 Così V.CERULLI IRELLI, Sussidiarietà …, cit., par. 3.1.

433 Per l’interpretazione della norma costituzionale come obbligo e non come mera facoltà vedi G.U.RESCIGNO, op. cit., pp. 29-30.

434 “Il principio della sussidiarietà orizzontale, come sancito nel nuovo testo dell’art. 118, perciò non impedisce l’intervento pubblico in tutti i settori in cui questo è ritenuto necessario sulla base di valutazioni politiche del legislatore (fermo restando che esso è obbligatorio, laddove previsto dalla Costituzione, come nel caso della scuola:

art. 33); a prescindere dal fatto che i privati possano più proficuamente operare nei settori stessi. Anche se deve tener conto, sempre, di questo operare”, V.CERULLI IRELLI, op. cit., par. 3.2.

435 Consiglio di Stato, sez. consultiva atti normativi, n. 1354/2002, che a sua volta riprende la sentenza della Corte costituzionale, 7 aprile 1988, n. 396.

436 Consiglio di Stato, sez. V, 2 ottobre 2009, n. 6094.

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riservate alle amministrazioni pubbliche in quanto esercizio di poteri amministrativi e pertanto le attività di produzione ed erogazione di beni e servizi437. Sulla base del principio di sussidiarietà, ove tali attività siano autonomamente svolte dai cittadini, singoli o associati, in modo adeguato e sufficiente, lo Stato e gli enti territoriali devono favorirle, anzitutto non intervenendo in loro sostituzione, ma, secondo una diversa interpretazione, anche creando le condizioni idonee all’assunzione di tali attività da parte dei soggetti privati ed eventualmente sostenendo l’iniziativa dei cittadini, singoli o associati, con fondi, agevolazioni finanziarie, messa a disposizione di infrastrutture o risorse umane438.

La prima interpretazione appare concentrata sulla natura procedurale (e non sostanziale) del principio di sussidiarietà, il quale vincolerebbe il legislatore o la pubblica amministrazione a seguire un percorso argomentativo che, partendo dalla preferenza nei confronti di attività prestate da soggetti privati, li potrebbe però portare, proprio “sulla base del principio di sussidiarietà”, a scegliere di sostituire in tutto o in parte l’attività dei privati439. Tale percorso argomentativo potrebbe includere un confronto con il principio di cui all’art. 3, c. 2, Cost, e portare a optare per il pubblico “se si dimostra che l’intervento privato non porta ad una diminuzione della diseguaglianza sostanziale tra i cittadini, mentre l’intervento pubblico ha buone probabilità di raggiungere tale risultato”440. Tra le argomentazioni dell’iter possono emergere inoltre quelle più attente ai profili dell’efficienza, della competitività, dell’economicità, che danno attuazione al principio economico, sotteso alla nozione di sussidiarietà, quanto meno nelle sue radici culturali liberali, anche “nel senso che appare meno necessario impiegare risorse pubbliche là dove operano, o sono in grado di operare, i privati, mediante il ricorso a forme di autofinanziamento

437 La norma costituzionale non specifica se le attività di interesse generale siano soltanto quelle senza fini di lucro. Parte della dottrina ritiene che l’art. 118, u.c. si applichi indistintamente ad attività con o senza fini di lucro (così G.U.RESCIGNO, op. cit., p. 29); altra parte appare contraria all’applicazione della norma al “mercato” (A.POGGI, op.

cit., p. 6); un’ulteriore parte, pur non affermando decisamente l’applicabilità della norma alle attività con fini di lucro, non sembra neppure escluderlo (vedi V.CERULLI IRELLI, Sussidiarietà (dir. amm.), cit., secondo il quale “Le attività di interesse generale, ai sensi della norma, consistono fondamentalmente di operazioni e prestazioni materiali, supportate, dal punto di vista giuridico, da attività negoziale e caratterizzate in principio dalla non essenzialità del fine di lucro” (par. 3.1.) ma allo stesso tempo “non è da escludere ….. che nella norma possano farsi rientrare, in certi limiti, anche le attività di impresa” (par. 3.3.). Lo stesso Autore esclude comunque che la norma si riferisca ai servizi pubblici a carattere industriale e commerciale, in quanto attività di impresa caratterizzate dall’imposizione di obblighi di servizio pubblico).

438 V.CERULLI IRELLI, op. cit., par. 3.1. Appare invece contrario ad intendere il “favoriscono” come “aiutano”

G.U.RESCIGNO, op. cit. p. 31.

439 G.U.RESCIGNO, op. cit., p. 45. A tal proposito viene sottolineata la rilevanza di meccanismi di controllo e vigilanza per valutare se l’autonoma iniziativa dei cittadini sia in grado di soddisfare le esigenze della collettività.

440 G.U.RESCIGNO, op. cit. p. 45.

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e/o incremento delle risorse che provengono dall’apporto disinteressato dei singoli”441.

La seconda interpretazione tende invece a dare un rilievo anche sostanziale alla sussidiarietà orizzontale, collocandola “nel contesto del ripensamento dell’amministrazione pubblica e cioè di un apparato che ha tra le sue missioni essenziali l’effettività dei diritti costituzionalmente garantiti”442 secondo un modello in cui “soggetti pubblici e privati non si pongono in antitesi ma si pongono in una posizione di collaborazione reciproca nella realizzazione dell’interesse generale”443 e dunque in una prospettiva in cui “non sono i soggetti pubblici ad essere ‘sussidiari’

(cioè di ausilio) nei confronti dei privati, né questi ultimi ad esserlo nei confronti dei soggetti pubblici, bensì gli uni e gli altri si sostengono (si ‘sussidiano’) a vicenda nel perseguimento di quell’interesse generale che per gli uni coincide con la loro stessa ragion d’essere, per gli altri è un obiettivo liberamente scelto sulla base di motivazioni variamente connotate”444.

In altre parole l’applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale renderebbe possibile il delinearsi di un nuovo rapporto tra cittadini e poteri pubblici e la “costruzione di un sistema amministrativo fondato su un nuovo paradigma pluralista e paritario anziché su quello bipolare e gerarchico tradizionale”445, basato sul binomio autorità-liberta. Secondo tale interpretazione, a fronte dell’intervento dei privati non vi sarebbe un ritrarsi dei soggetti pubblici, ma cittadini ed amministrazione, pur mantenendo la loro rispettiva autonomia, collaborerebbero al perseguimento dell’interesse generale e in ultima analisi alla realizzazione del principio di eguaglianza sostanziale, alla creazione delle condizioni per il pieno sviluppo della persona umana e per la salvaguardia della sua dignità446.

Questa accezione di sussidiarietà, anche in ragione della sua portata innovativa, richiede una attenta disciplina attuativa, capace di trovare “un punto di equilibrio fra valori potenzialmente

441 Così il Consiglio di Stato, Sez. consultiva per gli atti normativi, nel parere 1 luglio 2002, n. 1354 sullo schema di dm recante “Regolamento ai sensi dell’articolo 11, comma 14, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, in materia di disciplina delle fondazioni bancarie”. In effetti è stato notato come l’attenzione al principio di sussidiarietà sia maturata

“in un clima decisamente propenso a ridimensionare, senza troppi distinguo, l’intervento pubblico in economia ed a privilegiare sempre più, anche in ambito giuspubblicistico, strumenti ed istituti di natura privatistica, assegnando allo Stato una funzione essenzialmente regolatrice, soprattutto in seguito all’eccessiva espansione della spesa pubblica, alla c.d. ‘crisi fiscale’ ed all’accelerazione impressa al processo di integrazione comunitaria …”, L.GRIMALDI, Il principio di sussidiarietà orizzontale …, cit., p. 160.

442 A.POGGI, op.cit. p. 5.

443 V.CERULLI IRELLI, op. cit., par. 3.4., che a sua volta cita e richiama il modello della demarchia delineato da F.

BENVENUTI, Il nuovo cittadino, Marsilio, Venezia, 2004.

444 G.ARENA, Il principio di sussidiarietà orizzontale nell’art.118 della Costituzione, in Studi in Onore di G.

Berti, Jovene, Napoli, 2005, nonché ID., Cittadini attivi, cit. p. 71.

445 G.ARENA, Cittadini attivi, cit., p. 6.

446 G.ARENA, Cittadini attivi, infra.

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confliggenti”447. Da un lato, infatti, lo svolgimento delle funzioni amministrative resta responsabilità degli enti pubblici territoriali e ad essi corrispondentemente resta comunque affidato il compito di regolare, coordinare ed anche controllare le attività di interesse generale svolte dai cittadini a tutela dello stesso interesse generale e dei soggetti terzi in relazione ai quali deve essere assicurato il rispetto dei diritti della persona e dei principi di eguaglianza e di imparzialità448. D’altro lato, occorre invece che siano tutelati l’autonomia dei privati e il pluralismo di cui all’art. 2 Cost. dai rischi di funzionalizzazione da parte dei poteri pubblici449.

Nel quadro a grande linee tratteggiato occorre ora inserire l’analisi delle normative statali e locali che da alcuni anni, prendendo a riferimento il principio di sussidiarietà orizzontale, hanno delineato e promosso nuovi strumenti e forme di gestione di beni pubblici a fruizione collettiva.

2. Gli interventi di sussidiarietà orizzontale: microprogetti di interesse locale e