• Non ci sono risultati.

Lo sviluppo delle competenze degli operai e impiegati alla TenarisDalmine

Nel 1995 la TenarisDalmine, primo produttore italiano di tubi di acciaio senza saldatura per diverse industrie, firma un accordo con la propria RSU in cui – fra gli altri strumenti – mette a punto un sistema di incentivazione economica per stimolare operai e impie- gati ad apprendere e a sviluppare una serie di competenze “trasversali”, ovverossia com- portamenti organizzativi – osservabili e misurabili – che modellano le azioni operative quotidiane (la professionalità espressa) e che hanno a che fare con il come si lavora piuttosto che con il cosa si fa o si deve fare.

Le competenze monitorate sono sei e riguardano: (i) le informazioni, (ii) le conoscenze, (iii) l’autonomia decisionale, (iv) le capacità relazionali, (v) la polivalenza/polifunzio- nalità/sicurezza e (vi) i risultati. Ognuna di queste competenze è “tradotta” in micro- comportamenti, che vanno da 4 a 7, a seconda dei casi, per un totale complessivo di 28 comportamenti. Per fare solo alcuni esempi, i micro-comportamenti monitorati vanno dal «cercare attivamente le informazioni quando servono, e analizzarle» al «trasmet- tere le informazioni connesse con l’attività di reparto»; dal «verificare la corretta ese- cuzione del proprio lavoro» al «dare il proprio contributo per risolvere problemi conseguenti a errori propri o di altri»; dal «riconoscere e imparare dagli errori, correg- gendoli e tendendo a non ripeterli» allo «stabilire relazioni positive e costruttive con persone appartenenti ad altre funzioni»; dal «valorizzare i cambiamenti nel modo di la- vorare», all’«affrontare in sicurezza situazioni extra-routinarie», e così via.

Le sei competenze danno luogo a un indice complessivo della professionalità espressa derivato da una media ponderata. La valutazione è costituita da un giudizio sul grado di attivazione di questi comportamenti, distribuito su una scala a cinque livelli. A ognuno di questi gradini è associato un riconoscimento economico che cresce all’aumentare della fascia di inquadramento. Per il gradino più elevato (che corrisponde al massimo della professionalità espressa e che rappresenta il “desiderata” dell’impresa) il valore economico annuo dal 1° gennaio 2014 va da 122 euro per la fascia A a 476 euro per la fascia E.

Per gli impiegati di medio-alto livello la valutazione delle competenze espresse è oggi- giorno integrata da incentivi connessi a degli obiettivi individuali di tipo gestionale. L’incentivo è parte di un complesso sistema premiale di tipo misto, in cui la parte prin- cipale è svolta tendenzialmente da due premi di tipo output-oriented: di redditività aziendale (con un parametro da profit sharing) e di qualità e produttività (con parame- tri da gain sharing), entrambi di natura collettiva. Il monitoraggio dei comportamenti or- ganizzativi individuali avviene invece attraverso tre altri premi di tipo input-oriented: di professionalità espressa, di prevenzione e di sicurezza, e infine di assiduità. Ovviamente il peso dei due grandi gruppi premiali (collettivo e individuale) dipende molto dalla pro-

Dalle informazioni in nostro possesso sembra emergere che nelle piccole-medie imprese tenda a prevalere il sistema output-oriented, mentre in quelle medio-grandi incominci a es- sere timidamente misto. La nota un po’ stonata a volte è costituita dal peso relativamente mo- desto di questa parte del sistema premiante (soprattutto per resistenze del fronte sindacale), che rischia di ridurne gli effetti sull’autosviluppo della professionalità.

Uno dei rilevanti vantaggi degli incentivi basati sul modello delle competenze sta nel fatto che esso non genera di per sé una competizione conflittuale fra i dipendenti poiché non ri- duce la possibilità dei colleghi di ricevere un compenso analogo. Al contrario, l’adozione di un meccanismo quale quello, per esempio, del torneo (a ranghi chiusi), alimenterebbe ve- rosimilmente una certa conflittualità fra i lavoratori, essendo l’incentivo generalmente ri- servato a una quota limitata di personale: la gara che si determinerebbe per essere inclusi nella quota dei premiati rischia di dar luogo a comportamenti se non sleali, quantomeno tali da scoraggiare l’uso di energie, tempo e intelligenza nell’aiutare un collega con cui un la- voratore è in competizione, in quanto questi comportamenti potrebbero far aumentare la probabilità di successo dell’aiutato a scapito dell’aiutante.

Un elemento di scoraggiamento è sicuramente rappresentato dai costi organizzativi di mo- nitoraggio delle competenze. Tuttavia nell’analisi costi/benefici che deve presiedere la scelta dell’impianto incentivante da perseguire, i maggiori costi associati all’implementazione del modello delle competenze devono essere confrontati con i vantaggi derivanti: dalle infor- mazioni e dal miglioramento delle analisi; dalla maggior efficienza ed efficacia dinamica che si accompagnano a una maggiore e reale partecipazione; dai vantaggi che l’adozione del modello delle competenze genera rispetto alla mobilità interna. A questi occorre anche ag- giungere i vantaggi indiretti, quali ad esempio: quelli connessi ai minori costi di formazione oppure – ceteris paribus – alla sua maggiore efficacia. Infatti, i criteri del reclutamento e della selezione devono essere declinati (anche) in termini di dimostrate abilità ad appren- dere e non più (solo) competenze di mestiere in possesso del lavoratore per coprire un par- ticolare tipo di posto.

Nelle imprese che adottano l’organizzazione per processi, con isole di produzione e lavoro in squadra, il coinvolgimento cognitivo dei soggetti viene stimolato anche dai cosiddetti si- stemi dei suggerimenti e dal coinvolgimento dei lavoratori in circoli di qualità (chiamati, nel gergo europeo, gruppi di miglioramento).

7. GES

TIO

NE E S

V

IL

UPPO DELLE RISORSE U

M

AN

E PER C

O

ST

RUIRE IL SUC

CESSO DELL’IMPRES

A

fittabilità aziendale, che per sua natura ha un grado di variabilità molto maggiore ri- spetto alle altri componenti.

Non ci si deve comunque dimenticare che la moderna teoria dell’organizzazione indica un’ulteriore complementarità che riguarda la fairness degli schemi incentivanti tra le varie categorie di lavoratori operanti nell’impresa (lavoratori del nucleo produttivo, middle-ma- nager e top management) e cioè che i comportamenti degli operatori dipendono anche dagli incentivi dei livelli inferiori e superiori.

La formazione e la selezione: competenze tecnico-specialistiche e/o competenze trasversali? I gap tra competenze richieste, conoscenze possedute e competenze esprimibili

Quando le competenze trasversali vengono considerate rilevanti ai fini della performance lavorativa individuale e di gruppo, nel processo di selezione del personale le competenze tecnico-specialistiche diventano la soglia di ingresso, attorno e al di sotto della quale ven- gono accertate – tramite degli assessment center – quelle competenze richieste che stanno nella parte non visibile dell’iceberg, vale a dire quelle caratteristiche intrinseche del soggetto che rendono la prestazione “distintiva”.

Anche sul fronte della formazione la filosofia cambia: se la formazione parte on-the-job, dalla postazione di lavoro, dal ruolo, e assume una connotazione da conoscenza tacita e operativa, la formazione d’aula tende ad assumere una funzione “complementare”, affron- tando non solo il know-why delle cose (quella componente che attiene alla sfera tecnico- specialistica e che viene rafforzata con la possibilità da parte del lavoratore di teorizzare e/o sistematizzare la propria esperienza) ma anche la sfera dei comportamenti organizzativi (competenza emotiva e motivazionale, competenze di relazionarsi con gli altri, di lavorare in gruppo, di comunicare, di risolvere i problemi, di gestire i cambiamenti).

La flessibilità degli orari: polivalenza, menù degli orari e soddisfazione dei lavoratori. Una soluzione win-win

Le caratteristiche costitutive dei moderni mercati quali la puntualità e rapidità delle conse- gne, la riduzione quantitativa dei lotti da produrre, l’accresciuta gamma dei prodotti, la ri- duzione dei cicli dei prodotti stessi e infine la forte variabilità della domanda esigono dall’impresa una flessibilità e una velocità di aggiustamento molto maggiore rispetto anche solo a un decennio fa. L’impresa può farvi fronte con due strumenti innovativi: la policom- petenza delle sue risorse umane, combinata alla versatilità delle nuove tecnologie (trattate in precedenza), e la flessibilità della forza lavoro, declinabile a sua volta in due versioni. Da un lato la flessibilità numerica, come possibilità di far variare in più o in meno il numero degli occupati tramite figure atipiche (interinali, lavoratori a tempo determinato, ecc.), gli straordinari, i turni, la cassa integrazione e gli outsourcing di filiera, e dall’altro la flessibi- lità “organica” degli orari di lavoro, come modulazione della prestazione oraria da parte degli occupati stabili in funzione delle esigenze produttive e degli ordinativi.

Se l’impresa non investe nel costruire una flessibilità organizzativa “interna”, risponde alle esigenze del mercato facendo ricorso alla prima tipologia di flessibilità, che rivela a volte costi economici e sociali non irrilevanti, ma anche molto spesso – per effetto di resistenze

7. GES

TIO

NE E S

V

IL

UPPO DELLE RISORSE U

M

AN

E PER C

O

ST

RUIRE IL SUC

CESSO DELL’IMPRES

A

e di ostracismi individuali e collettivi – rendimenti economici “interni” inferiori a quelli che si potrebbero ottenere con soluzioni alternative.

Al contrario, la riconfigurazione interna dell’impresa lungo i canoni della WCM rende più conveniente ricorrere alla seconda soluzione, puntando quindi su una flessibilizzazione delle prestazioni da parte dei propri lavoratori polivalenti, operai o impiegati che siano, capaci sia di scambiarsi le postazioni di lavoro con i colleghi compagni sia di svolgere funzioni e ruoli diversi. Gli esiti di questa seconda soluzione sono però ancora ambigui, nel senso che l’im- presa ottiene risultati maggiori se sfrutta la condizione di polivalenza dei propri lavoratori concordando con gli stessi e i loro rappresentanti schemi di orario flessibili che assecondino le strategie competitive dell’impresa ma che tengano conto anche delle esigenze di conci- liazione vita-lavoro dei lavoratori. Il caso degli orari a menù implementati nell’impresa ZF (si veda il riquadro Flessibilità produttiva, menù degli orari e conciliazione delle esigenze: una