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sviluppi della teoria qui solo abbozzata: rischiamo di rovesciare l’ordine delle trattazioni, se

introduciamo nell’analisi di questo passo concetti desunti da quei contesti.

128 Il concetto di kivnhsi" compare in G 3 qui per la prima volta; iii-v riassumono invece

dati risultanti da quanto precede: che solo i senzienti abbiano f.iva si evince dal suo esser kritikovn (428a3-4) e dal fatto (noto da An. nel suo insieme) che il senso è presupposto di ogni cognizione; da 428a16 si evince che la f.iva ha gli stessi oggetti del senso.

129 Dando a gevnesi" senso ampio, ogni kivnhsi", qua mutamento (metabolhv) dal non-

essere all’essere è gevnesi"; ma gevnesi" simpliciter è il mutamento dal non-esser all’essere delle sostanze (Phys. E 1, 225a15 ss.). I moti (kinhvsei") diversi dalle genevsei" simpliciter (genevsei" lato sensu) sono di vari tipi: l’alterazione (ajlloivwsi") è uno di essi (Phys. B 1, 192b15). Alterazione di tipo particolare (ajlloivwsiv" ti" An. B 5, 416b34) è la sensazione. La gevnesi" lato sensu abbraccia dunque anche la sensazione: è genere del suo genere.

130 Perciò la definizione causale in 429a1-2 non ripete la definizione nominale di 428a1-

2 come invece pensa Ferrarin 2005, p. 102: “The nominal definition of fantasiva expressed at the beginning of the chapter is repeated and confirmed at the end”.

131 La gevnesi" dell’ai[sqhma è alterazione percettiva, specie di alterazione, di moto, e di

gevnesi" lato sensu: Ar. può usar givgnomai per sottolinear il nesso tra explanandum (428a1- 2) ed explanans; ma impalcatura del discorso sono ormai i termini della serie di kivnhsi".

132 Temistio non vede il salto di rigore esplicativo che ciò comporta: forse non

comprendendo che nella teoria ilemorfica impulso fisico e atto cognitivo sono la stessa cosa vista da due diversi aspetti (III.2), e dunque non cogliendo la pertinenza della sostituzione di un’area semantica all’altra, si rifugia nella metafora dell’argilla che riceve l’impressione (la sensazione) da conservare per futuro ricordo (91, 38-92, 4). Ar. usa un modello (corpi che rimbalzano l’uno dall’altro) come ipotesi esplicativa: vedremo in II con quanta

4.4. La strategia di Ar. è chiara: riformula in un linguaggio più rigoroso i

risultati dell’esame dialettico dei f.mena, per inserirli nella sua teoria della

sensazione come moto. La serie ii-v è crescente esplicazione di un concetto

solo: la f.iva è, come la sensazione, moto (ii); moto che non avviene senza

sensazione (iii), che cioè (iv) avviene solo nei senzienti e solo (v) in quanto

senzienti: ha infatti gli stessi oggetti della sensazione. I kritikav sono definiti

dall’oggetto: perciò la f.iva appartiene all’ambito della sensazione. È chiaro,

cura egli cerchi di adeguare il modello ai fatti in quanto loro presunta descrizione oggettiva. Temistio usa una metafora: vede che la sua struttura superficiale è parallela a quella dell’explanandum, ma non si cura del fatto che essa richiederebbe a sua volta un modello esplicativo che la giustifichi, esibendone il grado di adeguatezza alla realtà; l’anima non è cera: chi in sede teorica parla di un’impressione nell’anima come di un’impressione nella cera, deve spiegare perché e in che misura può farlo. Il modello di Ar. chiede invece, a sua sola giustificazione, il poter spiegare i fatti: Ar. confida di poter comprendere sensazione e f.iva come specie del genere kivnhsi" introducendo un nuovo tipo di ajlloivwsi" (l’alterazione percettiva) tra le specie della kivnhsi", così come confida di poter comprendere la pianta e l’animale come specie dell’ente naturale introducendo una nuova specie di enti naturali, i viventi (B 1, 412a13ss.), cui la qualifica di enti naturali (fusikav) si applica non in senso metaforico, ma pieno e letterale. Ins. è appunto l’opera in cui il modello esplicativo dalla f.iva elaborato in G 3 è messo a confronto coi fatti, per valutarne la coerenza. Per Alessandro l’ai[sqhsi" sarebbe il formarsi nel sensorio, a opera del sensibile, di un’impronta che funge da ritratto, agendo relativamente al quale la capacità fantastica dà luogo all’atto di f.iva (68, 4-13; 26-30); la differenza tra f.kovn e aijsqhtikovn starebbe nel volgersi il primo a sensibili esterni, l’altro a interni, i f.tav (69, 8- 10); sia nell’atto del senso sia in quello di f.iva una capacità residente nel cuore (aijsqhtikhv, f.khv) agisce circa un tuvpo", indotto nel cuore da un sensibile esterno attraverso i periferici durante l’atto della facoltà circa lo stesso, o già nel cuore come risultato di una sensazione precedente (68, 16-17); muove l’anima sensitiva l’oggetto esterno che produce il tuvpo" nel cuore, muoverebbe la fantastica il cuore. Alessandro vede sia in f.iva sia in sensazione due eventi: l’imprimersi o riattivarsi fisico del tuvpo" e l’atto di cognizione relativo a esso (cf. anche Simplicio 208, 26-28; 213, 23 ss.), lì dove Ar. vede lato materiale e formale dello stesso evento; per Alessandro valgono già le descrizioni hobbesiane di sense e decaying

sense (Leviathan, 1, I [3-4]): in entrambi la motion of matter che giunge al sensorio interno

allora, il senso della i: bisogna non solo dire cos’è la f.iva; ma, anche, non

confonderla con la percezione: va trovato un principio che distingua due

kritikav senza riferirsi all’oggetto. La soluzione è che tra percezione e f.iva

vige il rapporto che lega un moto al moto che gli consegue, e che permane

anche quando cessa il primo. Tali moti sono identici per specie, distinti per

numero

133

: una sensazione e la f.iva che le consegue si distingueranno pur

avendo identico contenuto intenzionale

134

.

4.5. Il discorso è fin qui ipotetico

135

: è possibile che un moto causi un

altro moto; e risulta che la f.iva è moto, che non si genera senza sensazione,

che ha gli stessi oggetti della sensazione, che è essa stessa moto, che come

tale può provocare un altro moto, necessariamente simile al moto che l’ha

causato; notiamo allora – così sembra dire Ar. – che questo ipotetico moto

dovuto alla sensazione in atto, avrebbe gli stessi caratteri riscontrati propri

della f.iva: se è causato dalla percezione (vi), sarebbe (ei[h b14) impossibile

senza percezione (viii) e in esseri non senzienti (ix)

136

; se è simile alla

sensazione che l’ha causato (vii), come questa, spingerebbe il soggetto a

molteplici reazioni e comportamenti (x), e sarebbe vero o falso (xi)

137

.

133 Su questo punto, concordo con Everson 1997, p. 169: “what distinguishes phantasiai

from perceptions is precisely the different casual histories of the two activities with their underlying physiological changes”.

134 Ciò implica che il contenuto intenzionale stia al moto come la forma all’individuo. 135 Colgono questo punto – trascurato dai più – Osborne 2000, p. 280 e Wedin p. 25.

L’ipotesi raffina quella sulle monai; tw'n aijsqhmavtwn che APo. B 19, 99b36-100a14 usa per spiegare l’insorgere dell’habitus intellettivo dall’esercizio dei sensi. Cf. VI.

136 La viii corrisponde evidentemente alla iii. La ix corrisponde alla iv.

137 Se la f.iva è vera/falsa, difficile non concluderne che è un krivnein. I caratteri di

causar poiei'n kai; pavscein e quello d’esser vero/falso sono giustificati dall’aver questo moto ipotetico lo stesso oggetto della percezione che lo causa: x e xi corrispondono insieme alla v. Ma la corrispondenza tra struttura sintattica e struttura argomentativa è imperfetta: a giustificar l’apodosi (viii-xi) basta da sola la seconda parte della protasi (vi-vii). La prima parte (i-v) non ha seguito: essa delinea il quadro concettuale in cui situare l’ipotesi proposta nella seconda parte della protasi e nell’apodosi.

Ar. non dice che la f.iva è questo moto; afferma solo che tale moto è